Visualizza articoli per tag: Mafie

Mercoledì, 15 Aprile 2015 10:34

Quando la mafia diventa davvero...cosa nostra

Nella seconda giornata di "Noicontrolemafie" si è parlato della 'ndrangheta in Emilia e, dunque, anche della recente inchiesta Aemilia, di ritardi e di silenzi. Ma Zincani, Nicaso, Pignedoli e Bini hanno anche spiegato agli studenti reggiani come fare per contrastarla -

Reggio Emilia, 15 aprile 2015 -

'Ndrangheta in Emilia, e dunque anche la recente, clamorosa inchiesta Aemilia, al centro della seconda mattinata di Noicontrolemafie, il festival della legalità promosso per il quinto anno consecutivo dalla Provincia di Reggio Emilia in collaborazione con Università, Comune di Reggio Emilia e Regione Emilia-Romagna. In cattedra - davanti a un platea di studenti delle superiori e moderati dal direttore di Radio Bruno, Pierluigi Senatore - il direttore scientifico del festival, lo storico delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso, Vito Zincani, già procuratore capo del Tribunale di Modena, il consigliere con delega alla legalità della Provincia di Reggio Emilia, Enrico Bini, e la giornalista del Resto del Carlino, Sabrina Pignedoli.

E' stato proprio Enrico Bini - ex presidente della Camera di commercio al quale, come ha ricordato Nicaso, "dobbiamo essere grati per essere stato il primo a segnalare le anomalie del settore dell'autotrasporto" - ad aprire la giornata, "emozionato nel vedere tanti giovani, che voglio ringraziare insieme alle scuole e agli insegnanti per l'appoggio che ci hanno sempre dato nelle battaglie a favore della legalità".
"Nella lotta alla mafia non siamo all'anno zero, purtroppo nel mondo imprenditoriale siamo sotto zero, mentre nel mondo politico si è fatto qualcosa di più e si è compiuto qualche passo in avanti", ha tra l'altro detto Bini ricordando anche "il silenzio assordante che ha accompagnato le prime coraggiose iniziative del prefetto De Miro da parte di chi, proprio come il sistema imprenditoriale reggiano, doveva invece dire qualcosa".

Antonio Nicaso ha quindi analizzato del dettaglio il profilo della 'ndrina presente nel Reggiano, "che non è una 'ndrangheta di serie B, ma quella che fa capo a Nicolino Grande Aracri, un boss che l'inchiesta Aemilia ha confermato avere rapporti con politici e imprenditori, perfino magistrati di Cassazione attraverso avvocati compiacenti, con una commercialista di Bologna convinta a fare operazioni particolari sul mercato legale, che aveva contatti con la massoneria e con un monsignore che inconsapevolmente si era prestato a far trasferire un detenuto". "Una 'drina che non è comparsa ora dal nulla – ha aggiunto Nicaso - ma che è stata protagonista oltre vent'anni fa della faida con i Dragone, Antonio faceva il bidello a Quattro Castella, vincendola e riuscendo a mettere le mani in questa terra appetibile sulla grande ricchezza della mafia, il traffico di cocaina, e stipulando un accordo strategico con i casalesi: a loro il Modenese, a Grande Aracri il Reggiano".

E da allora è cresciuta sempre più, come ha confermato l'inchiesta Aemilia e chi questa indagine l'ha raccontata, come la giornalista reggiana del Carlino Sabrina Pignedoli, citata anche lei nelle carte dei magistrati come cronista coraggiosa che ha rifiutato pressioni per pubblicare notizie aggiustate. "Anche io quando ho iniziato a lavorare non credevo che a Reggio esistesse la 'ndrangheta – ha ammesso – Tutto è cambiato con l'operazione Pandora e una intercettazione che lessi e che mi lasciò senza parole: tre persone che uscivano da una pizzeria di Montecchio e in macchina si mettono a parlare di uccidere qualcuno a colpi di bazooka...". Da allora ha iniziato a indagare, a leggere carte, ad annotare nomi e rapporti e a raccontare di mafia, fino a spingere un poliziotto compiacente a minacciarla di "non scrivere più di certe persone". Lei, ovviamente, ha continuato, ma non tutti hanno detto no alla mafia: "L'economia, ad esempio, ha voluto usufruire di certi servizi perché era comodo, ha preferito chiudere gli occhi, perché i soldi sono utili e non puzzano", ha denunciato.

Ma quali i rimedi alle infiltrazioni della mafia nella ricca Emilia? Per il magistrato Vito Zincani, uno su tutti: "La trasparenza, soprattutto la trasparenza può spezzare il matrimonio innaturale tra mafia e imprenditoria, perché è solo nella oscurità che si coltivano certi rapporti". Ma, purtroppo, in Italia non si fa abbastanza: "Abbiamo perso la battaglia dei falsi in bilancio, e da quando lo abbiamo fatto la nostra economia è andata a rotoli; non abbiamo ancora abbastanza trasparenza nei pagamenti, visto che il nostro è l'unico Paese del mondo occidentale nel quale oltre il 60 per cento dei pagamenti continua ad avvenire in contanti – ha detto – Ma è anche vero che, da noi, la pressione fiscale è pari al 70 per cento e che, in generale, è il nostro modello complessivo di sviluppo ad aver subito un forte condizionamento che appartiene anche a scelte di natura politica: leggi e normative sono fondamentali per contrastare le mafie, se l'Italia non si libererà da questo abbraccio non decollerà mai. Così come è importante investire nella scuola e in voi giovani...".

Già, i giovani. A fine dibattito, quando la parola è passata agli studenti reggiani, tante le domande, ma principalmente un unico, accorato interrogativo di fondo: ma noi, cosa possiamo fare per contrastare le mafie? Altrettanto accorate, le risposte. Per Nicaso "rispettare le regole e lavorare, evitare la logica del compromesso e le raccomandazioni, essere onesti e coerenti, cercando di essere cittadini responsabili, sentinelle vigili del territorio: ma soprattutto studiare, distinguervi, perché solo i sacrifici rendono liberi". Per Zincani "isolare il modello culturale del mafioso che in alcune aree si presenta come persona di successo: studiare perché la vostra idea della mafia sia quella corretta, quella di una organizzazione criminale nociva, non qualcosa che dà successo e facile denaro". Per Pignedoli "rispettare diritti e doveri, essere cittadini responsabili delle proprie azioni, anche nelle piccole cose, come ad esempio segnalare la targa di chi tampona un'altra auto in un parcheggio e fugge". Per Pierluigi Senatore "fare come Sabrina: saper dire di no".

