Gli chef di tutto il mondo stanno sperimentando piatti a base di meduse, un alimento ricco di proteine e dalle proprietà inaspettate, come quella di combattere la pressione arteriosa. E voi, osereste?
di Alexa Kuhne
Parma, 13 Agosto 2016
In fondo basterebbe combattere un po' di pregiudizi e pensare che una medusa non è niente di diverso da un polpo, solo che è rovesciata.
L'Occidente già sta, poco alla volta, sperimentando insetti e larve, inaspettatamente versatili, nutrienti e gustosi e forse, a breve, guarderà, per cercare cibi alternativi, verso il mare, dove le meduse abbondano e rappresentano ormai un problema da gestire.
Senza contare che il loro utilizzo in cucina risolverebbe problemi ambientali e aiuterebbe a combattere la fame nel mondo.
Dall'Associazione ecologista Marevivo arriva la richiesta di non fare morire le meduse sulle spiagge, bensì di farle diventare una risorsa alimentare, in quanto ricche di proteine e collagene.
Così, raccogliendo l'invito dell'Associazione, molti cuochi da tutta Italia si stanno cimentando nella preparazione di piatti a base di celenterati urticanti. E' successo in questi giorni a Lipari, dove il delegato di Marevivo delle Isole Eolie, Enzo Donato, ha organizzato una degustazione di meduse della specie Pelagia Noctiluca.
«Un'iniziativa interessante, sotto vari punti di vista», commenta Alessandro Circiello, presidente della Federazione Italiana Cuochi Regione Lazio. «Innanzitutto perché la medusa potrebbe diventare un alimento per sfamare il mondo; inoltre è ricca di sostanze nutritive. Potrebbe essere utilizzata allo stesso modo delle cavallette in Cina, che per le popolazioni orientali sono una delle più importanti fonti proteiche in assoluto».
La medusa, in effetti, viene già utilizzata nella cucina orientale. "Il sapore - continua Cerciello - potrebbe richiamare quello di specifici molluschi, e quindi potrebbe essere cucinata in tanti modi, bisogna solo cimentarsi e approfondire, fare ricerca".
Una ricerca motivata sia dagli allarmi sulla fame nel mondo, sia dalla volontà di rendere i nostri mari più sostenibili. La nostra pesca è sempre molto limitata a livello di tipologia; ampliare i generi significherebbe non rischiare l'estinzione di specie come il tonno rosso e anzi, pulire le acque da animali, come appunto le meduse, sempre più numerose, e pericolose.
L'impulso a considerare le meduse come specie utilizzabile in gastronomia è partito dalla FAO, 'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, che, la scorsa primavera, ha pubblicato un rapporto lungo oltre 60 pagine che racconta delle sempre più frequenti e abbondanti "fioriture" di meduse in Mediterraneo, dei danni che possono provocare e di quali rimedi si possano mettere in campo per contrastarle, tra cui, appunto, l'idea di trasformarle in cibo.
Che non è nemmeno un'idea così rivoluzionaria, dal momento che la pesca delle meduse, sul mercato orientale, ha già un elevato valore commerciale e si parla di miliardi di dollari.
Solo il Giappone, ogni anno, ne importa per oltre 25 milioni di dollari. La domanda di meduse da mangiare è talmente elevata che si deve ricorrere all'allevamento perchè non se ne pescano abbastanza per soddisfare tutti.
Le meduse mangiano principalmente plancton. Le stesse prede che mangiano i pesci piccoli o giovanissimi. Inoltre, diverse specie di pesci, nella loro fase adulta, mangiano anche le meduse, mentre queste, a loro volta, possono nutrirsi di piccoli pesci o di uova di pesce. In un sistema in equilibrio tutto ciò funziona bene e le varie popolazioni si "regolano a vicenda". Ma se noi riduciamo fortemente il numero dei pesci, che è quello che l'eccesso di pesca sta facendo in tutti i mari del mondo, questi non saranno più in competizione con le meduse, nè le prederanno attivamente. Dunque le meduse tenderanno a crescere di numero, come sta succedendo. nel Mediterraneo. I mari sono impoveriti da una pesca quasi sempre portata oltre ai limiti di sostenibilità, l' ecosistema è fragile e le meduse prosperano.
A volte, addirittura, la proliferazione di meduse danneggia la pesca, riempendo le reti a dismisura.
In Giappone, a fine 2009, un peschereccio è affondato, tirato giù del peso della rete che stava salpando, stipata di grosse meduse.
L'unica arma che abbiamo per combattere questo nemico preoccupantemente infestante è mangiarlo!
Ci sono, comunque, meduse e meduse.
Quella 'quadrifoglio', presente soprattutto in Adriatico, non troppo grande, con il disegno di quattro cerchi sul "dorso", è una specie non urticante.
Questa medusa viene servita sulle tavole cinesi da più di mille anni. Nel mercato orientale, da secoli avvezzo alle meduse come fonte di cibo, sono 4 o 5 le specie commestibili apprezzate, con la parte da leone svolta dalla Rhopilema esculentum, una grossa medusa, tra l'altro usata anche per scopi medicinali, come cura per la pressione alta e le bronchiti.
Un'insalata di meduse è dunque una prelibatezza della cucina asiatica. La consistenza è gommosa e possono essere cucinate con salsa di soia o olio di sesamo. Sono apprezzate anche per l'elevato contenuto di proteine e collagene, mentre sono praticamente prive di colesterolo, calorie e grassi saturi.
Il consumo di questi animali marini è in crescita negli Stati Uniti, in Australia e nel Regno Unito. Il mercato alimentare occidentale infatti guarda sempre più verso prodotti "salutisti" e, da questo punto di vista, le meduse sono perfette, perché, prive di grassi, sono costituite dal 95% di acqua e da proteine. Inoltre, alcune proprietà medicamentose sono state scientificamente provate come gli effetti sulla pressione arteriosa e per la cura dell'artrite.
Per i palati più temerari, le meduse in salamoia, col nome di"Istant natural jellyfish", sono in vendita anche in Italia.
Sono confezionate con tutto l'occorrente per condirle: salsa di soia, dado granulare, olio piccante. La prelibatezza, prima di essere consumata, va lasciata a mollo per circa un'ora in acqua fresca.
Le parti della medusa che sono commestibili sono i tentacoli orali, dunque non urticanti, e la parte inferiore dell'ombrello. La preparazione prevede diversi passaggi in salamoia, per tempi che possono arrivare anche fino al 20-40 giorni.
E gli chef italiani di certo, solleticati dalla curiosità, non si sono tirati indietro e hanno accettato la sfida di una nuova frontiera gastronomica. Come il pluripremiato Gennaro Esposito che, in occasione della manifestazione di Marevivo, "La Tavola blu", presentata a maggio scorso a Roma, ha cucinato una bella scodella di meduse, con una ricetta di sua invenzione in cui ha servito i gelatinosi animali in un letto di pesto alla genovese, con guarnizione di mozzarelle di bufala.
La motivazione è chiara anche a lui, che di necessità ha fatto virtù culinaria: "Ce ne sono troppe nel mare, quindi, noi le peschiamo e le cuciniamo. La sfida è proprio quella di togliere ciò che al mare fa male e che rischia di alterarne l'ecosistema, trovando i giusti ingredienti per farne anche una ricetta originale".
Perfettamente in linea con quello che dichiara la FAO.