Il ritorno delle avventure di Rodolfo Lapidario. Terzo episodio della nuova serie dedicata al titolare dell'agenzia di Pompe Funebri che ha un particolare e confidenziale rapporto con i defunti che assiste.
Lo spirito guida
- Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario –
Il ritorno delle avventure di Rodolfo Lapidario. Secondo episodio della nuova serie dedicata al titolare dell'agenzia di Pompe Funebri che ha un particolare e confidenziale rapporto con i defunti che assiste.
Un caso di reincarnazione
- Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario –
Il ritorno delle avventure di Rodolfo Lapidario, il titolare dell'agenzia di Pompe Funebri che ha un particolare e confidenziale rapporto con i defunti che assiste.
"Rodolfo Lapidario e la segretaria tuttofare" è il primo di questo nuovo ciclo di racconti.
Di Manuela Fiorini 9 maggio 2020 - “Avviata agenzia di pompe funebri ricerca ragazza/o da adibire alle mansioni di segreteria…”
Rodolfo Lapidario consegnò il foglio con l’annuncio da pubblicare su un giornale free-press. La ragazza della reception lo guardò con un sorriso.
“Si è finalmente deciso a prendere qualcuno, signor Lapidario?”
Rodolfo Lapidario e il gattone rosso - Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario -
Di Manuela Fiorini 28 settembre 2019 - Rodolfo Lapidario stava quasi sonnecchiando nella sua agenzia di Onoranze Funebri. Quella mattina, aveva deciso di occuparsi del bilancio, dal momento che, di lì a pochi giorni, avrebbe dovuto portare il tutto dal commercialista per la dichiarazione dei redditi. Quell’anno sarebbe stato in attivo, ma la cosa non lo rallegrava affatto, dato il lavoro che faceva. Più lavoro significava più dolore per le persone che avevano subito la perdita di un familiare. Persone che non potevano avere il suo stesso conforto, poiché privi del suo “dono”, la facoltà di vedere e parlare con i defunti, almeno finché non “passavano oltre” per completare il loro percorso di luce. Però, Lapidario aveva imparato a sfruttare questa sua facoltà accontentando i trapassati e aiutandoli a realizzare i loro ultimi desideri per quanto riguarda la cerimonia funebre o consegnando con delicatezza i loro messaggi ai parenti. All’improvviso, una folata di vento spalancò la finestra dello studio. Era un vento tiepido, “normale”, non la folata gelida che preannunciava l’arrivo di uno spirito. Lapidario non ci fece caso e tornò a controllare carte e conti. A un tratto, qualcosa di morbido gli accarezzò un polpaccio. Un festoso “miao” accompagnò quel gesto affettuoso. Lapidario si chinò e sotto la scrivania scorse un grosso gatto rosso e pacioso. Aveva al collo un collarino blu ed era privo di un occhio. La menomazione, però, non lo aveva reso meno tenero. Il micio era una nuvola di pelo bianco e ramato, con una chiazza più grande sul petto.
“Sembra che indossi un panciotto”, gli disse Lapidario allungandogli una carezza. Il micio aveva un pelo talmente morbido da sembrare velluto.
“Devi essere entrato dalla finestra…”, continuò Lapidario lanciando un’occhiata al vetro spalancato. “I tuoi padroni ti staranno cercando…”.
Si alzò per fare strada al micione, ma lui era saltato sulla sua scrivania e si era accoccolato di fianco al computer, con nessuna intenzione di andarsene di lì.
“E va bene, puoi restare per un po’, ma poi dovrai tornare dai tuoi proprietari…”.
Poi Lapidario andò nel bagno dell’agenzia e si procurò un recipiente e un po’ d’acqua da offrire al micio, ma questi non era assetato. Così, Lapidario tornò alle sue mansioni, mentre il grosso gatto lo accompagnò per tutta la mattinata con il rumore rilassante delle sue fusa.
****
A fine giornata, Lapidario invitò il gattone rosso a uscire dalla sua agenzia. La sua compagnia gli aveva fatto un immenso piacere. Il micio era stata una presenza discreta e rassicurante, ma era giunto il momento che se ne tornasse a casa sua. Era bello pingue e ben tenuto, di sicuro aveva una famiglia che aspettava il suo ritorno e che magari era preoccupata per lui, dal momento che era stato via per tutto il giorno.“Forza, micione, devo chiudere, ora…”, gli disse Lapidario invitandolo a uscire. Il micio gli mostrò il fondoschiena e se ne andò per la sua strada. Rodolfo Lapidario chiuse la saracinesca e se ne salì nel suo appartamento, che si trovava al piano superiore dell’agenzia di onoranze funebri. Si fece una doccia, si infilò una vecchia tuta da ginnastica, scongelò una pizza monoporzione nel microonde e si apprestò a guardare la sua serie televisiva preferita. Si era appena seduto sul divano, quando la sua attenzione fu attirata da un sommesso “ron ron”…Gettò un’occhiata dalla parte opposta del divano e, acciambellato comodamente su un cuscino, scorse il gattone rosso.“E tu? Da quanto tempo sei lì?”, si domandò stupito.Il micio doveva essersi infilato tra le sue gambe prima che lui riuscisse a chiudere la porta, oppure, con mossa fulminea, era rientrato dalla finestra prima che lui se ne accorgesse e lo aveva seguito fino all’appartamento.“Devo proprio piacerti…”, commentò. Quella notte, il micio dormì nella casa di Rodolfo Lapidario. Il mattino dopo, puntuale, l’impresario di onoranze funebri se lo trovò in cucina, ben sistemato sulla sedia e intento a fissarlo con la sua aria sorniona mentre lui faceva colazione. “Tra un po’ devo scendere in agenzia. Se vuoi passare anche questa giornata con me, dovrai startene zitto e buono. Se poi dovessero entrare delle persone, cerca di non farti notare, il mio è un lavoro molto delicato…”. Il micio sembrò capire il suo discorso e gli rivolse un “miao” di assenso.Lapidario si ricordò quello che gli disse una volta sua nonna, da cui aveva ereditato la sua bizzarra facoltà: “Rodolfo caro, si dice che anche gatti possano vedere le anime dei nostri cari defunti…”.Chissà se era vero? “Magari mi sentirei meno strambo…”, disse tra sé.
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Durante la pausa pranzo, uscì per prendere un panino al solito bar accanto all’agenzia.
“Sa mica se qualcuno ha perso un gattone rosso? Ha un collarino blu ed è senza un occhio…da ieri si è accasato nel mio ufficio…è bello grassoccio e ha il pelo lungo…”.
La barista gli disse che non aveva avuto nessuna segnalazione in merito ma, nel caso, glielo avrebbe fatto sapere per consentire al micio di tornare a casa. Lapidario sparse la voce anche al supermercato, chiedendo di passare parola, ma nessuno sembrava conoscere il gatto o il suo proprietario. Quando tornò in agenzia, il micione era ancora lì ad attenderlo, nella sua postazione preferita, accanto al computer.
“Se nessuno ti reclamerà, potrei prendere in considerazione la possibilità di adottarti…”, disse al micione. “In fondo sembri trovarti bene qui…”.
Il gatto lo fissò con i suoi occhi gialli e si leccò una zampina per poi passarsela dietro a un orecchio.
Al supermercato, Lapidario aveva acquistato qualche scatoletta di cibo per gatti, sentendosi un po’ imbarazzato, anche se la cosa era passata inosservata sia alla cassiera che agli altri clienti.
Quella sera, salito nel suo appartamento, ne aprì una e la offrì al micione rosso. Lui però, non la prese nemmeno in considerazione. E così fece il mattino seguente.
“Come è possibile che tu non abbia fame? Sono due giorni che rifiuti il cibo, chissà che ci metteranno in questa roba…Oppure, vecchia volpe d’un gatto, mangi da qualche parte, perché non mi sembri affatto patito…”. Il micio gli si strusciò tra le gambe in segno di affetto, come per ringraziarlo comunque delle attenzioni nei suoi confronti.
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Rodolfo Lapidario scese un po’ più tardi in ufficio. Quella mattina si era attardato a giocare con il micio. Si stava abituando a poco a poco alla sua presenza e ne apprezzava la compagnia.
Si era appena seduto alla scrivania, quando lo scampanellio della porta gli annunciò l’ingresso di un cliente. Nell’agenzia di onoranze funebri entrò una coppia di mezza età, con lo sguardo triste di chi ha perso qualcuno.
“Buongiorno, prego…accomodatevi”, disse loro indicando le poltroncine sistemate davanti alla scrivania. Con lo sguardo cercò il gatto, che si era accomodato sulla libreria. Vedendolo tranquillo, si apprestò ad ascoltare le due persone che aveva davanti.
“Siamo qui per organizzare il funerale della mia cara mamma…”, esordì la donna soffiandosi il naso con un fazzoletto ricamato con un filo dorato e le iniziali su un angolo, mentre il marito le teneva l’altra mano.
“…Avrebbe compiuto cent’anni il prossimo ottobre…lei ci teneva, l’avremmo festeggiata con una grande festa…con tanto di auguri sul giornale”, continuò la donna. “Purtroppo, si è spenta nel sonno…”.
Lapidario ascoltò le richieste della coppia per organizzare il funerale. A un tratto, i due si guardarono negli occhi.
“Era un desiderio della mamma, Giancarlo, non posso non accontentarla…”
Poi, la signora guardò decisa Lapidario.
“Mia madre adorava il suo gatto Bibi, ha trascorso gli ultimi anni della sua vita con lui, amandolo come un figlio. Lo aveva trovato ferito e lo aveva allevato senza fargli mancare nulla. Ha sempre detto che desiderava essere sepolta insieme a lui…”
Lapidario deglutì e si assicurò di aver capito bene.
“Desiderio legittimo, lo capisco…ma il gatto, dove sarebbe…”
“Proprio qui…”, rispose la donna. Poi, dalla grossa borsa che aveva depositato ai suoi piedi estrasse una cassettina.
“Qui ci sono le ceneri di Bibi…purtroppo ha preceduto mia madre, causandole un immenso dolore. Dopo la sua scomparsa, la mamma non è stata più la stessa, si è lasciata andare, ma ha sempre detto che il suo più grande desiderio è essere sepolta insieme al suo amato gattone”.
Lapidario sorrise. “Credo proprio che si possa fare…”, li rassicurò.
“E questa è la foto che mamma avrebbe voluto sulla sua lapide…Lei con in braccio il suo amato Bibi”. La tese a Lapidario, che ebbe un sussulto. Nell’immagine era ritratta l’anziana signora con un grosso gattone rosso tra le braccia. Il micio aveva un collarino blu ed era privo di un occhio!
