Di Francesca Dallatana Parma, 28 luglio 2024 -
Vagabondaggio inquieto. La lettura del “Viaggio nel cuore nero del mercato del lavoro italiano” di Maurizio Di Fazio, pubblicato da Sperling & Kupfer, impone la ricerca dell’uscita da un labirinto. Che si chiama “Italian Job”. Non è la cronaca di tragici fatti collegati al lavoro nero. E’ il lavoro di oggi. Vagare per il libro in modo libero, in stile Daniel Pennac, è fortemente consigliato. La passeggiata esplorativa rafforza un punto: il lavoratore deve imparare a riconoscere lo sfruttamento strisciante tra le pieghe del contratto di lavoro formale e a chiedere aiuto legale e tutele. Chi non alza la voce si rende corresponsabile di un pericoloso ritorno ad una forma di sfruttamento arcaica. Alzare la voce significa conoscere. Informazione è potere. Un verbale spietato del lavoro nell’Italia di oggi. Difendersi e invocare la dignità del lavoro significa sopravvivere. Leggere per credere.
Generazioni a confronto
Fortuna e possibilità di lavoro sono direttamente intrecciate con i flussi della Storia. I lavoratori nati nel secondo dopo guerra rappresentano la generazione con il migliore livello di soddisfazione raggiunto sul lavoro, per tipo di vita, per possibilità di impiego, per tutele. Dopo di loro, quelli nati negli anni Cinquanta. Fino ai boomer, i figli del boom economico e demografico, dalle controverse sorti: a seconda dell’incrocio di variabili diverse: anno di nascita, punto cardinale di nascita, famiglia di appartenenza. Ma questa è una regola che vale in ogni epoca e sotto tutti i cieli. Da qui in poi: generazione X (1965-1980); millennial (1981 -1997) e a seguire tutto il resto del mondo giovane di oggi. L’autore dedica una cronistoria alle generazioni per dire del condizionamento imposto dalle cornici sociali e tecnologiche di riferimento. E soprattutto per sottolineare il pericoloso ritorno al passato arcaico del lavoro, nonostante i diritti conquistati. La tecnologia e il tempo frammentato dai nuovi strumenti di comunicazione ha ridotto in schiavitù ciò che le battaglie sociali dei decenni precedenti aveva liberato dalle catene. E’ significativo che Maurizio Di Fazio introduca la riflessione sulle sorti lavorative delle generazioni nel capitolo dedicato all’alternanza scuola lavoro. Sulla carta, uno strumento altamente innovativo di introduzione degli studenti medi nel mercato del lavoro. Nei fatti, e più di una volta, la liberalizzazione dello sfruttamento di mano d’opera disponibile e a costo zero. Gli incidenti sul lavoro che hanno coinvolto studenti impegnati nell’alternanza scuola-lavoro rappresentano un indicatore da non sottovalutare.
Operatori socio sanitari sull’orlo di una crisi di nervi.
Un Paese di vecchi. L’Italia del presente e, sempre più, in futuro. Gli operatori socio sanitari rappresentano negli ospedali l’ultimo anello della filiera del lavoro. Nelle Rsa per anziani (residenze sanitarie, ndr) sono il fulcro della forza lavoro. Operatori socio-sanitari non si nasce. Lo si diventa dopo un corso costoso, migliaia di euro, lungo e con un corollario pratico-formativo all’interno delle strutture per anziani oppure degli ospedali: un tirocinio. L’operatore socio-sanitario non è un infermiere, quindi non somministra farmaci. Non può. Durante i tirocini succede di tutto. Le richieste e le pressioni superano i confini delle regole dettate dai protocolli e dalle raccomandazioni profuse generosamente ai corsi di formazione. Ma il settore socio-sanitario langue. Molti assistiti, pochi operatori. A quei pochi si chiede molto, di tutto. Al limite della resistenza fisica. Alle badanti, le famiglie affidano i più fragili. Che poi finiscono nelle strutture residenziali assistiti dagli Oss, dagli operatori socio sanitario. Pagati poco e sottoposti a turni stressanti e a ciclo continuo. Con blande soluzioni di continuità. Un operatore guadagna poco più di mille euro al mese in una struttura per anziani gestita da una cooperativa. E’ trattato meglio se lavora per il settore pubblico, ma con analoghi carichi di pressione e stress. Il Paese di vecchi è nelle mani di una pletora di operatori socio sanitari sull’orlo di una crisi di nervi.
Giornalisti senza portafoglio.
Sempre meglio che lavorare. Lo ha scritto una penna famosa del giornalismo italiano, qualche decennio fa. Si riferiva alla professione, per la quale sono (erano) necessarie scarpe, penna a dedizione. Le cose sono cambiate. Anche ai tempi del brillante collega il talento non era sufficiente per entrare in redazione. Missione difficile: informare senza la tutela del lavoro formalizzato da un contratto. Raccontare il mondo dimenticando se stessi. Le storie di giornalismo dei free lance sono tenaci. Sull’altare dell’informazione ci si accorge che “la vita ti è passata accanto”, scriverebbe Anton Cechov. L’autore lo scrive nel titolo dedicato ai professionisti dell’informazione: duecento euro al mese e non è una fake news. Solo pochi hanno la fortuna di firmare un contratto di lavoro formalizzato e onorato dalla retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale del lavoro. Non è detto siano le penne più fini. Qualche volta sono quelle che hanno saputo aspettare. Qualche altra volta sono quelle che si avvalgono di una parola importante, una protezione, una spinta significativa. Rari, gli incontri tra talento e decollo professionale. Maurizio Di Fazio racconta una storia: collaboratori rodati e tenaci di un quotidiano alle prese con un numero di battute esorbitante in cambio di stipendi da fame. Tiene duro chi davvero crede nell’importanza della professione.
