In Francia solo il 16% delle aziende da latte hanno più di 100 capi, contro l'80% della Gran Bretagna.
Di CLAL Team - Modena, 17 Febbraio 2015 -
Uno degli effetti della fine delle quote latte potrà essere l'accelerazione nella concentrazione degli allevamenti, dinamica già ben avviata in paesi come Danimarca, Olanda o Gran Bretagna. Questo è quanto si prevede in Francia, dove attualmente solo il 16% delle aziende da latte hanno più di 100 vacche, contro l'80% della Gran Bretagna. Fra cinque anni, questa percentuale potrebbe arrivare al 32%, con una concentrazione significativa nei territori più vocati di pianura, dove già si è manifestata la maggior tendenza alla concentrazione negli allevamenti ed alla crescita produttiva.
Non è un caso se dal 2006 la produzione di latte, pur aumentando in media del 10%, si sia ridotta del 22% nelle regioni del sud ovest, meno vocate. Questa redistribuzione della produzione di latte nel territorio, risulta evidente considerando che dal 2008 il 25% delle aziende agricole con una produzione superiore ai 7.000 quintali ha aumentato la produzione del 40%. Si è trattato delle aziende più performanti e strutturate, con quelle collocate in zona di pianura che hanno segnato incrementi produttivi pari quasi al doppio di quelle di montagna.
I Produttori Latte Italiani ritengono possibile una concentrazione degli allevamenti? Con quali opportunità / sfide?
(CLAL NEWS - Modena 17 febbraio 2015)
Per Agrinsieme sono positive le intenzioni del Ministro Martina volte a rafforzare il sistema latte. Indispensabile perseguire la strada della concentrazione dell'offerta. L'interprofessione latte per dare stabilità di prezzo all'allevatore.
di Virgilio Parma 16 febbraio 2015 –
Il profondo cambiamento che nel brevissimo periodo subirà il settore lattiero caseario preoccupa gli operatori e le rappresentanze del comparto.
Due i fenomeni che non tarderanno a manifestare i loro effetti: la fine del regime quote e l'aumento della domanda mondiale di latte e derivati.
"Se nel breve periodo - commenta Alleanza delle Cooperative - non dovessimo intraprendere una riorganizzazione e ristrutturazione del settore anche attraverso politiche di collaborazione tra i soggetti della filiera e forti politiche aggregative, rischieremo di subire tale cambiamento e rimanere esclusi dalle opportunità che potrà offrire il mercato."
Una riflessione che ha portato la rappresentanza delle cooperative italiane composta da AGCI, Confcooperative e Lega Cooperative, a stilare una proposta di intervento per il settore lattiero caseario presentata al Ministro Martina in occasione del Tavolo di Filiera convocato per l'11 febbraio.
Punto focale della proposta è la regolazione dei mercati e l'interprofessione latte. Uno strumento per incentivare il dialogo tra le varie componenti della filiera lattiero-casearia, dalla produzione alla distribuzione.
Un tavolo interprofesssionale sarebbe di fondamentale importanza per il sistema lattiero-caseario nazionale poiché consentirebbe di realizzare una contrattazione del prezzo del latte puntuale, così da garantire, prosegue il documento delle cooperative, "una maggiore stabilità economica ed una più serena programmazione dell'attività aziendale. L'Interprofessione potrebbe inoltre essere il luogo adatto per discutere questioni quali le cosiddette pratiche sleali della fase distributiva, una su tutte quella del sottocosto, che non incentiva i consumi ma mette in seria difficoltà le imprese produttrici e di trasformazione."
La via maestra da seguire, se si vuole davvero rafforzare in modo strutturale la posizione dei produttori agricoli, resta - secondo Agrisieme - quella della concentrazione dell'offerta.
Il sistema cooperativo oggi sarebbe pronto a costituire la prima AOP (Organizzazione di Prodotto) che andrebbe ad aggregare il 30% della produzione nazionale ma con possibilità di crescita considerevole nel breve periodo. Un processo ancora "incagliato" dalla diatriba in essere tra Mipaaf e le Regioni che rallenta ormai da troppo tempo l'emanazione del Decreto.