Lanciò un’occhiata verso la libreria, ma il micio non c’era più. Udì distintamente il suo “ron ron” ai piedi della signora che gli aveva appena consegnato la fotografia. Lei non sembrava affatto accorgersi della presenza del micio, e nemmeno suo marito.
“Ma, allora…”
“C’è forse qualche problema?”, domandò la signora.
“No, nessuno, stavo solo riflettendo a voce alta.
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Quando la coppia uscì, gli occhi del gatto si fissarono in quelli di Lapidario.
“Ho capito, vecchio mio, sei qui per aspettare la tua padrona, vero? Sono sempre stato focalizzato sulle anime delle persone, che non mi sono accorto che anche tu sei uno spirito…Mi hai fatto tanta compagnia, sai? Ma è giusto che tu vada insieme a lei, domani…”.
Così, durante le esequie dell’anziana signora, Lapidario vide quello che nessun altro poteva vedere: una donna elegante, sulla cinquantina, dalla linea invidiabile e dalla grande signorilità, che tra la folla di parenti tristi per la sua scomparsa, si chinava ad accarezzare un grosso gattone rosso con un collarino blu e un occhio solo. Lapidario sapeva che gli spiriti dei defunti assumevano l’aspetto dei loro “anni migliori” e la centenaria doveva aver molto apprezzato il suo mezzo secolo. La vide prendere in braccio il micione e dirigersi insieme a lui verso la luce.
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Racconto proposto da
C.O.F. – Consorzio Onoranze Funebri Parmense
-Sede: Viale dei Mille, 108 Parma – Tel 0521.993366 / 290722 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - http://www.cofonoranzefunebri.com -
Le sale del Commiato consentono ai familiari di vegliare i propri cari in un ambiente sicuro, intimo e confortevole.
Allestite con cura, semplicità, sobrietà e realizzate nel rispetto delle normative sanitarie e di legge, consentono ai parenti e amici di rendere l'estremo saluto al defunto in piena libertà e riservatezza.
Parma – Viale Villetta, 16 – Tel. 0521.960234
Monticelli Terme – Via Spadolini – Tel. 0521.659083
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Una zampa sul cuore - Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario -
Di Manuela Fiorini 14 settembre 2019 - In gioventù, Matilde era stata una sua vecchia fiamma. Per lei, invece, Rodolfo Lapidario non era che un buon amico, quello a cui rivolgersi per le confidenze e le consolazioni. Così, lui l’aveva vista sposarsi, avere un figlio, che ora era diventato uomo e che viveva lontano, e rimanere vedova abbastanza giovane. La intravedeva di tanto in tanto, poiché vivevano nella stessa città, ma i loro rapporti erano limitati ai saluti garbati, dal momento che Matilde aveva frequentazioni diverse, per non dire più “elevate”. Con il suo mestiere di impresario di pompe funebri, invece, Lapidario non aveva molte amicizie. La gente preferiva tenersi alla larga per una sorta di scaramanzia. “Tanto, prima o poi, ognuno di noi dovrà avere a che fare con te…”, scherzò una volta un conoscente al bar. Lapidario aveva sorriso, perché la sua solitudine era solo apparente. Il suo dono di vedere e parlare con le anime dei defunti gli rendeva la vita piuttosto movimentata, considerando che per accontentare le loro richieste doveva mettere in campo tutte le sue doti diplomatiche per interagire con i parenti rimasti in vita.
Quel pomeriggio tardo, Matilde gli apparve in tutta la sua fragile e attempata bellezza. Se ne stava seduta da sola, al tavolino di un bistrot, sorseggiando il suo tè fumante, con lo sguardo perso nel vuoto. Lo colpì l’immensa tristezza disegnata negli occhi di lei, così, Lapidario prese il coraggio a due mani e, per la prima volta in vita sua, anche l’iniziativa.
“Buonasera, Matilde…”
“Rodolfo, ciao…”, gli rispose lei con la sua voce sottile. Poi, inaspettatamente, lo invitò a sedersi. Lui acconsentì.
“Com’è avere a che fare ogni giorno con la morte?”, gli domandò lei all’improvviso, “Ci si abitua mai?”.
Rodolfo non poteva certo essere del tutto sincero, data la sua facoltà di intravedere “che cosa succede dopo”, anche se le anime dei defunti gli si manifestavano solo e se ne avevano voglia, se avevano delle richieste da fargli e, comunque, fino al momento in cui non decidevano di andare nella luce e passare oltre, dove non gli era mai stato dato a sapere. Perché il suo dono si fermava lì, davanti a quel muro di luce che le anime attraversavano quando era il momento di lasciare definitivamente la Terra. Così, le rispose con un’altra domanda, per sviare il discorso.
“C’è qualcosa che ti preoccupata, Matilde?”.
Era come se lei aspettasse quella domanda per aprirsi alle confidenze.
“Temo che presto sarò di nuovo sola Rodolfo…”
Il pensiero di lui andò al figlio di Matilde, lontano per lavoro, e si preoccupò.
“Dopo la scomparsa di mio marito e la partenza di Giorgio, per sentirmi meno sola adottai un cane dal canile cittadino. Quel cane in questi anni è stata la mia compagnia, migliore di quella di molti umani…”.
“Ti capisco perfettamente, Matilde…”.
Lo disse con il cuore, perché grazie al suo dono, aveva avuto modo di vedere con i suoi occhi come il legame con un animale domestico andasse anche oltre la morte, dell’animale stesso o del suo umano.
“…Ma ora il mio Biagio sta per lasciarmi…”, continuò Matilde con gli occhi lucidi per l’emozione. “Ha sedici anni, e anche se a me sembrano pochi, per un cane è la fine della sua vita…”
“La vita migliore che potesse avere…”, le rispose Rodolfo per darle un po’ di conforto. “Sì, ho cercato di non fargli mancare nulla, ma sono comunque convinta che mi mancherà tantissimo”.
Rodolfo mise la sua mano su quella dell’amica, poi le rivolse un sorriso.
“Non posso impedire che accada, Matilde cara, ma, se vuoi, quando verrà il momento, puoi affidarmi le spoglie del tuo Biagio”.
“Ti occupi anche di animali?”, domandò lei stupita.
“Di norma no. Ma per un’amica posso fare un’eccezione…”.
Congedandosi da Matilde, Rodolfo si ricordò di un contatto che aveva preso durante l’ultima fiera di settore, quello delle Onoranze Funebri, a cui aveva partecipato. La novità lo aveva davvero colpito, per questo aveva conservato il biglietto da visita. Avrebbe chiamato il collega per fare un dono alla sua amica.
****
Poche settimane dopo, Matilde entrò nella sua agenzia in lacrime, annunciandole che il suo amato cane l’aveva lasciata.
“Lo sapevo, ma non ero comunque pronta a separarmi da lui…”.
Rodolfo la consolò come poté, dicendole con sicurezza che, un giorno lo avrebbe rivisto…ma lei la prese come una frase di circostanza. Rodolfo, invece, si convinse che quello che aveva intenzione di fare era la cosa giusta.
Si occupò delle spoglie del cane come se si trattasse di una persona. Lo fece cremare da una ditta specializzata, poi trovò quel biglietto da visita e compose il numero di telefono.
“Sei il primo che me lo chiede…”, gli disse il collega dall’altra parte. "Ci vorrà almeno un mese e naturalmente ci saranno delle spese”.
“Nessun problema, saranno a mio carico. È un regalo che voglio fare a un’amica”.
Così, le ceneri di Biagio partirono per gli Stati Uniti con un Corriere Espresso. Per circa un mese, Rodolfo dovette inventare ogni sorta di scusa con un’inconsolabile e affranta Matilde, che gli chiedeva notizie del suo amato Biagio. Lo stesso Biagio, o, meglio, lo spirito dell’animale, lo tallonava persino in bagno, guaendo preoccupato per lo stato d’animo della sua amata umana.
“Non preoccuparti, amico, devi solo avere pazienza. Ho trovato una soluzione che consolerà lei qui sulla Terra e consentirà a te di andartene oltre sereno, almeno fino al momento in cui tornerai a prenderla. Spero il più tardi possibile…”.
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Un mese e un giorno. Tanto passò da quando le ceneri del cane Biagio erano state inviate negli Stati Uniti tramite la ditta del suo collega. Lapidario stava sulle spine, finché un mattino, il corriere giunse nell’ufficio delle Onoranze Funebri con un pacco a lui indirizzato.
“Calma, calma, amico…”, disse allo spirito del cane che manifestava una gioia incontenibile, invisibile a tutti, tranne che a Rodolfo. Nel pacco c’era un certificato di garanzia, un libretto rilegato con le foto più belle di Matilde e Biagio e la loro storia, e, in una scatolina da oreficeria, un ciondolo a forma di zampetta, realizzato con le ceneri dell’animale.
“Dici che le piacerà?”, domandò allo spirito del cane.
Per tutta risposta, lui emise un “bau” deciso.
Quando Matilde ricevette quel dono, pianse dall’emozione. Strinse a sé il libretto e il ciondolo, poi chiese a Rodolfo di aiutarla a indossarlo. “Così lui sarà sempre con me, qui, sul mio cuore. Grazie, Rodolfo, te ne sarò grata per tutta la vita”.
“Sono felice che ti sia piaciuto, Matilde…”, disse congedandosi da lei.
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Trascorsero tre settimane. Rodolfo Lapidario aveva organizzato tre funerali, ma, fino a quel momento, nessun spirito si era manifestato a lui con richieste particolari. Segno che i defunti erano appagati, se ne erano andati senza lasciare nulla in sospeso e le loro ultime volontà erano state rispettate. Una sera, la temperatura dell’ufficio scese di colpo e una folata di vento lo fece rabbrividire. Lapidario conosceva bene quella sensazione, così, si preparò ad accogliere un’anima e ad ascoltare le sue richieste. Si guardò intorno, ma non vide nessuno spirito…finchè non udì distintamente un ansare…
“Biagio! Che cosa ci fai ancora qui?”, domandò stupito, scorgendo ai suoi piedi lo spirito del cane della sua amica Matilde.
Non avendo il dono della parola, nemmeno dopo il trapasso, l’animale continuava a seguirlo, tentando di farsi capire. Non avendo mai avuto cani, Lapidario era piuttosto ottuso sul loro linguaggio e comportamenti. Il ché non faceva che rendere lo spirito dell’animale ancora più…molesto. Lapidario se lo trovava sul letto, sul divano, seduto sulla poltroncina degli ospiti e persino a fare il saltimbanco tra i parenti affranti dei defunti. Non poteva andare avanti così…doveva capire perché lo spirito del cane fosse ancora sulla Terra.
