Troppa puzza in aereo: pilota costretto ad atterraggio di emergenza. Un volo partito dall'aeroporto di Schiphol nei Paesi Bassi e diretto a Gran Canaria in Spagna è atterrato in Portogallo a causa del cattivo odore emanato da un passeggero
Con buone probabilità si è trattato dell'aereo più puzzolente del mondo. Potrebbe intitolarsi così l'avventura, finita bene, di un volo Transavia partito dall'aeroporto di Schiphol nei Paesi Bassi e diretto a Gran Canaria in Spagna. Destinazione che l'aereo non ha mai raggiunto. Perché a bordo c'era troppa puzza. Un passeggero ha infatti emanato odori quantomeno sgradevoli tanto da causare vomiti e svenimenti dei presenti.
Un disagio che ha suscitato le proteste dei passeggeri e che ha convinto il pilota a richiedere un atterraggio di emergenza alla torre di controllo dello scalo di Faro, nel sud del Portogallo.
Come riferito dal portavoce della Transavia la puzza proveniente dal passeggero aveva invaso la cabina di pilotaggio e tutto il velivolo in maniera talmente forte da non lasciare scelta. L'unica possibilità di continuare il volo e portare tranquillamente destinazione tutti i viaggiatori era provvedere a un'igienizzazione immediata.
Secondo quanto riferito, il personale a bordo del servizio Transavia ha cercato di metterlo in quarantena in un bagno del Boeing 737 prima che i piloti fossero costretti a deviare il volo. Così dopo aver chiesto e ottenuto senza indugio l'autorizzazione alla discesa, il pilota è atterrato nell'aeroporto di Faro. E qui il wc e la cabina sono stati puliti e ventilati dopodichè l'aereo è ripartito verso la sua destinazione finale. Stranamente, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", non è stato il primo incidente maleodorante su un volo della Transavia quest'anno. A febbraio, un aereo Transavia da Dubai ad Amsterdam è stato costretto a fare un atterraggio di emergenza nella capitale austriaca di Vienna, dopo che un passeggero non riusciva a smettere di scoreggiare , causando una rissa tra diversi passeggeri. Tutto è bene quel che finisce bene.
(31 maggio 2018)
Mangiare un uovo ogni giorno riduce il rischio di malattie cardiache. Per la scienza un uovo al giorno può aiutarci a prevenire il rischio di malattie cardiovascolari e di ictus.
Un uovo al giorno aiuta a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, la principale causa di morte nel mondo pari al 20%.
Secondo uno studio compiuto da un gruppo di scienziati del Centro di Scienze Sanitarie dell'Università di Peking University Health Science Center, seguendo una dieta a base di uova si può ridurre del 12% il rischio di ictus, malattie cardiache e infarti.
Gli studiosi hanno analizzato le abitudini alimentari di ben 400 mila persone, con un'età compresa fra i 30 e i 79 anni. Il 13% dei partecipanti mangiava un uovo ogni giorno, mentre il 9,1% raramente. Nove anni dopo gli studiosi hanno scoperto che coloro che degli 84mila partecipanti che consumavano quotidianamente questo alimento, erano stati meno colpiti da patologie cardiovascolari. Mentre in passato l'uovo era stato additato come nemico della salute, accusato di causare il colesterolo, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", oggi gli esperti sono concordi nell'affermare che dovrebbe essere inserito in modo stabile all'interno di una dieta equilibrata.
Le uova infatti sono ricche di antiossidanti, aiutano a combattere le infiammazioni e costituiscono un'ottima fonte di proteine. Un uovo di medie dimensioni contiene circa 6 grammi di proteine, oltre a luteina, zeaxantina, vitamine E, D, e A. "La nostra analisi rileva che esiste un'associazione tra un livello moderato di consumo di uova e un tasso inferiore di eventi cardiaci – ha spiegato il dott. Liming Li, coautore della ricerca. Le nostre scoperte contribuiscono, con prove scientifiche, alle linee guida dietetiche circa il consumo di uova per un adulto cinese sano".
La ricerca scientifica è stata pubblicata sulla rivista BMJ.
(23 maggio 2018)
@Pastificio.Andalini
Un uovo al giorno aiuta a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, la principale causa di morte nel mondo pari al 20%. Secondo uno studio compiuto da un gruppo di scienziati del Centro di Scienze Sanitarie dell'Università di Peking University Health Science Center, seguendo una dieta a base di uova si può ridurre del 12% il rischio di ictus, malattie cardiache e infarti.
Gli studiosi hanno analizzato le abitudini alimentari di ben 400 mila persone, con un'età compresa fra i 30 e i 79 anni. Il 13% dei partecipanti mangiava un uovo ogni giorno, mentre il 9,1% raramente. Nove anni dopo gli studiosi hanno scoperto che coloro che degli 84mila partecipanti che consumavano quotidianamente questo alimento, erano stati meno colpiti da patologie cardiovascolari.