Il programma di oggi mercoledì 15 aprile

Ore 10-12.30 Teatro Re-Giò Via Agosti 6 Reggio Emilia
Saluto della Presidenza dell'Assemblea legislat iva dell'Emilia-Romagna MINACCE ALL'ARTICOLO 21
In Italia come in America latina?
Relatori
Antonio Nicaso scrittore e studioso di criminalità organizzata Isabella Pascucci giornalista e criminologa
Cynthia Rodriguez giornalista messicana
Conduce Massimo Sesena della della Gazzetta di Reggio Spettacolo QUESTIONE DI UN ATTIMO
di Emanuele Tirelli con Marco Ziello Regia di Alessandro Gallo Prod.Caracò A seguire: dialogo con il pubblico

Ore 10-12.30 Sala Conferenze Palazzo dei Principi di Correggio
Saluto del sindaco Ilenia Malavasi
IN NOME DI LIBERO GRASSI
Incontro pubblico con la partecipazione di Alfredo, nipote di Libero Grassi Gruppo di ragazze e ragazzi di Palermo e di Correggio
Immagini dal film-documentario Libero nel nome regia di P. Durante
Test imonianze e canzoni di Addiopizzo Junior e Young
Mostra lavori degli studenti
Merenda della legalità
Passeggiata e consegna dell'adesivo Io scelgo la legalità

Ore11-12.30 Aula Magna Istituto Filippo Reviale Trento Trieste 4
Saluto della dirigente Maria Dall'Asta
QUANDO IL VISSUTO DIVENTA NARRAZIONE
storie di ragazze e ragazzi del liceo Regina Margherita di Palermo
Rosaria Cascio educatrice Metodo Don Puglisi e docente
Io pretendo la mia felicità, ho pagato tanto e adesso me la merito Ed. Navarra progetto di scrittura collettiva con le storie dei ragazzi del Liceo Regina Margherita di Palermo

Ore 17-19.30 Sala del Consiglio comunale di Rubiera
Saluto del sindaco Emanuele Cavallaro

IN NOME DI LIBERO GRASSI
Incontro pubblico con la partecipazione di Alfredo, nipote di Libero Grassi Gruppo di ragazze e ragazzi di Palermo e di Correggio
Immagini dal film-documentario Libero nel nome regia di P. Durante
Test imonianze e canzoni di Addiopizzo Junior e Young
Mostra fotografica Scatti di legalità
Merenda della legalità sotto i portici della via Emilia
Passeggiata e consegna dell'adesivo Io scelgo la legalità

Ore 21 Sala del Tricolore, Municipio d i Reggio Emilia
Saluti di Luca Vecchi sindaco di Reggio Emilia
e Giammaria Manghi presidente della Provincia di Reggio Emilia
CON I FASCI SICILIANI NASCE L'ANTIMAFIA SOCIALE
Uomini e donne che hanno fatto la storia
Proiezione de L'inchiesta di Nella Condorelli
Un film e una doppia inchiesta nel 120° anniversario dei Fasci Siciliani dei Lavoratori (70') Relatori
Nella Condorelli regista
Giuseppe Carlo Marino prof. ordinario di Storia contemporanea
Giacomo Notari presidente Anpi provinciale Reggio Emilia
Antonio Nicaso storico delle organizzazioni criminali
Conduce Nando Rinaldi direttore Istoreco

(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

Lunedì, 05 Maggio 2014 17:29

A Modena Carovana internazionale antimafie.

Mercoledì 7 maggio (ore 18.30) a parrocchia BVA incontro su “nuovi schiavi” -

 

Modena, 5 maggio 2014 -

Fa tappa anche a Modena la Carovana internazionale antimafie, l’iniziativa promossa da Arci, Libera e Avviso Pubblico in collaborazione con la Ligue de l’Enseignement e Cgil-Cisl-Uil.

Dopodomani – mercoledì 7 maggio - alle 18.30 nella parrocchia cittadina della Beata Vergine Addolorata (via Guido Rangoni) si svolge un incontro sul tema “Dietro al lavoro: nuove schiavitù e diritti”. Partecipano il parroco della BVA don Paolo Boschini, Giorgio Bonini (Porta Aperta), Silvia Rompianesi (cooperativa sociale Oltremare), Ciro Spagnulo (Cgil-Cls), Roberto Gardiello (Cisl) e Gerardo Bisaccia (Arci); coordina la giornalista Mariapia Cavani. «La Carovana quest’anno ha come filo rosso la lotta alla tratta degli esseri umani – spiegano i promotori - Complice un progetto europeo, denominato CARTT, che corre parallelamente alla Carovana italiana, nelle oltre settanta tappe si parla dei ‘nuovi schiavi’, con un occhio a coloro che non hanno diritti, lacerati dalle logiche per cui il profitto conta più dell’essere umano. Ogni tappa è occasione per condividere idee, informazioni, approfondimenti sui temi affrontati, saldare le esigenze e le proposte dei territori con quelle elaborate a livello nazionale, organizzare momenti pubblici di confronto, dare evidenza alle buone pratiche diffuse in tante parti di Italia». Partita da Roma il 7 aprile, la Carovana internazionale antimafie si concluderà in Francia e Spagna nel prossimo novembre.

 

(fonte: ufficio stampa Cgil Modena)

 

 

Pubblicato in Dove andiamo? Emilia

Domani, Giovedì 24 aprile, nella Sala del Tricolore di Reggio Emilia, Salvatore Borsellino e l'Agenda rossa del fratello Paolo -

 

Reggio Emilia, 23 aprile 2014



In prossimità della Festa del Liberazione, si rinnovano nella sala civica della città gli incontri con le maggiori personalità italiane della "resistenza antimafia", proposti da Comune, Regione, Cortocircuito e sostenuti dalla Provincia, nell'ambito del progetto "Reggio contro le mafie.it".
Giovedì 24 aprile, alle ore 20.45, nella Sala del Tricolore di Reggio Emilia (piazza Prampolini 1), sarà infatti ospite di un incontro aperto alla cittadinanza Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il magistrato ucciso il 19 luglio 1992 nella strage di via D'Amelio.
Salvatore Borsellino è tra l'altro autore del libro autobiografico 'Fino all'ultimo giorno della mia vita', dedicato al rapporto con Paolo e a due percorsi di vita diversi e paralleli, che dopo la morte del magistrato tornano a intrecciarsi strettamente.
L'iniziativa, promossa all'insegna di due diverse forme di resistenza, quella antimafia e quella antifascista, sarà coordinata da Elia Minari, che intervisterà Borsellino insieme a Francesca Montanari, Alice Portal, Andrea Franzoni e Riccardo Pelli, della redazione di Cortocircuito, web-tv e giornale studentesco indipendente di Reggio Emilia.
Parteciperà l'assessore comunale alla Cura della comunità Natalia Maramotti.
Salvatore Borsellino è leader del "Movimento delle Agende rosse", che fa riferimento al taccuino misteriosamente scomparso nel quale Paolo Borsellino scriveva appunti personali, ipotesi, dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Dalla morte del fratello, Salvatore Borsellino si è distinto per l'impegno nella ricerca della verità sui mandanti delle stragi di mafia del 1992.

