Di Manuela Fiorini Modena, 7 dicembre 2022 – “Il riferimento a fatti realmente accaduti non è puramente casuale”. Ed è così per il nuovo attesissimo giallo dello scrittore modenese Luigi Guicciardi, “papà” del Commissario Cataldo, che nella sua ultima fatica letteraria si è ispirato alla vicenda del “Mostro di Modena”, un serial killer che, tra il 1985 e il 1995 ha insanguinato la città e la provincia assassinando a coltellate dieci donne, alcune prostitute, altre tossicodipendenti, la cui identità non è mai stata svelata. “Il ritorno del Mostro di Modena”, edito da Damster, nella collana “I gialli” parte proprio da questa vicenda per presentare un nuovo personaggio nato dalla fantasia di Luigi Guicciardi, il giovane commissario Torrisi, chiamato a indagare su un emulatore che sta uccidendo giovani prostitute, ispirandosi, per location e modalità, proprio al “mostro”. Finché non viene uccisa una donna della Modena bene, che non ha nulla a che fare con le altre vittime. L’assassino ha compiuto un passo falso? Ha cambiato strategia? Oppure non è stata la stessa mano a colpire?
A mano a mano che la trama si complica e i colpi di scena si susseguono, il lettore sarà guidato nell’indagine, sarà chiamato a formulare ipotesi e congetture, sullo sfondo di una Modena cupa e misteriosa, ma riconoscibilissima nei luoghi, nelle strade, nelle vie e nei monumenti. Abbiamo incontrato l’autore per una chiacchierata sul suo ultimo giallo.
Come mai hai deciso di ispirarti al caso del “Mostro di Modena” per il tuo nuovo romanzo?
“Avevo trent'anni quando il “mostro di Modena” cominciò a far parlare di sé, prima nella cronaca nera locale, poi in quella nazionale. E senza arrivare alla cupa notorietà del “mostro di Firenze”, nella mia città almeno l'ombra inquietante di questo serial killer mai scoperto ha continuato negli anni a ricorrere nei ricordi di più d'una persona, me compreso. Finché all'improvviso un docufilm del 2019, del regista modenese Gabriele Veronesi, che ho visto su Sky, e un libro del 2020 edito a Modena da Artestampa, mi hanno riconfermato la macabra attualità di questo tema e mi hanno offerto lo spunto iniziale per questo nuovo romanzo. E mi sento di dire che se la fiction può riaccendere la luce della memoria su un enigma ancora oggi insoluto, allora anche questo mio giallo può dare un suo piccolo, indiretto contributo alla riflessione su un mistero sociale e criminale insieme”.
Senza fare “spoiler”, una novità di questo tuo ultimo libro è la presenza nella trama di due casi distinti che si intersecano tra loro. Stai sperimentando nuove strade del giallo?
“I due (o più) casi distinti che si intersecano tra loro e che a volte approdano a diversi assassini non sono una novità assoluta né nel Giallo d'autore, specie americano (da McBain a Connelly), né, più modestamente, nella mia produzione: ricordo per esempio La belva, Hobby&Work, 2009. Tutto questo è dovuto, essenzialmente, all'intenzione di tendere al massimo la tensione narrativa e di accentuare la suspense e il quoziente di imprevedibilità della trama. In questo caso, c'è in effetti un assassino che pare ispirarsi nei modi operandi a quegli omicidi di prostitute che insanguinarono Modena tra il 1985 e il 1995, ma poi all'improvviso un ultimo delitto, ben diverso dagli altri, fa esplodere l'ipotesi investigativa di Torrisi, cogliendo di sorpresa anche il lettore (che, se un Giallo è bello, accetta, o addirittura ama, di essere spiazzato)”.
Per la prima volta affidi l'indagine a un nuovo personaggio, il commissario Torrisi. Che cosa ti aspetti da lui?
