Di Gloria Callarelli 30 dicembre 2021 - La Provvidenza è viva nella vita di ciascuno di noi ma dobbiamo saperla riconoscere. A volte inconsapevolmente dobbiamo anche sfidarla per capirne e provarne l’esistenza facendo sì che, piano piano, stravolgendoci la vita come in un gioco di porte girevoli, aiuti a costruire il nostro presente e il nostro futuro lasciando per sempre una traccia indelebile di noi.
E’ quello che è accaduto a Vit, soldato sul fronte russo nella Seconda Guerra Mondiale, prigioniero in Inghilterra, e infine, nel Dopoguerra, uomo al servizio dello Stato nella Roma affascinante di Fellini e del fu Aldo Moro. La sua storia prende vita nel libro di Anna Zurlo “Meccanica Celeste”: una storia di guerra e di amicizia, di amore e di fede. Un volume che per Eleonora Allegretti, nella sua prefazione, cattura “il lettore fin dalla prima pagina”.
Vit nel 1941 è un ragazzo chiamato alle armi: prima di partire per il fronte sottrae dall’album di famiglia una foto degli amati genitori che “terrà con sé nel desiderio di un fiducioso richiamo alle sue radici, unica certezza nei momenti di paura e di sconforto che lo avrebbero afflitto”. La sua destinazione è la Russia. Il viaggio è lungo e faticoso e Vit viene a contatto con paesaggi immersi nella desolazione e odoranti di morte. Incontra poche anime nel suo percorso che lo porta infine sulle sponde del fiume Don.
Sul fronte russo Vit fa esperienza, la prima in guerra, di Provvidenza: un proiettile lo sfiora e solo per miracolo non viene colpito. Per qualche motivo il destino di Vit non era quello di andarsene in quel momento ma l’esperienza non lo lascia indifferente e la vita da quel momento assumerà per lui un significato del tutto diverso. Non l’unico episodio però: nel 1942, in trincea, si avvicina alla Prima linea. In un istante una bomba deflagra poco lontano: Vit viene catapultato distante dall’onda d’urto e finisce a terra coperto dal corpo di un cavallo. La Provvidenza ancora una volta lo ha salvato: se non fosse stato per l’animale, probabilmente, sarebbe morto sotto i colpi nemici. Il fronte russo è duro anche per il rigido clima e quando Vit viene infine salvato dopo una tormenta di neve da un contadino «la testimonianza di fede e di fratellanza avvenuta in quell’isba rappresenterà per Vit un’esperienza che lo cambierà profondamente».
Dopo un breve rientro a casa viene spedito in Sicilia dove verrà fatto prigioniero e portato in Inghilterra. Vit, nella sua meccanica celeste, riesce a sopravvivere e ritagliarsi spazi di vita. Incontra uomini di fede, “Hugh Sheehan, prete cattolico irlandese che curava le funzioni religiose presso il campo di prigionia” e uomini influenti alla corte del Re, conquistandosi libertà e piccoli spazi di vita. Al servizio di un colonello in congedo riesce a incontrare anche la futura Regina Elisabetta, dalla cui grazia verrà folgorato, fino a quando non farà rientro in Italia dove prenderà forma la terza vita di Vit, quella matura, quella artistica (4mila i dipinti che produrrà) quella modellata nel segno di Dio, della Patria e della Famiglia. Entra in polizia, diventa marito e padre e prende servizio per un periodo anche nella scorta del compianto Aldo Moro oltre ad essere mandato anche sui set cinematografici dell’onirico regista Federico Fellini.
Una vita vissuta al massimo, una vita vissuta nell’avventura in un percorso che non ha mai smesso di essere segnato da un filo invisibile, quello, appunto, della Divina Provvidenza che lo ha prima salvato, poi accompagnato per tutta l’esistenza trasformandolo nell’uomo prima di valore e poi di valori, e infine fatto rivivere nelle pagine di un libro a firma di Anna Zurlo. Un film che la meccanica celeste potrebbe portare anche a prendere forma nella meccanica cinematografica: gli ingredienti ci sono tutti, ora, per l’ennesima volta, lasciamo fare alla Provvidenza.