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A Reggio e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 76.431 pari al 55,8%. I consiglieri regionali reggiani della nuova assemblea legislativa sono Andrea Rossi, Roberta Mori, Ottavia Soncini e Silvia Prodi del Pd. Poi Yuri Torri di Sel, Gabriele Delmonte (Lega Nord) e Gianluca Sassi (M5S) -

Reggio Emilia, 25 novembre 2014 -

Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.

Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).

A Reggio e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 76.431 pari al 55,8%, seguito dal candidato del centro destra Alan Fabbri con 32.097 pari al 23,4%. Giulia Gibertoni (Movimento 5 stelle) ha ottenuto19.135 voti pari al 14,0% seguita da Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 5.641 voti pari al 4,1%. Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) ha ottenuto 3.356 pari al 2,4% e Maurizio Mazzanti con 384 pari al 0,3%.

I consiglieri regionali reggiani della nuova assemblea legislativa sono Andrea Rossi, Roberta Mori, Ottavia Soncini e Silvia Prodi del Pd. Poi Yuri Torri di Sel, Gabriele Delmonte (Lega Nord) e Gianluca Sassi (M5S).

La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.

(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)

Pubblicato in Politica Reggio Emilia

A Piacenza e provincia domina Alan Fabbri, candidato del centro destra, con 37.340 voti pari al 47,1%. I consiglieri regionali piacentini della nuova assemblea legislativa sono Gazzolo e Molinari (Pd), Matteo Rancan (Lega Nord), Tommaso Foti (Fratelli d'Italia) -

Piacenza, 25 novembre 2014 -

Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.

Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).

A Piacenza e provincia ha dominato Alan Fabbri, candidato del centro destra, con 37.340 voti pari al 47,1%, seguito da Stefano Bonaccini candidato del centro sinistra che ha ottenuto 29.795 voti pari al 37,6%. Terza, Giulia Gibertoni (Movimento 5 Stelle) con 8.041 voti al 10,1%. Seguono Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 2.457 voti al 3,1%, Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) con 1.458 pari al 1,8% e Maurizio Mazzanti (liberi Cittadini) con 195 pari al 0,2%.

I consiglieri regionali piacentini della nuova assemblea legislativa sono Gazzolo e Molinari (Pd), Matteo Rancan (Lega Nord), Tommaso Foti (Fratelli d'Italia).

La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.

(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)

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Le Elezioni Regionali in provincia di Parma: Stefano Bonaccini candidato del centrosinistra ha ottenuto 51.537 voti pari al 45,1%. I consiglieri parmigiani eletti sono i tre candidati del Pd Massimo Iotti, Alessandro Cardinali, Barbara Lori, Alessandro Cardinali del Partito Democratico e Fabio Rainieri della Lega Nord -

Parma, 25 novembre 2014 -

Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.

Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).

A Parma e provincia Stefano Bonaccini ha ottenuto 51.537 voti pari al 45,1%.
Per la provincia di Parma segue Alan Fabbri, candidato di Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, che ha ottenuto 38.924 voti fermandosi al 34,0%. Terza l'esponente del Movimento 5 stelle, Giulia Gibertoni, con 14.504 voti pari al 12,7%.
A seguire, Maria Cristina Quintavalla (L'altra Emilia-Romagna) con 6.011 pari al 5,3%, poi Alessandro Rondoni (Ncd-Udc) con 2.318 al 2,0%. Maurizio Mazzanti (Liberi cittadini) con 1.061 allo 0,9%.

I consiglieri parmigiani eletti sono i tre candidati del Pd Massimo Iotti, Alessandro Cardinali, Barbara Lori e Fabio Rainieri della Lega Nord.

La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.

(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)

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L'urlo del silenzio scuote l'Emilia Romagna. Il partito degli assenti deve fare riflettere tutti e non poco. Solo il 37,63% degli aventi diritto al voto si è presentato alle urne.

di Lamberto Colla - Parma, 24 novembre 2014
La vera notizia non è la conferma in Emilia Romagna del PD e conseguentemente la vittoria del suo candidato Stefano Bonaccini bensì il crollo verticale dei cittadini votanti.

-30,4% rispetto le precedenti regionali del 2010 (era il 68,13%) e del 32,3% rispetto alle europee di sei mesi fa (era il 70,0%).
Un dato storico, per il suo aspetto negativo, soprattutto se contabilizzato in una regione dove l'affezione al voto è stata sempre altissima.
Il distacco da chi rappresenta la politica, donne e uomini che siano, è diventata una frattura enorme e, seppure fosse stato nell'aria, non era assolutamente prevedibile un risultato di questa portata.