Mentre in passato l'uovo era stato additato come nemico della salute, accusato di causare il colesterolo, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", oggi gli esperti sono concordi nell'affermare che dovrebbe essere inserito in modo stabile all'interno di una dieta equilibrata. Le uova infatti sono ricche di antiossidanti, aiutano a combattere le infiammazioni e costituiscono un'ottima fonte di proteine. Un uovo di medie dimensioni contiene circa 6 grammi di proteine, oltre a luteina, zeaxantina, vitamine E, D, e A.
"La nostra analisi rileva che esiste un'associazione tra un livello moderato di consumo di uova e un tasso inferiore di eventi cardiaci – ha spiegato il dott. Liming Li, coautore della ricerca. Le nostre scoperte contribuiscono, con prove scientifiche, alle linee guida dietetiche circa il consumo di uova per un adulto cinese sano". La ricerca scientifica è stata pubblicata sulla rivista BMJ.
C'è una cura per la calvizie. Ed è stata scoperta per caso. Gli scienziati della Manchester University hanno annunciato di aver trovato un farmaco per farli ricrescere.
La scoperta sarebbe avvenuta per caso. Cercavano di capire l'effetto collaterale imprevisto di un farmaco sperimentale per combattere l'osteoporosi. Loro sono un gruppo di ricercatori della Manchester University che hanno annunciato di aver trovato un farmaco per far ricrescere i capelli.
Il farmaco contiene dei principi attivi che agiscono direttamente sulla proteina che frena la crescita dei capelli e che provoca la calvizie.
Per gli scienziati "i primi risultati sono molto positivi", anche se saranno necessarie ulteriori ricerche. Questa scoperta potrebbe aprire nuove strade per trattare la calvizie negli uomini evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti". Ora per il nuovo prodotto si aprono prospettive economiche enormi, anche se è tutta da verificare la sua efficacia sull'uomo. Nel mondo si calcola che 4 uomini su 10 perdano i capelli nel corso della propria vita.
( 9 maggio 2018 )
Elogio del "Mais Viola", straordinario contro l'ipertensione e per prevenire il cancro. Il contenuto di antocianina che si trova in questi cereali rappresenta una potentissima barriera anti-cancro. La sua coltivazione tradizionale si restringe all'antica area di influenza Inca.
Il Mais morado (viola) un vero regalo della creazione, é essenzialmente una pianta subtropicale, si coltiva nelle bassi valli delle Ande. Li viene chiamato "Kculli" (voce quechua) e si sta usando come alimento, da mille di anni.
Fino ad ora, questi cereali erano stati propagandati come cibi con nutrienti superiori alla media per la nostra salute costituiti da 85% di grano e 15% di corona.
Questa forma o varietá del mais é stata usata dalla gente delle Ande per dare colore ad alimenti e bibite, qualcosa che il mondo industrializzato solo recentemente sta sfruttando.
Attualmente, nella stessa maniera che gli antichi peruviani, si prepara anche una bibita a partire della pannocchia intera e la chiamano chicha morada. Con questo mais si prepara anche un dolce abbastanza popolare chiamato mazamorra morada. Contiene anche una sostanza chiamata antocianina che gli conferisce il colore viola, essendo presente principalmente nella corona.
Di recente, un team di scienziati della Scuola di Medicina dell'Universitá di Nagoya, in Giappone, ha dimostrato in uno studio che il pigmento porpora presente nello Zea mays L. 'Kculli' é capace di modificare lo sviluppo del cancro del colon in topi F344/DuCrj maschi trattati inizialmente con 1,2-dimetilidrazina (DMH). Nel loro studio sugli animali, il gruppo analizzato ha ricevuto cibo mischiato con 2-amino-1-metil-6-fenilimidazo [4,5-b] piridina (PHIP), una sostanza cancerogena naturale presente nelle parti carbonizzate della carne e nel pesce alla griglia. Dopo di una inizziazione con DMH, uno di questi gruppi in ossevazione ha ricevuto anche il 5% del pigmento di Zea mays L. 'Kculli' in conbinazione con 0.02% di PhIP fino alla settimana 36.
Le incidenze e moltiplicitá di colonrettali e carcinomi in topi avviati con DMH sono state chiaramente incrementate per il PhIP. In contrapposizione, l'amministrazione del colorante Zea mays L. 'kculli' ha soppresso lo sviluppo di lesioni. Come c'era da aspettarsi, si sono ridotti tanto i segni precoci del cancro colonrettale come il numero di tumori benigni e maligni che si sono formati nel colon dei topi che hanno ricevuto il pigmento porpora nella loro dieta, e non si sono visti effetti contrari (cambi nei segnali clinici, peso corporale e consumo di alimento). Nel gruppo che ha ricevuto la sostanza cancerogena, l'85% sviluppó il cancro del colon, comparato con solo il 40% che ha ricevuto anche il pigmento.
