Mercoledì, 18 Novembre 2020 05:24

Abbiamo un solo pianeta: la partita decisiva della crescita e del lavoro per tutti In evidenza

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Il punto sull’attuazione dell’Obiettivo 8 dell’Agenda 2030. La situazione allarmante dell’Italia e l’impegno diretto di Coopservice

Di Coopservice 11 Novembre 2020

La crescita deve essere sostenibile (sennò ci vorrebbero altri 6 pianeti)

Costruire un mondo nuovo dove sia affermato il diritto a un lavoro dignitoso, per tutti, attraverso una crescita economica inclusiva e sostenibile.

Il riferimento dell’Obiettivo 8 dell’Agenda 2030 alla inclusività e soprattutto alla sostenibilità è tutt’altro che un passaggio retorico.

Secondo lo studio di qualche anno fa denominato “A good life for all within planetary boundaries” (“Un buon livello di vita entro i limiti del Pianeta”) prodotto da ricercatori britannici e pubblicato da Nature, la questione, dati alla mano, si pone in modo molto chiaro nella sua drammatica evidenza: se ci proponessimo infatti di estendere l’attuale stile di vita occidentale ai quasi 8 miliardi di abitanti della Terra occorrerebbero… 6 pianeti come il nostro.

Si fa presto dunque ad affermare, per ogni persona, il sacrosanto diritto alla dignità del lavoro.

Il problema è che se non cambiamo modello di sviluppo le risorse su cui fare conto semplicemente non ci sono

Alle radici dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo

In realtà, spiegano i ricercatori, se si trattasse solo di soddisfare i bisogni primari, ovvero gli standard minimi di sostentamento, igiene e accesso all’energia vitale per 8 miliardi di persone, non si supererebbero in maniera significativa i limiti del pianeta.

Il problema si presenta quando, una volta appagati i bisogni di base, ci si proponga di alzare l’asticella agli obiettivi qualitativi ormai costitutivi del way of life occidentale. Parliamo di gratificazione personale (“non si vive di solo pane”), buona e duratura salute, istruzione superiore, forme di governo democratiche, sistemi di sostegno e protezione sociale.

In questo caso, appunto, se volessimo davvero estendere questi benefici a tutta la popolazione mondiale, dal Tibet alle Andamane, dalla Groenlandia alla Terra del Fuoco, sarebbero necessarie dalle due alle sei volte le attuali risorse terrestri.

Ma non è tutto. C’è un ulteriore problema di prospettiva a complicare la situazione: le previsioni di crescita progressiva della popolazione che, secondo le Nazioni Unite, dagli attuali 8 raggiungerà i 10 miliardi di anime al 2050 per arrivare a 12 nel 2100.

Una sola via, obbligata: sganciare la crescita economica dal degrado ambientale

Anche al netto di quest’ultimo dato va però sottolineata la cruda contraddizione della realtà dei dati, situazione che pone l’umanità davanti a un bivio non più aggirabile: nelle condizioni attuali più si diffonde il benessere, più si cerca di migliorare la condizione delle persone a ogni latitudine, più ci si avvicina al punto limite di sopravvivenza del pianeta.

Esiste dunque una sola possibilità di futuro: sganciare la crescita economica dal degrado ambientale e dal depauperamento delle risorse dell’ecosistema terrestre.

Ecco allora spiegato perché il quarto dei dieci target in cui si articola il Goal 8 afferma che “occorre migliorare progressivamente l’efficienza globale nel consumo e nella produzione di risorse”, chiamando in primo luogo alla responsabilità e al non rinviabile impegno diretto i Paesi più sviluppati.

L’Obiettivo 8 nello scenario pre-Covid 19: una lenta ma costante crescita

Rimane la considerazione di fatto che creare le condizioni per una crescita economica duratura, purché sostenibile, è l’unica strada per portare ad una occupazione piena e produttiva e quindi a un lavoro dignitoso per tutti.

Ciò vale in particolare per i Paesi a basso reddito, per i quali l’Agenda 2030 fissa obiettivi di crescita nei termini del 7% annuo: se per questi Paesi fino al 2007 il trend positivo era stato costante, la crisi economica mondiale sopraggiunta ne aveva abbattuto le dimensioni per poi riprendere lentamente quota e attestarsi, in un fotogramma della situazione pre-Covid 19, intorno a valori medi del 4,8%. Con un incremento su scala globale del reddito pro-capite intorno al 2%.

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Percentuale di crescita annuale del PIL nei Paesi a basso reddito, nel periodo 2000-2017. Fonte: “U.N. The Sustainable Development Goals Report 2019”, grafico pubblicato sul blog Geografia DeA Live )

Medesimo andamento globale ha correlativamente contraddistinto il tasso di disoccupazione. Cresciuto a seguito della crisi del primo decennio (202 milioni le persone senza lavoro nel 2012), ha negli anni successivi invertito la rotta facendo registrare costanti miglioramenti che attestavano, ancora nel 2018, a 172 milioni i senza lavoro, con un tasso di disoccupazione globale medio al 5%.

Poi, però, l’arrivo della pandemia da coronavirus ha riportato indietro le lancette della storia.

 

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Tasso di disoccupazione in tutto il mondo suddiviso per area, età e sesso. Fonte: “U.N. The Sustainable Development Goals Report 2019”, grafico pubblicato sul blog Geografia DeA Live)

Il devastante impatto del Covid-19 su crescita e occupazione

È facilmente comprensibile come il grado di raggiungimento dell’Obiettivo 8 influenzi il raggiungimento di tutti gli altri Goal dell’Agenda: dalla lotta alla povertà, alla fame, ai diritti alla salute e all’istruzione, al superamento di diseguaglianze e discriminazioni, al favorire una nuova era di innovazione e industrializzazione, alle plurime sfide della salvaguardia ambientale e della sostenibilità.