Il partito trasversale dei non votanti ha raccolto consensi da tutti i partiti e movimenti a conferma di un disagio ormai intollerabile soprattutto se, l'urlo del silenzio, proviene da una delle regioni tradizionalmente più attaccate al diritto di voto. Una regione dove la politica è alla tavola di tutti, fa parte del corredo cromosomico dell'emiliano romagnolo.

Meditate signori, meditate e soprattutto fate, prima che il gap con la vita reale sia incolmabile e le conseguenze inimmaginabili.

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Un sindacato in crisi di consensi lancia la sfida al Governo con il temutissimo "Sciopero generale" dal sapore retrò infarcito di slogan ma privo di contenuti, che non è diventato appetibile per le nuove categorie di lavoratori, a tutto vantaggio delle aziende in crisi di ordinativi.

di Lamberto Colla -
 Parma, 23 novembre 2014 - 


Prima di tutto è da segnalare che al comando "avanti con lo sciopero generale" lanciato dalla coppia terribile del sindacato italiano Camusso-Landini, ha quasi da subito aderito la UIL ma si è bellamente defilata la CISL.

I tre maggiori sindacati si separano proprio nel momento più delicato della trattativa sul lavoro a testimonianza che la mobilitazione "di pensionati e studenti svogliati" che si daranno appuntamento a Roma il prossimo 12 dicembre è esclusivamente una manovra politica e peraltro priva di contenuti.

Alla solita stima di numeri che segneranno il successo della manifestazione da un lato e l'insuccesso dichiarato da numeri stimati dalla controparte politica noi vogliamo aggiungerne altri: il risparmio delle imprese manifatturiere in crisi di ordinativi.
Già perché a giovarne saranno solo i conti economici di quelle aziende (tante) in crisi di ordinativi che potranno contare di un risparmio stimabile tra 40 e 60 euro per lavoratore che si asterrà dal timbrare il cartellino. Considerando una partecipazione allo sciopero del 50%, una impresa di 150 lavoratori, potrà disporre di una migliore liquidità compresa tra 3.000 e i 4.000 euro.
Il sacrificio del lavoratore invece si può equiparare a due "pizze". Una cenetta si può sacrificare a favore della Camusso. La leader CGIL dal polso di ferro che, nel tentativo di recuperare consenso e tesserati, sta percorrendo la strada dello scontro a oltranza su ogni cosa senza nulla proporre per accompagnare l'Italia intera fuori da questo pantano.

Come una casalinga frustrata in preda a una crisi di nervi, la Merkel italiana, ha ottenuto di far fare bella figura a Annamaria Furlan, da poco nominata alla guida della CISL a seguito del "pensionamento" di Raffaele Bonanni. Un distacco netto dalla "politica" di Camusso riprendendo addirittura Renzi, quando parla di sindacati, chiedendogli di non essere generico ma di specificare a chi assegnare meriti o demeriti. " Smetta di dire sindacati, sia più preciso" è la replica della Furlan indirizzata nelle scorse ore al premier Renzi.

"La Cisl, ha dichiarato la neo segretaria in un'intervista a Repubblica, non farà lo sciopero generale con Cgil e Uil perché non ci sono motivazioni valide per fermare il paese". Una posizione condivisibile che un effetto ha già generato: dare visibilità a Annamaria Furlan e al secondo sindacato nazionale , la CISL appunto.
Una posizione che sottrae la CISL dal cono d'ombra disegnato dal tandem Landini - Camusso all'interno del quale è invece rimasto invischiato il segretario UIL, Corrado Barbagallo, anch'egli di recente investitura, chiamato a sostituire Luigi Angeletti.

In Conclusione
Lo sciopero generale fa bene quasi a tutti tranne che ai lavoratori. Fa bene alle imprese che risparmiano, fa bene alla CGIL che intende accreditarsi come componente politica e non solo sindacale, fa bene alla Furlan che defilandosi si fa notare a tutto vantaggio personale e della CISL, fa bene al Governo che può scaricarsi di responsabilità, potendo anche confrontarsi con una "opposizione" non avendone una in parlamento.
Delle nuove figure di lavoratori, dei disoccupati in crescita numerica, degli artigiani, dei commercianti e dei microimprenditori in preda a crisi di nervi, invece, chi ci pensa?

