Tracce di erbicida nel gelato americano Ben & Jerry, marchio reperibile nelle gradi catene di supermercati europei.
10 ottobre 2017 - La denuncia è stata presentata dal partito dei Verdi e ha scatenato la bufera al parlamento europeo. Nello specifico il diserbante è il glifosato anche se le tracce riscontrate sono sotto la soglia minima per la sicurezza umana.
Questo è un erbicida controverso perché il prodotto sarebbe cancerogeno.
È l'ingrediente attivo del marchio Roundup della multinazionale americana Monsanto. Secondo gli scienziati, che hanno seguito il caso, la contaminazione potrebbe essere avvenuta attraverso l'alimentazione delle mucche oppure dagli ingredienti aggiunti, come ad esempio i biscotti e gli arachidi.
La notizia preoccupante arriva però da Gilles-Eric Seralini, un biologo francese spesso contestato, che ha dichiarato: "Sono abbastanza sicuro che in questi gelati oltre al glifosato ci siano residui di petrolio e livelli di arsenico che creano problemi di salute nei bambini e negli adulti che li consumano abitualmente".
Lo studio, condotto da un team scientifico in Francia, Paesi Bassi, Germania e Gran Bretagna, ha scoperto tracce di glifosato in 12 dei 14 prodotti analizzati con una quantità massima di 1,23 nanogrammi per millilitro.
I ricercatori hanno dato a topi per due anni una concentrazione di glifosato che era 25 volte inferiore a quello che è stato trovato nei gelati, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti". Dopo due anni, hanno mostrato danni ai reni, al fegato e alla tiroide. Il professor Jan Tytgat, tossicologo presso il KULeuven sottolinea che la ricerca di glifosato nella catena alimentare non è nuova. "Lo abbiamo trovato già in birra, soia e pane, e ora anche in ghiaccio", ha detto.
Questi valori devono essere aggiunti cumulativamente se il consumatore li consuma tutti. "Non sappiamo ancora quanto sia pericolosa questa esposizione a lungo termine", ha dichiarato il professor Tytgat.
Una nuova tegola per i paesi europei investiti dal problema delle uova contaminate con l'insetticida Fipronil.
Lecce, 10 ottobre 2017
Il "Salva Europa" Macron, tanto osannato da molti dei nostri politici, sta dimostrando di fare solo e esclusivamente gli interessi di Francia. ... e i tedeschi collaborano con gli scafisti.
di Lamberto Colla Parma 6 agosto 2017
Il 50% di una società non serve a nessuno, salvo che a farla andar male.
La proposta francese di lasciare "saldamente il controllo" del cantiere navale STX a Finmeccanica ma ripartendo equamente la quota capitale è inaccettabile per la corretta governance di una società, piccola o grande che possa essere. Inoltre non si comprende come possa di fatto esercitarsi il controllo di una società dove la proprietà è equamente divisa e soprattutto, ormai è accertato, gli interessi nazionali di Italia e Francia sono costantemente in conflitto.
Macron, questa divisione l'ha ancor più accentuata manifestando, sin dalle prime ore dal suo insediamento all'Eliseo, una vocazione nazionalistica alla "Trump" dimenticando il dettaglio di dover Condividere le regole del "Condominio Europa".
Così, nel momento in cui il colosso italiano Fincantieri si aggiudica l'asta coreana per l'acquisto dei cantieri navali Stx, che sarbbe poi stata ripartita per il 66,7% tra un nocciolo di capitani d'industria italiani e il resto ai francesi, Macron sfodera la Golden Power e nazionalizza i cantieri ipotizzando uno sviluppo strategico militare.
Trascorrono pochi giorni e il "Salva Europa" interviene a gamba tesa anche in Libia convocando a Parigi, senza avvisare gli italiani, i grandi rivali libici, il generale Khalifa Haftar (che peraltro ha promesso di bombardare le navi italiane) - signore della Cirenaica - e il premier Hafez Al Serraj, dietro al quale c'è l'ultimo tentativo francese di fregarci petrolio e gas libici, proprio come ai tempi di Nicolas Sarkozy e della guerra a Gheddafi.