Lo capì una mattina, mentre consumava la colazione in ufficio, sfogliando il giornale. Arrivato in fondo, una folata di vento fece volare a terra le pagine del quotidiano. Biagio si sedette imperiosamente sopra una di esse. Allora, Lapidario la notò: era la pagina riservata alle adozioni di cani ospitati nel canile comunale, con tanto di storia e di foto, una pagina che veniva pubblicata ogni venerdì.
“È questo che vuoi suggerirmi, amico? Hai ragione, Matilde deve sentirsi comunque sola, anche con la zampetta con le tue ceneri al collo…La chiamerò, con un’altra sorpresa…”. Il cane parve apprezzare.
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Le diede appuntamento al parco, un sabato pomeriggio d’autunno. Arrivò con una scatola bucata. Quando l’aprì, Matilde pianse ancora per l’emozione, ma era un’emozione positiva, di felicità.
Prese tra le braccia il cucciolo e lo strinse a sé, baciandolo, annusandolo, accarezzandolo, come per assorbirlo con tutti e cinque i sensi…
“Che tu ci creda o no, non è un dono da parte mia, ma da parte di Biagio…”, le disse convinto.
E in quel momento, un cane dall’espressione felice, attraversò quello che chiamano il Ponte dell’Arcobaleno.
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Le sale del Commiato consentono ai familiari di vegliare i propri cari in un ambiente sicuro, intimo e confortevole.
Allestite con cura, semplicità, sobrietà e realizzate nel rispetto delle normative sanitarie e di legge, consentono ai parenti e amici di rendere l'estremo saluto al defunto in piena libertà e riservatezza.
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Prosegue la raccolta dei racconti che vedono protagonista Rodolfo Lapidario, il titlare di una agenzia di pompe funebri in grado di parlare con i defunti. - decimo racconto -
Di Manuela Fiorini - Parma 2 settembre 2019 -
“Vorremmo che il nostro caro papà venisse ovviamente sepolto nella tomba di famiglia, accanto alla nostra adorata mamma…”, dissero quasi in coro i due figli del defunto delle cui esequie Rodolfo Lapidario avrebbe dovuto occuparsi.
Discussero gli ultimi dettagli. Sarebbe stata una cerimonia austera, ma la famiglia era benestante e non avrebbe badato a spese, tra banda, fiori, marmo, cantante lirico a eseguire i canti sacri alla messa di commiato…Poi Arturo Bonfanti Torrini avrebbe riposato accanto alla moglie che lo aveva preceduto di un decennio.
I due figli gli staccarono un assegno per l’anticipo e salutarono. Rodolfo Lapidario ebbe l’impressione che i due fratelli non fossero poi così disperati per la dipartita del genitore come volevano fare credere. Sospirò…probabilmente, come spesso accade, gli ultimi anni di una persona sono così difficili da condizionare tutta la famiglia e il passaggio a miglior vita si rivelava una liberazione dal peso terreno per tutti, soprattutto perché, e Lapidario lo sapeva meglio di altri, ad attendere i defunti c’era un mondo di luce e di gioia. Tanto è vero che non li vedeva quasi mai con l’aspetto che essi avevano al momento della morte, ma con quello che preferivano. Così, chi se ne era andato in età avanzata, gli si presentava con l’aspetto che aveva nel fiore degli anni, spesso con delle richieste da accontentare.
Così fu anche per il defunto genitore dei due facoltosi fratelli, che si presentò alle due di notte, facendolo sobbalzare dal letto, preceduto solo dalla consueta folata gelida.
“È inaudito, inaudito!”, tuonò lo spirito fuori di sé, aggirandosi nervosamente nella stanza. Aveva l’aspetto di un gentiluomo d’altri tempi, ben vestito, con uno sguardo bruciante per l’ira.
“Che si seppelliscano loro con il contorno di quella pagliacciata!”, continuò a inveire agitandosi e facendo volare oggetti e documenti per la stanza con la potenza psichica di quella sfuriata.
“Cerchi di calmarsi…”, osò Lapidario.
“Lo so che mi vedi…è per questo che sono qui, per impedire quella farsa di funerale!”
“Ma…i suoi figli mi hanno detto che così è scritto nel suo testamento…”
“Può anche darsi che sia così, ma di sicuro quello che c’è scritto nel “mio” testamento non l’ho scritto io. Essendo paralizzato, i miei figli avranno sostenuto con il notaio che le mie ultime volontà sono state loro dettate, ma non è così”, continuò lo spirito sempre più arrabbiato.
“Perché nell’ultimo periodo della mia vita posso anche essere stato un po’ “fuori di testa”, ma non avrei mai lasciato detto di venire sepolto nella tomba di famiglia, accompagnato da un teatrino di saltimbanchi, di falsi, di tristi teatranti che piangono lacrime finte e, soprattutto, mai e poi mai potrei sopportare di giacere per sempre accanto a quella…megera di mia moglie!”.
****
Lapidario cercò di calmare lo spirito irrequieto. La sua esperienza sulle “case infestate” gli suggeriva di trovare una soluzione, perché quell’anima aveva tutte le caratteristiche per rimanere sulla Terra a tormentare i viventi.
“Allora, Arturo”, gli disse dopo averlo fatto sfogare per bene, “che cosa desidererebbe per il suo commiato?”.
“Una cosa sola: essere sepolto accanto al mio vero amore. Una donna che ho amato per tutta la vita, fin da quando ero ragazzino, e che non ho potuto sposare perché per la mia famiglia “non era alla mia altezza”. Per me combinò un matrimonio con una viziata, noiosa, odiosa, ricca “mia pari”, che mi ha rovinato la vita con il suo carattere da despota…”. Lo spirito fece una pausa ed emise una fumata dalle narici per esprimere la rabbia repressa.
“Ma io non le ho consentito di rendermi infelice, ah, no! Per tutta la vita le ho messo le corna a quella e ho continuato a vedere il mio primo amore. Per fortuna quella megera se ne è andata prima di me e io ho potuto passare qualche anno sereno con il mio vero amore…E ora non posso tollerare di riposare per l’eternità accanto a quella…”.
“Suvvia Arturo, se ci pensa, si tratta solo del suo “vecchio abito terreno”. Sono sicuro che, là dove andrà, si ricongiungerà con la sua amata…”.
Le lampadine cominciarono a scoppiare una dopo l’altra.
“Giammai! Sarebbe un affronto, una beffa terribile…”.
“La sua famiglia però non capirebbe e, probabilmente, non accetterebbe mai di…farla riposare accanto a una persona che non sia sua moglie…”.
“Quei due? Degni figli di loro madre, estorti dai miei lombi sotto la minaccia di rovinarmi, perché quella strega ha sempre saputo che io ero infelice con lei e che mi vedevo con un’altra, ma a divorziare non ci pensava nemmeno, perché sarebbe stato uno scandalo per la famiglia, la sua…”.
Lo spirito fece una pausa, poi fissò Lapidario con occhi ardenti come bracieri.
“Se sarò sepolto nella tomba di famiglia, accanto a quella donna che mi ha reso la vita un inferno, giuro solennemente che rimarrò sulla Terra a infestare la casa di famiglia e a tormentare quegli inetti dei miei figli e tutta la loro progenie…”.
“Va bene…”, sospirò Rodolfo Lapidario, “Vedrò che cosa posso fare…Tanto per cominciare…ha qualche suggerimento?”.
L’anima parve calmarsi. “Oh, sì, certo che ce l’ho”. Anni fa, dopo essere rimasto finalmente vedovo ho depositato presso un notaio un testamento scritto di mio pugno. E una registrazione dove affermo con questa mia stessa voce che desidero essere sepolto accanto alla mia dolce Amalia, in una tomba semplice. E all’inferno quel mausoleo…”.
****
Era mezzogiorno di un giovedì quando Rodolfo Lapidario si recò nello studio del notaio Gaetani. Aveva preso appuntamento sostenendo falsamente, su suggerimento dell’anima infuriata, di essere l’esecutore testamentario di Arturo Bonfanti Torrini. Solo quando fu di fronte al Gaetani gli confessò di essere “solo un amico”, ma di essere a conoscenza del testamento autografo e della registrazione, più altri particolari della vita del defunto che lo spirito irrequieto e impaziente gli suggeriva di volta in volta.
“Gaetani mi conosce fin dai tempi della giovinezza, digli di quella volta che nascondemmo una sardina nell’organo della chiesa…e poi digli anche…”
“Sssttt”, lo zittì Lapidario, con la testa rintronata dalla petulanza dello spirito, quasi dimentico della presenza del notaio. Questi lo guardò con espressione meravigliata…ma qualcosa parve capire, perché sul suo viso comparve la bozza di un sorriso.
“Accetterebbe allora, di incontrare i figli del defunto Bonfanti Torrini e il suo “vero” esecutore testamentario?”. Il notaio annuì.
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I funerali nel frattempo erano stati sospesi. Nell’ufficio nel notaio Gaetani c’era un silenzio…di tomba. Lapidario, che ufficialmente non era parte in causa, stava attendendo nella sala di aspetto fingendo di leggere una rivista. I figli di Arturo Bonfanti Torrini arrivarono insieme al loro avvocato e al notaio di famiglia. Avevano il volto pallido e tirato, uno dei due continuava a tormentarsi le dita, l’altro era sopraffatto da un tic nervoso e continuava a fare l’occhiolino. Il notaio Gaetani li fece accomodare nel suo studio e chiuse la porta.
“Che cosa si staranno dicendo lì dentro?”. Lo spirito del Bonfanti Torrini era come sempre al fianco di Lapidario.
“Sei tu lo spirito etereo…”, si limitò a rispondergli Lapidario. “Puoi entrare senza problemi e ascoltare che cosa dicono…”.
“Ah, giusto!...Sono ancora…troppo poco morto per abituarmi al mio nuovo stato”.
Poi, con mossa fulminea, attraversò il muro.
Comparve accanto a Lapidario dopo circa un’ora.
“Allora, come è andata?”, gli domandò l’impresario di pompe funebri.
“Alla fine, pare che io abbia ottenuto quello che desidero: che le mie spoglie terrene riposino per sempre accanto alla mia Amalia. Gaetani ha letto il mio testamento e ha fatto ascoltare ai miei figli e ai loro “scagnozzi” la registrazione”.
“E loro, come l’hanno presa?”.
“Come mi aspettavo…con un sospiro di sollievo. Sai perché erano così sconvolti? Perché temevano che con quel testamento sbucato all’improvviso io destinassi parte della mia cospicua eredità a qualcun altro, per fare loro dispetto. Sanno di non essersi comportati bene nei miei confronti, soprattutto negli ultimi anni della mia vita e avevano paura che io avessi trovato il modo di vendicarmi, oppure che spuntasse un loro fratello o sorella “segreti”…Ma io e Amalia non abbiamo avuto figli, non sarebbe stato giusto per lei, che agli occhi della società sarebbe stata una ragazza madre, né nei confronti di quei due là, dentro. A modo mio, ho voluto loro bene, perché, sebbene figli di loro madre, sono per metà anche miei…e in certe sfumature mi somigliano”.
