Non è un caso se un premio Nobel come il fisico americano Steven Weinberg (1933/2021) abbia sostenuto che solo con la scienza sarà possibile pervenire ad una "teoria finale", ossia ad un tipo di scienza che metterà la parola fine "alla ricerca di quei principi", prosegue il Weinberg, "che non possono essere spiegati attraverso principi più profondi".
La negazione di qualunque fine assiologico ed ontologico, con la conseguente esclusione di qualunque senso ontologico ed etico della vita umana, conduce, come si può bene rilevare, ad una sorta di "nichilismo metafisico" (Reale). In questo modo la scienza e la tecnica diventano le sole "verità incontrovertibili" la cui negazione dei contenuti porta ad una vera e propria "criminalizzazione" di qualunque posizione divergente.
Tuttavia, la loro pretesa di "incontrovertibilità" cela un "divenir altro" sempre costante e senza limiti, o meglio una vera e propria volontà di potenza: pensiamo, ad esempio, a dove può pervenire l'ingegneria genetica in assenza di limitazioni.
Ora, se la Verità è ciò che sta, segue allora che essa è la legge contro cui la volontà di oltrepassare ogni limite sbatte la testa, negando in questo modo alla scienza ed alla tecnica la patente di "verità incontrovertibili" e relegandole al ruolo di "immutabili" (Severino) dietro i quali si cela la paura del divenire stesso e, quindi, della morte.
I Greci chiamavano questa volontà di oltrepassare il limite ὕβρις (hýbris). C’è un frammento straordinario di Eraclito, filosofo di Efeso del VI secolo a.C., dove si dice che, se il sole oltrepassasse i limiti, "μέτρα" (métra), le Erinni, "ἐπίκουροι τῆς Δίχης" (epícouroi tês Díches), "Ministre della Giustizia", lo rintraccerebbero: il sole che oltrepassa i limiti è il divenire che intende non tener conto di alcuno sbarramento. L’oltrepassamento dei limiti è, pertanto, l’oltrepassamento dei limiti imposti dalla Verità.
Facciamo un esempio concreto: la città veloce dei 15 minuti, che dovrebbe favorire la dimensione iper locale delle metropoli, se da un lato di per sé non confina la persone, dall'altro, richiamandosi ai concetti di prossimità, digitalizzazione, di crono/urbanismo incide sui rapporti umani e pone le premesse per realtà sempre più "compartimentalizzate" con il rischio di barriere tra chi vive in centro e chi in periferia, tra chi può permettersi l'auto "green" e chi no.
In questo modo il modello della "smart city" tocca e condiziona la libera e naturale socialità della persona umana (Aristotele) che costituisce il limite, posto dalla Verità, che non può essere oltrepassato.
Attenzione però: alle Erinni non possono sottrarsi neppure gli dei...
(*) Autore - prof. Daniele Trabucco
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche "Erich Fromm"). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario "Prospero Moisè Loria" di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in "Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie" organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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