 

'Fino all'ultimo giorno della mia vita', Aliberti editore, 2012


Salvatore Borsellino racconta i ricordi di una vita al giornalista Benny Calasanzio, con il quale condivide il dolore di avere congiunti vittime di mafia. Una vita iniziata sotto le bombe, nella Palermo del 1942, poi sconvolta dall'autobomba che causò la strage di via D'Amelio. Il racconto ha inizio con l'infanzia felice trascorsa alla Kalsa, un quartiere di cui queste pagine restituiscono un affresco animato di colori, voci, abitudini oggi dimenticate. Prosegue con gli anni dell'università e il trasferimento nel Nord Italia, in "un altro Paese", lontano dalla famiglia e da quel fratello che già mostrava le sue doti eccezionali e la sua forte personalità. Mentre Paolo diventa un personaggio pubblico per il suo coraggioso impegno contro la mafia, Salvatore fa carriera come ingegnere elettronico. I due fratelli percorrono per decenni strade diverse, che torneranno a unirsi con il più tragico degli eventi, dopo il quale Salvatore si fa carico della memoria del fratello, che diffonde in ogni angolo d'Italia. Fino alla nascita, nel 2009, del Movimento delle Agende rosse.

 

(Fonte: Comune di Reggio Emilia)

Sono le proposte lanciate dal sostituto procuratore di Palermo e dalla presidente della Provincia nel corso dell'ultima giornata del Festival della legalità di Reggio Emilia -

 

Reggio Emilia, 7 aprile 2014 -

Leggi più severe per i reati di corruzione, rivedendo anche un regime di prescrizione che “oggi produce una sostanziale impunità”, e la richiesta di un “giuramento antimafia” da parte dei candidati a tutte le prossime, imminenti elezioni. Sono le proposte lanciate sabato mattina da Reggio Emilia - nel corso della giornata conclusiva di “Noicontrolemfaie 2014”, il Festival della legalità proposto per il quarto anno dalla Provincia - dal magistrato Antonino Di Matteo, il sostituto procuratore della Repubblica al Tribunale di Palermo titolare dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia, e dalla presidente della Provincia di Reggio Emilia, Sonia Masini

“La repressione contro l’ala militare di Cosa nostra è stata fatta, grazie anche a leggi severe,  ma oggi che molti boss sono in carcere serve un passo in avanti per recidere i rapporti tra mafia e politica – ha detto Antonino Di Matteo -  Non possiamo più accettare un regime normativo che non sanziona adeguatamente i reati contro la pubblica amministrazione, dalla corruzione alla turbative d’asta negli appalti pubblici. E bisogna rivedere un regime della prescrizione che porta a una sostanziale impunità. E’, questo, lo scatto in avanti che dobbiamo compiere, perché è proprio attraverso questi reati che la mafia riesce a penetrare la politica.  Dobbiamo cominciare a pensare che lotta alla mafia e alla corruzione sono due facce della stessa medaglia, non possiamo più accettare due velocità diverse“.

La presidente Sonia Masini ha invece lanciato un appello affinché "la lotta alla mafia non venga delegata solo a chi vive sotto scorta", indirizzando a partiti, movimenti e candidati, in vista della composizione delle liste per le elezioni del 25 maggio, una richiesta ben precisa: "Vorrei che i candidati – ha detto - giurassero sulla Costituzione di non aver mai avuto consapevolmente legami con la malavita organizzata, di impegnarsi a non averli in futuro e di denunciare fatti di cui eventualmente verranno a conoscenza nell'ambito della loro attività amministrativa".

Condotto dal giornalista Cesare Giuzzi del Corriere della Sera, il dibattito su “Sconfiggere le mafie: una sfida possibile?” è stato aperto dall’assessore provinciale all’Istruzione, Ilenia Malavasi: “E’ un grande onore ospitare magistrati così impegnati contro la mafia in questa ultima giornata di un Festival della legalità molto impegnativo, che ci ha permesso di ascoltare testimonianze importanti e ha rappresentato un momento di crescita per tutti, a partire da tantissimi studenti, ai quali ricordiamo sempre che conoscenza, memoria e impegno diano sono valori fondamentali e che non dobbiamo mai arrenderci all’indifferenza”, ha detto.

Non è andato per il sottile, come sempre, il direttore scientifico del Festival della legalità, lo studioso di organizzazioni criminali Antonio Nicaso: “Le mafie sono un male da cui ancora non riusciamo a guarire, ammorbano l’aria con un tanfo di stalla, ma per paura o convenienza molti non lo sentono. Come possiamo sconfiggerla? Imparando, e lo dico soprattutto a voi studenti, a dire no alle tante scorciatoie che la vita ci offre ogni giorno: solo i sacrifici rendono liberi, solo la conoscenza, e per questo è fondamentale studiare, porta a essere consapevoli.  Non fatevi rubare il futuro da persone che non valgono un soldo bucato e sparano alle spalle di don Puglisi perché non hanno nemmeno il coraggio di guardare in faccia le loro vittime: sogniamo un mondo senza mafie e cominciamo a costruirlo, giorno dopo giorno, con i nostri comportamenti e insieme a persone come Conte, Di Matteo e Gratteri”.


“Sono veramente felice di essere qui a confronto con tanti cittadini, soprattutto giovani studenti, perché questi incontri, per noi magistrati, rappresentano una boccata d’ossigeno e ci ricordano lo spirito che deve animare il nostro lavoro: essere al servizio della collettività, a partire da più deboli e indifesi”, ha esordito Antonino Di Matteo. Che, riferendosi alla delicata indagine che sta coordinando e sulla quale ovviamente non ha potuto sbilanciarsi, ha detto: “Nel nostro Paese, negli ultimi 30 anni, facendo saltare in aria palazzi e pezzi di autostrada sono stati uccisi magistrati,uomini politici, prefetti della repubblica, forze dell’ordine, sacerdoti, giornalisti, imprenditori e, con le bombe di  Firenze e Milano, inermi cittadini: come si fa a rimanere indifferenti, a non avere la pretesa di conoscere tutta la verità su quei fatti?  L'indifferenze uccide quanto il tritolo, significa rassegnarsi a un futuro da sudditi inconsapevoli e non da cittadini partecipi. 
Lo sforzo di verità è compito di tutti, non di pochi magistrati e investigatori : dobbiamo capire se accanto ai boss mafiosi c’erano altri che hanno collaborato, ispirato, o semplicemente fatto capire che certe stragi facevano piacere al potere”.

Di fronte a questa ricerca della verità, ovviamente, non ha alcun senso parlare di “spreco di risorse pubbliche o di strumentalizzazioni politiche della magistratura, anche  perché
queste investigazioni che hanno portato ai processi di Palermo sono indicate come necessarie in sentenze definitive dei giudici di Caltanissetta e Firenze che, condannando gli esecutori mafiosi delle stragi, hanno accertato ulteriori fatti da indagare”.