Un’ombra di dolcezza attraversò gli occhi dello spirito, ormai soddisfatto.
“Mi dispiace per te Lapidario, che dal mio modesto funerale guadagnerai molto meno…”.
“Non importa…”, gli sorrise Rodolfo.
“Pensa che quando hanno saputo che le spese per le mie esequie sarebbero state inferiori, senza banda, cantanti e giullari vari, sono stati persino contenti. Meno soldi per te, ma di più per loro…come se non ne avranno già abbastanza…”. Lo spirito emise una risata cristallina.
E così fu, come da volontà di Arturo Bonfanti Torrini. Le sue spoglie mortali vennero sepolti in un piccolo cimitero di montagna, a terra, accanto alla sua adorata Amalia, l’unica donna che aveva amato in tutta la sua vita. Spazio che aveva provveduto ad acquistare per avere la sicurezza di farne la sua ultima dimora. Rodolfo Lapidario si attardò davanti alla lapide con i due nomi, mentre, nell’aria, un mulinello di vento gli fece arrivare l’eco della risata cristallina di un uomo e di una donna, finalmente riuniti.
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Racconto proposto da
C.O.F. – Consorzio Onoranze Funebri Parmense
-Sede: Viale dei Mille, 108 Parma – Tel 0521.993366 / 290722 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - http://www.cofonoranzefunebri.com -
Le sale del Commiato consentono ai familiari di vegliare i propri cari in un ambiente sicuro, intimo e confortevole.
Allestite con cura, semplicità, sobrietà e realizzate nel rispetto delle normative sanitarie e di legge, consentono ai parenti e amici di rendere l'estremo saluto al defunto in piena libertà e riservatezza.
Parma – Viale Villetta, 16 – Tel. 0521.960234
Monticelli Terme – Via Spadolini – Tel. 0521.659083
Collecchio – Via P.F. Carrega, 12/A- Tel. 0521.802435
Fornovo Taro – Via Solferino, 14 – Tel. 0525.39873
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Prosegue la raccolta dei racconti che vedono protagonista Rodolfo Lapidario, il titlare di una agenzia di pompe funebri in grado di parlare con i defunti. - nono racconto -
Di Manuela Fiorini Oltre, 8 giugno 2019 - Rodolfo Lapidario aveva avuto una settimana davvero piena. Aveva dovuto organizzare tre funerali e, per una piccola Agenzia di Onoranze Funebri come la sua, dove di norma faceva tutto da solo, era stato un lavoro immane. "Dovrei decidermi ad assumere qualcuno part-time", si diceva di tanto in tanto. Però tergiversava sempre. Poiché sarebbe stato davvero difficile condividere con un eventuale dipendente il suo "piccolo" segreto.
Di sicuro, sapere che il suo titolare aveva una clientela "ufficiale" e una "occulta", composta dagli spiriti dei trapassati, che gli si manifestavano per fare le loro rimostranze o esprimere i loro desideri in occasione del congedo definitivo da questa Terra, per passare in un'altra dimensione, non era cosa facile. In occasione degli ultimi tre funerali, tuttavia, nessuno spirito si era manifestato a lui con richieste più o meno bizzarre, o per inveire contro i parenti che avevano disposto un funerale diverso dai propri desideri. Del resto, si trattava di persone piuttosto anziane, che avevano ormai completato il loro percorso terreno, vivendo a pieno, persone stanche sotto il fardello degli anni, quasi sollevate dal sentire la leggerezza dell'anima dopo il peso del corpo, divenuto insopportabile.
Lapidario consultò l'agenda. Salvo chiamate dell'ultimo minuto, non avrebbe dovuto organizzare altri funerali nei primi giorni della settimana successiva. Tuttavia, siccome il suo non era certo un lavoro che si poteva programmare, decise di ritagliarsi un po' di tempo solo la domenica, magari per una scampagnata o una passeggiata in montagna. Magari avrebbe potuto fermarsi in un posto un po' rustico a mangiare qualcosa di buono...
Stava liberando i suoi pensieri quando una ventata di aria gelida in quella serata afosa irruppe nel suo ufficio. Non era l'aria condizionata, che teneva ancora spenta per parsimonia, accontentandosi di un vecchio ventilatore. Doveva, quindi, trattarsi di un nuovo cliente, e non della categoria di quelli "in carne e ossa". Questa volta, a differenza delle altre, la presenza non venne annunciata solo dalla ventata di aria gelida, ma anche da un pungente odore di salmastro, che gli ricordò quello dei piccoli porti dove approdano le barche dei pescatori.
Nella penombra, intravide la sagoma di un uomo, poi la sua figura eterea gli si rivelò del tutto. Aveva l'aspetto di un trent'enne, ma Lapidario non poteva effettivamente dire a che età quella persona era passata a miglior vita, dal momento che gli spiriti dei trapassati assumono l'aspetto dell'età che hanno preferito quando erano in vita. Questo spirito, tuttavia, si era presentato a lui con abiti piuttosto trasandati, il volto emaciato e la barba incolta...
"Allora è vero...che tu puoi vedere coloro che sono morti...", lo apostrofò subito lo spirito.
"È così...", lo rassicurò Lapidario con un sorriso per metterlo a proprio agio.
"Me lo ha detto lo spirito di Gustavo Ori, stamattina, al cimitero...Stava guardando per l'ultima volta la sua tomba, lui l'ha chiamata "il baule dove sono state riposte le mie spoglie mortali"...ma non sapeva di farmi un po' invidia..."
Rodolfo Lapidario fece mente locale. Gustavo Ori era uno dei defunti a cui aveva celebrato il funerale quella settimana.
"Tu, invece, chi sei?"
"Il mio nome è Gregor Galic..."
"Non mi sembra di averti nella lista dei...funerali. Sei appena morto?"
Lo sguardo dell'uomo si fece triste.
"No, sono morto alcuni mesi fa..."
"Però sei ancora qui, non sei passato oltre...posso chiederti perché?"
"Perché non ho avuto un funerale...e la cosa mi addolora..."
Lapidario guardò di nuovo lo spirito...se quello era davvero l'aspetto che quell'uomo aveva scelto per manifestarsi, o era quello che aveva al momento della morte, o non doveva avere avuto una vita troppo felice. Forse, lui stesso si era tolto la vita, oppure era uno dei tanti scomparsi di cui non si sa più nulla, il cui corpo non è mai stato ritrovato. Se poteva fare qualcosa per avvertire i parenti e indicare loro dove si trovavano le spoglie del loro congiunto, lo avrebbe fatto. Sì, lo avrebbe aiutato, grazie al suo dono.
"Ho capito...Gregor. Se non hai avuto un funerale, sai dove si trovano ora, le tue spoglie mortali?"
"In una cella frigorifera, all'Istituto di Medicina Legale...mi hanno portato lì quando...mi hanno trovato. Io, vivevo in strada, sono...ero un clochard, almeno nella seconda parte della mia vita...Quando sono arrivato in questo paese ero giovane e pieno di sogni, ho anche lavorato, poi è arrivata la crisi, ho perso il lavoro, la casa...sono finito per strada. E ho cercato di guadagnarmi da vivere, giorno per giorno, suonando il violino...una passione che avevo fin da giovane".
"Quindi, non sei morto...all'età in cui ti sei presentato a me..."
"No, avevo quasi settant'anni...ho avuto un infarto, forse per il freddo di certe sere...non era facile vivere in strada. A volte trovavo un rifugio nelle stazioni, oppure nei centri di accoglienza...ma non sempre andava bene...Quelli come me sono più di quello che credevo e spesso i posti erano tutti occupati".
Lapidario sentì un groppo alla gola.
"Questo è l'aspetto che avevo quando ho lasciato il mio paese, la Slovenia, dove facevo il mestiere che amavo, il pescatore. Per tutta la vita mi è mancato il mare, il suo profumo, quel senso di libertà che ti dà il vento addosso, le stelle sopra la testa, il rumore delle onde...".
"Hai parenti che io possa contattare per occuparsi del tuo funerale? Qualcosa mi inventerò con loro...oppure potrei dare qualche dritta a quelli di Medicina Legale..."
"Non mi sono mai sposato e non ho avuto figli, non che io sappia. Ero figlio unico e i miei genitori sono morti da tempo..."
"Allora, mi recherò io a parlare con il referente del Comune che si occupa dei funerali delle persone che non se lo possono permettere...".
****
Il mattino successivo, Rodolfo Lapidario si recò in Comune per parlare delle spoglie di Gregor Galic, il clochard che giaceva da mesi nella cella frigorifera dell'Istituto di Medicina Legale.
"Non siamo riusciti a contattare nessuno della famiglia. Questo poveretto non aveva né un cellulare né un'agendina con uno straccio di contatto. Viveva in strada, girando di città in città suonando il suo violino. Una vita vagabonda. Quando è successo, abbiamo fatto girare la sua foto nelle Questure, sperando che qualcuno lo riconoscesse, che si facesse avanti per la sepoltura...invece, lui è ancora qui", gli disse il referente del Comune.
"In questo caso, non è...il sindaco a doversi fare carico della sepoltura?", domandò Lapidario.
"Eh, Lapidario, la legge dice questo, e per quel poveretto sarebbe cosa buona e giusta. Ma le casse comunale sono vuote. Ogni centesimo è già stato destinato...finché non avremo una qualche disponibilità, un disavanzo, o qualche entrata inaspettata, il violinista dovrà attendere...al fresco".
Lapidario si fece dare una copia della foto di Gregor Galic. La sua immagine di settantenne era ancora peggiore e trasandata di quella giovanile con cui si era manifestato a lui. Eppure, nel suo sguardo c'era qualcosa di familiare. In quel momento, sentì un impulso fortissimo.
"Ci penso io..."
"Come, prego?".
"Mi occuperò io della sepoltura di...questa persona. Ho un'impresa di onoranza funebri...gioco in casa, insomma. Se mi volesse fare il favore di...liberare la salma e sciogliere le quisquiglie burocratiche, sarò ben lieto di organizzare la funzione religiosa e le esequie".
"E per il saldo..."
"Non c'è problema...mi occuperò di tutto, a titolo gratuito. Nessuno deve rimanere senza una degna sepoltura".
"Allora, per il loculo..."
"Nessun loculo...credo di sapere che cosa questa persona desiderasse per il suo commiato..."
"E come fa a..."
"L'ho guardato negli occhi...". Lapidario mentì a metà.
