Nel suo ultimo lavoro, l'etologo, zooantropologo e filosofo racconta attraverso otto cani che hanno condiviso con lui un tratto di strada della vita che cosa ognuno di loro gli ha lasciato e insegnato. Ma ogni storia è anche uno spunto per parlare più in generale del cane e del meraviglioso rapporto con l'uomo.
Di Manuela Fiorini
Bologna, 21 gennaio 2017
C'è Maya, rottweiler esuberante e in cerca di una guida, il piccolo e buffo Toby, dal caratteraccio impossibile, la labrador Pimpa e le sue passeggiate multisensoriali, la nevrile Isotta, che del tirare al guinzaglio ha fatto una sfida. E poi l' "inadottabile" Spino dal carattere ostico quanto il suo nome, l'amicizia tra la rottweiler Bianca e la gatta Mimmi, la giocosa Belle e Filippo, dall'animo randagio. Sono gli otto cani protagonisti di altrettanti capitoli che compongono l'ultimo libro di Roberto Marchesini, "Il cane secondo me", edito da Sonda.
Bolognese, Marchesini è etologo, zooantropologo, filosofo, Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e di Siua, Istituto di Formazione Zooantropologica e nella sua vita ha avuto a che fare con centinaia di cani. Gli otto amici di cui parla nel libro sono quelli che hanno percorso con lui un tratto di strada della vita. Tuttavia, parlando di loro, l'autore coglie anche l'occasione per riflettere e fare riflettere sulla sostanza del rapporto uomo-cane e prende spunto dalla sua esperienza per suggerire gli atteggiamenti giusti da tenere per costruire un rapporto equilibrato, di fiducia reciproca, di vera amicizia.
Abbiamo scambiato due chiacchiere con lui.
Come nasce il libro Il cane secondo me?
"Nasce con l'intento di mettere in discussione quello lo stereotipo secondo il quale cani e gatti sono "animali d'affezione", "animali da compagnia", come se realmente il loro "compito" fosse solo quello di dare affetto. In realtà, il cane, o il gatto, dovrebbe essere visto come un partner, un amico, un collega di lavoro. Gli animali sono "erogatori" di qualcosa, ma compagni di vita. Non sono "da affezione", ma affettivi, non sono "da compagnia", ma compagni. Questo significa che la loro presenza è globale. Ci danno tanto. Per esempio, ci trasmettono la capacità di farci vivere la natura in un modo completamente diverso, perché ci portano nel loro mondo, ci danno tanti stimoli, arricchiscono il nostro immaginario. Nel libro, ho voluto sottolineare soprattutto il fatto che i cani sono delle entità biografiche. Noi siamo il frutto delle relazioni: siamo quello che ci hanno insegnato i nostri genitori e gli amici, siamo i libri che abbiamo letto, le relazioni amorose che abbiamo avuto. Allo stesso modo, anche gli animali contribuiscono a fare di noi ciò che siamo. In questo saggio ho voluto descrivere come ognuno di questi cani abbia contribuito a mettere la sua piccola parte nella mia identità. Le relazioni non finiscono, rimangono proiettate dentro di noi, entrano nella nostra vita. E anche quando una relazione finisce, anche quando un cane ci lascia perché muore, vive ancora dentro di noi".
Dalla sua esperienza, quale consiglio si sente di dare a chi si appresta ad accogliere un cane per la prima volta?
"Il mio consiglio è sempre quello di avere consapevolezza che si sta per iniziare una relazione. Il cane non è un oggetto. Non è come portare a casa un televisore. Se si adotta un cane, casa tua diventa anche casa sua. Si deve avere ben chiaro che essere in una relazione significa prima di tutto condivisione, cioè accettare che l'altro partecipi alla nostra vita e che noi partecipiamo alla sua. Purtroppo, viviamo in una società che ha una visione individualista e consumista e questo non aiuta nelle relazioni, di amicizia, di amore e anche in quelle con i cani. Le persone tendono a considerare gli altri come entità consumabili. Le relazioni invece sono diverse dalle fruizioni. Nelle relazioni bisogna mettersi in gioco, accettare la sfida sotto il profilo partecipativo, emotivo, competitivo, della responsabilità. Secondo consiglio: cercare di saperne un po' di più sui cani. Viviamo in una società in cui non si cresce più, come un tempo, a contatto con la natura o con gli animali. I bambini di oggi hanno l'idea che gli animali siano quelli dei cartoni animati, ma Peppa Pig non è un maiale, è un essere umano disegnato come un maiale, così come Bugs Bunny, Pongo e molti altri. C'è la tendenza ad antropomorfizzare e a umanizzare. Ed è una tendenza sbagliata. Se si antropomorfizza un animale, significa che non si accetta la specificità dell'altro. Invece quell'amore unico tra uomo e animale può nascere sono se non c'è possesso, ma incontro"
Quali sono gli errori più ricorrenti degli umani nei confronti dei propri cani?