"Il colore del Mais viola, può essere un agente chemioterapico promettente, dal momento che le antocianine ha una grande antiossidante naturale per contrastare gli effetti dannosi dei radicali liberi, lo stress ossidativo e la carcinogenesi (formazione di cellule tumorali), dando un effetto protettivo contro il cancro o nella prevenzione", ha evidenziato l'autore dello studio.
Altre proprietà, secondo lo scienziato, anche gli antociani nel mais viola sono in grado ritardare il processo di invecchiamento, di stabilizzare e proteggere le vene e le arterie della azione dei radicali liberi, promuovere la buona circolazione sanguigna e ridurre i livelli di colesterolo, dando un potere antinfiammatorio naturale. Inoltre, recenti test sperimentali tanto in animali come in umani, hanno dimostrato che l'incremento nel consumo di polifenoli puó diminuire la pressione sanguínea in persone ipertense, ridurre la tendenza del sangue a coagularsi ed elevare la capacitá antiossidante totale del sangue. Considerando che la materia porpora presente in Zea mays L. 'Kculli' é ricca in polifenoli, l'ingestione regolare di questa pianta potrebbe essere utile alle persone che soffrono di ipertensione.
Infine, il consumo di alimenti con antociani come il mais viola, potrebbe migliorare l'acuità visiva ".
Questi effetti, evidenzia Giovanni D'Agata presidente dello "Sportello dei Diritti", suggeriscono che le antocianine offrono proprietá antiossidanti interessanti, e potrebbero perció rappresentare una promettente categoria di composti utili nel trattamento di patologie dove la produzione di radicali liberi gioca un ruolo principale. Se ne dovrebbe incoraggiare il consumo di questo ottimo cibo con molteplici benefici per la salute, consumandolo nelle bevande analcoliche, nei dolci, ecc...
(21/04/2018)
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Porte aperte all'Ospedale di Parma per colloqui informativi individuali gratuiti. Gli incontri con gli specialisti del Maggiore dedicati alle donne in occasione dell'Open week. Prenotazioni telefoniche da mercoledì 11 a venerdì 13 aprile dalle ore 9 alle 13.
L'Ospedale di Parma apre le porte alle donne: i professionisti saranno a disposizione per offrire colloqui informativi individuali gratuiti, nella settimana compresa tra il 16 e il 22 aprile. L'iniziativa è promossa dall'osservatorio nazionale Onda e riservata agli ospedali italiani premiati con i bollini rosa per l'attenzione rivolte alle patologie femminili. Con questa iniziativa l'Ospedale di Parma attraverso i propri medici vuole avvicinare la popolazione femminile alle principali patologie che la riguardano, informandola sui percorsi di diagnosi e cura più appropriati.
La settimana in rosa prevede appuntamenti in diverse aree di cura: endocrinologia, geriatria, dermatologia, oncologia, diabetologia, neurologia e medicina della riproduzione. Per partecipare ai colloqui individuali è necessario prenotarsi telefonicamente nelle giornate di mercoledì 11, giovedì 12 venerdì 13 aprile dalle ore 9.00 alle ore 13.00 al numero 0521.702568. I posti disponibili sono limitati.
Si parte lunedì 16 aprile con il primo degli incontri di diabetologia tenuti da Elisabetta Dall'Aglio presso gli ambulatori al primo piano della Clinica medica (pad. 26) dove si terranno anche gli incontri successivi sempre alla stessa ora (11.30) nei giorni del 16, 17, 19 e 20 aprile. Giovedì 19 aprile sarà invece possibile prenotare i colloqui con Alessandra Dei Cas, alle ore 9, e con Maria Grazia Magotti alle ore 14, sempre negli ambulatori al primo piano della Clinica medica.
Numerosi gli incontri per l'area geriatrica che si terranno al 1° piano del padiglione Barbieri, nel pomeriggio. Si inizia lunedì 16 con Maria Modugno all'ambulatorio di Geriatria; mercoledì 18 e venerdì 20 sarà a disposizione Anna Nardelli; mentre Fulvio Lauretani incontrerà le persone interessate giovedì 19 e venerdì 20 pomeriggio e sabato alle ore 9, nell'Ambulatorio disturbi cognitivi e motori al 1° piano del Barbieri.
Sono concentrati nel pomeriggio di martedì 17 aprile gli incontri dell'area endocrinologica con i professionisti Simona Cataldo, Roberta Minelli, Graziano Ceresini e Michela Marina. Al momento della prenotazione telefonica verrà comunicata la sede dell'incontro.
Mercoledì 18 aprile l'équipe di dermatologia diretta da Claudio Feliciani offre consulti gratuiti, a partire dalle ore 16 agli ambulatori al 3° piano del padiglione Cattani.