Circa i rapporti tra Stato e mafia, Di Matteo ha aggiunto:  “Dobbiamo renderci conto che ogni volta che lo Stato o parte delle istituzioni hanno cercato il dialogo con i mafiosi, come subito dopo lo sbarco delle truppe alleate o ai tempi del bandito Giuliano, si è enormemente rafforzato il prestigio e la potenza mafiosa. Perché dialogare con la mafia significa riconoscerla come interlocutrice, aumentarne il potere verso i cittadini e gli strumenti di ricatto verso le istituzioni stesse. La storia ci insegna che senza agganci e rapporti con la politica e il potere in generale Cosa nostra non sarebbe Cosa nostra e non avrebbe mai potuto pensare di attaccare lo Stato. Lo stesso Riina, stando alle parole del collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi, diceva che senza agganci con  la politica la mafia sarebbe stata “una banda qualunque di sciacalli destinata a essere sopraffatta”. Dunque anche lo Stato deve essere altrettanto consapevole della necessità di recidere alla radice ogni possibile rapporto o contatto  con la mafia”. Da qui la richiesta di leggi più severe contro la corruzione e di un diverso regime della prescrizione, perché “proprio  attraverso questi reati contro la pubblica amministrazione riesce a penetrare la politica”.

“Io ci credo – ha concluso il magistrato di Palermo rivolto agli studenti - perché comincio respirare nell'opinione pubblica, specie tra voi giovani, quella voglia di giustizia che certe volte non colgo quando penso alla realtà istituzionale . Voi potete fare moltissimo per sconfiggere definitivamente la mafia, innanzitutto rifiutando la mentalità mafiosa del favore e della raccomandazione, così diffusa in tutto il Paese e che pervade pezzi anche delle istituzioni: vi troverete di fronte a un bivio, con la strada breve che passa dalla richiesta di favori per trovare lavoro o accedere all’università a numero chiuso, dall’altra una strada più lunga, ma più dritta, che  passa solo attraverso il vostro impegno e le vostre capacità. Se, di fronte a quel bivio, compirete una scelta di legalità vera, e non semplicemente declamata, darete un calcio nel sedere alla mafia”.

L’importanza degli studenti e della scuola nella lotta alla mafia, è stata ribadita da Mario Conte, consigliere di Corte d’appello a Palermo, che ha esordito ricordando la citazione di Gesualdo Bufalino con la quale Giovanni Falcone aveva deciso di rispondere a chi, per l’ennesima volta, gli domandava quando e da chi sarebbe stata sconfitta la mafia: “Da un esercito di insegnanti elementari…”. “Questo per capire cosa possono fare i giovani, e la scuola, per combattere le mafie”, ha aggiunto Conte, riportando poi l’esempio di Libero Grassi e, soprattutto, di “quei quattro ragazzi, tra 20 e 25 anni, che una mattina tappezzarono Palermo con adesivi con su scritto “un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. “Terminati gli studi e non trovando lavoro, quei ragazzi avevano deciso di aprire un pub, erano andati da un ragioniere chiedendo di conoscere le cifre che sarebbe servite, e quello tra le varie voci avevano candidamente inserito ‘mille euro al mese per pizzo’: da lì è nato il comitato “Addiopizzo”, che oggi conta migliaia di iscritti, più di duemila solo fuori Palermo”.

“Siamo stanchi di commemorare gente che faceva il proprio dovere, dobbiamo capire che solo con il gioco di squadra la mafia può essere sconfitta”, ha concluso Conte  invitando gli studenti a essere “i primi garanti della legalità nel quotidiano” e definendo il “bullismo utile, perché se voi ragazzi vi alleate a combattere il bullo, che altro non è che un mafioso in erba, da grandi sarete bravissimi a combattere la mafia…”.

Dalla Sicilia alla Calabria, da Cosa nostra alla ‘ndrangheta – “che ha il monopolio dell’importazione di cocaina ed è diventata la mafia più ricca e potente perché ha utilizzato una strategia diversa” - attraverso l’intervento di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria: "Le mafie per esistere hanno bisogno del consenso popolare", ha osservato, citando importanti intercettazioni in cui gli stessi capimafia ammettevano che,sparando alle serrande e bruciando le macchine, il popolo li avrebbe abbandonati. Da qui il cambio di strategia. Ma sconfiggere le mafie è possibile? "Nel breve periodo – ha detto Gratteri - abbiamo bisogno di un codice penale, di un codice di procedura penale e di un ordinamento penitenziario diversi. Che rendano non conveniente delinquere".

Ha concluso i lavori la presidente della Provincia di Reggio Emilia, Sonia Masini, rivolgendo un messaggio ai magistrati in prima linea nella lotta contro la mafia: "Soffriamo nel vedere persone, uomini dello Stato, condurre una vita da prigionieri, mentre i delinquenti sono liberi. La lotta alla mafia non si può delegare solo a chi vive sotto scorta. Credo che dobbiamo unirci in questa difficile battaglia. Grazie al lavoro dei magistrati, delle forze dell'ordine, dei rappresentanti dello Stato oggi abbiamo nuovi strumenti per leggere il fenomeno mafioso. Da parte nostra, come Provincia di Reggio Emilia, abbiamo rigettato licenze per l'autotrasporto e revocato autorizzazioni a ditte colpite da interdittive del prefetto.Tuttavia è ancora difficile capire fin dove arriva la zona grigia: ci vuole il coraggio di denunciare e dire la verità”.

 


(fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

Al Festival della legalità consegnato il Premio nazionale "Libero Grassi" alla Filippo Re. Dalla Provincia riconoscimenti speciali a Galvani-Iodi, Chierici e Zanelli e libri a 4 istituti -

 

Reggio Emilia, 5 aprile 2014 -

L’impegno antimafia delle scuole reggiane merita davvero di essere premiato. E ieri pomeriggio, nella penultima giornata del Festival della legalità, ben 8 scuole hanno ricevuto un riconoscimento per l’attività svolta. Nella Sala del Consiglio provinciale, la Filippo Re  ha ricevuto da Salvatore Cernigliaro di Solidaria il Premio nazionale “Libero Grassi” per la sceneggiatura che, a breve, insieme ai lavori di altre due scuole italiane, verrà trasformata in uno spot.

Nell’occasione, la Provincia di Reggio Emilia, insieme all’”anima” di “Noicontrolemafie” Rosa Frammartino, ha voluto a sua volta premiare altri 7 istituti scolastici per il loro impegno. “State facendo un lavoro davvero splendido e importante”, ha detto la presidente della Provincia di Reggio Emilia, Sonia Masini, aprendo la cerimonia invitando in ragazzi a proseguire su questa strada e, soprattutto, a far seguire alle parole i fatti. “ Vengo da un importante convegno su corruzione e giustizia, ma mi domando e vi domando: le nostre parole hanno gesti conseguenti? A volte è facile andare a una manifestazione o un convegno sulla mafia, l’importante è essere ogni giorno coerenti tra parole e azioni, sennò le parole, anche le più belle, sono inutili”.