Meno apparente, ma per certi versi ancor più drammatico dal versante sociale, è l'atteggiamento francese impostato sul fronte dei profughi. Opposizione dura all'accoglienza e respingimento alla frontiera di Ventimiglia ma, quel che è peggio, la complicità o quantomeno l'indifferenza, come prove fotografiche hanno evidenziato, dei militari francesi in Africa che avrebbero visto transitare almeno 290.000 migranti diretti in Libia e quindi in Italia.
Macron, tanto osannato da molti dei nostri politici, sta dimostrando di fare solo e esclusivamente gli interessi di Francia, fregandosene ben bene degli accordi pregressi, (vedi Hollande su Fincantieri e Stx), chiudendo le frontiere all'accoglienza, lasciando transitare per il centro africa i profughi diretti in Italia attraverso la Libia, muovendo azioni non concordate sulla delicatissima questione politica libica.
Questa è l'Europa! Noi invece lasciamo scorribandare il patron di Vivendi in lungo e in largo tra TIM e Mediaset come meglio vuole, anch'egli, in barba agli accordi siglati (vedi con Mediaset) o alle regole di coordinamento.
Come avrebbe reagito il Macron di turno nel caso fosse stato un Bolloré italiano a operare nello stesso modo in Francia?
Se qualcosa c'è da imparare dai francesi è il sentimento nazionalista che invece noi abbiamo dato in comodato d'uso alla UE e ai suoi Uemanoidi.
Intanto la tedesca Iuventa collabora con gli scafisti e riporta i barconi vuoti in terra libica. "Ma come sono umani loro" (direbbe il mitico Fantozzi)
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Celebrazioni, a dir poco, sottotono del sessantesimo della firma dei trattati di Roma del 25 marzo 1957. Nessun rilievo è stato dato in europa e tantomeno nel resto del mondo di questo anniversario, segnato dalla sparata del presidente dell'Eurogruppo alla vigilia e dalla Brexit subito dopo.
di Lamberto Colla Parma 02 aprile 2017
E' giusto ricordare che se in Europa da settanta anni le nazioni vivono "in pace" lo si deve a quel manipolo di uomini visionari, statisti che ormai in giro per il mondo non si trovano più neanche con il lanternino, capaci di sognare e porre le basi per un'Europa forte, democratico e in grado di equilibrare i rapporti tra le due superpotenze militari e nucleari dell'epoca, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.
Un traguardo importante che avrebbe dovuto riempire gli animi di gioia e i giornali di retorica. Invece quel 25 marzo 2017, in memoria del 25 marzo 1957, è trascorso quasi in sordina. Una ricorrenza trattata dalle testate giornalistiche come un evento di secondo ordine, apparso più come una rimpatriata tra reduci piuttosto che una occasione politica per rilanciare gli antichi valori che furono sanciti da padri fondatori dell'Unione Europea.
Come si può festeggiare con il morto in casa?
Già perché se l'Unione Europea non è morta è però agonizzante sotto la pressione degli egoismi nazionali guidati da leader ben poco visionari e tantomeno lungimiranti il cui spessore culturale non può e non deve, per rispetto, nemmeno essere posto a confronto con coloro che si riunirono a Roma nel 1957.
Emblematico il caso del Presidente dell'Eurogruppo (l'organo di coordinamento dei ministeri dell'economia dei Paesi Membri), Jeroen Dijsselbloem, che alla vigilia delle celebrazioni se ne è uscito con una affermazione sconcertante che probabilmente non penserebbe nemmeno il più ignorante tra gli ignoranti del continente e che invece è uscito dalla bocca di quell'Olandese dal nome impronunciabile e che, non si sa come, è stato posto al vertice dell'Eurogruppo.
Nell'intervista al quotidiano tedesco Faz, Dijsselbloem ha detto, senza troppi giri di parole, che nel periodo dell'eurocrisi i Paesi del Nord hanno dimostrato solidarietà verso quelli del Sud. E poi ha aggiunto: "Considero la solidarietà un elemento molto importante, ma chi la richiede ha anche obblighi. Non posso spendere tutti i soldi in alcol e donne e dopo chiedere aiuto".
L'aiuto a disintossicarsi dovrebbe chiederlo lui che nonostante tutto non ha trovato tra i detrattori, guarda caso, proprio il ministro delle finanze tedesco, il falco Wolfgang Schaeuble.