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Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 13 - n° 46 17 novembre 14

SOMMARIO Anno 13 - n° 46 17 Novembre 2014

SOMMARIO (scaricabile in pdf)

1.1 editoriale "Parma cotta" e "Italia bollita"
3.1 cereali Grano duro, balzo dei prezzi a ottobre
4.1 Lattiero caseario Crescita del Latte Spot e nuovo calo del Parmigiano Reggiano.
5.1 imprese Modena, caseificio Roncoscaglia. Nuovo punto vendita e museo (con video)
5.2 fitosanitari Fitosanitari, nuove disposizioni per il rilascio e rinnovo del "patentino"
5.3 prosciutto Turismo rurale. Da Helsinky alla "Strada del Prosciutto" per un focus d'approfondimento.
6.1 latte norme Parmigiano, istituito il registro delle quote latte.
6.2 turismo e tradizioni November food tour: Parmigiano e Culatello di Zibello DOP
7.1 turismo e tradizioni I Luoghi del "Culatello di Zibello DOP". Seconda parte

Domenica, 16 Novembre 2014 12:38

“Parma cotta” e “Italia bollita”

Piove sul bagnato. Un'altra storica e importante azienda della food valley entra "ufficialmente" in crisi. Ma è tutto il settore legato ai consumi a mostrare grandi difficoltà. E il "sistema Parma" sembra immobile, forse mi sbaglio ma se così fosse varrebbe la pena che chi può faccia... non solo pro domo sua...

di Lamberto Colla -
Parma, 16 novembre 2014 - 
Ore di apprensione collettiva in attesa del passaggio del colmo di piena del Po e per quello che lascerà alle spalle; terreni fertili o devastazione? Così come è per il Grande Fiume anche per la crisi occorre sperare che, dopo il suo passaggio, lasci non solo devastazione ma anche qualche terreno fertile su cui seminare nuovamente e più preziosamente.

Il colmo di piena di questa lunga e devastante crisi economica non sembra mai giungere. E' una agonia continua che logora le aziende, gli imprenditori e i lavoratori occupati o in mobilità o ancor peggio senza salario o stipendio che sia.
Una situazione che, a livello nazionale, ha già mietuto un gran numero di suicidi che, stando alle fredde statistiche, per la prima volta vede il numero dei dipendenti superare quello degli imprenditori e, più in generale, l'incremento di suicidi per cause economiche nei primi 6 medi del 2014 è stato del 59,1% superiore al 2013.

E Parma, la splendida Parma, la ricca e industriale Parma, la regina della food valley mostra cedimenti su cedimenti. Poca pubblicità, come è consuetudine, ma la crisi è palpabile camminando per il centro storico o nela immediata periferia. Vendesi e affittasi sono i cartelli pubblicitari più ricorrenti, ormai tappezzerie di buona parte degli edifici e delle cancellate.

Nei primi sei mesi del 2014, il Tribunale di Parma ha dichiarato fallite 88 aziende ed ha avviato 16 concordati. L'anno scorso, i fallimenti nel periodo gennaio-giugno erano stati 66 (l'incremento è del 33%), ma molto più numerosi erano stati i concordati, ben 44, molti dei quali ancora in itinere.
Quando poi è una società del calibro di Parma Cotto a dichiarare uno stato di difficoltà allora non si può più fare finta di niente.

Non è certamente una sorpresa che Parma Cotto sia in difficoltà di liquidità, situazione peraltro aggravata dai 26 milioni dell'investimento (in leasing) del nuovo e super tecnologico stabilimento che, probabilmente, associato al sogno americano sfumato, non è riuscito a generare quei flussi utili a una più rapida ripresa dell'economia aziendale.
L'irriducibile guerriero, Marco Rosi, non si arrende e la mossa concordataria potrebbe esere finalizzata a salvaguardare i fornitori e tentare una probabile cessione, a qualche gruppo alimentare nazionale, in grado di rilanciare l'industria, forte di un prestigioso marchio dall'intenso aroma territoriale.

Quella desinenza "Parma" che è garanzia di qualità ma che, alla luce dei fatti, non è più in grado da sola di sostenere lo "tsunami" finanziario.
Dal crack Parmalat a Parma Cotto passando per il tritacarne della crisi recessiva nazionale, la capitale del food sta sprofondando in una sempre più grave e desolata crisi.
Si contano in 500 i posti nel settore agroalimentare a rischio senza contare la crisi del Parmigiano Reggiano che altre vittime potrà ben presto mietere.