La presidente Masini ha quindi consegnato il Premio speciale Provincia di Reggio Emilia alle delegazioni di Galvani-Iodi, Chierici e Zanelli, che avranno l’opportunità di inviare un insegnante e due docenti a Palermo. Altri riconoscimenti – 12 volumi per la biblioteca della legalità – sono andati a Scaruffi, Matilde di Canossa, Secchi e scuola media Manzoni.

In precedenza, sempre nella Sala del Consiglio provinciale, l’assessore provinciale all’Istruzione Ilenia Malavasi e il direttore scientifico di “Noicontrolemafie”, Antonio Nicaso, hanno condotto il dibattito “Mafie al Nord, ovvero territori violati”. I giornalisti Cesare Giuzzi del Corriere della Sera e Giuseppe Legato de La Stampa e il vicepresidente del Gruppo antimafia Pio La Torre Patrick Wild hanno illustrato rispettivamente “la colonizzazione - perché purtroppo oggi parlare di infiltrazioni è riduttivo”, come ha sottolineato Nicaso - rispettivamente della Lombardia, del Piemonte e in generale del Nord-Ovest e dell’Emilia-Romagna.

“Del resto, le mafie sono un modello esportabile, sennò sarebbero rimaste al Sud: dunque sono arrivate anche qui al Nord,   dove sono funzionali a certe distorte logiche di potere”, ha premesso Nicaso prima di passare la parola ai relatori, “persone che per professione leggono carte giudiziarie, documenti e informative, si informano e riescono dunque a ricostruire le storie di mafia, permettendoci di capire questa colonizzazione: un lavoro fondamentale, perché proprio la conoscenza, la consapevolezza è l'arma più importante per sconfiggere le mafie”.

Cesare Giuzzi ha quindi illustrato la ‘colonizzazione’ da parte dei calabresi della Lombardia, “offrendo di tutti i livelli a imprenditori, dalla sicurezza in discoteche e cantieri, e politici privi di scrupoli che vogliono mantenere il potere”. “Ma soprattutto, in Lombardia la mafia supplisce allo Stato, garantendo il recupero dei crediti, e alle banche, concedendo finanziamenti, e così le imprese finiscono per essere cannibalizzate”.

Patrick Wild ha invece parlato del radicamento nella nostra regione e San Marino, “soprattutto grazie a lavoro nero ed economia grigia”, mettendo in guardia sui cantieri per la ricostruzione del dopo-terremoto. Sui cantieri pubblici, in particolare quelli della Tav e soprattutto delle Olimpiadi invernali a Torino del 2006, si è soffermato anche Giuseppe Legato, spiegando come “i soldi ‘guadagnati’ coi sequestri di persona  e poi investiti nella droga vengano principalmente riciclati attraverso le grandi commesse pubbliche: solo con le Olimpiadi, attraverso una ditta apparentemente ‘pulita’, la mafia è riuscita a riciclare per tre anni 1 milioni di euro al mese”.

 


(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

 

Stereotipi e false rappresentazioni al centro dell'incontro, organizzato nell'ambito di "Noicontrolemafie", che ha analizzato cinema, pubblicità, musica e giornalismo -

 

Reggio Emilia, 5 aprile 2014 -

La simbologia mafiosa. Le allusioni. I linguaggi non verbali. Tutti fattori che incidono su un immaginario collettivo che vede, troppo spesso, nella figura del mafioso un qualcosa di avventuroso e romantico.

“Ma che cosa c’è di romantico in chi uccide i bambini con tanta violenza e senza nessuna ragione”, ha chiesto questa mattina Arcangelo Badolati, giornalista de “La Gazzetta del Sud” e scrittore, nel corso dell’incontro “La simbologia mafiosa tra percezione e rappresentazione”, che si è svolto nell’aula Magna dell’università di Modena e Reggio Emilia nell’ambito del festival  “Noicontrolemafie”.

Si è parlato di potere delle immagini (Giuliana Adamo, docente al Trinity College di Dublino), di stereotipi e rappresentazioni nella stampa (Arcangelo Badolati, giornalista e scrittore), di musica e melodie criminali (Marcello Ravveduto, ricercatore in Storia contemporanea dell’Università di Palermo), di riutilizzo dei beni confiscati alle mafie come simbolo del riscatto (Stefania Pellegrino, direttore del master “Gestione e riutilizzo dei beni confiscati alle mafie” dell’università di Bologna).

“La ritualità e il simbolismo – ha spiegato in apertura Antonio Nicaso, direttore scientifico del festival – sono alla base di ogni gruppo organizzato. È un modo per farsi capire dai propri “simili”. Parleremo di simbolismo, di linguaggio non verbale, di suggestioni”.

Proprio di suggestioni mutuate dal cinema e dalla pubblicità ha parlato Giuliana Adamo: “Ancora all’estero si confonde l'essere italiano con l'essere mafioso. A questo contribuiscono i codici comunicativi e simbolici. Ad esempio la classica camicia del superpentito Tommaso Buscetta, che ritroviamo nella serie televisiva dei Soprano”.

La pubblicità ripropone con insistenza degli stereotipi, basti pensare alla pubblicità per la linea di alcuni abiti di  grandi stilisti italiani: “All'estero ci si muove su questi livelli, vi cito ad esempio il film “Il Padrino”, sicuramente non era nelle intenzione del suo regista, ma alla fine la mafia che esce da questo film non indigna, piuttosto affascina. Finisce per crearsi una discrepanza totale tra ciò che viene rappresentato e la realtà”.

Una realtà dove non esistono codici di onore e rispetto, dove donne e bambini vengono uccisi e massacrati senza  alcuna pietà. Arcangelo Badolati, nel suo intervento, racconta quindi di questi bambini, li cita uno per uno, racconta come li hanno uccisi, chi li ha uccisi, e questo davanti a una platea silenziosa di giovanissimi studenti. Un lungo elenco: “Non dobbiamo dimenticare i loro nomi. Cosa c'è di romantico in chi uccide bambini in questo modo, senza una ragione. Ditemi dove si ritrova tanta barbara violenza. Oggi vestono in giacca e cravatta, parlano le lingue, sono laureati, ma quando tornano a casa usano lo stesso linguaggio dei loro padri e dei loro nonni, sono le stesse bestie. Occorre avere nei confronti di queste persone una chiusura netta”.

Oggi, ultimo giorno di “Noicontrolemafie”, doppio appuntamento: al mattino nell’aula magna dell’Università di Modena e Reggio Emilia, con il convegno “Sconfiggere le mafie: una sfida possibile?”, coordinato dal giornalista del Corriere della Sera Cesare Giuzzi, con la partecipazione di Antonino Di Matteo, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Mario Conte, consigliere della Corte d’appello di Palermo, Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della DDA di Reggio Calabria, Antonio Nicaso, scrittore e studioso delle organizzazione criminali.

