Venerdì, 12 Febbraio 2016 20:42

Professione Public Historian In evidenza

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Professione Public Historian foto Daniela Ori

L'Università di Modena e Reggio Emilia è stata la prima in Italia a ospitare un Master in Public History, volto a formare una nuova figura professionale, quella dello Storico per il Pubblico, che si avvale delle nuove tecnologie per divulgare la storia a pubblici diversi, ma senza rinunciare al rigore scientifico.

Di Manuela Fiorini

MODENA - Si chiama Public Historian la nuova figura di studioso della Storia che si avvale di nuovi linguaggi e strumenti per raccontare il passato a pubblici diversi, utilizzando tecniche di comunicazione che vanno dal public speaking alla scrittura on line, dal docu-film alla musica, passando per la televisione, il teatro e il web, ma senza rinunciare al rigore scientifico.

Modena è stata la prima sede in Italia, dopo Parigi e Berlino, a ospitare un Master di II livello per formare questa innovativa figura di storico. Organizzato dall'Università di Modena e Reggio Emilia, e diretto dal Prof Lorenzo Bertucelli, il master è partito lo scorso mese di ottobre, ha una durata annuale e vede coinvolti anche l'Istituto storico di Modena, la Fondazione ex Campo di Fossoli di Carpi, Istoreco di Reggio Emilia e l'Istituto Museo Cervi di Gattatico di Reggio Emilia.

Sono cinquanta i futuri Public Historian che stanno frequentando il master. Tra questi c'è Gabriele Sorrentino, già scrittore e storico.

Gabriele Sorrentino

Lo storico Gabriele Sorrentino - Foto di Daniela Ori

Chi è il Public Historian?
"E' uno storico che utilizza metodi nuovi per raccontare la propria ricerca. E' un accademico che parla un linguaggio non accademico pur mantenendone il rigore, qui sta la difficoltà. In questo approccio deve lavorare in team con altre figure professionali per essere in grado di utilizzare tutti i media possibili per rendere appetibile e comprensibile l'esito di una ricerca storica. Tra questi media vi è la narrativa, la graphic novel, il gioco di ruolo, il documentario, sono al vero e proprio spettacolo teatrale".

Quali sono gli sbocchi professionali di questa figura?
"Nei Paesi anglosassoni dove la disciplina è nata una trentina di anni fa lo storico per il pubblico lavora in diversi campi come le installazioni reali e virtuali, le manifestazioni culturali, le esibizioni fotografiche, le ricostruzioni storiche, gli itinerari geografici e i parchi tematici. Sono questi i campi naturali di questa figura in Italia".

Pensiamo sempre allo storico come al classico studioso che passa il suo tempo su volumi polverosi. Invece, il nuovo approccio, si serve delle nuove tecnologie per parlare del passato anche nel presente e, soprattutto, nel futuro. In che modo la figura "classica" dello storico e i nuovi strumenti possono "andare a braccetto"?
"Lo storico per il Pubblico è uno storico classico che impara a uscire, passami la metafora, dall'archivio. La base del lavoro dello storico di PH è ancora la ricerca e il rispetto di tutte le fonti. La differenza sta nel modo in cui l'esito della ricerca viene esposto, non più attraverso una pubblicazione per iniziati, ma attraverso una serie di media in base al target che si vuole raggiungere. L'equilibrio tra l'appeal e il rigore è la parte più difficile del lavoro dello storico per il pubblico ma, nello stesso tempo, è anche la parte più qualificante di esso: l'obiettivo, infatti, è non lasciare la divulgazione di massa a persone che non hanno la professionalità per fornire contenuti storici adeguati".

Quali sono i nuovi metodi di approccio alla storia secondo le nuove tecnologie?
"La premessa è che occorre lavorare in team con tutte le professionalità necessarie sulla base di un progetto ben definito, che tenga conto anche delle risorse. Una volta deciso il target si può studiare un piano di comunicazione scegliendo le nuove tecnologie più adeguate. Sicuramente, la tecnologia permette approcci meravigliosi: pensiamo a uno scavo archeologico dove, tramite un codice QR l'utente può vedere sul suo smartphone com'era e come si è evoluto nel tempo il monumento che ha davanti. O, ancora, tramite una geo-localizzazione può conoscere la storia dell'angolo in cui si trova. Immaginiamo ancora musei in cui è possibile effettuare un'esperienza sensoriale di un evento storico tramite immagini tridimensionali, rumori, odori, luce e assenza di luce. Vi sono poi approcci più tradizionali che utilizzano il teatro di narrazione, il gioco oppure la narrativa".

Alla luce degli sviluppi tecnologici, che cosa intendiamo quando parliamo di fonti? La fonte è qualsiasi documento che può essere interrogato dallo storico per ricostruire un determinato avvenimento. A partire dal XIX secolo, lo storico ha avuto a disposizione molte più fonti di quelle di un "collega" che si occupa di epoche più remote. La nascita della fotografia e del cinema ha permesso la creazione di archivi di immagini che prima non esistevano. Oggi, disponiamo della voce dei protagonisti, una cosa impensabile per Napoleone o Giulio Cesare. Lo stesso web, come i media, possono essere considerate fonti per uno studio su epoche più vicine alla nostra. Insomma, soprattutto chi si occupa di storia contemporanea ha a che fare con un numero più ampio di fonti con le quali misurarsi. L'approccio di storia per il pubblico, però, è applicabile come filosofia anche alle epoche più remote. Non avremo un'intervista reale a Giulio Cesare ma possiamo costruirne una verosimile".

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