Nella stessa giornata, alle ore 10, la neurologia con il prof. Franco Granella ha organizzato gli incontri al femminile presso l'ambulatorio n. 166 al 3° piano del padiglione Barbieri.
Ancora mercoledì 18 aprile alle ore 15 e sabato 21 aprile alle ore 10 i dottori Lorenzo Barusi e Luca Levati forniranno informazione sulla medicina della riproduzione presso l'ambulatorio n.5 al 1° piano della Maternità.
Colloqui a cura del dottor Antonio Musolino e della dottoressa Cecilia D'Aloia per illustrare il percorso diagnostico terapeutico sulla patologia mammaria e sulla Brest Unit nei giorni di mercoledì 18 (ambulatorio n.5 pad. 23 Day Hospital Oncologico) e giovedì 19 aprile (ambulatorio n.1 Centro senologico Padiglione Centrale). Sempre a partire dalle 14.30.
Venerdì 20 aprile sarà il convegno coordinato da Tiziana Frusca, ad affrontare il tema "Terapia ormonale in età fertile: non solo contraccezione" ovvero quando i metodi contraccettivi sono al servizio di una migliore qualità della vita perché la terapia ormonale è anche una potente arma nelle mani della ginecologia per trattare i comuni sintomi di stai patologici e disfunzionali delle donne. Il convegno si terrà presso l'Hotel San Marco di Pontetaro dalle 8.30 alle 18, ed è aperto alla cittadinanza.
Le iniziative di Open Week sono coordinate da Gabriella Raise, con la collaborazione di Patrizia Lai, della struttura semplice dipartimentale Governo clinico, gestione del rischio, qualità e accreditamento diretta da Giovanna Campaniello.
Al momento della prenotazione telefonica (al numero 0521.702568) verranno forniti ulteriori dettagli dell'iniziativa.
Il Maggiore è stato premiato con tre "Bollini Rosa", il massimo premio a cui può aspirare un'azienda sanitaria. Il numero di Bollini Rosa viene assegnato sulla base di tre criteri valutativi: presenza di servizi nell'ambito delle specialità di maggior rilevo clinico ed epidemiologico per la popolazione femminile; appropriatezza del percorso diagnostico-terapeutico, in relazione alle esigenze e alle caratteristiche psico-fisiche della donna; presenza di servizi per l'accoglienza della paziente e per la tutela della sua dignità. Referenti aziendali del progetto "Bollini Rosa" sono Giovanna Campaniello, responsabile del Governo clinico, gestione del rischio e coordinamento qualità e accreditamento e Gabriella Raise, dirigente medico del Governo clinico.
Fonte: Azienda ospedaliero-universitaria di Parma
lI potere curativo nascosto dello zucchero. I medici stanno sperimentando un modo in cui lo zucchero può giovare alla salute: può aiutare a guarire le ferite resistenti agli antibiotici. Il trattamento con lo zucchero può funzionare su ferite che affliggono non solo le persone, ma gli animali domestici
Da bambino cresciuto in povertà negli altopiani orientali dello Zimbabwe, Moses Murandu quando cadeva e si tagliava era abituato ad avere il sale letteralmente massaggiato sulle sue ferite. Nei giorni fortunati, però, suo padre aveva abbastanza soldi per comprare qualcosa che faceva prurire il ragazzo molto meno del sale: lo zucchero.
Murandu ha sempre notato che lo zucchero sembrava aiutare a guarire le ferite più rapidamente dell'altro trattamento. Così fu sorpreso quando, nel 1997 assunto come infermiere al National Health System (NHS), il sistema sanitario nazionale in vigore nel Regno Unito, scoprì che lo zucchero non veniva usato in alcuna veste ufficiale.
Decise di provare a cambiarlo. Ora, l'idea di Murandu è finalmente presa sul serio. Docente senior in infermieristica per adulti presso l'Università di Wolverhampton, Murandu ha completato un primo studio pilota incentrato sulle applicazioni dello zucchero nella guarigione delle ferite e ha vinto un premio dal Journal of Wound Care nel marzo 2018 per il suo lavoro. In alcune parti del mondo, questa procedura potrebbe essere fondamentale perché le persone non possono permettersi gli antibiotici. Ma c'è anche interesse nel Regno Unito, dal momento che una volta che una ferita è stata infettata, a volte non risponde agli antibiotici . Per curare una ferita con lo zucchero, tutto quello che fai, dice Murandu, è versare lo zucchero sulla ferita e applicare una benda sulla parte superiore. I granuli assorbono l'umidità che consente ai batteri di prosperare. Senza i batteri, la ferita guarisce più rapidamente.