Ormai la nuova campagna lattiera è alle porte e con con essa la cessazione del regime delle quote latte. Sarebbe pertanto auspicabile, secondo le rappresentanze delle cooperative, che si desse vita ai nuovi organismi prima dell'inizio della nuova campagna.
Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 14 - n° 6 - 8 febbraio 2015
Anno 14 - n° 6 08 febbraio 2015 (allegato Formato PDF)
1.1 editoriale Il "califfato" sfida il mondo.
2.1 export Prendere esempio dal vino... Uno Studio Sapienza analizza il successo di Grandi Marchi
2.2 riconoscimenti Festeggiata a Reggio la Nazionale del Parmigiano Reggiano
3.1 cereali Cereali, logiche ancora poco interpretabili. Continuano a scendere i noli.
4.1 Lattiero caseario Nuova frenata per il latte spot e per il burro
5.1 Quote Latte Latte e Quote - La proposta dell'assessore Caselli a sostegno degli allevatori italiani.
5.2 benessere animale EFSA e benessere animale. Prorogati i termini.
5.3 Alimentazione e salute Il cibo per prevenire e curare, anche l'influenza.
6.1 Mercati cereali Noli sempre più giù
8.1 suini Suini: la deflazione entra nelle stalle.
Latte e Quote - La proposta dell'assessore Caselli: modificare per chi è in regola gli attuali criteri di compensazione del regime delle quote latte.
Bologna -3 febbraio 2015 -
"Utilizzare al meglio la quota latte nazionale assegnata all'Italia, prevedendo, per i produttori in regola, una modifica degli attuali criteri di compensazione". E' quanto chiede l'assessore regionale all'agricoltura dell'Emilia-Romagna Simona Caselli nell'anno conclusivo dell'applicazione del regime delle quote latte, che termineranno il 31 marzo.
"I dati attualmente disponibili - spiega Caselli - ci dicono che molto probabilmente ci sarà un surplus produttivo rispetto alla quota nazionale assegnata al nostro Paese. In questo caso scatterà per i produttori il versamento del prelievo supplementare all'Unione europea."
La proposta avanzata da Caselli, anche in risposta alle richieste arrivate dal mondo produttivo, prevede di estendere la possibilità di compensazione nazionale anche alle aziende che hanno prodotto oltre il 6% della quota loro assegnata e a quelle che hanno superato il livello produttivo 2007 – 2008. Due categorie fin'ora non contemplate nei criteri di priorità nazionali.
"Questi correttivi permetterebbero – spiega Caselli - di limitare l'impatto sui produttori e di utilizzare al meglio la quota nazionale, senza modificare quanto già previsto per i produttori delle aree di montagna e svantaggiate".
La proposta è stata illustrata nei giorni scorsi a Soragna (Pr) in occasione dell'ottantesimo anniversario del Consorzio del Parmigiano Reggiano. "Auspico che su questo tema si possa lavorare - conclude Caselli - l'interesse manifestato dal ministro Martina è la migliore premessa per arrivare ad un risultato positivo nell'interesse dei nostri produttori".
(Fonte Regione Emilia Romagna)
Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 14 - n° 4 25 gennaio 2015
SOMMARIO Anno 14 - n° 4 25 gennaio 2015 (scaricabili in pdf allegato)
1.1 editoriale Chi, dopo Napolitano insieme a Draghi, per la resurrezione?
2.1 alimenti animali Efsa, su mangimi con solanum glaucophillum
3.1 mais e soia Mais & Soia dati previsionali 2014-15
4.1 Lattiero caseario Leggero rimbalzo per il latte spot
5.1 lattiero caseario Parmigiano Reggiano, preoccupa il prezzo medio latte 2014
5.2 quote latte Quote latte, una sentenza di assoluzione passata in sordina
6.1 crisi latte Confagricoltura, la crisi del Parmigiano Reggiano rispecchia quella di tutto il comparto.