Di scuse ovviamente non se ne parla e di dimissioni men che meno.
E se questa è stata la vigilia, all'indomani delle celebrazioni, per la precisione il 29 marzo, la Gran Bretagna si è presentata con la formale richiesta di scissione dall'UE (Brexit).
Un'altra gatta da pelare che potrebbe pesare sul groppone dei residuali cittadini europei. 60 miliardi di euro è infatti la cifra che verosimilmente l'ex "Stato Membro" dovrebbe pagare gli impegni di finanziamento già presi e le pensioni dei funzionari britannici che hanno lavorato alla Ue durante la permanenza di Londra nell'Unione.
Un negoziato che si preannuncia molto difficile e premonitore di un'altra crisi il cui conto ci verrà ben presto presentato.
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A rischio una sanzione di oltre 1 miliardo di euro. Ministro Galletti: "sono stati fatti notevoli passi in avanti per mettere in condizione le Regioni, che sono responsabili degli interventi, di operare con la massima rapidità: abbiamo reso disponibili 11 milioni per quei comuni che hanno attuato nei periodi di maggiore concentrazione di smog una serie di misure anti-inquinamento"
Roma 11 marzo 2017 - E' in via di scadenza l'ultimo avvertimento pervenuto da parte della UE relativamente alla messa in sicurezza della qualità dell'aria. Il richiamo dell'Unione Europea, peraltro l'ultimo prima che scatti un provvedimento sanzionatorio, ha riguardato le persistenti violazioni dei limiti imposti per il biossido d'azoto (NO2).
Un inquinante che è legato a doppio filo con il traffico veicolare e per il quale il numero di decessi di cui è responsabile sono considerevoli.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia Europea per l'Ambiente, nel 2015 sono state ben 66.630 le vittime imputabili al particolato (polveri ultrasottili PM2,5), 21.040 per il biossido d'azoto e 3.380 relativamente all'ozono (O3). Tre inquinanti per i quali la direttiva 2008/50/CE stabilisce ben precisi limiti.
Ecco perciò che, in caso di superamento di tali limitazioni, gli Stati membri hanno l'obbligo di adottare le opportune contromisure.
In questo periodo invernale che sta andando a esaurirsi, ben 12 sono state le aree del Bel Paese interessate dal fenomeno inquinante tra cui Roma, Milano e Torino, facendo perciò scattare l'ennesimo richiamo.
Già in passato l'Italia venne ripresa e una volta condannati dal tribunale europeo per la violazione dei limiti PM10 in 55 aree geografiche nel 2006 e nel 2007. Da quel momento leggeri miglioramenti sono stati registrati ma le violazioni sono proseguite anche nel 2008-2012 obbligando quindi la Commissione a avviare due procedure d'infrazione, una per il particolato e una per il biossido d'azoto.
Ed ora siamo ormai prossimi alla scadenza dei due mesi concessi dall'ultimo richiamo, peraltro inviato anche a Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, con il quale la Commissione chiede di compiere maggiori sforzi ai tre livelli istituzionali (Nazionale, Regionale e Comunale) per tutelare la salute pubblica.
Per il Ministro Gian Luca Galletti, da fine 2015 sono stati fatti notevoli passi in avanti per mettere in condizioni le Regioni, che sono responsabili degli interventi, di operare con la massima rapidità avendo reso disponibili 11 milioni per quei comuni che hanno attuato misure anti-inquinamento nei periodi di maggiore concentrazione di smog.
"Governo, Regioni e comuni - ha dichiarato il Ministro galletti - hanno già scelto di lavorare insieme per la qualità dell'aria e di farlo programmando misure finalmente strutturali, uscendo dalla logica delle risposte emergenziali. E' chiaro a tutti che il problema dello smog non si risolva da un giorno all'altro: è il motivo per cui non può sorprendere l'apertura della seconda fase dell'infrazione, rispetto alla quale siamo del resto in buona compagnia in Europa. Siamo convinti che la Commissione riconoscerà il nostro cambio di marcia".
Ora si tratta di verificare se gli sforzi sono stati sufficienti o se invece la "pratica" dovrà passare alla Corte di Giustizia che sarà anche titolata a stabilire la reale consistenza della sanzione che potrebbe risultare di importo superiore al miliardo di euro.
