West Nile - Quest'anno sono stati segnalati 131 casi gravi a fronte dei 27 dell'intero 2017. Emilia-Romagna e Veneto le regioni più interessate dalla diffusione del virus. A Bologna i casi manifestati con forme neuro invasive sono stati 29. Il presidente Ceccardi: maggiori investimenti per la lotta larvicida alla zanzara comune e un nuovo protagonismo dei Comuni nel contrasto alle zanzare nocive
Bologna, 3 settembre 2018 – In Italia quest'anno si sta registrando un notevole incremento di casi di West Nile rispetto all'anno precedente. Alla data del 30 agosto 2018 i casi segnalati (Fonte: Cnapps - Istituto Superiore di Sanità) sono 334, di cui 131 manifestati in forma neuro invasiva. Nel 2017 erano stati, complessivamente, 27 i casi gravi di West Nile. Ad oggi, i decessi attribuibili al virus West Nile sono 12, nella gran parte dei casi persone debilitate, anziane o con gravi patologie pregresse.
Le Regioni più interessate dalla diffusione del virus sono state Emilia-Romagna e Veneto.
Il territorio provinciale di Bologna è quello in cui si è registrato il maggior numero di casi gravi di West Nile tra tutte le province italiane interessate dalla diffusione del virus: 29 casi manifestati con forme neuro invasive.
La diffusione del virus West Nile si può contenere attraverso una attività preventiva di controllo della zanzara Culex pipiens (la zanzara comune), con trattamenti larvicidi più efficaci, e soprattutto senza nessun impatto ambientale, rispetto ai trattamenti "adulticidi", che intervengono a diffusione avvenuta. Una lotta integrata che deve passare da un nuovo impegno dei Comuni nel contrasto agli insetti vettori di malattie gravi per l'uomo.
È l'appello di CAA, il Centro Agricoltura Ambiente "G.Nicoli", società di eccellenza nel campo della lotta alle zanzare, con 30 anni di esperienza in campo nazionale e internazionale. CAA dal 2011 è Collaborating Centre dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica di Vienna nel campo dello sviluppo della tecnologia del maschio sterile contro le zanzare nocive.
Editoriale: -. La grande scissione, ma alla fine verremo narcotizzati. - Burro e "Parmigiano" in zona positiva - Pomodoro da industria Nord Italia: il punto di metà campagna - Diabete, a colazione il latte è meglio dei farmaci - La spergola fa sistema e continua la sua ascesa -
SOMMARIO Anno 17 - n° 35 2 settembre 2018
1.1 editoriale
La grande scissione, ma alla fine verremo narcotizzati.
2.1 lattiero caseario Borse merci in recupero. Burro e "Parmigiano" in zona positiva
3.1 pomodoro Pomodoro da industria Nord Italia: il punto di metà campagna
4.1 bonifica crisi idrica il Consorzio dell'Emilia Centrale chiede la deroga per evitare danni alle colture
4.2 bonifica centrale Bonifica Emilia Centrale: tutto sulle elezioni consortili
5.1 salute e benessere Diabete, a colazione il latte è meglio dei farmaci
6.1 vino spergola La spergola fa sistema e continua la sua ascesa
7.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Verso la normalità, salvo la volatilità del cambio.
8.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Notizia flash!
9.1 eventi co-brand Gin Mare e Parmigiano Reggiano
9.1promozioni "vino" e partners
10.1 promozioni "birra" e partners(per seguire gli argomenti correlati clicca QUI)
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Diabete, a colazione il latte è meglio dei farmaci: abbassa il livello di glucosio nel sangue. Secondo una nuova ricerca, una dose quotidiana di latte a colazione può contribuire a prevenire malattie come il diabete e l'obesità.
Il latte è pieno di risorse. Oltre ad essere un alimento gustoso e è sempre stato un elemento fondamentale della nostra dieta per la ricchezza della sua composizione in nutrienti. Ora a quanto pare rappresenta un'arma naturale contro il diabete poiché riesce ad abbassare i livelli di glucosio nel sangue.