6.2 parmigiano reggiano Il Sistema Parmigiano Reggiano in audizione in Senato
7.1 prezzi agricoli Ismea, meno 5,5% i prezzi agricoli nel 2014
Non vi è stata truffa e l'assoluzione è piena perché il "fatto non sussiste". I giudici della Corte Suprema di Cassazione hanno annullato le pesanti condanne comminate agli allevatori lombardi nei due precedenti gradi di giudizio.
di Virgilio - Parma, 21 gennaio 2015 - E' stata depositata in cancelleria nei giorni scorsi la sentenza di assoluzione della Corte di Cassazione che riabilita gli allevatori lombardi in precedenza condannati per truffa e peculato grave.
La storia infinita della penosa vicenda trentennale delle "quote latte all'italiana" si arricchisce di un nuovo pesante capitolo di storia giudiziaria tutto a favore delle storiche frange contestatrici.
Una sentenza che, nonostante l'importanza, non ha ricevuto la pubblicità che meritava fors'anche per il fatto che dal 16 ottobre scorso, solo quasi 3 mesi dopo è stata depositata in cancelleria.
La sentenza della Corte Suprema esclude categoricamente la sussistenza del reato di peculato in quanto "non è configurabile già in base alla contestazione formale. va, però, osservato che il peculato non risulta configurabile anche perché, in ogni caso, non sussiste neanche la condizione di ipossessamento di denaro della pubblica amministrazione - tale precisazione è necessaria per poter escludere che sussista, comunque il reato di appropriazione indebita che, pur laddove prescritto, andrebbe valutato al fine della conferma delle statuizioni civili".
I giudici della Corte ivanno oltre e sottolineano come l'"Assenza di di fondaemento normativo e di ragioni logiche smentiscono gli argomenti dei giudici di merito che, del resto, sono apodittici ed appaiono basati piuttosto che sulla valutazione delle disposizioni di riferimento , sulla esigenza di fondare l'ipotesi di accusa".
I condannati dai da primi due gradi di giudizio vengono totalmente assolti anche dalla accusa di truffa. "In realtà - si legge nella sentenza - in base alla ricostruzione dei fatti da parte delle sentenze di merito, è certamente escluso che possa ritenersi integrato il reato di truffa. Non è stata confermata affatto l'ipotesi di accusa, come detto. Le due sentenze di merito procedono ad una ricostruzione tra loro differenti e ricorrono palesi illogicità delle motivazioni della sentenza impugnata che non individua affatto gli elementi di truffa. E' allora chiara l'inconsistenza dell'ipotesi si accisa e la palese forzatura della decisione impugnata per farvi corrispondere le vicende accertate".
In conclusione quindi la Corte Suprema di Cassazione Sesta sezione Penale "Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nonché quella emessa in primo grado dal Tribunale di Milano in data 29/9/2011 perché il fatto non sussiste."
Un respiro di sollievo da parte dei ricorrenti che oggi hanno la possibilità di togliersi qualche sassolino dalla scarpa dopo lo scongiurato pericolo.
Come è stato il caso di Giampaolo Maloberti il quale, all'indomani della sentenza, attraverso Piacenzasera.it dichiarava che sulla vicenda "Quote latte, giustizia è fatta". Maloberti, già consigliere provinciale della Lega e leader dei cosiddetti Cobas latte, attraverso le colonne del giornale piacentino ha fatto sapere che verranno intraprese azioni legale, per danni morali, nei confronti della Federazione provinciale Coldiretti di Milano-Lodi, promotrice di un esposto che ha fatto avviare l'inchiesta, e di tutti coloro Coldiretti, Confagricoltura, Cia e Agea che si sono costituti parte civile contro gli allevatori. "La richiesta di danni morali – sottolinea Maloberti – la dobbiamo soprattutto ai familiari dei tre allevatori che si sono suicidati non sopportando il peso dell'inchiesta e delle maldicenze". Conclude le dichiarazioni rammentando le polemiche suscitate dall'opposizione quando entrò per la prima volta, in qualità di indagato, in Aula provinciale "ma anche da quelle sollevate da qualcuno dall'interno del Carroccio che aveva stilato un manifesto degli onesti. Il risultato? Un boomerang".