****
Quella domenica, Rodolfo Lapidario mise da parte l'idea di una scampagnata o di una gita in montagna. Guidò invece fino al mare. Raggiunse una piccola località, deserta in quel periodo dell'anno, fatta eccezione per qualche residente fisso e una manciata di pescatori. Si diresse verso il porto. Ne vide due che stavano sistemando le proprie reti, in previsione della giornata di pesca del giorno successivo.
"Buonasera, signori, posso chiedervi un grosso favore?".
Dopo il tramonto, la piccola barca partì. A bordo c'erano i due pescatori, padre e figlio. E Rodolfo Lapidario che stringeva al petto l'urna con le ceneri di Gregor Galic.
"Credo che qui andrà bene...", disse piano.
Accanto a lui, la sagoma invisibile del pescatore-violinista annuì.
Mentre i due pescatori in carne e ossa intonavano un canto di saluto, Lapidario aprì l'urna e versò le ceneri nel mare. Una parte finì subito nell'acqua, un'altra venne rapita dal vento, e raggiuse le prime stelle. Un gruppo di delfini si mise a giocare poco distante. L'anima di Gregor Galic gli sussurrò un ultimo grazie, poi si tuffò nella luce.
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Le sale del Commiato consentono ai familiari di vegliare i propri cari in un ambiente sicuro, intimo e confortevole.
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Di Manuela Fiorini Parma 26 maggio 2019 - Rodolfo Lapidario stava sonnecchiando seduto alla scrivania del suo ufficio. Nessun cliente, voleva dire nessuna perdita, nessun dolore o sofferenza in qualche famiglia, dal momento che lui gestiva un'Agenzia di Onoranze Funebri. A un tratto, annunciata dal suono gentile del campanello agganciato alla porta per rivelare l'ingresso di qualcuno, entrò una donna che Lapidario conosceva.
Si trattava della signora Cesira, vecchia conoscenza della sua famiglia e, per qualche anno della sua infanzia, era stata anche una sua vicina di casa. La donna era ormai anziana e il padre di Lapidario prima e lui stesso in tempi più recenti, si erano occupati dei funerali di una lunga serie di suoi congiunti. Se ci pensava bene, la signora Cesira aveva sepolto parenti molto più giovani di lei. E anche stavolta, evidentemente, non doveva occuparsi del suo funerale, perché la donna gli si era presentata...in carne e ossa e non sotto forma di spirito. Rodolfo Lapidario, infatti, divideva la sua "clientela" in due categorie, quella dei vivi, che in genere si occupavano degli aspetti più pratici, e quella dei defunti, che si manifestavano a lui con ogni genere di richieste per il loro commiato.
"Buongiorno, Rodolfo...", esordì la signora Cesira guardandosi intorno per assicurarsi che nell'ufficio non ci fosse nessuno tranne loro due.
"Cesira...a che cosa devo la visita?", le rispose Lapidario.
"Hai due minuti, caro?".
"Certo, oggi è una giornata tranquilla. Si accomodi pure. Le preparo un caffè alla macchinetta..."
La signora Cesira si abbandonò sulla poltroncina rossa di fronte alla scrivania di Lapidario.
"Orbene? Di che cosa voleva parlarmi?", iniziò lui porgendole un bicchierino uso e getta con un profumato caffè bollente.
"Prima di tutto, voglio rassicurarti sul fatto che...in famiglia, ci siamo ancora tutti...", esordì la signora Cesira. "Però c'è una questione di cui vorrei parlarti...per avere un tuo consiglio ed eventualmente un aiuto".
Lapidario si sedette e cominciò a sorseggiare il caffè.
"Si tratta di mia figlia, Lara...Lei e suo marito Giacomo, qualche tempo fa, hanno acquistato un antico casale, quasi un castelluccio, con l'intenzione di farci un Bed & Breakfast. Hanno speso un patrimonio per metterlo in sesto, ristrutturarlo, realizzare le camere per gli ospiti, la cucina, la sala...Alla fine, è venuto una meraviglia...e la zona dove si trova, in montagna, è turistica...Tutto insomma, all'inizio faceva pensare che l'attività sarebbe andata a gonfie vele...Invece..."
Lapidario era tutt'orecchie. La signora Cesira gli lanciò un'occhiata eloquente.
"Invece, quando i clienti hanno cominciato ad arrivare, non solo se ne andavano molto prima delle notti prenotate, accettando anche di pagare le penali, ma hanno iniziato a scrivere recensioni molto negative sul B&B di mia figlia su internet...Insomma, sai come vanno queste cose oggi. Un'opinione si trasforma in pubblicità negativa che passa di bocca in bocca...Così mia figlia ha avuto un sacco di disdette...".
"Ne sono molto dispiaciuto, Cesira, ma non vedo come io potrei essere d'aiuto a lei o a sua figlia, che peraltro mi ricordo benissimo, da quando era bambina..."
"Arrivo al punto, Rodolfo...La ragione di tutte quelle recensioni negative non stanno nella gestione dell'albergo, o nel servizio...ma tutte concordano nel dire che nel B&B, si aggirano...strane presenze...soprattutto di notte. E la gente è terrorizzata!".
"Insomma, il casale che sua figlia ha rilevato sarebbe...infestato dai fantasmi?!". Lapidario sgranò gli occhi, poi rivolse uno sguardo affettuoso alla donna che gli stava davanti.
"È assurdo che la gente oggi creda ancora a queste...favole...", commentò, non credendo lui stesso alla bugia che stava raccontando.
"Rodolfo caro, mi meraviglio davvero che proprio tu mi stia dicendo questo...". Ora la signora Cesira lo stava trafiggendo con lo sguardo. "Come tu sai, io ero molto amica della tua defunta mamma, e lo sono stata fino al giorno in cui lei è passata a miglior vita..."
"Sì, certo, lo so..."
"Orbene, tua madre mi parlava spesso delle "bizzarrie" di sua suocera, di come lei sostenesse di vedere le anime dei trapassati e di come le persone che avevano perso un proprio caro si rivolgessero a lei per...comunicare con gli spiriti dei defunti...".
Lapidario deglutì.
"Tua madre mi raccontava anche che il "dono" di tua nonna era stato molto utile negli affari di tuo padre, quando rilevò l'Agenzia di Onoranze Funebri che ora hai ereditato tu...Ma, soprattutto...tua madre mi confidò, un giorno, di essere preoccupata per te..."
"Per me?"
"Aveva origliato per caso una conversazione fra te e tua nonna...che le aveva fatto pensare che tu avessi ereditato da lei quel "dono", quello di vedere le anime dei trapassati e di interagire con loro..."
Rodolfo impallidì. Non aveva parlato con nessuno di questa sua...caratteristica. Evidentemente, sua madre lo aveva fatto per lui. Era molto indeciso se negare la cosa e minimizzare quello che la signora Cesira sapeva, o farle una confidenza che, di fatto, ammettesse il suo "dono".
"Anche io mi sono rivolta a tua nonna per avere notizie di mio marito appena passato a miglior vita, anni e anni fa...In quell'occasione, be', ho avuto modo di appurare che quello che si diceva sulle sue...facoltà non era affatto una diceria...Quindi non ho ragione di dubitare che anche tu sia in grado di interagire con gli spiriti di chi non c'è più".
Lapidario sospirò.
"Che cosa dovrei fare, Cesira?"
"Potresti, per esempio, recarti al B&B di mia figlia, trascorrervi tutto il tempo necessario, naturalmente spesato, e capire se realmente l'antico casale è...infestato, da chi, e che cosa lo spirito irrequieto chiede per andarsene".
*****
Rodolfo Lapidario arrivò nella splendida località di montagna dove si trovava il B&B gestito dalla figlia della signora Cesira e da suo marito. Scese dall'auto e prese una grossa boccata di aria pura e leggera. Dopo tutto, qualche giorno di ferie gli avrebbe fatto bene. Pensandoci bene, erano anni che non si concedeva una vacanza. La giovane Lara, che ricordava bambina, si era fatta davvero una bella donna, con gli occhi luminosi e un sorriso dolce, anche se il suo sguardo non nascondeva una certa preoccupazione. Accanto a lei, c'era il marito Giacomo, che gli venne incontro tendendogli la mano.
"Non si preoccupi, signor Lapidario, sappiamo tutto...mia madre ci ha messi al corrente del suo...dono...ancora prima di contattarla...Sarà nostro ospite in tutto e per tutto...Non abbiamo molti clienti, ultimamente..."
"Già, qualcuno che non ha letto le recensioni, o qualche turista di passaggio, ogni tanto si ferma, ma il mattino dopo pagano il conto in fretta e furia e se ne vanno a gambe lavate".
"Voi avete mai...visto nulla?"
"In realtà, noi alloggiamo nella dependance...", disse Lara voltandosi verso una piccola casetta di mattoni situata dall'altra parte del giardino. "Per lasciare più libertà e privacy agli ospiti. E...no, non abbiamo mai visto nessun...fantasma, o sentito rumori strani, come invece affermano i nostri clienti".
"Non avete mai pensato al fatto che questa faccenda possa essere stata orchestrata apposta per...danneggiarvi?", chiese Lapidario.
"In realtà, sì, ci abbiamo pensato...ma non abbiamo nemici e non ci sono state in passato situazioni tali da farcelo pensare...Nemmeno la concorrenza, siamo l'unica struttura nel raggio di una trentina di chilometri".
"Capisco...Be', allora, facciamo calare la sera e vediamo che cosa posso fare per aiutarvi".
Rodolfo Lapidario prese alloggio in una delle quattro camere del B&B, quella ricavata nella torretta della costruzione. Era davvero un bel posto, caldo, accogliente, rustico, circondato dalla natura e dall'aria pulita. Si sistemò e cenò con Lara e suo marito. Poi, si congedò e si ritirò nella sua camera. Attese. Stava quasi prendendo sonno quando udì un rumore forte e sordo, simile a quello di una porta che sbatte. Si volse verso il pesante uscio della sua camera, ma lo trovò esattamente come lo aveva lasciato. In quel momento, il pavimento di legno cominciò a scricchiolare come sotto il peso di passi. Lapidario scorse un'eterea figura di fanciulla dal volto antico e sofferente. Le sue membra erano quasi trasparenti...La figura si diresse verso la finestra e con gesto deciso la spalancò, facendo entrare l'aria fredda della notte. Poi, emise un lungo lamento...
"Posso sapere perché fai questo?", le domandò Lapidario, mettendosi a sedere sul letto.
La fanciulla si voltò sbigottita verso di lui. I loro occhi si incontrarono.
"Come fai a vedermi? E, soprattutto, a non avere paura di me?"
Lapidario le sorrise bonario.
"Posso vedere le anime dei trapassati da quando ero piccolo...E per me i "fantasmi" sono sempre stati...di compagnia".
L'entità lo guardò stupita.