Primo: non rendersi conto che un cane percepisce il "qui e ora" in modo differente da noi. Spesso infatti la mente di un essere umano è proiettato nei ricordi, nei pensieri, nei progetti, nel "domani faccio questo". Abbiamo sempre la mente da qualche altra parte, persa nel passato, nel futuro o nel possibile, quella del cane invece è focalizzata sul qui e ora. Secondo: la comunicazione. Le persone non si rendono conto che ogni specie ha il suo linguaggio. Un abbraccio per me vuol dire "ti voglio bene", ma per il cane è un atteggiamento sbagliato, è una forzatura, come se gli dicessi "io sono più forte di te". Il nostro cane magari lo accetta e lo tollera, ma se lo stringiamo troppo forte, tenterà di scappare o ci leccherà il viso, facendoci capire che non gli piace. Se poi abbracciamo un cane che non conosciamo potremo addirittura rimediare un morso. È importante allora imparare qualcosa sui cani e sul loro linguaggio per relazionarci al meglio".
Lei ha teorizzato il "Parco Canile". Che cos'è e come mai, a suo avviso, una soluzione che avrebbe risvolti positivi sui cani incentivandone le adozioni non è ancora stato realizzato?
"Il Parco Canile parte dell'idea della valorizzazione del cane per favorirne l'adozione. L'idea è quella di un luogo che faciliti il miglioramento dell'animale dal punto di vista comportamentale, che ne consenta la socializzazione, per esempio attraverso la presenza di campetti cinofili, in cui cani e volontari possano fare insieme attività di apprendimento e di gioco. L'idea è quella che il cane passi solo qualche mese all'interno del parco canile. Durante il periodo di permanenza viene formato ed educato in vista dell'adozione. Il parco canile è poi un luogo molto naturale, lontano dall'idea del cane cresciuto in un box, dove fa tutto lì, non ha avuto relazioni corrette con gli altri cani, perché li ha sempre visti al di là di una grata, gli ha sempre abbaiato contro. L'idea è invece quella di un luogo di riabilitazione per i cani con figure professionali dedicate e strutture concepite per fare attività e migliorare le proprie competenze. Sono strutture che favoriscono le visite da parte delle persone e aumentano così le possibilità di adozioni. In Emilia Romagna e Lombardia sono stati fatti molti passi avanti verso questa idea di parco-canile. Poi bisognerebbe vincere l'interesse che molte strutture hanno nel mantenere i cani al loro interno. Nei capitolati delle gare, per esempio, dovrebbe essere inserito non il costo a cane, ma il pagamento dei servizi effettivamente offerti".
Quando si leggono fatti di cronaca di persone aggredite da cani si sentono spesso commenti del tipo "non è colpa del cane, è colpa nel padrone". È davvero così?
"Io penso sempre che bisogna togliere la parola "colpa", perché ha degli aspetti moralistici. Dovremo invece guardare al comportamento come una conseguenza di altri problemi. Per fare prevenzione, bisogna spiegare alle persone quali sono i fattori di rischio, spiegare che un cane ha bisogno di essere bene integrato all'interno del nucleo familiare e non essere tenuto in una situazione di solitudine, perché la solitudine abbassa la socialità dei cani. Tenere costantemente un cane in un box, alla catena, da solo in giardino, sono elementi che vanno a inficiare la socializzazione del cane. È molto importante poi che la persona sia una guida per il proprio cane. Occorre lavorare sull'affiatamento, perché se uno è una buona guida il cane lo segue. Bisogna poi spiegare che tutti i cani sono diversi. Non si può prendere un cane di una certa razza senza saperne niente. Per esempio, il Border Collie è un cane molto nevrile, con una gran voglia di fare, non si può dare in mano a una persona anziana o a chi desidera il classico cane da salotto. Se uno invece vuole un cane pulito non può prendersi un labrador, che si diverte a girarsi ovunque e a gettarsi in acqua. Avere queste consapevolezze aiuta a instaurare le relazioni e prevenire spiacevoli incidenti".
La scomparsa di un animale amato è causa di grande dolore. Si sente di dare qualche consiglio alle persone che hanno perso un amico a quattro zampe per aiutare a elaborare questo lutto?
"Le amicizie sono qualcosa di importante. Molto spesso sento dire: "Era solo un cane", il punto fondamentale è che quando si costruisce un legame è normale provare delle emozioni. Non importa se si tratta di un cane o di un gatto, l'importante è l'empatia che viene generata da quel legame. A chi ha perso un amico a quattro zampe mi sento di dire che deve essere consapevole che la relazione non finisce. Quando qualcuno è stato in relazione con noi non è morto, non può morire. Tutte le persone, tutte le relazioni, amicizie, amori che ci portiamo dentro continuano a vivere dentro di noi. Questa, a mio avviso, è la migliore elaborazione del lutto. Magari si può dedicare tempo al congedo: che può essere la sepoltura o un rituale particolare, ognuno deve darsi i suoi tempi. Il punto centrale è capire che quello che resta la relazione e ciascuno vive dentro l'altro. È poi necessario trovare il modo di trasformare il vuoto in ricordo".
Roberto Marchesini
Il cane secondo me
Edizioni Sonda
Pag 184 - € 14