Staremo a seguire gli sviluppi di questa sentenza che, di fatto, riapre il fuoco incrociato tra "cobas latte" e organizzazioni professionali agricole proprio alla vigilia dell'entrata in vigore delle nuove regole comuni di mercato.
Alai: servono strategie condivise. Il Parmigiano è in un mercato che non è il suo. La strada della polverizzazione del latte potrebbe essere il prossimo obiettivo da porsi all'interno del comprensorio.
di LGC - Parma 19 novembre 2014 --
Modulazione della produzione, qualità e distintività sono le leve sulle quali convergere le forze di tutti per riprendere in mano i mercati tipici del Parmigiano Reggiano.
Questi i punti emersi dalla relazione del presidente del Consorzio di Tutela del Formaggio Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai, illustrati al folto pubblico di operatori presenti all'incontro organizzato, ieri mattina alla sala civica del municipio di Noceto, dal centro di consulenze Agriverde.
E' la preoccupante situazione in cui versa il re dei formaggi il motivo scatenante del confronto tra gli imprenditori di settore e il presidente del Consorzio di Tutela. Il presidente, in più circostanze, ha inteso sottolineare quanto sia indispensabile individuare e condividere delle scelte strategiche da portare avanti tutti, nessuno escluso. "Il Consorzio è in grado di guidare la volontà delle persone? - sottolinea il presidente - No, il consorzio fa delle delibere che poi si traducono in buoni consigli che se uno vuole li rispetta e se non vuole non li rispetta. E veniamo all'esempio più pratico. I piani produttivi 2011- 2013 dicevano produzione 2010 + lo 0,8%. Si partiva con 3.040.000 forme e si arrivava con 3.100.000 unità. Questo era quello che aveva detto di fare il consorzio. La soglia delle 3,1 milione di forme fu superata di 200.000 forme. Allora non abbiamo fatto quello che ci aveva detto il consorzio." Una quota che, evidentemente, il mercato non ha potuto assorbire a discapito perciò del prezzo del prodotto.
"Il consorzio, rimarca Alai, è una associazione di caseifici in cui si aderisce volontariamente e ci si impegna, non ci si obbliga, a fare quello che viene stabilito. Oggi per me il tema è quello di costruire una mentalità che ci faccia vedere la situazione nella complessità."
E' opinione del presidente la necessità di lavorare sul prodotto esaltandone gli aspetti di tipicità e di territorialità che siano distintivi e unici, quindi ben riconoscibili rispetto al Padano e ai prodotti similari.
La quota eccedente di produzione che il mercato, in questi ultimi anni, non è stato in grado di assorbire è un'importante concausa della crisi di valore del re dei formaggi.
La rimodulazione dell'offerta, con una riduzione del 5% della produzione di formaggio, è la proposta alla quale l'assemblea consortile sarà chiamata a esprimersi nelle prossime ore.
"In questo momento abbiamo la necessità di smaltire le scorte, prosegue Alai, quindi si dice produci 95% e se fra due anni l'economia si riprende diremo produci il 102%. Ma le quote non le ridurremo ai produttori. Chiederemo quindi una modulazione della produzione di formaggio, momentanea di un anno soltanto, e il latte che si produrrà in più cercheremo di dargli un'altra destinazione accompagnato da un'indennizzo che va da 4 a 10€ al quintale. I 4 euro servono per indennizzare il 5% di minor trasformazione casearia che pagherebbe 5,6€ per la di marchiatura differenziata e fanno 9,6 euro. Se qualcuno può offrire latte alimentare gli diamo 10€ in aggiunta al valore di mercato (46€ circa totali - ndr). Facciamo questa differenza consapevoli che non tutti i caseifici sono attrezzati per la vendita del latte."