In proposito il Ministro Galletti ha rilasciato un ottimistico comunicato: "Nel bacino padano, area per sua conformazione tra le più critiche sotto il profilo dell'inquinamento il lavoro con le quattro regioni interessate sta dando i risultati, a partire dal decreto sulla certificazione di qualità delle 'caldaiette'. L'attuazione della direttiva Nec e il relativo programma nazionale di riduzione delle emissioni – conclude Galletti – sarà un ulteriore tassello di un'azione mai così determinata per elevare la qualità ambientale dei nostri centri urbani" a cui ha fatto eco Ekoclub: "Ancora un volta - osserva il presidente Fabio Massimo Cantarelli – la complessa articolazione di competenze non giova ad una spedita risoluzione dei problemi. Va preso quindi come un lodevole auspicio la citata "azione mai così determinata" come viene definita dal Ministro...".
Editoriale: Ormai ci siamo. Il cappio verrà stretto al collo. Rallenta la caduta del latte spot. Vivere senza glutine: i consigli e le ricette. Cereali e dintorni. Leggeri ribassi ma sempre in un clima di instabilità. Emil Banca e Banco Emiliano daranno vita a una delle più grandi BCC d'Italia. Linee guida per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Copador in "rosso". Chiesto il concordato. Ma le speranze sono dure a morire.
SOMMARIO Anno 16 - n° 05 05 febbraio 2017
1.1 editoriale Ormai ci siamo. Il cappio verrà stretto al collo.
2.1 lattiero caseario Brusca frenata del latte spot.
3.1 Alimentazione e salute Vivere senza glutine: i consigli e le ricette.
4.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Leggeri ribassi ma sempre in un clima di instabilità.
5.1 Fusioni bancarie Emil Banca e Banco Emiliano daranno vita a una delle più grandi BCC d'Italia
5.2 fitosanitari Linee guida per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari
6.2 truffa all'UE Piacenza, agricoltore truffa l'Unione Europea
7.1 pomodoro in crisi Copador in "rosso". Chiesto il concordato. Ma le speranze sono dure a morire.
8.1 economia e lavoro 2016. In Emilia Romagna vola il PIL e l'occupazione.
9.1 promozioni "vino" e partners
10.2 promozioni "birra" e partners
Latte, modalità di programmazione produttiva volontaria per gli allevatori per bando UE da 150 milioni di euro
Roma - Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in attuazione del regolamento UE, rende noto che è stata emanata la Circolare che fissa le modalità di programmazione produttiva volontaria di latte da parte degli allevatori per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2016, regolamento delegato Ue
La misura rientra nel quadro degli interventi individuati nel corso del Consiglio europeo dei Ministri dell'Agricoltura dello scorso 18 luglio, che ha stanziato 150 milioni di euro per l'intera Unione europea, cui corrisponde una riduzione complessiva di 1,071 milioni di tonnellate, con l'obiettivo di contenere la produzione di latte e arrestare il calo dei prezzi alla stalla.
Anticipando i contenuti della circolare, il Ministero vuole consentire alle aziende di arrivare preparate alla scadenza delle domande da presentare, programmando al meglio l'offerta.
(In allegato i documenti da scaricare in PDF)
I DETTAGLI
IL FINANZIAMENTO
Viene concesso su specifica richiesta degli allevatori interessati, è destinato a tutti i produttori attivi di latte bovino dell'Ue ed è limitato al latte bovino consegnato ai primi acquirenti.
AIUTO ECONOMICO
È di 14 euro per 100 kg di latte consegnato in meno, in un periodo di tre mesi, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Qualora le richieste presentate superino il predetto quantitativo finanziabile, la Commissione adotta un coefficiente di riduzione dei quantitativi che sarà applicato a tutte le richieste presentate nell'Unione.
Il regolamento prevede, altresì, l'applicazione di penali progressive sull'importo unitario nel caso in cui i richiedenti non rispettino l'entità della riduzione indicata nella domanda.
LE DOMANDE
Sono presentate agli organismi pagatori competenti, secondo le modalità stabilite da Agea e dagli stessi organismi pagatori e possono essere presentate direttamente dal singolo allevatore o per mezzo di organizzazioni di produttori riconosciute o cooperative.