Quando? Lo sappiamo tutti, con la prima colazione che è il pasto più importante della giornata. Per ottenere i migliori benefici sulla nostra salute, pare che non debba mancare una dose quotidiana di latte. A darci questa notizia sono i ricercatori del dipartimento Human Nutraceutical Research Unit, presso la University of Guelp, in Canada, che hanno analizzato gli effetti delle proteine del latte sul livello di glucosio nel sangue, in abbinamento con un'abbondante colazione a base di cereali, dall'alto apporto di carboidrati. In esame, oltre al glucosio, anche la sensazione di sazietà e gli effetti del latte a seguito del consumo di altri cibi durante la giornata.
Nello specifico, gli scienziati hanno osservato che la concentrazione di glucosio nel sangue sarebbe inferiore dopo una colazione a base di cereali e latte, rispetto ad una con cereali ma a base d'acqua. Inoltre, abbassare il livello di glucosio è associato alla prevenzione di malattie gravi, come il diabete e l'obesità. «Le malattie del metabolismo sono in aumento in tutto il mondo», ha dichiarato dottor H. Douglas Goff. «Il diabete di tipo 2 e l'obesità sono fonte di enorme preoccupazione per la salute degli esseri umani. Per questo vogliamo agire per sviluppare strategie alimentari che inducano la riduzione del rischio e aiutino a gestire il diabete e l'obesità, dunque permettendo agli individui di godere di una salute migliore».
Ma non è tutto. Il team ha rilevato anche che il consumo di latte con una colazione ad alto apporto di carboidrati può ridurre il glucosio anche dopo il pranzo. In più, le proteine del latte sarebbero in grado anche di ridurre l'appetito dopo il pasto, dato che la digestione delle proteine naturali contenute nel latte rilascia degli ormoni gastrici che agevolano la digestione ed enfatizzano la sensazione di sazietà.
Il latte che cos'è? Questo alimento è importante anche soprattutto per il contenuto di minerali, in particolare calcio e fosforo, presenti in un rapporto ottimale, di magnesio, zinco, rame e selenio, e di vitamine come la A, D, E e K, la vitamina C, l'acido folico e la riboflavina.
Inoltre, come dimostrato recentemente, il latte è ricco di "componenti minori", molecole presenti in piccole quantità, come i peptidi ma in grado di svolgere azioni biologiche particolarmente importanti per il benessere della persona: antiossidanti, antipertensive, antinfiammatorie, immunomodulanti e altro. Poiché svolgono "funzioni" fisiologiche benefiche per l'uomo queste molecole sono chiamate "componenti funzionali" del latte. L'industria lattiero-casearia si è molto impegnata, soprattutto negli ultimi anni, per individuare tecnologie idonee a conservare nel tempo e nelle migliori condizioni i nutrienti e le molecole funzionali presenti nel latte. Inoltre ha studiato e prodotto i cosiddetti "latti speciali", ossia alimenti funzionali adatti a tutti i consumatori, anche a quelli che hanno particolari esigenze nutrizionali.
Per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", questo studio conferma l'importanza di consumare il latte a colazione al fine di migliorare il processo di digestione dei carboidrati e aiutare a tenere in regola il livello di glucosio. I nutrizionisti hanno sempre enfatizzato l'importanza di consumare una sana colazione, e questo studio incoraggia gli individui ad integrare il latte nelle loro abitudini.
( 27 agosto 2018 )
Ambiente e alimentazione: trovato il glifosato in molte famose marche di cereali. I prodotti di una dozzina di famosi marchi di cereali contengono il glifosato, un pesticida considerato cancerogeno. L'allarme del gruppo ambientalista statunitense Environmental Working Group (EGW). Non c'è solo il grano a rivelarsi zeppo di glifosato.
Di 45 prodotti di avena analizzati dall'organizzazione, 43 presentano tracce di glifosato, un erbicida che può causare il cancro negli animali e "probabilmente" negli esseri umani, secondo l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. In 31 campioni, i livelli sono anche superiori a 0,01 milligrammi al giorno, il valore limite per i minatori, secondo gli scienziati di EWG. Il pesticida è stato anche trovato in circa un terzo dei 16 campioni provenienti da colture biologiche, anche se i livelli di glifosato erano ben al di sotto dei limiti previsti. La sostanza può provenire da campi vicini.