Cieli e mari di fatica.
Gente dell’aria: piloti e personale di volo. I voli a basso costo richiedono di abbattere il costo del lavoro dei professionisti del settore. Turni massacranti per comprimerlo al massimo. Il livello di stanchezza e di stress si alza in modo inaccettabile. La competenza richiesta per un pilota commerciale è alta. Per raggiungere la qualifica sono necessarie molte ore di volo e una formazione di alto livello e costosa. Gli stipendi sono bassi a fronte dell’impegno psico-fisico per il tipo di lavoro e di preparazione. Lo sono soprattutto presso le compagnie aeree che propongono ai viaggiatori biglietti a basso costo. La diaspora dei piloti e il loro interesse per possibilità di lavoro presso compagnie aeree con maggiore rispetto del lavoro è un dato di fatto. Alla gente di mare non è riservato un trattamento migliore. Anche a chi naviga come professionista è assicurato un alto livello di stress e una retribuzione non adeguata rispetto all’impegno e alla professionalità, elementi fondamentali per mettersi al timone. Sbiadisce l’aura di romanticismo di mari e cieli che la letteratura dona loro.
Mondo sofferenza.
Customer oriented. Cura per il particolare. Fine ultimo: la vendita, il profitto. Un team coeso e solidale e sorridente. Il gruppo di lavoro ha imbracciato la causa quasi fosse una baionetta di difesa sulle trincee della Grande Guerra. Sorridenti e insoddisfatti. Sono i lavoratori di una nota catena di negozi di arredamento alla portata di tutti per i prezzi. Fondamentale mantenere basso il costo del lavoro complessivo di operai e impiegati, del gruppo di dipendenti. A consentirlo sono proprio loro: i lavoratori. E la loro necessità di ricevere una retribuzione mensile e la loro flessibilità tradotta in disponibilità a fare orari di lavoro che cambiano in continuazione. La dirigenza si permette di cambiare le società, di assumere le persone in questa o quella società della holding matrioska. E di cambiare contratto collettivo nazionale del lavoro di riferimento, quindi di abbassare gli stipendi. Stesso lavoro con meno soldi se si vuole mantenere il posto di lavoro. Non esistono sabati e domeniche libere. Si tende ad assumere con orario part time e ad aggiungere la clausola dell’elasticità. Sufficiente rompere la bolla intorno ai sorrisi delle cassiere e dei magazzinieri con funzioni commerciale per svelare il backstage della recita commerciale. La sofferenza sotto la pellicola sottile di ipocrisia commerciale.
Pizza in bicicletta.
Nelle case allestite a prezzi contenuti, povere ma curate, sopravvivono famiglie e famiglie: alcune in difficoltà ad arrivare alla fine del mese; altre con qualche speranza in più di trascorrere tre giorni fuori porta. La socialità di studenti e famiglie e persone impossibilitate ad uscire prende colore quando arriva la pizza. Ordinata al telefono oppure attraverso app. Dentro un cubo termico di colore vivace, sulla schiena di un ciclista di età compresa tra i venti e i quarant’anni. E’ uno studente oppure è un immigrato oppure è una persona espulsa dal mercato del lavoro non più riuscita ad entrare nel circuito tradizionale. Molte delle società propongono collaborazioni occasionali oppure richiedono l’apertura della partita iva. E’ successiva alla data di pubblicazione del libro di Maurizio di Fazio, l’applicazione del contratto collettivo nazionale del lavoro dei trasporti da parte di una delle società di distribuzione a domicilio di pasti e farmaci. A dimostrazione che il sindacato quando agisce raggiunge l’obiettivo. Motivazioni e consapevolezza dei lavoratori sono centrali per le rivendicazioni dei diritti.
L’esercito disperato.
I disoccupati sono lavoratori eccedenti: l’esercito di riserva secondo Marx. L’esercito disperato: i lavoratori oggi. Schiacciati tra l’esigenza di lavorare e di realizzare una retribuzione e la consapevolezza sbiadita del diritto ad un lavoro dignitoso. L’autore fa nomi e cognomi di lavoratori e aziende. Il libro è una realistica ed attuale cronaca sociale. Invoca in modo forte e chiaro la rivendicazione del diritto a un esistenza civile.
Maurizio Di Fazio, Italian Job. Viaggio nel cuore del mercato del lavoro italiano, Sperling&Kupfer, Milano, 2018
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(Link rubrica: La Biblioteca del lavoro e lavoro migrante ” https://gazzettadellemilia.it/component/search/?searchword=francesca%20dallatana&searchphrase=all&Itemid=374 )