Le domande di aiuto devono pervenire all'organismo pagatore competente entro i termini di seguito indicati:
a) entro le ore 12:00 del 21 settembre 2016 per il primo periodo di riduzione riferito ad ottobre, novembre e dicembre 2016;
b) entro le ore 12:00 del 12 ottobre 2016 per il secondo periodo di riduzione riferito a novembre e dicembre 2016 e gennaio 2017;
c) entro le ore 12:00 del 9 novembre 2016 per il terzo periodo di riduzione riferito a dicembre 2016 e gennaio e febbraio 2017;
d) entro le ore 12:00 del 7 dicembre 2016 per il quarto periodo di riduzione riferito a gennaio, febbraio e marzo 2017.
(Fonte Mipaaf 9 settembre 2016)
(Due allegati in PDF Scaricabili)
"Eppur non si muove". Dalle "trivelle" alla "Brexit" per passare dalle amministrative italiane e infine alle elezioni della Gran Bretagna e al referendum costituzionale d'autunno e poi verranno presto le elezioni in Germania e in Francia (forse anche in Italia), ogni scusa è buona per non prendere le decisioni importanti e fare decollare quest'Italia e quest'Europa.
di Lamberto Colla Parma, 3 luglio 2016.
la Gran Bretagna ha deciso che non vuole stare con questa Europa e oltre 17 milioni di felici sudditi di sua Maestà la Regina Elisabetta hanno optato per il Leave ovvero abbandonare la barca che sta affondando.
Come ogni scelta popolare va rispettata e al di là delle considerazioni se fosse stato "giusto" procedere con una consultazione popolare su questioni così impegnative e che coinvolgono, direttamente o indirettamente, altri Paesi membri, il messaggio è stato chiaro e lo sarebbe stato ancor più se, a pochi giorni dalla consultazione, un fanatico non avesse ucciso la deputata laburista Jo Cox impegnata per promuovere il Remain.
Tralasciamo anche il fatto che il giorno seguente fosse stata avviata una petizione per rifare il referendum, che in poche ore raccolse quasi 2 milioni di adesioni, ma il risultato è lì sotto gli occhi di tutti e in molti, in Italia e negli altri Paesi dell'Unione, vorrebbero correre a una consultazione analoga e... allora ne vedremmo delle belle!
Fatto sta che lo schiaffo all'Europa germanocentrica, tutta imperniata sulle misure d'austerity, guidata da ragionieri e non da statisti, controllata dalla Troika e minacciata dalla finanza internazionale è stato dato e ora si deve aprire il tavolo delle trattative per negoziare l'uscita di una nazione che, di fatto, non era mai entrata e ospita nella city della capitale il 40% delle transazioni finanziarie mondiali.
E così è stato convocato d'urgenza un summit tra i 28-1 Paesi membri per decidere le modalità e i tempi anticipato da un mini vertice tra i rappresentanti delle nazioni (Gran Bretagna esclusa ovviamente) che nel dopoguerra, decisero che sarebbe stato opportuno trovare delle intese comuni per scongiurare nuovi conflitti mondiali. Hollande e Renzi non usarono mezze parole all'indomani del referendum, il Regno Unito avrebbe dovuto distaccarsi dall'UE il più presto possibile.
E infatti, dal vertice trilaterale, venne la conferma del contrario. La Merkel, ancora una volta, è riuscita fare valere la sua posizione e gli interessi della Germania, che con il l'Isola ha fortissimi interessi commerciali, e il risultato finale è che vince la linea tedesca e occorre "aspettare la richiesta ufficiale del dell'Inghilterra di attivazione dell'articolo 50 del trattato di Lisbona che riguarda appunto il recesso unilaterale di un membro dell'Unione Europea.
Ma tale richiesta non potrà essere formulata dal dimissionario Camerun che cesserà il suo mandato solo a ottobre.
Ancora una volta la burocrazia ha il sopravvento e viene sfruttata per prendere tempo, per fare stemperare gli animi e chissà forse per rinegoziare ulteriori vantaggi britannici pur di non perdere un pezzo di quest'aborto di Stato federale che avrebbe dovuto essere l'Unione Europea.