"Piacere, mi chiamo Rodolfo, Rodolfo Lapidario. Gestisco un'Agenzia di Onoranze Funebri e...aiuto chi ha lasciato fisicamente questa terra a realizzare i suoi ultimi desideri..."
"Che cos'è un'...Agenzia di Onoranze Funebri?", domandò incuriosita la fanciulla.
Lapidario ebbe un'intuizione.
"Da quanto tempo sei...qui?"
"Sono morta nel 1785...Il mio nome è Beatrice..."
"E...posso chiederti come sei morta?"
"Sono stata uccisa...da mio marito...cioè, dal tizio che avevano voluto farmi sposare per ragioni di interesse. Non l'ho mai considerato tale, non l'ho mai amato...perché nel mio cuore c'è sempre stato...il mio vero amore..."
In quell'istante, una folata di vento gelido irruppe nella stanza. Era diversa dalla brezza notturna, pur fresca, che entrava dalla finestra spalancata.
La sagoma di un uomo aleggiò nella stanza. Lanciò un'occhiata a Beatrice, poi a Lapidario, seduto sul letto.
"Lui può...vederci?", domandò con voce profonda, "Anche se non siamo noi a volerci fare vedere da lui?".
"Non è straordinario, Romualdo? Dopo secoli possiamo parlare con qualcuno che non abbia paura di noi...", disse Beatrice, mentre a sua figura impalpabile sembrava emettere luce.
Romualdo si presentò a Rodolfo con un inchino.
"Perché...siete ancora qui?", chiese lui con discrezione.
"Perché questa è...la nostra casa...il luogo dove siamo morti...ma proprio da morti, abbiamo potuto finalmente stare insieme". I due spiriti si sorrisero radiosi.
"Quindi, se ho ben capito, voi due in vita vi amavate, ma il vostro era un amore impossibile, così siete stati scoperti e...uccisi".
"Proprio così...", ammise Romualdo, mentre Beatrice gli si stringeva quasi fino a fondersi con lui.
"Però, miei giovani amici, posso dirvi che c'è un "Oltre", un luogo dove voi potete stare insieme per sempre, evolvervi, completarvi, dimenticando le sofferenze e le questioni terrene...ed è là che avreste dovuto andare, da tempo, ormai..."
"Ma questa è casa nostra, ci viviamo da secoli...se non fosse che ogni tanto, qualcuno di vivo viene a disturbare la nostra quotidianità...", protestò Beatrice, "Per questo facciamo di tutto per spaventarlo e mandarlo via".
"E poi, qui ci sono i nostri resti mortali...chi ci ha ucciso non ci ha dato una degna sepoltura, ma ha gettato le nostre spoglie in un dirupo. Una frana le ha sepolte e da allora giacciono senza una benedizione o un conforto...", aggiunse sdegnato Romualdo.
"Ascoltate...", si fece serio Rodolfo, "ci sono due ragazzi, due giovani sposi, Lara e Giacomo, che hanno comprato questo posto e hanno fatto mille sacrifici per trasformarlo in un...albergo e sperano di guadagnare abbastanza per mantenersi e formare una famiglia. Sono innamorati, come voi...ma la vostra...presenza, sta tenendo le persone alla larga. Si è sparsa la voce che la casa è infestata...e questi due sposi stanno andando in rovina...". Lapidario calcò un po' la mano, ma doveva giocarsi il tutto e per tutto per sistemare la situazione.
"Oh, Romualdo...due giovani sposi...", sussurrò Beatrice. "Non possiamo fare loro questo...non possiamo permettere che altri giovani innamorati soffrano quello che abbiamo dovuto passare noi...e per giunta per colpa nostra".
"Che cosa proponi, uomo che parla con gli spiriti dei morti?", lo sfidò Romualdo.
"Ho un'idea..."
****
Il giorno successivo, Lapidario parlò con Lara e suo marito e raccontò loro gli avvenimenti di quella notte. I due lo ascoltarono molto colpiti. Probabilmente, in fondo, non avevano creduto a quello che la signora Cesira aveva detto loro sul "dono" di Lapidario. Rodolfo chiese loro di convocare il parroco del paese. Nel pomeriggio, il prelato arrivò con la sua vecchia e rumorosa Fiat Cinquecento al borgo dove si trovava il B&B.
"Buonasera, Don...come le ho spiegato al telefono, dovrebbe benedire un luogo, oltre quella collina...Spiegarle i dettagli sarebbe piuttosto impegnativo...Le basti sapere che sono...uno studioso di storia e sto conducendo una ricerca su questi luoghi. Ebbene, da quello che ho saputo, circa tre secoli fa due giovani innamorati furono uccisi dai parenti e i loro colpi gettati da un dirupo, senza avere una degna sepoltura...La consideri una bizzarria, se vuole...ma penso che, anche dopo tanto tempo, le anime di quei due ragazzi debbano riposare in pace".
Si recarono quindi tutti insieme oltre la collina. Il sacerdote, indossando i paramenti sacri, e ai piedi un paio di robusti scarponi da montagna, benedisse il luogo dove le spoglie terrene di Romualdo e Beatrice si erano consumate senza il conforto di una tomba. Solo Rodolfo Lapidario riuscì a scorgere, alle sue spalle, le eteree figure dei due giovani, visibilmente commossi. Lui sorrise loro e si scambiarono uno sguardo pieno di gratitudine. Non era ancora finita, però. Rodolfo aveva chiesto a Lara e a Giacomo la cortesia di poter rimanere ospite ancora per una notte.
****
Il buio della stanza si rischiarò alla tenue luce emanata da due sagome umane. Beatrice e Romualdo aleggiarono fino al suo cospetto.
"Bene, ragazzi...come vi ho detto, tecnicamente siete entrambi vedovi, poiché i vostri rispettivi sposi sono ormai trapassati da tempo...". Lapidario si schiarì la voce... "E io...sono un consigliere comunale con delega a ufficiale di stato civile da parte del mio sindaco..."
I due spiriti lo stavano ascoltando con attenzione, anche se dalle loro espressioni era chiaro che non stavano capendo una parola di quello che Lapidario stava dicendo loro...
"...Insomma, posso celebrare il vostro matrimonio..."
"Ma...è meraviglioso!", squittì Beatrice. E quell'espressione di giubilo risuonò in tutto l'antico casale.
Fu una cerimonia molto...intima. Lara e Giacomo fecero da testimoni ai due sposi invisibili. Rodolfo Lapidario, invece, celebrò il suo primo, strano matrimonio...dopo tanti funerali.
Beatrice e Romualdo, che avevano desiderato quel momento per tutta la vita, e anche molto oltre, dopo averlo ringraziato e avergli rivolto un ultimo sguardo colmo di gratitudine, si presero per mano e, insieme, se ne andarono verso la luce...
****
La signora Cesira irruppe nell'ufficio di Rodolfo Lapidario con una cesta regalo piena di ogni ben di Dio.
"Rodolfo! Un piccolo pensiero per ringraziarti...da parte mia, di Lara e di Giacomo...Loro non sono potuti scendere qui in città per ringraziarti, perché il B&B è...pieno di clienti. E anche le prenotazioni fioccano! Molti curiosi hanno prenotato galvanizzati dalla storia dei fantasmi, ma quando hanno appurato che di spettri...non ce n'è traccia...hanno scritto bellissime recensioni sul servizio, sul luogo, sulla professionalità degli avventori, sulla bontà della cucina...Insomma, hanno fatto buona pubblicità! Se hai un attimo di tempo...voglio che mi racconti tutti i dettagli..."
Rodolfo Lapidario sorrise...Proprio mentre la signora Cesira parlava, era stato colto da un brivido, dettato da una sferzata di vento gelido. E lui sapeva benissimo che cosa voleva dire...
"Magari, un'altra volta, Cesira...è appena entrato un...cliente".
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Di Manuela Fiorini Parma 4 maggio 2019 - Rodolfo Lapidario lanciò un'occhiata all'orologio appeso alla parete del suo ufficio. Ancora due minuti e poi sarebbe arrivato il momento di chiudere la saracinesca e salire nel suo appartamento, ubicato proprio sopra la sua agenzia di Onoranze Funebri.
La puntualità era uno dei valori che suo padre, da cui aveva ereditato il mestiere, gli aveva insegnato. "La nostra è un'attività dove i clienti non ti mancheranno mai!", soleva ripetergli il genitore. "La morte è l'unica certezza che abbiamo". Ripensò a quelle parole, insieme al fatto che ormai tre generazioni di Lapidario si erano occupati di accompagnare le persone nel loro ultimo viaggio. Il nonno di Rodolfo si era invaghito di una bizzarra signora dell'alta società, che oltre a indossare abiti sgargianti, si vantava di poter vedere le anime dei trapassati e di parlare con loro. E nonostante la famiglia lo invitasse a desistere, i due erano convolati a nozze. Dall'unione era nato il padre di Rodolfo, che aveva sposato una tranquilla dattilografa. Rodolfo, fin da piccolo, aveva tuttavia scoperto di avere molto più in comune con la bizzarra nonna che con i suoi genitori. Era stata lei, infatti, a insegnargli a non aver paura di quelle figure eteree che gli si presentavano nell'agenzia del padre ogni volta che si stava preparando un funerale, ad ascoltare le loro richieste e, dove possibile e con discrezione, accontentarle. "Spesso le ultime volontà dei defunti non coincidono con quelle dei loro parenti", gli aveva sempre detto sua nonna. E Rodolfo aveva fatto di quell'insegnamento uno dei cardini della sua deontologia professionale. Sicché, i suoi veri "clienti" non erano i vivi che si occupavano della burocrazia, della scelta della cassa, dei ricordini e dei necrologi, ma i defunti stessi, che quando non erano soddisfatti, si facevano sentire eccome!
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I due minuti erano passati. Poteva chiudere l'agenzia. Il giorno dopo avrebbe dovuto accompagnare nel suo ultimo viaggio un uomo che era passato a miglior vita nella maniera più dolce possibile, quella che lo stesso Lapidario si augurava per se stesso: andare a dormire e non svegliarsi più. Naturalmente, a un'età avanzata e dopo una vita trascorsa in buona salute. L'uomo, che aveva superato abbondantemente l'ottantina, tuttavia, era stato ritrovato dopo tre giorni, grazie ai vicini. Viveva infatti solo, i due figli adulti avevano da tempo costruito la loro vita in altre città e facevano visita al padre di rado. Aveva un ex moglie, persa di vista dopo il divorzio, avvenuto più di trent'anni prima. I figli, saputo del suo decesso, avevano optato per un funerale "di base", quello più economico. Niente loculo, niente posto a terra...una bella cremazione e dispersione delle ceneri nell'area consacrata nel locale cimitero. Polvere alla polvere, insomma...nessuna foto davanti alla quale mostrare i propri rimpianti, la propria malinconia, le parole non dette...Lapidario sospirò, il passaggio di quell'uomo su questa Terra sarebbe stato come un alito di vento.