In quest'ultima tragica settimana parmense, infatti, segnali inquietanti giungono anche da Spumador che annuncia la volontà di chiudere lo storico stabilimento di Sant'Andrea, Eridania Saddam e il saccarifero mandano segnali riguardo a possibili, immediate, dismissioni e multinazionali come Plasmon e Nestlé, presenti da anni sul nostro territorio continuano a presentare piani di ridimensionamento senza alcuna certezza sul futuro degli stabilimenti locali. Infine, è di queste giovedi (13/11) la notizia del fallimento di un salumificio di Fornovo Taro (Maini Camillo) per effetto di un' istanza presentata da due lavoratrici.

Una settimana di passione che ha visto il transito, nei locali della procura di Parma anche dell'imprenditore di punta del sistema economico parmense, Guido Barilla, molto probabilmente non per fatti riguardanti l'azienda di famiglia ma per gli strascichi, si suppone, connessi al fallimento di Magic Spa, un tempo leader nel settore mangimistico e recentemente, dopo il fallimento del 2012, acquistata dal gruppo mangimistico Ferrero.

Guido Barilla e Giuseppe Lina, uniti anche da amicizia almeno sino al 2012, si trovano separati non solo dall'autostrada ma anche dalle carte bollate. Una "joint venture" infelicemente sciolta e dai risvolti anche giudiziari.

Magic e Barilla separati dall'autosole

Pezzi di Parma che si sfilano dalle mani parmensi per passare a proprietà non autoctone. Italiane come nel caso della Magic piuttosto che francesi come il caso di Parmalat (Lactalis) e del lievitificio ex Eridania (Lesaffre) o il caso Cariparma da qualche anno acquisita da Credit Agricole.

CONCLUSIONE
"Parma Cotta" altro non è che una fotocopia ridotta della bollitura italiana. Fotocopia di un sistema di governo incapace di progettare e di fare ma capace, invece, di essere forte con i deboli e debole con i forti.

Stando così le cose, la luce in fondo al tunnel non si vedrà mai se chi può o potrebbe fare non fa. Serve coraggio e capacità d'intrapresa ma se costoro che ne hanno il potere e le risorse non partono, prima o poi, la ruota gira anche per loro.

Il rischio deindustrializzazione è alle porte.

"parma cotta"

 

Pubblicato in Politica Emilia
Venerdì, 14 Novembre 2014 10:23

Patronati, cosa prevede la legge di Stabilità

Acli, Inas, Inca e Ital dicono no al taglio del fondo patronati previsto dalla legge di Stabilità: "L'insieme delle norme proposte è viziato da pesanti limiti di costituzionalità, perché comporta la sostanziale eliminazione del sistema patronato" -

Modena, 14 novembre 2014 -

La legge di Stabilità prevede un taglio al fondo patronati articolato in tre punti: abbattimento dell'aliquota dallo 0,226 allo 0,148 per cento a partire dal gettito contributivo dell'anno 2014; decurtazione di 150 milioni di euro del fondo per l'esercizio finanziario dello Stato dell'anno 2015; diminuzione dell'acconto dall'80 al 45 per cento dall'esercizio finanziario dello Stato dell'anno 2016. Dal 2016, con il venir meno dei 150 milioni di euro, il valore del fondo subirà una riduzione del 34,51 per cento.

«L'insieme delle norme proposte è viziato da pesanti limiti di costituzionalità, perché comporta la sostanziale eliminazione del sistema patronato, che non potrà più garantire né la gratuità nell'accesso alle prestazioni che rendono esigibili i diritti sociali, né il supporto agli enti previdenziali che oggi consente il funzionamento degli stessi, non in grado di gestire le istanze dei cittadini – denunciano Salvatore Ferraro (Acli), Cristiano Marini (Inas-Cisl), Maura Romagnoli (Inca-Cgil) e Angela Vicenzi (Ital-Uil)A livello nazionale sono 4-5 mila gli operatori di patronato che potrebbero perdere il lavoro; a Modena e provincia i nostri quattro patronati occupano complessivamente un centinaio di addetti. Il sistema è a rischio chiusura anche perché le norme che restringono l'anticipazione delle risorse per l'attività svolta strangoleranno finanziariamente i nostri istituti, portandoci di fatto a un'impossibilità operativa a partire dal prossimo anno. Con un taglio di questo tipo i patronati verrebbero privati di liquidità sufficiente, bloccata dal ritardo di minimo tre anni nei saldi del finanziamento».

