Ascoltare una canzone dei Rio vuol dire ricevere una scarica di energia positiva, gioia, felicità e buonumore. Ma, oltre queste sensazioni, da quelle canzoni arriva un messaggio di speranza, di libertà, di amore. Sentimenti scontati nel mondo della musica? Forse, o forse no. Almeno non per i Rio, che fanno del sole, il loro simbolo, un autentico way of life. Parola di Fabio Mora, cantante dei Rio.
Parma, 29 novembre 2014 - di Federico Bonati -
Fabio, facciamo un tuffo nel passato. È il 2001, tu incontri Marco Ligabue e lì nascono quelli che poi sarebbero divenuti i Rio. Che sogni c'erano in quell'incontro?
Marco ed io ci conoscemmo ad un concerto dei Los Lobos, e lì scoprimmo di avere in comune la passione per la musica messicana. È stata quindi la cultura tex-mex ad avvicinarci, e da lì sono nati i primi Rio. Il sogno, vero e proprio, era fare musica che ci appassionasse, che potesse far star bene chi la ascoltava e portarla in giro.
Nel 2004 poi la svolta con "Sei quella per me".
Prima però ci sono stati due anni di gavetta, dove abbiamo suonato davvero nei "peggiori bar di Caracas" (ride, ndr). Però da quei due anni siamo passati da un mix di rock 'n roll, blues, tex-mex, ad avere l'esigenza di scrivere pezzi nostri. Sentivamo effettivamente l'urgenza di dire qualcosa, ed ecco che Claudio Maioli ci diede l'opportunità di mettere nero su bianco i nostri brani, col nostro primo cd, "Mariachi Hotel". Poi ci fu anche l'esperienza del tour di "Elettrico Vivo", un tour acustico con le percussioni prodotte da un pc, in cui registravamo live alcuni brani sfornando dei cd a caldo della serata. Tutto questo ci ha permesso di trasmettere gioia alle persone, rubando metaforicamente il sole e portarlo tra la gente.
2009: l'incontro con Fiorella Mannoia, e quel brano "Il Gigante", incentrato sul tema dell'ambiente, un vero e proprio inno al pianeta. Che cosa pensi di quel brano?
Abbiamo capito, col tempo, che come band potevamo comunicare qualcosa di importante, non solo gioia e divertimento, ma anche un messaggio. La cosa bella è stata comunicare un messaggio sociale, come quello del rispetto dell'ambiente e del nostro pianeta, attraverso un brano leggero e coinvolgente, ma capace comunque di far riflettere. E il messaggio è quello dell'attaccamento a questo mondo, che troppo spesso maltrattiamo. Basterebbero piccoli gesti da parte di ognuno per cambiare le cose.
Poi un'esperienza di quelle che restano impresse nella pelle: il viaggio ad Auschwitz assieme a 700 studenti degli istituti superiori di Modena e provincia, con partenza dal campo di concentramento di Fossoli (MO). Che cosa ha significato per te quel viaggio?
È stato un viaggio che mi ha toccato nel profondo, e a parlarne ho ancora la pelle d'oca. Io sono partito per questo viaggio con nella mente ancora impressi i racconti di mio padre, prigioniero in Germania, e della sua fuga dopo l'attacco dei russi. Lo ammetto, c'era una tensione particolare, ma credo che lì i Rio siano cresciuti anche sotto il profilo umano. Auschwitz è un luogo terrificante, e dentro il campo si percepisce il male che è stato fatto in quel luogo. Tutte le coscienze dei presenti ne hanno risentito. Io mi sono chiesto: "Ma perché hanno invitato proprio noi?", e alla fine l'ho capito. Dopo tanto dolore, dopo tanta negatività legati al posto, c'era bisogno di una botta di energia positiva. A Cracovia suonammo per questi 700 studenti e fu un concerto spettacolare, pieno di gioia, felicità e libertà. Era questo che serviva dopo l'esperienza della visita ad Auschwitz.
"150" è una canzone che avete scritto in onore dei 150 anni dell'Unità d'Italia. L'Italia di oggi, per Fabio Mora, è l'Italia di "150" oppure no?
Pur essendo nazionalista, fatico a credere ad un unità d'intenti come poteva esserci al fondamento della nostra piccola/grande Italia.
L'attacco all'istruzione, alla cultura, il continuo togliere fondi all'arte, far sfumare il nostro "classico", modo di vivere, di vedere e respirare le cose, insomma il nostro "essere" italiani, sta scomparendo.
Credo ci siano comunque tanti giovani in gamba, anche se molti continuano ad uscire dai nostri confini anche solo per rincorrere un sogno o per realizzare un idea.
Sono sempre meno i mezzi per poter costruire qualcosa di nuovo in un paese dove la creatività è sempre stata parte integrante dell'essere italiano.
Ma continuo ad avere fiducia nel domani e credo nelle nuove generazioni.
So che arriverà un vento caldo che porterà nuova linfa ed energia alla nostra cara e vecchia Italia!
Dopo l'album "Mediterraneo" termina la collaborazione tra te e Marco. Due destini che prendono strade differenti. Che cosa ti ha lasciato quel momento?
Oltre alla fine di un sodalizio lavorativo che è durato dieci anni, quel momento lo ricordo come la fine di un rapporto amichevole. Era caduta tutta la struttura, tutto il concetto di gruppo, che è unione e condivisione. Quello che ci dovevamo dire, comunque, ce lo siamo detti e resta tra noi.
Nell'album "Fiori" del 2013, c'è una canzone, "Terre Mosse", con un chiaro riferimento al sisma dell'Emilia del 2012. Ricordi quei giorni di maggio? Una canzone per esorcizzare la paura o per mantenere vivo il ricordo?
Ricordo molto bene quei giorni, e la paura che scaturì da quelle scosse. Credo che quando accadono certi eventi, si scrive un po' per esorcizzare il tutto, un po' per mettere a nudo i propri sentimenti e un po' per regalare un'opportunità di rivalsa nei confronti dell'evento. Ammetto che non è stato facile scrivere il pezzo, ci ho messo sei mesi. Non volevo comporre una canzone triste e cupa, ma una canzone che desse speranza, e la svolta è stata quando ho trovato la metafora sole/girasole. In quel momento, la canzone ha preso davvero vita.
Fabio, se dovessi fare un bilancio della tua vita artistica, e per farlo dovessi usare una tua canzone, quale utilizzeresti?
Direi "Il sole splende sempre", una canzone che racchiude un po' tutta la filosofia dei Rio, ossia dare speranza, anche quando è difficile trovarla. Ma un modo, per vedere il bicchiere mezzo pieno, c'è sempre.
Il 2015, per Fabio Mora, sarà un anno di...
Intanto, il 2014 è stato il decimo compleanno dei Rio. Ora io e Bronski (Fabio Ferraboschi, ndr) stiamo portando avanti il nostro progetto blues, che ci vedrà il 5 dicembre sul palco del Vox di Nonantola (MO). Abbiamo in cantiere un progetto che si sta sviluppando e che prenderà vita nel 2015, e quello sarà il ritorno dei Rio. Un progetto ricco di sorprese, dove si chiuderà un cerchio e si aprirà una finestra su qualcosa di nuovo.
Si aprirà quindi un nuovo capitolo nella storia dei Rio pronti a vivere, e a far vivere, citando una loro canzone, un "Nuovo sole".