La conferma di questi benefici curativi sono stati trovati nei test di Murandu in laboratorio. E una crescente raccolta di risultati di studi da tutto il mondo ha supportato le scoperte di Murandu, inclusi esempi di trattamenti con lo zucchero efficaci su ferite resistenti agli antibiotici. Anche con queste conferme, però Murandu affronta una dura battaglia. Il finanziamento per ulteriori ricerche lo avrebbe aiutato a raggiungere il suo obiettivo finale: convincere il NHS a utilizzare lo zucchero come alternativa agli antibiotici. Ma la maggior parte della ricerca medica è finanziata dalle società farmaceutiche. E queste aziende, sottolinea, hanno poco da guadagnare dal pagare per la ricerca in qualcosa che non possono brevettare. Lo zucchero che Murandu usa è il tipo semplice e granulato che potresti usare per addolcire il tuo tè. Nelle stesse prove in vitro, ha scoperto che non vi era alcuna differenza tra l'uso di zucchero di canna o di barbabietola. Il campione per il test, ha dimostrato che ceppi di batteri sono cresciuti a basse concentrazioni di zucchero ma sono stati completamente inibiti in concentrazioni più elevate. Murandu ha iniziato a registrare i risultati dello studio in Zimbabwe, Botswana e Lesotho (dove si è formato per la prima volta in infermieristica).
Tra di loro è inserito lo studio su una donna che vive ad Harare. "Il piede della donna era stato misurato, pronto per essere amputato, quando mio nipote mi ha chiamato", dice Murandu. "Aveva avuto una ferita terribile per cinque anni e il medico voleva amputare. Le ho detto di lavare la ferita, applicare lo zucchero, lasciarlo e ripetere."La donna ha ancora una gamba." Questo, dice, è un esempio del perché c'è così tanto interesse nei suoi metodi, in particolare da parti del mondo in cui le persone non possono permettersi antibiotici. In totale, Murandu ha effettuato studi clinici su 41 pazienti nel Regno Unito. Non ha ancora pubblicato i risultati del processo, ma li ha presentati a conferenze nazionali e internazionali. Una domanda a cui doveva rispondere durante la sua ricerca era se lo zucchero potesse essere usato su pazienti diabetici, che comunemente hanno ulcere alle gambe e ai piedi. I diabetici devono controllare il livello di glucosio nel loro sangue, quindi questo non è un metodo di guarigione evidente da usare su di loro. Ma ha scoperto che ha funzionato per i diabetici senza far salire i loro livelli di glucosio. "Lo zucchero è saccarosio: è necessario l'enzima sucrasi per convertirlo in glucosio", afferma. Come si trova sucrase nel corpo, è solo quando lo zucchero viene assorbito che viene convertito. Applicarlo all'esterno della ferita non lo influenzerà allo stesso modo.
Mentre Murandu continua la sua ricerca sui pazienti umani, il veterinario americano Maureen McMichael usa da anni questo metodo di guarigione sugli animali. McMichael, che lavora presso l'Università di Illinois Veterinary Teaching Hospital, ha iniziato a utilizzare lo zucchero e miele negli animali domestici nel 2002. Ha detto che era una combinazione della semplicità del metodo e del basso costo che l'attraeva, specialmente per i proprietari di animali domestici chi non poteva permettersi i soliti metodi di portare l'animale all'ospedale e usare la sedazione. McMichael dice che mantengono sia lo zucchero che il miele nella loro chirurgia e spesso lo usano su cani e gatti (e occasionalmente su animali da fattoria). Il miele ha proprietà curative simili allo zucchero ( uno studio lo ha trovato ancora più efficace nell'inibire la crescita batterica), sebbene sia più costoso. Il trattamento con lo zucchero può funzionare su ferite che affliggono non solo le persone, ma gli animali domestici.
"Abbiamo avuto alcuni grandi successi con questo", afferma McMichael. Ha dato un esempio di un cane randagio che era venuto da loro dopo essere stato usato come "esca da pitbull", appeso a un'imbracatura e attaccato da pitbull addestrati per combattere. Il cane arrivò con 40 ferite da morso su ogni arto e fu guarito entro otto settimane.
"Era un randagio quindi non c'erano soldi per lei. L'abbiamo trattata sia con il miele che con lo zucchero e l'ha fatto favolosamente ", dice McMichael. "Ora è completamente guarito."
Oltre ad essere più economico, lo zucchero ha un altro vantaggio: man mano che vengono usati sempre più antibiotici, stiamo diventando resistenti a loro. Nel Regno Unito, la specialista in ingegneria dei tessuti Sheila MacNeil dell'Università di Sheffeld ha studiato come gli zuccheri naturali possano essere utilizzati per stimolare la ricrescita dei vasi sanguigni. La sua ricerca derivava dal suo lavoro sui tumori, quando notò che un particolare piccolo zucchero derivato dalla scissione del DNA (2-desossi-D-ribosio) continuava a spuntare. La squadra di MacNeil ha sperimentato applicando questo zucchero alla membrana che circonda gli embrioni di pollo. Secondo MacNeil, lo zucchero stimolava il doppio del numero di vasi sanguigni di quanto sarebbe cresciuto senza di esso.