Proprio in quel momento, sentì un soffio gelato sulla nuca. Conosceva bene quella sensazione. Rodolfo si trovò davanti a un uomo tra i quaranta e i cinquanta, con addosso un completo demodé, un cappello e lo sguardo severo.
"Mi vede?", gli domandò l'uomo.
Lapidario annuì con un sorriso.
"E non è spaventato?"
"Ci sono abituato. Vedo le anime dei trapassati fin da bambino. È stata l'eredità di mia nonna", gli rispose bonario.
Lo spirito parve distendersi.
"Sono qui per parlarle del mio funerale...quello di domani", cominciò deciso.
Solo allora, guardandolo bene in viso, nonostante i contorni sfumati e il leggero bagliore che solitamente emanano le anime, Lapidario riconobbe l'anziano a cui doveva dare degna sepoltura il giorno seguente. Gli spiriti, infatti, hanno la facoltà di assumere le sembianze del periodo della loro vita che preferiscono. Le manifestazioni spirituali possono essere quelle di adolescenti, donne e uomini nel fiore degli anni. A Rodolfo non era infatti mai capitato di trovarsi uno spirito che avesse le stesse sembianze di una persona deceduta in tarda età. La vecchiaia non si ricorda mai volentieri.
"Mi dica, l'ascolto..."
"So che i miei figli hanno disposto la cremazione..."
"Esatto...ma se non è quello che desidera..."
"No, a me va bene. La cosa non mi dispiace...Tuttavia, ecco, vorrei che le mie ceneri fossero disperse insieme a quelle dell'unico essere che mi è stato fedele per tutta la sua vita, che non mi ha mai tradito e che mi è stato accanto fino al suo ultimo respiro..."
Lapidario cominciò a pensare che forse l'uomo aveva nascosto una relazione extraconiugale alla famiglia e che questa ne sarebbe venuta a conoscenza. Questo avrebbe spiegato il divorzio e la successiva solitudine...
"Rolf, il mio cane...il mio fedele amico a quattro zampe. Un meticcio spelacchiato che trovai bagnato come un pulcino lungo una strada di campagna. Era solo un cucciolo, allora, ma lo portai a casa e lo feci diventare una bellezza, nonostante le proteste di mia moglie, che temeva che il cane attaccasse qualche malattia ai bambini".
Al ricordo del suo fedele amico, l'uomo sorrise.
"Mi è stato accanto per quindici anni. Sono stato meglio con lui che con quella strega di mia moglie. E quando è venuto a mancare, ho sofferto così tanto che non ne ho voluti più...perché come Rolf...c'era solo Rolf. Lo feci cremare. Buffo vero? A me toccherà la sua stessa sorte... Conservai le sue ceneri in una cassettina...Ecco, io vorrei che le mie ceneri fossero mescolate a quelle di Rolf e disperse...non in un cimitero, è un luogo troppo triste, ma in cima al monte dove andavamo insieme, alla domenica, per sfuggire a quella strega di mia moglie e a quei viziati dei miei figli. Li ha cresciuti a sua immagine e somiglianza, sa...".
L'uomo tacque, mentre Lapidario radunava i pensieri. La richiesta era sicuramente fattibile. Dopotutto, bastava solo trovare la cassettina con le ceneri di Rolf. Di sicuro il defunto le teneva in casa. Avrebbe chiesto ai figli.
"Mi sembra una richiesta ragionevole. Chiamerò subito uno dei suoi figli e gli chiederò di passare da casa sua a prendere la cassettina con le ceneri del suo fedele amico...Sa dirmi dove le teneva?".
"Oh, le ceneri di Rolf non sono a casa mia...è morto più di trent'anni fa...prima del divorzio. Dovrebbe averle la mia ex moglie...".
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Rodolfo Lapidario non chiuse occhio tutta la notte. Doveva trovare un modo per posticipare il funerale e, nello stesso tempo, fare sì che le ceneri del cane Rolf fossero ritrovate. Da come il defunto gli aveva parlato dell'ex moglie, quest'ultima avrebbe anche potuto disfarsi della cassettina con i resti mortali del quattro zampe. Solo quando gli venne un'idea che sembrava decente, riuscì a prendere sonno. Si svegliò comunque prestissimo. Chiamò uno dei figli dell'uomo il cui corpo giaceva nella camera ardente del vicino ospedale.
"Buongiorno, dottor Pili, so che sono fuori tempo massimo, ma ieri sera ho ricevuto la visita di...un caro amico di suo padre...un amico di vecchia data, fin da quando erano ragazzi..."
Attese. Il dottor Pili non gli chiese chi fosse questo amico...evidentemente non era partecipe della vita del padre e un nome sarebbe valso un altro.
"Ebbene...quest'uomo è venuto apposta per confidarmi che suo padre aveva un ultimo desiderio...che le sue ceneri fossero disperse sulla cima della montagna dove amava passeggiare...insieme a quelle del suo cane...Rolf".
Dall'altra parte del telefono si udì un sospiro...come se il figlio del defunto volesse solo sbrigare la faccenda e tornare alla sua vita.
"E sia...mi dica dove sono le ceneri di quell'animale e si proceda..."
"Il fatto è che le ceneri di Rolf si trovano in una cassettina dorata...che è rimasta con sua madre...quando i suoi genitori hanno divorziato...".
"Da mia madre? Chissà allora che fine ha fatto Lei è molto anziana e non ha più memoria di quello che ha mangiato ieri sera, figuriamoci se si ricorda di un cofanetto con dentro le ceneri di un cane...".
"Pare che per suo padre fosse molto importante...ha amato molto quella bestiola".
"Lo so eccome! Amava più quel pulcioso che i suoi figli...Passava tutto il suo tempo con lui...".
Lapidario sospirò. A poco a poco stavano emergendo incomprensioni e litigi familiari.
"Crede che potrebbe...andare a dare un'occhiata a casa di sua madre...e magari chiedere. Facciamo un tentativo, no? L'amico di suo padre mi ha riferito che Ernesto Pili ha trascorso una vecchiaia in solitudine...".
Suscitare il senso di colpa nei parenti era una delle tattiche psicologiche che aveva appreso da sua nonna. E di solito funzionava sempre.
"E va bene. Mi descriva quella cassettina".
"È un cofanetto dorato a strisce rosse, sigillato, con inciso il nome di Rolf".
Lapidario riattaccò.
"E ora...incrociamo le dita", disse lanciando uno sguardo all'eterea figura che stava ascoltando trepidante quella conversazione telefonica.
"Senza Rolf, non me ne andrò! E passerò l'eternità a tormentare quella megera di mia moglie e quegli ingrati dei miei figli, e i nipoti dei nipoti..."
Rodolfo Lapidario sapeva che a volte gli spiriti possono diventare dispettosi e vendicativi. E se non avessero seguito la loro naturale evoluzione, che li portava ad abbandonare la Terra e andare verso la dimensione spirituale, c'era il rischio che finissero intrappolati, senza trovare la pace. E senza darne nemmeno ai vivi.
"Mi ascolti, signor Pili, c'è anche la possibilità che le ceneri del suo Rolf siano andate perdute...Sono passati tanti anni".
Lo spirito emise uno sbuffo gelido e si mise ad aleggiare per l'ufficio, mentre Lapidario si mise a fare telefonate su telefonate per posticipare la cerimonia, ormai fissata per la tarda mattinata. Non aveva mai inventato tante bugie e scuse in vita sua.
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Era stata una giornata senza alcun cliente. Il ché non era un male. Nel tardo pomeriggio, il dottor Pili entrò di spinta nell'agenzia tenendo in mano una cassettina rossa e dorata.
"Devo ringraziare la badante di mia madre! Era finita in soffitta, insieme a tutta la roba di mio padre. Per fortuna, mia madre è una che non butta via nulla, ha sempre sostenuto che tutto può tornare utile. Evidentemente, anche le ceneri di un vecchio cane morto da trent'anni...".
Posò la cassettina sulla scrivania di Lapidario. In quel momento, una folata di vento scompigliò i capelli dell'uomo, che si voltò alla ricerca di una finestra. Lapidario sorrise.
"Bene. Adesso possiamo procedere".
"Senta...io mi sono preso già troppi giorni di ferie per occuparmi delle esequie di mio padre. Può occuparsi lei della dispersione delle ceneri sul monte? Ovviamente, dietro compenso...".
"Non si preoccupi. Ci penserò io, siamo a posto così. Faccio volentieri un'escursione per respirare un po' d'aria buona.
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A mano a mano che si avvicinava alla vetta, il sentiero era sempre più stretto e irto. Rodolfo Lapidario dovette fermarsi più di una volta per prendere fiato. Nello zaino, oltre alla borraccia, a un paio di panini e un impermeabile, aveva l'urna con le ceneri di Ernesto Pili e la cassettina con quelle di Rolf. Fece un ultimo sforzo e raggiunse la cima.
"Eccoci qua...". Si guardò attorno e rimase per qualche minuto in contemplazione dello splendido panorama. "Avevi proprio ragione a voler disperdere qui il tuo abito terreno...", pensò rivolgendo il pensiero al suo ultimo cliente.
Il momento era solenne. Rodolfo Lapidario tolse con delicatezza dallo zaino l'urna con le ceneri dell'uomo e la cassettina con quelle del suo migliore amico. Le aprì entrambe e cercò la posizione meglio battuta dal vento. Fu un attimo. Le ceneri di entrambi si levarono in volo, come risucchiate da una forza misteriosa, disegnando due vortici che ben presto convogliarono in uno solo. E mentre Lapidario osservava stupefatto quello spettacolo soprannaturale, nel vento udì un grazie appena sussurrato, insieme all'abbaiare lontano di un cane.
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Racconto proposto da
C.O.F. – Consorzio Onoranze Funebri Parmense
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Le sale del Commiato consentono ai familiari di vegliare i propri cari in un ambiente sicuro, intimo e confortevole.
Allestite con cura, semplicità, sobrietà e realizzate nel rispetto delle normative sanitarie e di legge, consentono ai parenti e amici di rendere l'estremo saluto al defunto in piena libertà e riservatezza.
Parma – Viale Villetta, 16 – Tel. 0521.960234
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Di Manuela Fiorini - 20 aprile 2019 - Una mattinata intera senza che nessun cliente si fosse presentato nel suo ufficio per Rodolfo Lapidario era una buona notizia.