Una risposta ancora una volta attendista. Tutto rimandato a ottobre, come la consultazione referendaria promossa da Matteo Renzi sulla modifica costituzionale sul risultato della quale si gioca la permanenza a Palazzo Chigi.
E così, da una campagna elettorale all'altra, nulla si decide e L'Italia va a rotoli e l'Europa si disintegra.
Con l'uscita dalla UE, la politica commerciale del Regno Unito sarà sottoposta a rinegoziazione. Da un lato, le imprese britanniche non potranno più beneficiare del libero accesso ai mercati europei, dall'altro, il Regno Unito dovrà presumibilmente innalzare le barriere tariffarie verso gli ex partner e ciò riguarderà anche le imprese agroalimentari italiane.
Il mercato agroalimentare del Regno Unito rappresenta per l'Italia un giro d'affari di 3,2 miliardi di euro, con una crescita del 9% nel 2015. Per la prima volta da 40 anni, le imprese italiane potrebbero trovarsi per un certo tempo ad affrontare dazi sul mercato britannico, in linea con quanto fanno oggi gli esportatori giapponesi o statunitensi; eventualità questa che si tradurrebbe in prezzi meno competitivi o in una riduzione dei margini per le imprese esportatrici. A ciò si deve aggiungere anche l'effetto svalutazione, in grado, da un lato, di rallentare le importazioni inglesi e, dall'altro, di rendere in generale i prodotti britannici più competitivi sui mercati internazionali presidiati anche dall'Italia (Australia, Canada, Arabia Saudita e Stati Uniti) sebbene i prodotti di origine italiana godano di una distintività rilevante rispetto a quelli britannici.
Secondo le previsioni sviluppate dalla SACE, basate su uno scenario macroeconomico proposto dalla Oxford Economics, l'uscita del Regno Unito dalla UE potrebbe comportare nel 2017 una contrazione delle esportazioni italiane d'oltremanica di entità compresa tra il -3% e il -7%. Tuttavia, l'export agroalimentare italiano verso il mercato britannico non dovrebbe accusare flessioni. Sempre secondo le previsioni SACE, sia che si fosse verificato lo scenario "NO BREXIT" che in quello "BREXIT, il food and beverage Made in Italy dovrebbe crescere del 7% nel 2016 e di circa il 5,5% nel 2017, in entrambi i casi.
Il Regno Unito rappresenta il quarto mercato di sbocco (dopo Germania, Francia, Stati Uniti) dell'export agroalimentare italiano. In modo speculare, l'Italia si è posizionata all'ottavo posto tra i clienti del mercato britannico con una spesa di oltre 650 milioni di euro. Il saldo 2015 dell'interscambio agroalimentare col Regno Unito, è stato pari a un attivo di 2,6 miliardi (+88% sul 2014).
Le principali voci dell'export del settore nel Regno Unito (2015, in valore) sono, nell'ordine: Vino e Mosti (23% del totale); Ortofrutta fresca e trasformata (22%), Cereali, Riso e derivato (18%), Animali e Carni (7%), Lattiero-Caseari (6%).
I primi tre paesi da cui il Regno Unito importa maggiormente prodotti agroalimentari sono i Paesi Bassi, l'Irlanda e la Francia, cui corrisponde una quota di mercato in valore, pari, rispettivamente, al 14%, al 10% e 10%. Sul totale dell'import agroalimentare britannico, l'Italia intercetta una quota pari al 6% in valore.
Rispetto al 2010, le importazioni complessive di prodotti alimentari del Regno Unito sono aumentate del 36%, a fronte di un +41% messo a segno dall'Italia che, quindi, fa segnare una dinamica più significativa.
(Per scaricare il rapporto Ismea: http://www.ismeaservizi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/6895)
(Fonte ismea Roma 28 giugno 2016)
Il nuovo venerdi nero delle borse. 637 miliardi (61 dei quali italiani) di capitalizzazione delle borse europee sono stati bruciati in un solo giorno. Le borse reagiscono peggio dell'attacco alle Torri Gemelle. E' questo il primo di una lunga serie di costi che si pagheranno per il saluto a sua maestà la regina.
di Lamberto Colla, 25 giugno 2016 -
Si inaugura un nuovo corso per l'Unione Europea.
Un membro se ne esce ma non esistono regole da fare applicare, tutto e da scrivere.