Ma naturalmente questi tipi di zuccheri presenti in natura presenti nel nostro corpo, evidenzia Giovanni D'Agata presidente dello "Sportello dei Diritti", sono molto lontani dal tipo di zucchero quotidiano usato da Murandu nei suoi esperimenti.
Il "biglietto dei sogni", dice MacNeil, sarebbe quello di trovare uno zucchero che potesse essere usato in entrambi i modi. Crede che questo sia il prossimo passo che la ricerca dovrebbe intraprendere. Nel frattempo a Wolverhampton, il piano di Murandu è quello di istituire una clinica privata usando il suo metodo con lo zucchero. Spera che un giorno lo zucchero sarà comunemente usato, non solo dal NHS ma anche negli ospedali pubblici in alcuni degli altri paesi in cui ha lavorato. Continua a ricevere e-mail regolari da tutto il mondo, chiedendo il suo consiglio e guida i pazienti da remoto tramite e-mail e messaggi di testo. I suoi clienti lontani gli mandano foto dei loro risultati insieme alla loro gratitudine quando sono guariti.
È un metodo antico e usato in modo non ufficiale da molti poveri nei paesi in via di sviluppo, ma per Murandu è stato solo nel Regno Unito che si è reso conto dell'importanza che lo zucchero potrebbe avere nel mondo della medicina. Lo vede come una fusione delle sue conoscenze locali con le moderne strutture di ricerca in Gran Bretagna.
(1 aprile 2018)
Medici ed esperti Unicef a confronto in un convegno aperto al pubblico nell'Aula Magna di UniMoRe, sabato 7 aprile alle ore 9.30
Fornire tutte le informazioni per comprendere pienamente i benefici delle vaccinazioni, senza nasconderne gli eventuali rischi. Questo l'obiettivo del convegno aperto al pubblico dal titolo "Vaccinarsi, perché?", organizzato dal Comitato Unicef di Reggio Emilia in collaborazione con il Lions Club Regium Lepidi e Cispadana, che si terrà sabato 7 aprile alle ore 9.30 nell'Aula Magna dell'Università degli studi di UniMoRe.
Ospite d'eccezione, il presidente nazionale di Unicef, Giacomo Guerrera, che introdurrà il tema con un intervento dal titolo "Le vaccinazioni come strumento nella lotta alla mortalità infantile". L'organizzazione umanitaria, attiva in Italia dal 1974, è infatti protagonista di una delle più importanti campagne internazionali, "100% Vacciniamoli tutti", finalizzata a debellare la polio e a garantire a milioni di bambini la vaccinazione contro altre malattie prevenibili.
La relazione del dottor Giacomo Magnani, direttore di Struttura Complessa di Malattie Infettive, "I vaccini fanno davvero bene?" aprirà la sequenza degli interventi curati dall'Azienda Usl Irccs di Reggio Emilia, che proseguiranno con il dottor Pietro Ragni, risk manager, che spiegherà "Come percepiamo il problema", con la pediatra Anna Lasagni, che racconterà la sua esperienza con un intervento dal titolo "La mia Africa", e con il dottor Alessandro Volta, direttore del Programma materno infantile che spiegherà "Cosa succede se non si vaccina".
Gli interventi, moderati dalla giornalista Manuela Catellani, saranno preceduti dai saluti della presidente provinciale Unicef Patrizia Campari, del presidente del Lions Club Regium Lepidi e Cispadana Marco Fornaciari, del presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi e del direttore del Presidio ospedaliero provinciale Giorgio Mazzi.
La mattinata si concluderà con la presentazione dei progetti scolastici realizzati dagli studenti di alcune classi dell'Istituto comprensivo "J.F. Kennedy" e delle sezioni metalli, moda e multimediali del Liceo artistico "Gaetano Chierici" di Reggio Emilia dedicati al tema delle vaccinazioni, declinato secondo le diverse discipline artistiche applicate dalla creatività dei ragazzi. Il loro impegno sarà premiato con un contributo per il sostegno delle attività scolastiche.
L'iniziativa ha ottenuto il patrocinio della Provincia di Reggio Emilia, dell'Azienda Usl Irccs di Reggio Emilia e dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Reggio Emilia.
UNICEF NEL MONDO, IN ITALIA E A REGGIO EMILIA
Unicef è un'organizzazione non governativa (ONG), rappresentante di un programma inter-governativo delle Nazioni Unite. Unicef è il più grande acquirente di vaccini nel mondo. Solo nel 2012 ha fornito quasi 2 miliardi di dosi di vaccino e circa 500 milioni di siringhe, oltre a garantire il trasporto e la conservazione dei vaccini, e la formazione degli operatori sanitari.
Il Comitato per l'Unicef in Italia nasce ufficialmente nel 1974. In quarantaquattro di attività, Unicef Italia è divenuta una delle principali organizzazioni del Terzo Settore, con una struttura professionale articolata e una rete di migliaia di volontari che operano in modo capillare sull'intero territorio nazionale.
