Mercoledì, 19 Giugno 2024 06:43

GAY PRIDE: che cosa ci insegna il diritto naturale classico? In evidenza

Scritto da Daniele Trabucco

Di Daniele Trabucco Belluno, 18 giugno 2024 - Il mese di giugno, in questi ultimi anni, èdedicato alle manifestazioni dell'orgoglio gay e lgbtq+.

La retorica di questa nuova "religione civile pagana" è nota: rivendicazione dei diritti, drammatizzazione di inesistenti discriminazioni ampliata da alcuni media sensibili a questo tipo di narrazione, assunzione di giudizi assoluti nei confronti di coloro che, pur con rispetto verso tutti, esprimono posizioni critiche, venendo bollati come "fascisti omofobi" (ecco il fascismo degli antifascisti di pasoliniana memoria) etc. In realtà, è la retta ragione, la ragione contemplativa, che ci porta a ritenere come "contro natura" la pratica omosessuale. In via preliminare, è doveroso chiarire che, con il termine "natura", non si intende il naturalismo, ossia ciò che presente nel mondo naturale (lo è, allora, anche la pedofilia o la violenza sessuale), ciò che è congenito, innato, bensì quel fascio di inclinazioni naturali (ad esempio, operare il bene, l'apertura alla vita etc.) funzionali a perseguire certi fini chiamati beni.

Negare questa affermazione significa sostenere che per l'uomo non ci sono fini o che per la persona umana è indifferente realizzare il fine a) o il fine b), ma questo è smentito dal principio di realtà (non uccidere un uomo o ucciderlo sarebbe la medesima cosa?).

La natura, dunque, filosoficamente intesa, costituisce "un ordo", un ordine ben preciso. Pertanto, gli atti che violano questo ordine sono disordinati: sequestrare una persona, commettere un furto etc. Si tratta, infatti, di comportamenti che celano una volontà di potenza, di sopraffazione dell'uomo sull'uomo. Chi ci dice, però, che esiste una inclinazione naturale per cui si è attratti da persone di sesso opposto?

È il principio di proporzionalità: una inclinazione è naturale se l'uomo, per natura, possiede gli strumenti per soddisfare il fine verso il quale sperimenta questa inclinazione. Se l'omosessualità fosse un'inclinazione naturale, si dovrebbero possedere allora gli strumenti per poterla realizzare. Ora, essa comporta anche i rapporti carnali, ma questi, tra persone dello stesso sesso, non sono idonei a perseguire il fine naturale dell'apertura alla vita. Si confonde, dunque, l'inclinazione con il desiderio che rientra nel prisma della libertà negativa, ovvero nella sfera dell'autodeterminazione assoluta della persona.

C'è, però, un altro aspetto che ci può aiutare: le inclinazioni naturali, fondate sul nostro essere, cercano sempre un bene, un fine che manca, che non si dispone. Si tratta del principio di complementarietà: noi siamo mancanti dei beni che non disponiamo. L'inclinazione secondo natura, quindi, presuppone una mancanza, una diversità che viene cercata: ad esempio, la perpetuazione della specie umana presuppone l'incontro dell'organo sessuale femminile con quello maschile. Si potrebbe, tuttavia, obiettare che tra persone dello stesso sesso non si cerca l'apertura alla vita, ma il desiderio di stare insieme, di amarsi, di sorreggersi etc.

Se c'è l'amore, perché opporsi alle unioni civili tra persone dello stesso sesso (che, in Italia, sono consentite dalla legge ordinaria dello Stato n. 76/2016 c.d. "Cirinnà")?

Perché opporsi al matrimonio omosessuale già introdotto dalla legge positiva in altri ordinamenti giuridici come la Spagna?

Perché se così fosse, allora ogni desiderio, ogni pulsione dovrebbe essere assecondata e trasformata in diritto. In questo modo l'agire morale e giuridico non segue più l'essere, ma l'io del soggetto sempre insaziabile di nuovi diritti e di nuove situazioni giuridiche soggettive che corrono il rischio di porre non pochi problemi all'interno della stessa convivenza sociale.

L'uomo non è una costruzione sociale in cui emergono la graduale volontà di decostruzione e la relatività delle norme morali. Attraverso operazioni nominalistiche, di cui la sinistra globalista e progressista è abile, si vuole pervenire ad una melassa indistinta non umana. A questo si deve contrapporre il principio di verità, congiunto con quello di differenza, per cui trattare diversamente cose diverse è il più grande atto di carità e di giustizia.

"Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò e vedrò se hanno interamente agito secondo il grido che è pervenuto a me" (cit. Gn 18).

(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.
 
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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