In sintesi l'obiettivo del Consorzio, sempre che domani (19 novembre) venga approvata la proposta, è un programma di scolmatura che dovrebbe consentire una ripresa di prezzi pur senza ridurre la produzione di latte dei singoli allevatori. "Domani andremo quindi a proporre una riduzione della produzione, conclude Alai, cercare una alternativa per il latte trasformato in modo diverso, inoltre cominceremo a tracciare quello che può essere un percorso futuro di quello che è il radicamento del nostro prodotto sul territorio. Dovremo trovare un equilibrio tra il significato di tipicità e il significato di territorialità con l'attenzione ai costi perché ogni vincolo è una quota di costi aggiuntivi". Obiettivo di breve termine sarà perciò quello di individuare il giusto equilibrio tra costi, vincoli e tipicità. Un percorso non semplice che, molto probabilmente, proprio in forza della delicatezza dell'argomento, porterà a innalzare il tasso di discussione tra le diverse anime che compongono il Consorzio di Tutela.
Già la proposta di riduzione produttiva del 5% è frutto di una negoziazione che vedeva una quota di produttori favorevoli a una percentuale maggiore di latte da sottrarre alla trasformazione casearia.
In conclusione, Alai, non vedrebbe male l'introduzione di un polverizzatore di latte che consentirebbe di "fare 15 prodotti diversi" aumentando perciò anche le opzioni di destinazione produttiva degli associati. Una terza opzione che andrebbe aggiungersi alla trasformazione casearia e alla destinazione lattiera.
Lo strumento che consentirà di monitorare la produzione è già operativo e dal 12 novembre scorso è on line il "registro delle quote latte parmigiano reggiano" illustrato dalla vicepresidente Monica Venturini introdotta dal presidente di Agriverde Alessandro Rainieri. "L'accesso è diretto dal sito del Consorzio, illustra Monica Venturini, e la scelta è stata molto importate e complicata da applicare. Una strada però coerente con gli indirizzi comunitari". L'importanza dello strumento, secondo quanto illustrato dalla relatrice, è confermata dall'interesse che ha suscitato nel sistema bancario. "E' un valore capitale che le imprese hanno, prosegue la Venturini, tanto è vero che ci sono già dei pignoramenti sulle quote latte registrate".
La grande novità, unica in europa, è che la quota è di esclusiva proprietà degli allevatori: questo significa che potranno scegliere se utilizzarla per mungere latte da destinare a Parmigiano Reggiano o, eventualmente, per trasferirla a terzi o usarla come elemento di garanzia per ottenere credito.
Regime Quote Latte, 1,4 miliardi di vecchie multe da incassare per l'UE.
di LGC Parma, 11 luglio 2014 -
Una storia infinita quella delle quote latte e delle cosiddette "multe" ovvero del prelievo supplementare che spetta ai singoli produttori che superano il quantitativo di produzione lattiera annuale assegnato dalla UE.
Un sistema di contingentamento della produzione europea che avrebbe dovuto garantire maggiore equilibrio di mercato interno.
Dal 2015 finalmente, dopo trent'anni di applicazione, non sentiremo più parlare di quote anche se un nuovo sistema di regolamentazione dei mercati verrà istituito e, nonostante le vicissitudini italiane (partito male e finito altrettanto male), dovrà consentire una corretta remunerazione del latte e soprattutto evitare che Paesi con alta potenzialità e efficacia produttiva facciano la parte del leone all'interno dell'Unione.