Secondo EWG, l'Autorità alimentare statunitense ha rilevato tracce di diserbante in alcuni alimenti da almeno due anni, ma ha nascosto queste informazioni al grande pubblico. Con questo studio, l'organizzazione ora vuole rendere pubbliche queste informazioni. Anche i dati compilati da un chimico della FDA e presentati ad altri chimici in una riunione in Florida hanno mostrato residui del pesticida in diversi tipi di prodotti a base di avena. Nei risultati condivisi, i livelli variano dallo zero, rilevato in diversi prodotti biologici, a 1,67 parti per milione, secondo la presentazione. I livelli di glifosato più alti sono stati trovati in due campioni di Quaker Old Fashioned Oats. Anche tre campioni di Cheerios avevano un alto livello di sostanza. Il glifosato, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", è l'ingrediente attivo di Roundup, un potente erbicida sviluppato da Monsanto, azienda appena acquistata dalla tedesca Bayer per l'enorme cifra di 63 miliardi di euro.
Ad agosto, la Monsanto è stata condannata al pagamento di 289 milioni di dollari ad un giardiniere ammalatosi di cancro, in quanto non avrebbe adeguatamente avvertito sui rischi nell'utilizzo del prodotto contenente glifosato.
(16 agosto 2018)
Interrogazione del Consigliere Regionale Michele Facci su infezione da West Nile. Il sottoscritto Consigliere Regionale Michele Facci.
Premesso che:
- Secondo gli ultimi dati riportati dalla stampa locale, dal mese di giugno 2018 ad oggi in Emilia-Romagna vi sono stati 25 casi noti di infezione per febbre da "West Nile", di cui 12 nell'area metropolitana di Bologna. Diciassette di questi casi avrebbero riguardato soggetti donatori di sangue. Nella provincia di Ferrara vi sono stati invece ben tre decessi nel giro di poco più di un mese;
- La trasmissione del virus avviene tramite la zanzara del genere Culex, da sempre molto diffusa nel territorio del Delta del Po, ed è particolarmente favorito dal clima subtropicale degli ultimi mesi, specie nelle zone di campagna;
- Il sistema regionale di sorveglianza dell'Emilia-Romagna avrebbe confermato la sussistenza dei presupposti per una condizione endemica nei territori tra Rovigo (in Veneto vi sono stati oltre 50 casi di febbre West Nile fino ai primi giorni di agosto, di cui 19 mediante forme neuroinvasive) e Ferrara, dovuta alla diffusa circolazione del virus;
Considerato che
- Gli animali portatori del virus "killer" sono stati individuati in diverse tipologie di volatili, alcune delle quali molto diffuse nei nostri territori, come corvi e gazze;
- Secondo quanto riferito dal reparto di infettivologia dell'Azienda ospedaliera universitaria di Ferrara, la massiccia presenza di corvi e gazze lungo l'argine del Po dovrebbe suggerire l'introduzione di forti forme di contrasto al fenomeno, come nuove vaccinazioni per l'uomo, ed efficaci piani di controllo per i volatili;
Tutto ciò premesso,
INTERROGA
La Giunta per sapere
- chiede quale sia il giudizio dell'Assessorato competente in ordine al progressivo aumento delle infezioni letali da febbre West Nile, e quali siano le misure di prevenzione e di contrasto che l'Amministrazione regionale, tramite i propri Dipartimenti e settori specifici, intende adottare;
- chiede se sia già allo studio dei settori preposti un piano straordinario di abbattimento dei volatili ritenuti tra i principali portatori del virus, ovvero delle zanzare del genere Culex che ne costituiscono il vettore finale;
- chiede inoltre se l'amministrazione, di fronte a questa nuova emergenza sanitaria, non ritenga necessaria la previsione di nuove forme di profilassi per l'uomo, da condividere con i competenti Dipartimenti sanitari e con l'Istituto superiore di Sanità.