Acli, Inas, Inca e Ital dicono no al taglio perché i cittadini pagano le tasse per un servizio che dovrebbe essere erogato dall'Inps, che a partire dal 2009 ha progressivamente chiuso gli sportelli al pubblico e informatizzato tutte le procedure. La tensione sociale che sarebbe potuta scaturire dalla mancanza di interlocuzione diretta tra cittadini e Inps-Inail-Ministero del Lavoro è stata contenuta grazie ai patronati, che hanno svolto un ruolo suppletivo rispetto agli enti. Il fondo per il 2013 ammonta a 430 milioni di euro, mentre il sistema dei patronati garantisce complessivamente al bilancio dello Stato un risparmio annuo stimato in circa 657 milioni di euro, così suddivisi: 564 milioni di euro per l'Inps, 63 milioni di euro per l'Inail e 30,7 milioni di euro per il Ministero degli Interni.

Cosa fanno i patronati

I patronati sono soggetti privati di pubblica utilità che, per legge, devono fornire assistenza gratuita ai cittadini per 92 tipologie di servizi, sotto il controllo del Ministero del Lavoro. Previdenza e salute sul lavoro, prestazioni socio-assistenziali, tutela dei cittadini immigrati e degli italiani all'estero sono le aree di competenza di queste strutture, presenti in tutta Italia e all'estero.

«Le nostre attività hanno l'unico obiettivo di aiutare tutte le persone, senza alcuna distinzione, a orientarsi tra le tante normative e iter burocratici, facilitando il loro rapporto con la pubblica amministrazione – spiegano Salvatore Ferraro (Acli), Cristiano Marini (Inas-Cisl), Maura Romagnoli (Inca-Cgil) e Angela Vicenzi (Ital-Uil) – Il nostro compito è agevolare i cittadini nella compilazione e presentazione delle domande agli enti previdenziali e assicurativi, accompagnandoli fino al riconoscimento dei diritti, anche con l'assistenza legale e medico-legale necessaria».

Le pratiche aperte dal 1° gennaio al 31 ottobre di quest'anno dai quattro patronati modenesi sono complessivamente quasi 135 mila e rappresentano il 61 per cento delle pratiche inviabili telematicamente all'Inps per la provincia di Modena. Il finanziamento delle attività e dell'organizzazione degli istituti di patronato, regolato dall'articolo 13 della legge 152/2001, avviene attraverso il "Fondo patronati". Gestito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il fondo è alimentato da una quota parte (lo 0,226 per cento) dei contributi previdenziali che tutti i lavoratori versano alle casse previdenziali, per assicurare tutele fondamentali – previste dall'art. 38 della Costituzione – anche a chi non può permettersele. Il fondo copre circa 1/3 delle prestazioni che i patronati forniscono. I restanti 2/3 delle prestazioni non prevedono recupero economico e sono a carico delle organizzazioni promotrici dei patronati. 

(Fonte: ufficio stampa Cisl MO)

Pubblicato in Comunicati Lavoro Modena

La protesta dei patronati contro i tagli delle risorse contenuti nella legge di Stabilità: sabato 15 novembre giornata nazionale di protesta e lunedì 17 novembre chiusura dei propri uffici e sportelli, con manifestazione regionale davanti alla Prefettura di Bologna -

Modena, 13 novembre 2014

Non si ferma la protesta dei patronati contro i tagli delle risorse contenuti nella legge di Stabilità. Per iniziativa del Ce.Pa. (il coordinamento che raggruppa i patronati Acli, Inas, Inca e Ital), dal 29 ottobre è stata avviata la raccolta delle firme di adesione alla petizione "No ai tagli ai patronati", a cui hanno già aderito decine di migliaia di cittadini. La mobilitazione promossa da Acli, Inas, Inca e Ital proseguirà per tutto l'iter parlamentare di approvazione della legge di Stabilità.

Per dopodomani - sabato 15 novembre – è stata organizzata una giornata nazionale di protesta. A Modena e provincia Acli, Inas, Inca e Ital saranno presenti dalle 10 alle 12 nelle piazze dei Comuni capi-distretto: Modena, Carpi, Vignola, Castelfranco, Mirandola e Pavullo, oltre al mercato di Formigine. A Modena il gazebo sarà allestito in piazza XX Settembre, dove saranno presenti anche i segretari provinciali di Cgil-Cisl-Uil; attraverso incontri, volantinaggi e flash mob, gli operatori dei patronati spiegheranno ai cittadini i possibili effetti dei tagli.