L'ultima, in termini di tempo, è l'ingiunzione allo stato italiano, da parte della Commissione UE, di recuperare i 1,395 miliardi di euro di multe che i produttori avrebbero dovuto versare tra il 1995 e il 2009. Di fatto più del 50% (2,265 miliardi) dell'intero periodo "post prima moratoria" (1994) che autorizzò lo stato italiano a pagare 6.000 miliardi di lire al posto dei singoli produttori e con l'impegno di riallinearsi ai regolamenti. Cosa che, puntualmente, non avvenne se non parzialmente. Infatti, alle nuove assegnazioni dei singoli (in precedenza ai produttori italiani era concesso di "splafonare" in forza della possibilità di compensazione attraverso le "quote" dei vari bacini latte, dall'associazione di produttori al bacino nazionale, godendo perciò delle minori produzioni di alcuni determinate da ben precise cause (stagionalità, malattie delle mandrie, riduzione temporanea della mandria ecc...). Molti produttori dal 1994 (la gran maggioranza) quindi investì nell'acquisto di "quote" da chi cessava la produzione o affittandone per una campagna in corso da chi non riusciva a produrre il quantitativo assegnato pur di proseguire nei loro piani di sviluppo zootecnico mentre altri, i Cobas del latte, decisero di non adeguarsi e proseguirono le battaglie legali per fare valere le loro opinioni.
Così oggi, alla vigilia della conclusione di questo ciclo tormentato, la Commissione torna a richiedere il dovuto, 1,4 miliardi di euro sottolineando che l'Italia non è stata in grado di assicurare il recupero delle somme. Ma la relazione punta il dito sulle conseguenze del mancato recupero sia a livello europeo che sul bilancio nazionale. «L'incapacità dell'Italia - afferma la Commissione Ue - ad assicurare il recupero effettivo di queste multe compromette gli sforzi europei per stabilizzare il mercato dei prodotti lattieri, provocando distorsioni di concorrenza con gli altri produttori europei ed italiani, che hanno rispettato le quote di produzione o che hanno pagato le loro multe». Sulle conseguenze nazionali invece viene sottolineato che «queste somme dovrebbero essere versate al bilancio dell'Italia affinché i contribuenti italiani non ne escano perdenti». Forse alludendo al passato e alla prima moratoria. Fatto sta che questi soldi devono rientrare nelle casse dell'UE.
- Il meccanismo delle quote latte -
Il regime delle quote latte, istituito dalla U.E. nel 1984, tende ad equilibrare la produzione europea di latte bovino. Consiste essenzialmente nell'assegnazione a ciascun Stato membro di un quantitativo nazionale garantito, suddiviso in quota consegne (latte conferito a primi acquirenti cioè caseifici o latterie) e in quota vendite dirette (latte o prodotti trasformati venduti direttamente dal produttore al consumatore).
Il quantitativo nazionale garantito viene ripartito tra tutti gli allevatori, che possono pertanto produrre la quantità loro assegnata senza incorrere nel "prelievo supplementare" il ci valore viene stabilito ogni anno.
- La prima moratoria: 6.000 miliardi di lire -
Nel 1992 l'amministrazione italiana fu costretta ad approvare una normativa specifica la famosa legge 468/92, che in ossequio ai nuovi principi comunitari prevedeva l'attribuzione dei quantitativi di riferimento individuati nel frattempo nelle produzioni realizzate nei periodi 1988/89 e 1991/92 direttamente alle singole stalle. La Comunità contestando i dati produttivi comunicati dall'amministrazione avviò un contenzioso per richiedere il pagamento di un prelievo complessivamente stimato in circa 6.000 miliardi di vecchie lire (pagate dallo Stato, quindi da tutti! ndr.)
- La stretta di Alemanno del 2003 -
Dopo l'introduzione della possibilità di rateizzazione (L. 119/2003) in 14 anni e fortemente voluta dall'allora ministro Gianni Alemanno, gli "splafonatori" recidivi rimasero solo – mi sembra di ricordare – 650 sugli oltre 30.000 iniziali. Una percentuale inferiore al 2% della popolazione allevatoriale.
Per il quarto anno consecutivo l'Italia ha rispettato la quota di produzione assegnata dalla Unione Europea. Nessuna "multa" (prelievo supplementare) quindi per gli allevatori italiani.
di virgilio - Parma - 29 maggio 2014 -
Quota latte rispettata anche nella campagna 2013/2014 .