Il Consigliere
(Avv. Michele Facci)
Non dormire troppo durante la tua vita... Potresti morire prima. Una ricerca britannica rivela che dormire più di 8 ore a notte è dannoso per la salute. Oltre le 10 ore, aumenta significativamente il rischio di contrarre malattie cardiovascolari
Chi dorme non piglia pesci, ma potrebbe vedersi accorciata anche la propria esistenza. Non è una boutade ferragostana, ma lo sostiene uno studio che potrebbe non piacere ai pigri.
A trarre la conclusione più audace sono stati ricercatori britannici che hanno studiato il nostro sonno: dormire troppo può portare alla morte prematura. L'esito dello studio si basa su oltre 74 ricerche condotte tra il 1970 e il 2017 e su un campione molto ampio di oltre 3 milioni di soggetti.
Ciò che dà (sfortunatamente) un po' di credito alla tesi secondo cui le persone che dormono più di 10 ore a notte hanno un ulteriore 30% di possibilità di morire prematuramente e che la ricerca sia stata riportata dall'autorevole rivista scientifica americana "Journal of American Heart Association". Le notti prolungate a letto, fra l'altro, aumenterebbero il rischio di morte per ictus del 56% e la probabilità di soccombere alle malattie cardiovascolari del 49%."Ci sono fattori patofisiologici culturali, sociali, psicologici, comportamentali, ambientali che influenzano il nostro sonno, come il dovere di prendersi cura dei propri figli o di un familiare, ma anche orari di lavoro irregolari, malattie fisiche o mentali, o l'apertura dei negozi 24/24 nelle nostre società moderne ", anticipa Chun Shing Kwok del dipartimento scientifico e tecnologico dell'Università di Keele, all'agenzia Press Association. Insomma, dormire il giusto e dormire bene per vivere una vita equilibrata e longeva. Come ripetiamo spesso noi dello "Sportello dei Diritti", rileva il presidente Giovanni D'Agata, avevano ragione i nostri antenati quando dicevano che «in medio stat virtus», («la virtù sta nel mezzo»).
(12 agosto 2018)
Eurostat: l'Italia è il primo Paese dell'Ue per tasso di mortalità da epatite virale. Quasi 5 volte più che in Francia e tre volte più che in Germania e Spagna pari a circa il 40% del totale dell'Ue, in aumento di 65 decessi rispetto al 2014, l'Italia ha registrato il più alto numero di decessi per epatite nel 2015, seguita da Germania (960), Spagna (900) e Francia (600), ma con 40 morti per epatite virale per milione di abitanti.
Per l'Italia tragico record europeo per decessi da epatite virale. Lo certificano i dati Eurostat relativi al 2015. Nell'anno di riferimento si sono registrati nella penisola 40 decessi dovuti al virus per milione di abitanti. La media comunitaria è 14. Ma se si considerano le morti dovute agli effetti collaterali del virus, e non all'epatite in sé, il numero dei decessi in Italia sale a 2.900.
Dei 5,2 milioni di decessi registrati nell'Unione europea nel 2015, 7.300 erano dovuti all'epatite virale. Gli uomini (3.900 morti) e le donne (3.400 decessi) sono stati colpiti in modo quasi uguale. Questi valori sono rimasti approssimativamente stabili da quando sono iniziati i report dell'Ue nel 2011.
Quasi due terzi di questi decessi riguardavano persone di età superiore a 65 anni. Anche in termini assoluti l'Italia (2 900 morti, pari a circa il 40% del totale dell'Ue, in aumento di 65 decessi rispetto al 2014) ha registrato il più alto numero di decessi per epatite nel 2015, seguita da Germania (960), Spagna (900) e Francia (600). Tuttavia, per un confronto tra paesi rilevanti, questi numeri assoluti devono essere adattati alle dimensioni e alla struttura della popolazione. Dopo i 40 morti per milione di abitanti dell'Italia il tasso più alto è quello dell'Austria (31 morti per milione di abitanti). Poi Lettonia (26), Ungheria (21) e Spagna (19).
