41 anni fa l'esercito israeliano insieme ai falangisti libanesi circondó i due campi profughi di Sabra e Shatila (Beirut) con l’intento di scovare possibili combattenti palestinesi presenti sul luogo. Ma i due campi erano totalmente sprovvisti di supporto e protezione militare provenienti dalla Palestina, in seguito all’accordo di questi ultimi proposto dagli USA dell'allora presidente Ronald Regan di ritirarsi dai campi profughi per evitare quello che poi divenne un massacro per circa 700 persone. L'accordo prevedeva il ritiro dei militari palestinesi dai campi profughi in cambio della tutela della popolazione civile. Nonostante tutto dal 16 settembre e per i successivi tre giorni, i falangisti libanesi (partito politico della destra libanese) rastrellarono i campi profughi in cerca di uomini, per poi passare alle donne e ai bambini. Nel frattempo i campi vennero chiusi dall'esercito israeliano impedendo ogni possibilità di fuga ai residenti, consentendo l'accesso solo ai libanesi che come unico scopo politico si erano prefissi di cacciare i palestinesi dal Libano e di vendicarsi del loro leader ucciso due giorni prima in un attentato, Bachir Gemajel. Fu così che cominciò il Massacro di Sabra e Shatila, descritto dalle persone che visitarono i campi dopo il ritiro israeliano come violento, sanguinario, con decapitazioni e donne e bambini trucidati. Attualmente i campi sono ancora lì, sovraffollati, e ai palestinesi che ci vivono non è concesso nemmeno l'acquisto di una casa in territorio libanese. Le condizioni igieniche sono indescrivibili e la possibilità di trovare un lavoro è quasi inesistente per i palestinesi. A distanza di 41 anni nulla è cambiato e non esiste nessuna prospettiva di un futuro migliore per i bambini che vivono li, nei campi profughi, nonostante gli sforzi di tante associazioni che ricordando un triste avvenimento del passato riescono almeno a regalare un sorriso nel presente ai sopravvissuti e alle nuove generazioni.