“Be’, anzitutto mi aspetto che i lettori gli si affezionino, come si sono affezionati negli anni al più maturo commissario Cataldo, giunto nel frattempo a ventun romanzi. Poi mi aspetto che indaghi ancora, in modo diverso e in una Modena diversa, ma sempre con sensibilità, serietà e grande impegno umano”.
In che cosa Torrisi e Cataldo, protagonista di quasi tutti i tuoi romanzi, si assomigliano e in che cosa sono diversi?
“Cataldo, commissario capo, inchiesta dopo inchiesta, ora è un sessantenne al culmine della maturità professionale, che ormai ha dimenticato le sue origini catanesi per farsi modenese d'adozione. Capisce bene il nostro dialetto, preferisce il Parmigiano Reggiano al pecorino, il Lambrusco al Nero d'Avola, ha alle spalle un matrimonio fallito e un rapporto intermittente con entrambi i figli. Torrisi invece è nativo di Samone, sul nostro Appennino, abita a Modena fin dall'inizio, conosce da subito molto meglio la città, ha trentadue anni, è sfortunato con le donne, e assume questa indagine appena guarito dal Covid, dopo una lunga convalescenza preceduta da un ricovero, intubato, presso il nostro ospedale. Affini, ovviamente, sono la serietà e l'impegno professionale, e una certa solitudine sentimentale, che fa sì che tutti e due trovino nel loro lavoro, in certi momenti, anche una ragione di vita.
Sia Torrisi che Cataldo lavorano a Modena. Si incontreranno mai in un tuo prossimo romanzo? Credi che potrebbero lavorare insieme?
“In teoria potrebbero farlo, perché – per età e carattere – risultano diversi, ma anche quasi complementari. Cataldo è più esperto – di vita e di indagini – più riflessivo, disincantato, realistico; Torrisi, più giovane, è invece più dinamico, energico, motivato. Chissà, il fatto di lavorare a inchieste sempre diverse, ma partendo dalla medesima questura e nella stessa città, potrebbe anche favorire, col tempo, una sorta di cross over...”.
Un altro particolare che emerge in questa tua ultima opera è la Modena che fa da sfondo alle vicende: è una Modena più riconoscibile, soprattutto per chi ci vive, concreta, mentre nei tuoi romanzi precedenti i luoghi erano a volte un po' diversi da quelli reali (vie, strade, zone della città); è un caso oppure no?
“Dipende sempre dalla trama, in quanto prima elaboro il plot, poi cerco, in giro per la città, i luoghi più plausibili ad accogliere le vicende. Nel caso del “mostro di Modena” il realismo della storia richiedeva da parte mia un rispetto altrettanto realistico e rigoroso dei luoghi e delle ambientazioni; di conseguenza la città ritratta – col Tempio, via Palestro, il Windsor Park – e la provincia, da Baggiovara a Gargallo alla cava di San Damaso, sono risultati assolutamente fedeli, forse anche più del solito. Con un'eccezione, però: quella dei laghetti Curiel di Campogalliano, che concludono la vicenda: avevo bisogno della scena di un'auto che si inabissa nell'acqua... e non essendoci il mare vicino a Modena, ho dovuto optare per il lago più vicino, facendo di necessità virtù e adattando la realtà alla fantasia del giallista”.
Che progetti hai per il tuo commissario Torrisi? Lo ritroveremo in altri tuoi romanzi futuri?
“Mentre Cataldo continuerà a vivere, e si prevede per marzo 2023 una sua nuova indagine particolarmente drammatica, il futuro di Torrisi è legato... all'apprezzamento dei lettori. Il personaggio mi pare già ben strutturato, con una sua fisionomia fisica e caratteriale definita e tale da consentirgli ulteriori sviluppi narrativi; la voglia di scriverne ancora non mi manca, nuove storie in testa le avrei... e dunque non mi resta che aspettare la risposta del pubblico”.
SCHEDA DEL LIBRO
Luigi Guicciardi
IL RITORNO DEL MOSTRO DI MODENA
Damster Edizioni – Collana “I gialli Damster”
Pagg. 240 - € 16