Il suo contributo al bilancio globale del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, colloca da anni Unicef Italia nella "top ten" dei Comitati nazionali e la sua profonda azione di sensibilizzazione nella società civile e presso le istituzioni fa sì che Unicef sia riconosciuta universalmente per la tutela dei diritti dell'infanzia. Giacomo Guerrera è il presidente di Unicef in Italia.
Il Comitato reggiano di Unicef è attivo da oltre 30 anni ed ha la propria sede in centro storico, in via Campo Samarotto 4/C. Moltissime le iniziative realizzate ogni anno: dalle attività formative e informative nelle scuole, ai laboratori creativi per la realizzazione delle Pigotte, alle azioni di sensibilizzazione e di raccolta fondi per sostenere le campagne di vaccinazione, il parto sicuro in strutture adeguate per le mamme e la salvaguardia dei primi 5 anni di vita dei bambini nei paesi più poveri del mondo.
Sabato 21 e domenica 22 aprile, i volontari Unicef, guidati a Reggio Emilia dalla presidente, Patrizia Campari, saranno nelle principali piazze per la distribuzione delle Orchidee Unicef. I fondi raccolti sono destinati alla campagna "Bambini sperduti" in difesa dei minori stranieri non accompagnati; bambini che arrivano soli in Italia, in fuga da contesti di guerra, povertà e violenza.
Il Comitato reggiano di Unicef parteciperà al Circuito Off di Fotografia europea con una propria esposizione di immagini originali che testimoniano l'attività dell'organizzazione dalla sua nascita fino ai giorni nostri.
Secondo una recente ricerca, il latte formulato a base di soia, assunto per un lungo periodo, potrebbe avere un effetto dannoso sul sistema riproduttivo dei più piccoli, in particolare delle femmine.
E' quanto pubblicato sulla rivista GREEN ME il 14 marzo scorso, riportando i risultati di una ricerca statunitense secondo la quale i neonati che vengono nutriti con formule a base di soia mostrano delle differenze in alcune cellule e tessuti del sistema riproduttivo, probabilmente dovute all'esposizione a composti simili agli estrogeni che sono presenti in questo tipo di latte.
"Lo studio, - come riporta Green Me - finanziato e guidato dal National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS), ha esaminato l'effetto di diverse tipologie di latte sullo sviluppo di tessuti sensibili agli estrogeni e sui livelli ormonali in neonati maschi e femmine.
La ricerca ha preso a campione 282 bambini, di cui 102 alimentati esclusivamente con formula di soia, 110 con latte vaccino e 70 con latte materno. I piccoli partecipanti sono stati monitorati per 28 settimane (nel caso dei maschi) o per 36 (nel caso delle femmine) per valutare l'indice di maturazione (MI) delle cellule epiteliali del tessuto urogenitale; il volume uterino, ovarico e testicolare nonché le mammelle e infine le concentrazioni ormonali.
I risultati hanno mostrato che le principali differenze riscontrate riguardavano le bambine: rispetto a quelle alimentate con latte vaccino, le piccole nutrite con la formula di soia mostravano cambiamenti evolutivi in risposta all'esposizione agli estrogeni. L'IM delle cellule vaginali era più alto e il volume uterino diminuiva più lentamente proprio nelle bambine nutrite con latte formulato di soia.
Questo sarebbe dovuto al fatto che, la proteina di soia, contiene elevate quantità di genisteina, un isoflavone simile all'estrogeno che può alterare il sistema endocrino del corpo e potenzialmente interferire con il normale sviluppo ormonale, sebbene si sappia poco sui suoi effetti relativamente ai bambini.
Lo studio, pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, non ha riscontrato differenze significative tra i bambini maschi alimentati con latte vaccino e quelli alimentati con la formula di soia.
I ricercatori hanno fatto notare che le differenze riscontrate nelle bambine erano comunque piccole e che, almeno al momento, non devono generare particolare allarme."
Doppio tumore all'utero e allo stomaco rimosso da chirurghi generali e ginecologi, nello stesso intervento. Rimosso un tumore alla prostata su un uomo di 68 anni che aveva anche un'ernia jatale ora sta bene ed è stato dimesso.
Modena 12 marzo 2018 - Il polo ospedaliero universitario di Modena si conferma ancora una volta riferimento nazionale per la chirurgia robotica che grazie all'integrazione tra Policlinico e Baggiovara, è destinata a "crescere" per casistica e complessità di casi trattati, con particolare attenzione anche all'attività in multiequipe.