Nel pomeriggio, Antonino Di Matteo, Nicola Gratteri ed Antonio Nicaso, saranno all’Istituto Cervi (Gattatico) per un incontro centrato sul valore della scrittura come strumento di lotta alla mafia, durante il quale Enrica Majo, inviato speciale del TG1 ed Elia Minari, coordinatore della redazione di Cortocircuito, dialogheranno con gli ospiti approfondendo aspetti delle opere “Assedio alla toga” (ED. Aliberti) e “Acqua santissima” (ED. Mondadori).

Il programma dettagliato del Festival della legalità è consultabile sul sito della provincia www.provincia.re.it oppure sul sito della manifestazione www.noicontrolemafie.it. 

 


(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

Al Festival della legalità, attraverso il racconto della vedova Annalori, ricordato l'avvocato Ambrosoli, che pagò a caro prezzo quella 'occasione unica di fare qualcosa per il Paese' -

 

Reggio Emilia, 4 aprile 2014 -

L’”eroe borghese” Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca privata italiana di Michele Sindona che pagò con la vita il suo fedele servizio allo Stato,  è stato il protagonista ieri, della mattinata della seconda giornata del Festival della legalità promosso per il quarto anno dalla Provincia di Reggio Emilia. Al cinema Cristallo, gli studenti di Canossa, Chierici e Zanelli hanno rivissuto – attraverso spezzoni del bellissimo film “Un eroe borghese” e soprattutto attraverso le parole della vedova, Annalori Gorla – la vita, il lavoro e il pensiero dell’avvocato Giorgio Ambrosoli.

Dopo il saluto dell’assessore provinciale all’Istruzione, Ilenia Malavasi, la signora Annalori è stata intervistata da Elia Minari, coordinatore della redazione WebTV Cortocircuito. Ne è uscito, inevitabilmente, un quadro anche molto personale e intimo di Ambrosoli, a partire da quella villa sul lago Maggiore a Ronco di Ghiffa “alla quale Giorgio era legatissimo, perché era la casa dei nonni e dei bisnonni e ha sempre rappresentato il luogo della sua infanzia”.

“In quella villa, durante l’estate, già si parlava della possibilità che la banca di Sindona saltasse e si faceva anche il nome di mio marito per un’équipe di professionisti che se ne sarebbe dovuta occupare – ha ricordato Annalori Gorla Ambrosoli – A questo pensava Giorgio quando da Ronco di Ghiffa partì per Roma, anche perché il suo incarico precedente era stato quello di occuparsi, insieme ad altri due esperti professionisti,  di un altro crac da 300 milioni, mentre quello della banca di Sindona era di ben 250 miliardi di lire. Quando, uscendo dal colloquio in Bankitalia con il governatore Carli e Sarcinelli, capì che sarebbe stato l’unico commissario liquidatore, rimase tra l’orgoglioso e lo smarrito. A questo si riferiva con quel “sono solo” che mi disse telefonandomi da Roma: “Bene”, gli risposi, “così sarai libero di agire come meglio credi”, perché sapevo in quale modo lui intendeva la professione di avvocato civilista, con coscienza, scrupolo, massima dedizione e nessun compromesso”.

“In quelle 24 ore la nostra vita cambiò – ha ricordato ancora Annalori – Quando entrò per la prima volta alla Banca privata , per 48 ore non avemmo sue notizie, tanto si buttò a capofitto in quel difficilissimo incarico. E gli bastò poco per capire che avrebbe “pagato a caro prezzo” quella missione, come mi scrisse cinque mesi dopo: era comunque grato al governatore per avergli offerto “un'occasione unica di fare qualcosa per il Paese” e mi invitava ad allevare i ragazzi e a crescerli nel rispetto di quei valori nei quali abbiamo creduto: ‘Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese, si chiami Italia o si chiami Europa’”.

Fu una indagine ancora più difficile, per questo fedele servitore dello Stato, anche perché arrivò a minare molte sue convinzioni: “Leggendo dopo i suoi diari, Giorgio diceva che stava scoprendo che anche la parte politica in cui si identificava era collusa con la mafia, così come la Chiesa attraverso lo Ior, anche se questo non intaccò la sua fede religiosa, ma semmai sviluppò in lui un certo anticlericalismo”, ha detto ancora Anna Lori. Che agli studenti, oltre all’esempio e ai toccanti pensieri del marito, ha dedicato una frase di don Ciotti: “Dobbiamo fare tutti il nostro dovere, come ha fatto mio marito, e il vostro dovere è oggi quello di studiare: e don Ciotti ci ricorda che è la cultura a dar la sveglia alle coscienze, ecco perché è indispensabile, per contrapporsi alla criminalità organizzata, che voi studiate”.

Anche da Paolo Bertaccini Bonoli, coordinatore del Premio Ambrosoli, è arrivato un consiglio ai ragazzi: “Siete nell’ètà in cui cominciate a fare delle scelte, dovete fare attenzione alle persone che vi circondano, saper scegliere le persone giuste da frequentare per garantire al nostro Paese un contesto sociale solido che continui ad assicurare antidoti e correttivi al male che sempre ci sarà: perché Giorgio Ambrosoli non era comunque solo, aveva i vertici della Banca d’Italia e il maresciallo Novembre al suo fianco. Pur dovendo inevitabilmente fare alcuni compromessi, fateli il meno possibile e ogni giorno compite microscelte che vi consentano di rimanere indipendenti”.

La mattinata si è chiusa con la proiezione del film “La mafia uccide solo d’estate”, splendida opera di denuncia civile, anche attraverso le ‘armi’ dell’ironia e della leggerezza, contro la mafia e toccante omaggio alle tante vittime in terra palermitana.

Il programma di oggi

Oggi, venerdì 4 aprile, il Festival della legalità prevede tra l’altro il convegno (ore 10.30, Aula magna dell’Università di Reggio Emilia in viale Allegri 9) su “La simbologia mafiosa tra percezione e rappresentazione” con Giuliana Adamo, docente Trinity College di Dublino, il giornalista e scrittore Arcangelo Badolati, Stefania Pellegrini direttore Master “Gestione e riutilizzo dei beni  confiscati alle mafie. Pio La Torre”, Alma Mater Studiorum dell’Università  di Bologna e Marcello Ravveduto, assegnista di ricerca in Storia contemporanea dell’Università di Salerno.

Al pomeriggio (ore 15, sala del Consiglio provinciale) Si parlerà di “Mafie al nord, ovvero territori violati”, con Antonio Nicaso, il vicepresidente del Gruppo antimafia Pio La Torre Patrick Wild e i giornalisti Cesare Giuzzi del Corriere della Sera e Giuseppe Legato de La Stampa: seguirà (ore 17) la consegna  del Premio speciale Provincia di Reggio Emilia, nell’ambito della decima edizione del Premio Libero Grassi, a giovani talenti del giornalismo d’inchiesta.