Tutti traguardi che rischiano di rimanere sulla carta se non si può far conto su una crescita economica e una condizione di autonomia e dignità che solo il lavoro stabile e duraturo può consegnare alle persone.

Proprio quello che, dopo i lenti ma costanti progressi registrati nel secondo decennio del nuovo secolo, sta mettendo fortemente a rischio l’emergenza sanitaria provocata dal diffondersi del Covid-19.

Le stime sugli impatti della pandemia in corso sono ancora incerte e ovviamente legate all’evoluzione della malattia, ma non vi sono dubbi sulla pesantezza degli effetti nel breve-medio termine e sulla consapevolezza che a pagarne le conseguenze saranno in primo luogo i Paesi più deboli.

Secondo le ultime valutazioni del Fondo Monetario Internazionale, prodotte prima della seconda ondata in corso, il Covid-19 causerà nel 2020 un arretramento dell’economia globale pari al 5%.

Mentre l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato, fino a questo momento, un calo globale delle ore di lavoro che attesterebbe tra 130 e oltre 300 milioni il numero di posti di lavoro persi, con oltre 2 miliardi di persone che, nelle condizioni attuali, vivrebbero con un reddito di meno di 2 dollari al giorno. 

L’Italia e il Goal 8: un quadro allarmante aggravato dalla pandemia in corso

Con un tasso di occupazione del 63,5% (ancora lontano dal target minimo del 67% indicato dalla Commissione Europea per il 2020), di disoccupazione di quasi il 10% e un indice di crescita di poco superiore allo zero, il nostro Paese è entrato nella fase della pandemia come uno dei fanalini di coda in Europa.

Secondo le rilevazioni di Asvis, l’organismo che monitora lo stato di attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030, rispetto al Goal 8 l’Italia ha registrato nell’ultimo decennio un andamento fortemente influenzato dal ciclo economico, raffigurato graficamente dall’indicatore composito appositamente elaborato.

 

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Andamento dell’indicatore composito del Goal 8 per l’Italia. Fonte: “Rapporto ASviS 2020. L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile” pubblicato sul sito Asvis)

Esso peggiora infatti fino al 2014 soprattutto a causa della contrazione degli investimenti e dell’aumento della quota sia di part-time involontari che dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non si formano e non studiano (i cosiddetti Neet).

Nel successivo quinquennio si registra un lento recupero, trainato dal miglioramento di tutte le variabili analizzate, tra cui l’aumento dell’occupazione e del reddito disponibile.

Poi lo tsunami Covid-19 spazza via i lenti progressi: nel secondo trimestre del 2020 si assiste a una drammatica diminuzione, rispetto allo stesso trimestre del 2019, del Pil (-17,7%), del reddito disponibile, delle ore lavorate (-20%) e dell’occupazione (-1,9%).

Con l’ingresso nella fase del lockdown le ore lavorate sono diminuite del 13,1% nel secondo trimestre rispetto a quello precedente, mentre la diminuzione delle unità di lavoro si è attestata a meno 11,8%. Va sottolineato che nell’ambito di performance e prospettive già di per sé poco brillanti e ulteriormente aggravate dall’impatto dell’emergenza sanitaria, tre sono i dati particolarmente negativi che riguardano il nostro Paese e che, con le solite distinzioni tra Centro-Nord e Sud del Paese, ci pongono agli ultimi posti in Europa: l’elevato tasso di disoccupazione femminile, la grave insufficiente disponibilità occupazionale per i giovani (56% gli occupati 25-29 anni, peggior dato in Europa) e il numero di Neet, i giovani che non lavorano e non studiano (22,5% nella fascia 15-29 anni, 2 milioni di ragazzi di cui più della metà al Sud).

L’impegno diretto di Coopservice per la buona occupazione e la crescita sostenibile

Coopservice ha da sempre fortemente improntato le proprie strategie aziendali alla ricerca di soluzioni tecniche e organizzative in grado di rispondere ad alcune delle principali sfide di sostenibilità imposte dall’Agenda 2030: tra di esse un ruolo di assoluto primo piano spetta alla creazione di posti di lavoro e alla promozione dei diritti dei lavoratori, in una prospettiva di crescita sostenibile.

A tutti i suoi 16.000 operatori, Coopservice garantisce buona occupazione e pieno rispetto dei diritti umani e lavorativi, di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

In virtù della propria natura mutualistica di azienda cooperativa, il 90% del valore aggiunto prodotto è destinato alla remunerazione dei lavoratori e dei soci, creando al contempo le condizioni perché essi possano essere protagonisti della vita sociale dell’azienda e usufruire di vantaggi riservati, quali le iniziative di welfare che contribuiscono a migliorare le loro condizioni economiche e sociali. 

In tale contesto vanno collocati i benefit monetari e non monetari volti a sostenere il reddito e migliorare la qualità della vita dei lavoratori e dei loro familiari.Ne sono un esempio la proposta di sanità integrativa (come la polizza assicurativa sottoscritta per tutti gli oltre 16.000 dipendenti in Italia, compresi gli operatori socio sanitari, con l’obiettivo di offrire assistenza nell’iter di cura da infezione Covid-19) e l’avvio di progetti di formazione dedicati alle giovani generazioni per attrarre e sviluppare i talenti in un’ottica di scambio intergenerazionale.

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