Inoltre Acli, Inas, Inca e Ital, insieme alle rispettive confederazioni, hanno deciso per lunedì prossimo 17 novembre una giornata di chiusura dei propri uffici e sportelli, con manifestazione regionale davanti alla Prefettura di Bologna.

«Coinvolgeremo nuovamente i parlamentari modenesi, con i quali i segretari provinciali di Cgil-Cisl-Uil avevano già discusso del tema nell'incontro del 6 ottobre – affermano i responsabili dei patronati modenesi Salvatore Ferraro (Acli), Cristiano Marini (Inas), Maura Romagnoli (Inca) e Angela Vicenzi (Ital) - Ribadiamo con forza che la sottrazione delle risorse al fondo patronati, se approvata così com'è, si tradurrebbe in un'altra tassa occulta ai danni delle persone socialmente più deboli costrette, dietro pagamento, a rivolgersi al mercato selvaggio di sedicenti consulenti, che operano senza alcun controllo e senza regole. Infatti, mentre i lavoratori dipendenti continueranno a pagare integralmente i contributi previdenziali all'Inps, lo Stato incamererà la quota oggi destinata alla tutela gratuita per destinarla ad altri scopi non precisati. Il governo, quindi, finirà per appropriarsi di soldi che sono dei lavoratori, senza specificarne l'utilizzo. Una beffa a cui si aggiunge un danno economico che aggraverà le già precarie condizioni di coloro che – concludono i responsabili dei patronati modenesi – pagano con la disoccupazione e la povertà le conseguenze di una crisi pesantissima».

(Fonte: ufficio stampa Cisl Mo)

 

Pubblicato in Comunicati Lavoro Modena

Confronto stamattina con i candidati alle Regionali Aragona, Benati, di Monda, Lugli, Malavasi presso la Confcommercio -

Reggio Emilia, 12 novembre 2014 -

Si è tenuto questa mattina presso la sede di Confcommercio il confronto tra i pensionati del (Comitato Unitario Pensionati Lavoro Autonomo) ed alcuni candidati alle elezioni regionali del 23 novembre prossimo. All'invito hanno risposto Alessandro Aragona (F.lli d'Italia), Fabrizio Benati (PD), Rossella Di Monda (Mov. 5 Stelle), Roberto Lugli (Emilia Romagna Civica), Ivan Malavasi (PD).

Il confronto, moderato dal coordinatore del Cupla provinciale Gian Lauro Rossi, è stato introdotto dal presidente dell'organismo unitario dei pensionati autonomi, Nefro Lasagni, che ha sottolineato i punti caldi delle richieste alla Regione e quindi ai futuri eletti: Sicurezza, Ambiente, Mobilità, Giovani ed impresa, Tassazione e Tagli agli sprechi, con una sottolineatura di valore assoluto, nessuno pensi che il taglio di risorse alle Regioni (4 miliardi) possa tradursi in una riduzione dei servizi per la popolazione, in modo particolare per gli anziani.

"Oltre a ritenere indispensabile un'adeguata integrazione dello stanziamento dei Fondi nazionali di carattere sociale, si chiede che vengano riattivati sul territorio servizi sociali, sanitari ed assistenziali integrati e nel contempo che si proceda a riqualificare le misure locali di intervento per le non autosufficienze, nonchè tutte le provvidenze economiche ai bisognosi, eliminando incongruenze e assicurando un sostegno vero ed efficace a chi ne ha bisogno. E' necessario poi definire i LEP (Livelli Essenziali di Protezione sociale) ed individuare i costi "standard" per alcuni servizi come gli asili nido, l'assistenza domiciliare e residenziale" ha sottolineato Lasagni.

Le associazioni aderenti al CUPLA: FIPAC-Confesercenti, 50&Più Confcommercio, CNA Pensionati, ANAP Confartigianato, Sindacato Pensionati Confagricoltura, Federpensionati Coldiretti, Associazione Pensionati CIA si ripromettono poi un confronto ed una verifica periodica con gli eletti al Consiglio regionale.

(Fonte: Uff. stampa e comunicazione Cia di Reggio Emilia)

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