Trent'anni di regime "quote latte" stanno finalmente per concludersi e nel 2015 tutto cambierà. Un periodo che ha visto l'Italia del latte in conflitto quasi perenne dove tutti erano contro tutti. Ed ora c'è da augurarsi che, almeno l'ultimo lustro" si completi con l'indennità totale da multe e che quest'ultimo anno di applicazione serva a progettare un futuro equo e prosperoso per questo importante comparto economico nazionale.
Finalmente è giunta l'ufficialità da parte di AGEA. Per il quarto anno consecutivo l'Italia ha rispettato i volumi produttivi assegnati dall'UE. Secondo l'agenzia i dati relativi alla campagna lattiero casearia conclusasi lo scorso marzo confermano che la produzione di latte si è attestata a 10,759 milioni di tonnellate (rettificata in base al contenuto di grasso) a fronte delle 10,923 milioni di tonnellate di quota nazionale. Rispetto alla precedente campagna si è registrata, inoltre, una flessione dello 0,7%, imputabile a tre delle principali regioni produttive, ovvero Veneto, Lazio e Puglia. Pressoché stazionaria, invece, la produzione di latte in Lombardia che - come noto - concentra oltre il 40% delle consegne nazionali .
"Adesso che la comunicazione con i dati di fine campagna ha posto fine all'obbligo di versare il prelievo relativo al mese di marzo - ha dichiarato Cesare Baldrighi a Agrapress - chiediamo che l'amministrazione pubblica si attivi tempestivamente per restituire quanto versato nei mesi precedenti". "inizieremo da subito a lavorare attivamente perche' la prossima campagna, che sara' l'ultima con il regime delle quote, non sia gravata da procedure burocratiche lunghe e dispendiose."
"Se veramente i conti sono sbagliati vanno restituiti 2,4 miliardi di euro a tutti gli allevatori che hanno versato multe non dovute e acquistato quote non necessarie".
- Roma, 19 novembre 2013--
E' quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che la stragrande maggioranza degli allevatori ha sempre avuto fiducia nello Stato e ha investito risorse per rispettare le regole. Se emergessero errori, i primi a dover essere tutelati e risarciti devono essere proprio quanti – sottolinea Moncalvo - hanno fatto sacrifici credendo nello Stato. La questione quote che si trascina da quasi 30 anni - denuncia Moncalvo rischia pero' di fare passare sotto silenzio i veri problemi degli allevamenti da latte che sono il prezzo, le contraffazioni e le importazioni anonime. Oggi migliaia di stalle stanno chiudendo perché il prezzo riconosciuto dai trasformatori non riesce neanche a coprire i costi di produzione anche per effetto delle importazioni dall'estero di latte da "spacciare" come italiano. Tre litri di latte a lunga conservazione su 4 – sottolinea la Coldiretti - vengono dall'estero senza alcuna indicazione in etichetta come pure la metà delle mozzarelle in vendita in Italia. Negli ultimi tre anni – ricorda la Coldiretti - è stato scongiurato il rischio multe per le quote latte perché la produzione nazionale è sempre rimasta sotto il tetto massimo assegnato dall'Unione Europea all'Italia, oltre il quale scatta il cosiddetto splafonamento e le sanzioni conseguenti. La questione quote latte è iniziata 30 anni or sono nel 1983 con l'assegnazione ad ogni Stato membro dell'Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori. All'Italia fu assegnata una quota molto inferiore al consumo interno di latte. Il 1992 con la legge 468 poi il 2003 con la legge 119 e infine il 2009 con la legge 33, sono le tappe principali del difficile iter legislativo per l'applicazione delle quote latte in Italia. Degli attuali 38mila allevatori oggi in attività nel nostro Paese (erano 120mila nel 1996) sono solo un po' più un migliaio quelli che devono alle casse dello Stato 1,7 miliardi di euro di multe maturate in questi ultimi anni. Molti allevatori – conclude la Coldiretti - si sono messi in regola in questi ultimi anni, 15mila hanno rateizzato con la legge 119 del 2003, per 350 milioni di euro, mentre altri 220 milioni di "multe" sono stati regolarmente pagati in questi ultimi 12 anni.
(Coldiretti)