Il programma dettagliato del Festival della legalità è consultabile sul sito della provincia www.provincia.re.it oppure sul sito della manifestazione www.noicontrolemafie.it

 

(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

Questa mattina al museo Cervi di Gattatico, nell'ambito di “Noicontrolemafie”, si è discusso della memoria come nutrimento della democrazia -

 

Reggio Emilia, 3 aprile 2014 -

Perché le mafie prosperano? Perché il comportamento violento, che in passato era motivo di emarginazione, si è trasformato in un comportamento “di successo”? Le mafie hanno una matrice comune?

A questi interrogativi hanno cercato di rispondere gli studiosi riuniti questa mattina al museo Cervi di Gattatico per discutere della “Memoria come nutrimento della democrazia”, iniziativa organizzata nell’ambito di “Noicontrolemafie”, la festa della legalità promossa dalla Provincia di Reggio Emilia.

E se i “padroni di casa”, Rossella Cantoni, presidente dell’istituto “Alcide Cervi” e la Provincia, per bocca del suo vicepresidente Pierluigi Saccardi, hanno accolto relatori e studenti raccontando brevemente che cosa il territorio stia facendo per favorire la cultura della legalità, anche attraverso la valorizzazione di luoghi della memoria come l’istituto Cervi. Sono stati Giuseppe Carlo Marino, professore ordinario di storia contemporanea dell’università di Palermo, Monica Massari, docente di sociologia all’università degli studi di Napoli “Federico II”, Isaia Sales, docente di storia delle mafie all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, e Ercole Giap Parini, docente di sociologia generale all’università degli studi della Calabria, a tracciare un quadro generale in cui le mafie si inseriscono.

Ad avviare la discussione il professor Antonio Nicaso, direttore scientifico della manifestazione, che ha richiamato la singolarità della situazione italiana che non ha una sola mafia, ma ne ha almeno 4.

Il professor Giuseppe Carlo Marino, riprendendo i concetti legati al culto della mafiosità, ha aperto una riflessione sulle ragioni per cui la mafia ha avuto consenso.

“La legalità che s’identifica con un potere oppressivo e antidemocratico, provate a pensare al fascismo, – ha spiegato - è di fatto illegale. Per secoli la stragrande maggioranza della gente del sud aveva conosciuto solo la legge che stava dalla parte del loro oppressore. La mafia ha costruito quindi la sua rete di consenso nelle opposizioni, in essa ha sviluppato forza e ricchezza. La mafia è una struttura di potere in grado di sfruttare le contraddizioni di una società con l'obiettivo di un arricchimento privato”.

E attorno a questo concetto sono nate e prosperate le mafie, l’ultima, la più giovane in ordine di tempo la Sacra Corona Unita che ha messo le proprie radici in Puglia negli anni 70 e che oggi, ha spiegato Monica Massari, si sta riorganizzando con le seconde generazioni con investimenti in quella che è l’economia lecita.

Un altro fattore che ha favorito l’insediarsi delle mafie nei territori è stato quello della miopia culturale delle istituzioni, la difficoltà quindi di accettare che su un territorio possano attecchire organizzazioni mafiose, così come è accaduto in Puglia e anche nelle regioni del nord ritenute, per anni, dotate di anticorpi per fare fronte a questi fenomeni.

Comprendere le ragioni di questo successo aiuta a combatterlo, i diversi comportamenti delle mafie si inseriscono, infatti, all'interno di un modello comune, cioè i violenti si arricchiscono, diventano potenti, ma soprattutto oggi i violenti possono avere relazione. Con le mafie, ha spiegato Isaia Sales, la violenza si integra nella società. I violenti finiscono per diventare parte di un elite.

Il programma dettagliato del Festival della legalità è consultabile sul sito della provincia www.provincia.re.it oppure sul sito della manifestazione www.noicontrolemafie.it


(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

Un pomeriggio denso di appuntamenti quello di ieri, nella prima giornata del Festival della legalità -

 

Reggio Emilia, 3 aprile 2014 -

Giornalismo contro le mafie protagonista del pomeriggio della prima giornata del Festival della legalità promosso per il quarto anno dalla Provincia di Reggio Emilia. Nella sala-conferenze di Palazzo Magnani, dapprima si è parlato dei percorsi di educazione alla legalità nelle scuole reggiane con i rappresentanti della Consulta provinciale degli studenti e con l’assessore all’Istruzione della Provincia Ilenia Malavasi. Subito dopo, insieme al giornalista e scrittore calabrese Arcangelo Badolati, si è parlato di giornalismo come strumento di legalità attraverso l’interessantissima esperienza degli studenti reggiani che hanno dato vita al laboratorio di giornalismo d’inchiesta “Sulle tracce della notizia”. A presentare il video frutto dell’impegno di questi ragazzi è stato Elia Minari, coordinatore della redazione WebTV Cortocircuito.

E’ stata quindi la volta del tenente colonnello Sergio Schiavone, comandante dei Ris di Messina, che insieme al direttore scientifico di “Noicontrolemafie 2014” Antonio Nicaso ha affrontato l’affascinante tema delle moderne tecniche scientifiche d’indagine. Attraverso il libro multimediale “Cacciatori di tracce” (Utet), scritto insieme allo stesso Nicaso, il comandante dei Ris di Messina ha illustrato l’importanza, ma anche i limiti (specie in Italia), delle nuove tecniche d’indagine.

In serata, primo spettacolo di “Noicontrolemafie 2014”: al teatro Re-Giò è andato in scena “Opera aperta”,  produzione del Piccolo Teatro Umano 2013 di e con Nino Racco in memoria di Rocco Gatto, mugnaio comunista ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1977 e insignito di Medaglia d’oro al valor civile.

Il programma dettagliato del Festival della legalità è consultabile sul sito della provincia www.provincia.re.it oppure sul sito della manifestazione www.noicontrolemafie.it.

 


(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

Una riflessione sulla scuola come luogo di crescita e formazione civica, il quarto Festival della legalità promosso dalla Provincia di Reggio -

 

Reggio Emilia, 3 aprile 2014 -

“Oggi vogliamo riflettere sulla scuola come luogo di crescita, da sette anni lavoriamo con i nostri studenti sul tema dei diritti e “Noicontrolemafie” è nato proprio per dare voce a queste esperienze”. Con queste parole Ilenia Malavasi, assessore provinciale all’Istruzione, ha aperto ieri mattina i lavori dell’incontro di inaugurazione di “Noicontrolemafie”, la Festa della legalità promossa dalla Provincia di Reggio Emilia, che fino a sabato 5 aprile propone un fitto calendario di iniziative, dibattiti, laboratori e spettacoli.