All'estremo opposto della scala, Malta ha registrato zero casi di epatite nel 2015. I tassi più bassi sono stati registrati in Slovenia e Finlandia (entrambi con 1 decesso per milione di abitanti), Bulgaria e Danimarca (3 ciascuno) e nei Paesi Bassi e Repubblica Ceca (4 ciascuno). A livello Ue, il tasso di mortalità per epatite si è attestato in media a 14 decessi per epatite virale per milione di abitanti nel 2015. Una vera e propria emergenza, a giudicare dai numeri, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti".
Vuol dire, che in Europa 4 morti su 10 avvengono in Italia. Le cause? Colpa di scarsa conoscenza di malattia e rischi collegati? Un problema del ministero della Sanità? O difficoltà all'accesso alle cure medico-sanitarie? Domande a questo punto più che mai legittime e necessarie.
(29 luglio 2018)
La Società Boehringer Ingelheim, facendo seguito alla precedente comunicazione della "Circolare n. 32 del 18/01/2018 e n. 56 dell'8/2/2017" di ritiro dal commercio di alcuni lotti della specialità medicinale Guttalax, ha chiesto di sospendere immediatamente la distribuzione dei lotti 532385A con data scadenza 31.07.2020, 532394A con data scadenza 31.07.2020, 532855A con data scadenza 30.09.2020 e 532856A con data scadenza 30.09.2020 della specialità medicinale GUTTALAX*OS GTT 15ML 7,5MG/ML – AIC 020949020.
Del nuovo ritiro lo ha comunicato la stessa azienda farmaceutica che ne ha predisposto il ritiro.
Guttalax si usa nel trattamento di breve durata della stitichezza occasionale negli adulti e nei bambini. Il provvedimento del febbraio 2017, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", si era reso necessario a seguito della comunicazione della ditta concernente il risultato fuori specifica per il prodotto di degradazione C-Oxide emerso durante gli studi di stabilità.
(10 luglio 2018)
Sigaretta elettronica esplode in tasca: Jason Curmi mostra i suoi jeans a brandelli e le gravi ustioni alla coscia e alla mano mentre lotta per camminare e sedersi tre settimane dopo l'esplosione
Prima le scintille, poi le fiamme. Un uomo ha riportato ustioni di terzo grado alla gamba dopo l'esplosione della sigaretta elettronica che teneva nella tasca dei jeans. Jason Curmi, dipendente di un negozio a Vauxhall, nel sud di Londra, è stato lo sfortunato protagonista della disavventura. Il 46enne, che ha cercato di limitare i danni gettando acqua sulla gamba, è stato trasportato in ospedale con gravi lesioni.
I colleghi, che hanno assistito alla scena e che lo hanno soccorso, hanno raccontato che sembrava di assistere all'esplosione di petardi. L'uomo è stato immediatamente ricoverato in un'unità specializzata nelle ustioni presso l'Ospedale londinese. I medici hanno dichiarato che il 46enne che ha riportato gravi ustioni alla coscia destra, ha rischiato di perdere la gamba perchè in quel frangente indossava jeans invece di pantaloni quando la batteria è esplosa. Seppur trascorse tre settimane da quel tragico incidente, non è ancora rientrato al lavoro. L'uomo, che sta ancora lottando per camminare e sedersi, ha dichiarato che cercava di togliersi il vizio del fumo con la sigaretta elettronica dopo aver smesso di fumare tre mesi fa.
I medici hanno inoltre riferito che potrebbe essere necessario un innesto di pelle per riparare i danni da ustioni di secondo e terzo grado della coscia. La compagnia cinese EFest, che produce la batteria, non ha commentato. Il Chartered Trading Standards Institute ha dichiarato di essere a conoscenza del surriscaldamento delle batterie ma non è a conoscenza di altri incidenti.
Per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", si tratta dell'ennesimo caso segnalato e rimbalzato alle cronache circa i rischi connessi all'uso della sigaretta elettronica che è diventata una valida alleata per i fumatori incalliti. Proprio per questo, è necessario che le case produttrici adottino maggiori accorgimenti, anche in termini d'informazione ai consumatori per evitare che si ripetano casi analoghi.
(7 luglio 2018)
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