Quale migliore occasione per stipulare quelle regole che consentiranno ai soci di di abbandonare l'allegra combricola. Da oggi sarebbe opportuno iniziare la negoziazione d'uscita della Gran Bretagna che dovrà diventare il modello regolamentato d'uscita di ciascun Paese che in seguito vorrà seguire l'esempio del Regno Unito, con l'aggiunta dell'assegnazione di un valore di scambio tra l'euro e la moneta dello Stato che torna a una totale e indipendente sovranità.
L'abitudine a concedere all'Inghilterra condizioni di favore, non può essere percorsa in questo frangente, perché, non è da escludere, altri Paesi UE vorranno o dovranno lasciare l'UE e non potranno subire un trattamento diverso da quello che verrà riservato alla Gran Bretagna.
Le conseguenze interne al voto
Quello che gli inglesi non immaginavano è il risvolto interno alla vittoria del LEAVE e la frattura generazionale e geografica che è stata possibile disegnare dopo l'analisi del voto.
Una reazione autarchica al perdurare di uno stato di crisi internazionale che vede da troppo tempo i Paesi membri l'un contro l'altro schierati. E' questo che vien da pensare analizzando il voto per fasce di età.
La percezione di un conflitto - senz'armi dispiegate ma pur sempre di conflitto tra interessi di nazioni sovrane - deve essere stato il motivo scatenante della decisione delle classi più mature.
L'ancestrale diffidenza britannica a un'Europa Unita alla quale non hanno mai voluto credere sino in fondo, restando fuori dall'Euro, ha avuto il sopravvento e e alla soglia dei 50 anni le preferenze di voto sono andate al LEAVE toccando soglie superiori al 60% per la classe di età superiore ai 65 anni.
Dal punto di vista geografico invece determinanti sono state l'Inghilterra (esclusa Londra che in quanto capitale finanziaria non aveva nessun interesse all'uscita dall'UE) e a sorpresa il Galles.
Fortemente orientati al REMAIN invece erano la Scozia e l'Irlanda che da subito hanno avanzato pretese indipendentiste pur di restare o meglio fare richiesta di ingresso in UE.
La scelta di Cameron di affidarsi al referendum (supponendo una vittoria schiacciante del Remain) si è rivelata una "spaccata" maldestra con il risultato di:
- essere fuori dall'UE e avere messo in crisi la "pax" europea voluta dai padri fondatori a seguito della II guerra mondiale.
- avere riacceso i conflitti interni e le micce indipendentiste
- avere posto giovani e anziani in conflitto di generazione.
Di peggio non poteva fare. "Una brutta spaccata"
La richiesta consiste nel dotare di sufficienti risorse finanziarie gli interventi contenuti nell'articolo per garantire misure che vadano dai ritiri alla programmazione e al contenimento dell'offerta.
(Roma, 30 maggio 2016). "Abbiamo sollecitato un intervento urgente della commissione europea sul settore latte relativamente alle misure contenute nell'articolo 222 del regolamento sull'Ocm unica relativa alla crisi di mercato".
Così il presidente dell'Alleanza delle Cooperative italiane – settore Agroalimentare, Giorgio Mercuri ha commentato l'incontro con il commissario europeo all'agricoltura, Phil Hogan in occasione del Praesidium Copa-Cogeca tenutosi oggi a Wageningen. "In particolare – ha proseguito Mercuri, intervenuto in rappresentanza della cooperazione italiana - la richiesta consiste nel dotare di sufficienti risorse finanziarie gli interventi contenuti nell'articolo per garantire misure che vadano dai ritiri alla programmazione e al contenimento dell'offerta. Siamo certi del sostegno del nostro ministro Martina e stiamo lavorando per sollecitare anche gli altri Paesi a fare altrettanto", ha concluso.
Il commissario Hogan, dal canto suo, ha sottolineato come si stia già lavorando in questa direzione e che si aspetta un sostegno importante dai ministri dei Paesi interessati.
(Fonte Alleanza cooperative 30 maggio 2016)
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30-09-2024 Salute e Benessere
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19-08-2024 Salute e Benessere
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24-06-2024 Salute e Benessere
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19-03-2024 Salute e Benessere
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17-12-2023 Salute e Benessere
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19-07-2016 Vendita immobili
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