Alcuni giorni fa, ad esempio, l'equipe di Chirurgia Generale, d'Urgenza e Nuove Tecnologie – guidata dalla dottoressa Micaela Piccoli - e quella chirurgica di Ginecologia – guidata dal dottor Carlo Alboni - hanno rimosso, durante lo stesso intervento, un tumore all'utero ed un tumore dello stomaco, su una paziente di 66 anni, che sta bene ed è in via di dimissione. La settimana scorsa, è stata la volta di un'alleanza ancora tra Chirurghi generali e questa volta gli Urologi – guidati dal prof. Giampaolo Bianchi - per rimuovere un tumore maligno della prostata e correggere un'importante ernia jatale su un uomo di 68 anni che sta bene ed è stato dimesso. L'attività anestesiologica è stata assicurata dalla Struttura di Anestesia e Rianimazione del Civile diretta dalla dottoressa Elisabetta Bertellini. Da non dimenticare il supporto del personale infermieristico del blocco operatorio.
I vantaggi offerti dal Robot "Da Vinci", come la mininvasività, l'ingrandimento del campo operatorio e la precisione dei movimenti assicurano minori complicanze, ed un più favorevole e rapido decorso post-operatorio. Il robot si muove agevolmente attorno al paziente consentendo una chirurgia multi equipe che riesce ad affrontare, grazie anche alla notevole esperienza acquisita da tutto il personale infermieristico, tutti e quattro i quadranti dell'addome.
"Nel caso del tumore dello stomaco – ha aggiunto la dottoressa Micaela Piccoli – la chirurgia robotica ci ha permesso di eseguire un intervento di gastrectomia subtotale, per via mini-invasiva, con grandi benefici nel postoperatorio per la paziente, soprattutto in termini di più rapida ripresa dell'alimentazione e ritorno alla sua normale vita relazionale. Si tratta non solo di un intervento demolitivo, ma anche ricostruttivo, in genere eseguito, nella maggior parte dei Centri chirurgici italiani, solo per via aperta. La robotica facilita l'approccio mini-invasivo, superando molte delle difficoltà tecniche legate ad un'ampia linfadenectomia e alle suture anastomotiche. L'intervento associato ad un'altra procedura complessa ginecologica ha evitato due interventi successivi che sarebbero stati necessariamente ravvicinati".
"La paziente con il tumore dell'endometrio, cioè del corpo dell'utero – spiega il dottor Carlo Alboni - aveva un quadro complesso di gestione di altre co-patologie fra le quali l'aumentato peso corporeo che in alcuni casi controindica la tecnica mini-invasiva per le difficoltà di gestione della respirazione controllata dalle macchine durante la laparoscopia classica. Il robot da Vinci ci ha permesso di eseguire l'intervento senza taglio sull'addome e questo ha ridotto notevolmente i tempi chirurgici, il rischio di infezione e la perdita ematica producendo sin dalla sala operatoria un enorme vantaggio clinico per la paziente".
La possibilità di trattamento multidisciplinare è stato determinato da un perfetto coordinamento nella fase preparatoria dei percorsi diagnostici e di inquadramento clinico delle patologie gastrica ed uterina che ritengo abbia offerto davvero un risultato di reale approccio mini-invasivo alla patologia producendo un basso impatto psicofisico sulla integrità della paziente parallelamente ad un corretto trattamento chirurgico.
Altro esempio di multidisciplinarietà è stato il trattamento di una voluminosa ernia Jatale in un paziente di 68aa affetto da tumore maligno della prostata. L'ernia jatale è una patologia piuttosto diffusa e consiste nello spostamento di parte dello stomaco nel torace attraverso un foro del diaframma (muscolo che nel corpo umano divide il torace dall'addome) che prende il nome di iato diaframmatico. L'operazione chirurgica riporta la parte di stomaco fuoriuscita nella sua sede originaria (addome), ricostruendo con dei punti lo iato diaframmatico. Un tempo la riparazione poteva essere eseguita solo in chirurgia aperta; oggi il gold standard è la chirurgia mini-invasiva: laparoscopica o robotica (quando presente), meno traumatiche, che permettono un veloce decorso post operatorio per il paziente, diminuiscono il rischio di infezioni e accelerano i tempi di guarigione.
"La prostatectomia radicale – ha spiegato il prof. Giampaolo Bianchi - è un intervento che nel nostro centro viene eseguito quasi esclusivamente con tecnica robotica. Tale approccio chirurgico permette notevoli vantaggi: minore incontinenza e maggiore tasso di ripresa della funzione erettile. All'inizio solo i pazienti con carcinoma prostatico intracapsulare ricevevano l'indicazione alla chirurgia robotica, ma ora anche i casi avanzati beneficiano di questa tecnica. In tutti pazienti infatti si riscontrano notevoli vantaggi. La degenza postoperatoria è di 3 giorni".
Il robot migliora la continenza a distanza di un mese dalla rimozione del catetere vescicale nell' 80% dei casi e a un anno nel 97 %. La ripresa della funzione erettile avviene globalmente nel 63% dei pazienti, ma raggiunge una percentuale vicino all'80 nei pazienti sotto i 65 anni.
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