In Emilia Romagna l' industria pesa ancora per il 24% sul totale dell'economia regionale. Nonostante la nostra regione stia accumulando trimestri negativi, precisamente, il secondo del 2013 è il settimo consecutivo con una variazione negativa, in questo periodo il calo di produzione, fatturato e ordini è apparso meno accentuato rispetto ai periodi precedenti, grazie ad esportazioni e ordini esteri che riprendono a crescere.
L' indagine realizzata da Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo registra che il il 2013 dovrebbe chiudersi con un calo del Pil dell' 1,6%, mentre per il 2014 è atteso un +0,9%: numeri leggermente migliori rispetto all'Italia. Il dato certo poco consolante, che sarebbe ben più negativo se non ci fosse il commercio con l' estero. Le imprese manifatturiere attive in Emilia Romagna, circa 47mila, nell'ultimo anno sono diminuite del 2,3%, la stessa variazione registrata a livello nazionale.
Per imboccare la strada della ripresa, "non ci sono soluzioni magiche, bisogna solo costruire su ciò che abbiamo" ha commentato il presidente di Unioncamere Emilia Romagna Carlo Alberto Roncarati, convinto che occorra "cercare di cogliere tutte le opportunità, a cominciare dal commercio con l'estero, puntando sulle caratteristiche distintive che connotano i nostri prodotti".
Il manifatturiero e l' estero sembrano l' unica strada possibile su cui puntare, questo si deduce analizzando i dati Istat per il secondo trimestre del 2013 in cui le esportazioni emiliano - romagnole sono aumentate del 3,6%, un pò in tutti i settori, tenendo su tutti i mercati, perdendo qualcosa solo su quello francese, mentre in Italia sono rimaste sullo stesso valore dell'anno precedente. Una crescita su quello statunitense e, soprattutto, su quello inglese. Bene la Cina e il Brasile, crescita anche in Russia e in Turchia, diminuiscono le esportazioni verso l' India. Grande cruccio della nostra regione sono le piccole imprese, più orientate a operare su un mercato, quello interno, che continua a essere penalizzato dalla riduzione di consumi e investimenti e che quindi soffrono maggiormente la crisi.