Tema del primo incontro, svoltosi nell’Aula magna dell’Università di Modena e Reggio Emilia,  “La scuola come luogo di crescita e formazione civica”. “Quest’anno sono 10 gli istituti superiori che abbiamo coinvolto in questo importante lavoro sulla legalità”, ha sottolineato l’assessore Malavasi dando il benvenuto a nome della Provincia alla quarta edizione della Festa e ringraziando l’Università per la preziosa collaborazione.

“Questo percorso fatto grazie all’impegno della Provincia – ha aggiunto il professor Dino Giovannini dell’Università di Modena e Reggio Emilia – ci ha permesso di capire che il pensiero mafioso è rigido e dogmatico, la scuole ha invece l’onore di formare e creare le condizioni perché i ragazzi abbiano un livello di motivazione per acquisire più conoscenze possibili, e quindi abbiano la possibilità di scegliere”.

Antonio Nicaso, direttore scientifico della festa, ha poi sottolineato come il tema della formazione nelle scuole sia fondamentale: “Quello di oggi è il convegno più importante, perché si parla di pedagogia, Resistenza, di Costituzione, di giornalismo d’inchiesta. In Italia abbiamo una Carta Costituzionale che riflette la storia del nostro Paese e che per questo va salvaguardata e difesa. Oggi la scuola è il luogo dove costruire la dignità di un uomo, oggi qui parliamo di vecchie e nuove resistenze”.

E proprio sul tema vecchie e nuove resistenze ad aprire il dibattito, condotto dal giornalista della  Gazzetta del Sud e scrittore Arcangelo Badolati, è stata Fiorella Ferrarini, vicepresidente provinciale di quell’Anpi “custode della vicenda storica della Liberazione dell’Italia, oggi impegnata nella difesa e nella piena attuazione della Costituzione e dei suoi pilastri: pace, etica in politica, riconoscimento dei diritti, antifascismo, impegno contro illegalità, violenza e discriminazioni e contro i nuovi fascismi che si stanno riproponendo in occasioni delle prossime europee”.
“Guardare il passato è uno specchio scomodo attraverso il quale riflettere sul nostro futuro”, ha citato in conclusione ricordando il “percorso formativo straordinario che valorizza forme di resistenza non violenta che a Reggio Emilia si sta portando avanti con le scuole”.

Di Costituzione e mafie - due sistemi agli antipodi – ha quindi parlato Donatella Loprieno, costituzionalista dell’Università della Calabria. “La nostra Carta venne scritta all’indomani della liberazione dall’esperienza totalitaria del fascismo e dietro ad ogni suo articolo si capisce perfettamente contro chi e cosa i nostri padri e le nostre madri costituenti stavano scrivendo, ma anche la mafia è totalitaria, prima di uccidere i corpi mira a uccidere l'anima degli individui, privandoli di diritti e doveri fondamentali”. Per questo, secondo Loprieno,  “non si può dividere prima e seconda parte della Costituzione: ben vengano le manutenzioni sulla seconda parte, ma l’attenzione resti comunque alta”.

Elia Minari , coordinatore della redazione WebTV Cortocircuito, ha quindi illustrato questa importante esperienza reggiana di  “giornalismo dal basso e di forma di resistenza creativa”. “E’ stato un percorso faticoso, non solo fisicamente, perché giorno dopo giorno dovevamo mettere in discussione i nostri luoghi comuni sulla città perché ci siamo resi conto che i nostri diritti andavano riaffermati e riconquistati, anche qui a Reggio, anche qui in Emilia-Romagna – ha detto – Abbiamo riflettuto grazie a maestri come Nicaso e Badolati sulla differenza tra notizia e informazione, sulle cause della crisi del giornalismo di inchiesta che fatica a continuare, per i tempi lunghi e i costi che comporta, sul web che ci permette di esigere maggiore trasparenza e abbiamo deciso  di mettere in fila i fatti, di partire da lì, e di farci domande:  sulla vicenda di Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino; su un locale tanto frequentato da noi giovani, come l’Italghisa, che fino al 2009 secondo le relazioni della Prefettura sarebbe stato utilizzato come paravento per riciclare denaro sporco e come luogo di smercio di droga e di ritrovo di affiliati alla cosca;  sugli appalti di Iren e sui costi così lievitati della stazione Mediopadana, la più grande opera pubblica degli ultimi 50 anni qui a Reggio Emilia. Abbiamo scoperto  che non possiamo più distinguere tra Nord e Sud, che anche a Reggio Emilia tante interdittive antimafia dimostrano come alcune aziende abbiano aperto le proprie porte alla mafia, e che dunque è indispensabile essere più curiosi e dubbiosi”.

Contro le pedagogie complici del silenzio l’intervento di Giancarlo Costabile, docente dell’Università della Calabria, particolarmente critico contro “certa pedagogia che non ci permette di riconciliarci con la memoria” e soprattutto contro l’immagine stereotipata del Sud frutto di un certo mondo di insegnare. “Ma la Calabria non è solo silenzio e complicità, non nasciamo mafiosi! – ha detto - C’è un risveglio, esiste un Mezzogiorno diverso non inginocchiato alle mafie.  E’ importante far capire e far studiare come siamo stati trattati e come ci hanno ridotto, ma senza piagnistei, per rialzarci:  ma l’università e la pedagogia devono smettere di avere un approccio puramente astratto all’argomento, perché per educare bisogna sporcarsi le mani, scendere nella trincea della vita e combattere: e se tra le mille vittime della mafia ci sono decine di categorie professionali, ma nessun accademico, significa che l’università si limita a racconti astratti e a parole paludate, e che non facciamo paura”.

La mattinata si è chiusa con la presentazione, da parte del professor Stefano Aicardi e degli studenti, dell’importante lavoro  svolto al liceo Matilde di Canossa sul tema della legalità e della memoria. 

Il programma di oggi

Oggi, giovedì 3 aprile, il Festival della legalità ricorderà vittime della mafia come Giorgio Ambrosoli, attraverso la testimonianza della moglie Annalori programmata per domani mattina al cinema cristallo quando verranno proiettate parti di “Un eroe borghese”, il film dedicato proprio al coraggioso commissario liquidatore del Banco Ambrosiano di Sindona, e “La mafia uccide solo d’estate” con una proiezione alle 11.00 riservata alle scuole, ma con una seconda proiezione alle 14 ad ingresso libero, cui farà seguito un dialogo con Ginevra Antona, la giovane che nel film interpreta il ruolo di Flora. 

In mattinata, all'istituto Cervi di Gattatico ci sarà l'incontro su "La memoria come nutrimento della democrazia - Le quattro mafie italiane tra storia e testimonianza". Nel pomeriggio nella sala Grasselli della Camera di Commercio, si parlerà di “Etica, regole e merito nella scuole come nell’impresa”.

Il programma dettagliato del Festival della legalità è consultabile sul sito della provincia www.provincia.re.it oppure sul sito della manifestazione www.noicontrolemafie.it


(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

Pagina 3 di 4