Gestire un'agenzia di Onoranze Funebri voleva dire avere a che fare quotidianamente con il dolore delle persone. Un sentimento a cui Lapidario, nonostante gestisse quell'attività da tantissimi anni, era ancora abituato a metà. Da un lato c'erano i parenti dei defunti, alle prese con pratiche burocratiche e preparazione delle esequie, dall'altra le anime dei defunti stessi, che Lapidario era in grado di vedere. Un "dono" che aveva ricevuto in eredità da sua nonna, a cui nessuno aveva mai creduto. Tranne lui, nel momento stesso in cui aveva cominciato, appena bambino, a vedere le stesse cose: figure eteree, evanescenti, circondate da un'aurea di luce cangiante, che spesso lo avvicinavano con richieste, o anche solo per chiacchierare o avere delucidazione sul loro nuovo status. Con il tempo, aveva imparato a mettere a frutto quella sua facoltà, cercando di venire incontro alle esigenze dei suoi clienti, vivi e...trapassati. L'estremo saluto era infatti un passaggio molto importante per chi aveva lasciato questo mondo, uno spartiacque attraverso il quale potevano lasciarsi alle spalle la vita terrena, passare oltre e iniziare un'evoluzione spirituale. Per questo era importante che nulla rimanesse irrisolto: rimpianti, rancori, parole non dette...persino le ultime volontà e la modalità delle esequie.
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Il campanello che aveva appeso alla porta di ingresso tintinnò annunciandogli l'arrivo di qualcuno. Si trovò di fronte un uomo piccolo piccolo, scuro di pelle e di capelli, con gli occhi all'orientale e il naso un po' schiacciato. Insieme a lui c'era una donna anziana, che dalla similitudine dei lineamenti doveva senz'altro essere sua madre. L'uomo congiunse le mani all'altezza del petto e fece un inchino in segno di saluto, la donna fece altrettanto.
"Mi chiamo Agung...e questa è mia madre Ayu..."
La donna sorrideva, ma era evidente che non capiva una parola d'Italiano.
"È appena arrivata dall'Indonesia, per aiutare mia moglie con il bambino che sta per arrivare..."
La donna continuava a sorridere...
"...Io invece sono qui da qualche anno, lavoro in fabbrica, mia moglie lavora in fabbrica...così noi abbiamo comprato casa più grande per stare tutti insieme. Con mia madre è arrivato anche mio padre..."
Rodolfo Lapidario ascoltava con pazienza. L'uomo sarebbe presto arrivato a un punto della narrazione che gli avrebbe consentito di capire il perché si stava rivolgendo a un'agenzia di Onoranze Funebri.
"Noi volevamo chiedere quanto poteva venire a costare una grotta di pietra in giardino per fare casa a mio padre..."
Lapidario ebbe un sussulto.
"Mi faccia capire...suo padre vuole vivere nel giardino di casa sua?"
"Mio padre non può vivere in casa con noi, mio padre è...morto".
Madre e figlio si lanciarono uno sguardo d'intesa e di amore. Lapidario non percepì, tuttavia, il dolore che di solito segue la recente perdita di una persona cara. Era come se il lutto fosse già stato superato.
"Quindi, mi sta dicendo che suo padre è deceduto...e vuole organizzare il funerale?".
"No! Il funerale glielo abbiamo fatto dieci anni fa...quando è venuto a mancare!"
L'italiano elementare dell'uomo non lo aiutava a capire la situazione.
"Mi scusi...dove si trova suo padre, ora?"
"Lui è qui fuori, nel mio furgone! È arrivato con mamma in aereo. Ha viaggiato nella stiva!"
L'uomo continuava a sorridere, mentre Lapidario era sempre più sconcertato. Cominciò a mettere insieme i pezzi. Probabilmente, dopo essere emigrato e aver trovato lavoro in Italia, Agung aveva optato per il ricongiungimento familiare, facendo arrivare dall'Indonesia la madre, viva, e il padre, morto da dieci anni. Solo che gli stava chiedendo di seppellirlo in giardino. E la cosa non era assolutamente fattibile!
"Ascolti, qui i morti non si possono seppellire nei giardini delle case, e nemmeno nelle grotte...devono riposare in pace, nei cimiteri".
"So che cosa sono i cimiteri, ma le tombe vengono chiuse per bene, murate...in questo modo non si possono tirare fuori i propri cari per festeggiare insieme Ma'Nene..."
Al suono di quella parola, l'anziana madre annuì...
"Siamo originari di Tana Toraja", continuò l'uomo, "Noi mummifichiamo i nostri cari defunti, li mettiamo a riposare nelle grotte, e ogni anno li riesumiamo, li vestiamo a festa con abiti nuovi, mangiamo, beviamo, balliamo insieme per Ma' Nene...tutto questo non sarebbe possibile se mettessi mio padre in uno dei cimiteri di qui".
Lapidario si ricordò di avere visto un servizio televisivo su quella tradizione. Tuttavia, si rese conto che questa volta non poteva proprio accontentare i suoi clienti. Doveva solo trovare il modo per farglielo capire.
****
Lanciò un'occhiata fuori dalla vetrina dell'agenzia e vide un vigile che si stava aggirando con fare sospetto attorno al furgone bianco di proprietà dell'indonesiano. Un brivido gli corse lungo la schiena immaginando la faccia dell'agente nel caso avesse aperto il mezzo e si fosse trovato di fronte alla mummia del padre di Agung. Si scusò con madre e figlio e uscì in strada.
"Qualcosa non va agente?"
"È suo questo furgone?"
"No, di un mio...fornitore. Mi ha appena consegnato...dei fiori per un funerale".
"Va bene. Gli ricordi di esporre il disco orario per il "carico e scarico" e di rispettare i tempi della sosta".
Lapidario tirò un sospiro di sollievo e tornò dentro.
"Ascolti, Agung...qui, non è legale seppellire i defunti in una grotta in giardino...e nemmeno riesumarli..."
La donna anziana lo guardò interrogativa. Il figlio tradusse per lei e la vedova scoppiò a piangere.
"Mia madre non potrebbe sopportare di vivere lontano da mio padre. Al villaggio gli portava fiori e frutta alla grotta tutti i giorni".
"Lasciatemi pensare...nel frattempo...siate discreti con...il capofamiglia. Almeno finché non troveremo insieme una soluzione..."
Appena la coppia uscì, Lapidario si mise le mani nei capelli. Poi si mise a fissare il soffitto. Che cosa poteva inventarsi questa volta per convincere quei due? Solo allora si rese conto che la temperatura della stanza era scesa in maniera repentina. Seduto di fronte alla sua scrivania c'era la figura evanescente di un uomo molto simile al "vivente" che era uscito poco prima.
Si fissarono per un istante, entrambi sospesi tra il panico e lo stupore.
"Come fai a essere...ancora qui?", domandò Lapidario. Da quello che gli era stato raccontato, il defunto aveva abbandonato la sua dimensione terrena da dieci anni. E il suo spirito avrebbe dovuto passare alla dimensione spirituale da diverso tempo. Eppure, ora era lì, davanti ai suoi occhi, forse richiamato dalla presenza del figlio e della moglie, oppure dalle sue spoglie mortali. Di solito, tuttavia, gli spiriti non tornavano, semplicemente, chi era ancora sulla Terra dopo tanto tempo...non se ne era mai andato.
Dopo quell'attimo comune di sbigottimento, la figura gli rivolse la parola in una lingua che Lapidario non conosceva. Indonesiano. O qualche dialetto della provincia di Tana Toraja, ancora più difficile da capire. Chissà che cosa gli stava dicendo? Che voleva essere sepolto in giardino per stare insieme ai suoi cari ed essere riesumato per festeggiare insieme il culto dei defunti o qualcos'altro? Lapidario tentò di fargli capire a gesti che lo vedeva, ma non capiva la sua lingua. Lo spirito scosse il capo desolato, poi cominciò a battere i piedi stizzito, fino a colpire il muro a testate.
Lapidario tentò di calmarlo, cercando di fargli capire che, con un po' di pazienza, potevano tentare di capirsi a gesti. L'entità, che continuava a proferire probabili improperi in indonesiano, iniziò a indicare in alto, simulando con la mano il passaggio di un aereo e scuotendo il capo in segno di diniego. Chiuse poi gli occhi e appoggiò la testa con le mani. Lapidario comprese. Quell'anima voleva essere lasciata in pace, era già in ritardo nel suo percorso spirituale, trattenuto per dieci anni dall'attaccamento dei suoi cari al suo involucro terreno. Se loro non erano in grado di staccarsi da lui, nemmeno lui sarebbe stato libero di staccarsi da loro. Doveva solo farsi venire una buona idea per comunicare alla famiglia la volontà del defunto. Quella sera si ricordò di sua nonna, dalla quale aveva ereditato la facoltà di interagire con le anime dei trapassati, e di quel vecchio registratore a cassette.
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Il mattino dopo, Agung e sua madre tornarono all'agenzia di Onoranze Funebri. Lapidario li aveva convocati nella speranza che il suo piano per convincerli a dare al congiunto una degna sepoltura avrebbe dato i risultati sperati. Accanto a lui, lo spirito scalpitava e dava segni di impazienza, inveendo in indonesiano all'indirizzo della moglie e del figlio. Lapidario prese il vecchio registratore a cassette e lo mise sulla scrivania, di fronte ai due.
"Vorrei farvi ascoltare una cosa...", disse, incrociando le dita.
I due si misero in attesa. Spinse il tasto di avvio e dal vecchio apparecchio cominciarono a uscire dei fruscii... A un tratto, si udì distintamente una frase pronunciata da una voce maschile. Lapidario non ne comprese il significato, ma la vedova scoppiò in un pianto dirotto, subito consolata dal figlio. Il registratore tornò muto.
"È sicuramente la voce di mio padre...vuole essere lasciato andare...", disse il giovane Agung. "Come ha fatto a..."
Lapidario non aveva mai confessato a nessuno il suo "piccolo" segreto. Tuttavia, ebbe l'impressione che, questa volta, non lo avrebbero preso per matto.
"Riesco a vederli...ho parlato con lui. Ma non riuscivo a capirlo...così mi sono ricordato di una vecchia registrazione che mi aveva fatto ascoltare mia nonna. La chiamava "la voce dei morti". Così ho fatto un tentativo. Gli ho chiesto di rivolgersi direttamente a voi, nella vostra lingua, e di dirvi qual era la sua volontà".
"Mio padre...non voleva nemmeno lasciare il suo villaggio...", constatò Agung con rammarico. "Sarò fatto come lui desidera. Sarà sepolto in un cimitero, dove potremo andarlo a trovare tutte le volte che vorremmo. Avrà il suo piccolo altare in casa nostra. E resterà sempre nei nostri cuori".
Così fu. E quando tutto fu compiuto, Rodolfo Lapidario vide la figura di Adi congiungere le mani al petto e salutarlo con un inchino, prima di sparire nella luce.
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