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Raggiunto un accordo-quadro per la storica azienda di San Martino: ai lavoratori la possibilità di trasferirsi o, al termine della cassa integrazione, la mobilità incentivata -

 

Reggio Emilia, 24 marzo 2014 -

Dopo alcuni giorni di trattative, iniziate dopo l'incontro di giovedì scorso in Provincia a cui ha partecipato anche il vicepresidente Pierluigi Saccardi, si è conclusa con un accordo-quadro la sorte dello stabilimento di San Martino in Rio della Pozzoni Spa, ex Capriolo Venturini, i cui lavoratori sono in cassa integrazione dal dicembre scorso.

Purtroppo, sono venute a mancare le condizioni minimali per proseguire l'attività produttiva, a seguito delle scelte aziendali del gruppo Pozzoni di razionalizzare la propria rete, accorpando le lavorazioni della sede reggiana a quelle di Bergamo. Il trasferimento delle macchine e delle lavorazioni, oramai inevitabile, avverrà nell'arco dei prossimi mesi, fino a conclusione del periodo di cassa integrazione previsto per il prossimo dicembre.

L'accordo prevede la possibilità, per i lavoratori interessati, di trasferirsi volontariamente nella nuova sede di Bergamo, alle medesime condizioni contrattuali praticate nello stabilimento di San Martino. Per coloro che non sono disponibili a seguire l'attività produttiva a Bergamo, al termine del periodo di cassa integrazione potrà essere attivata la mobilità incentivata.

"Di fronte alle scelte condivise tra azienda e lavoratori non possiamo che fare un passo indietro, anche se nell'incontro di giovedì scorso, insieme al sindaco di San Martino in Rio, abbiamo tentato tutte le strade possibili per scongiurare la chiusura dello stabilimento della ex Capriolo Venturini - afferma il vicepresidente della Provincia di Reggio Emilia, Pierluigi Saccardi – Si tratta infatti di un’azienda storica del tessuto produttivo reggiano, che perde così un altro pezzo, proprio in un comprensorio già colpito da altre situazioni aziendali difficili. Ci auguriamo che questo vero e proprio stillicidio veda presto la fine per poter rilanciare, a fronte di attività forse non più sostenibili dal punto di vista imprenditoriale, un nuovo assetto produttivo che non solo recuperi i posti di lavoro persi, ma favorisca l'inserimento di nuove leve generazionali, con qualità e competenze rinnovate, indispensabili per il futuro della nostra economia".


(fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

 

Domenica, 23 Marzo 2014 11:08

Per FIPE buone le iniziative di Renzi

 


«Ad una prima impressione, le misure di Governo anticipate dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, vanno nella giusta direzione, con coraggiosi interventi finalizzati a rilanciare l’Italia». È questo il commento del presidente Fipe-Confcommercio, Lino Stoppani.

 

Roma, Marzo 2014 - 


«In particolare – prosegue Stoppani – vanno apprezzati gli interventi sul lavoro, come l’abolizione della causale per i contratti a termine fino a 36 mesi e lo snellimento burocratico sull’apprendistato. Si tratta di provvedimenti che portano a una maggiore flessibilità del lavoro, favorendo nuove assunzioni. Inoltre, relativamente agli interventi fiscali sulla revisione delle aliquote Irpef per i redditi più bassi ci conforta la posizione del presidente Renzi che ha collegato nuove entrate per le famiglie al rilancio dei consumi anche nel settore dei pubblici esercizi. Sentire affermazioni del capo di Governo del tipo “Voglio che un padre possa dare 20 euro in più al figlio magari solo per andare a mangiare una pizza” trasferiscono immediatamente l’obiettivo principale della manovra, che è quello di rilanciare i consumi e costituiscono un segnale di grande attenzione e consolazione anche per le imprese del nostro comparto».

(Fonte FIPE)

Domenica, 23 Marzo 2014 09:30

Consumi alimentari, sempre più low cost.

  

Prevale l’aspetto edonistico per il pesce rispetto alle caratteristiche nutrizionali. Analizzando dati degli acquisti rilevati dal panel famiglie Ismea GFK-Eurisko, si evince poi un deciso taglio nel segmento del fresco  

di Virgilio - Parma, 23 marzo 2014. 

Il perdurare della crisi economica incide sempre più profondamente sugli stili e comportamenti d’acquisto delle famiglie italiane anche nel settore alimentare.

L’ultima conferma arriva dalla analisi effettuata da ISMEA GFK-EURISKO nella quale si evince un deciso taglio agli acquisti di pesce fresco. “Tra le mura domestiche - sottolinea l’Istituto d’indagine ISMEA - il consumo di pesce fresco e trasformato è calato nei primi undici mesi del 2013 del 3,5% in quantità su base annua, in un contesto che vede il consumo ittico pro-capite scendere in Italia sotto la soglia dei 20 kg/annui, per la prima volta dall'inizio del nuovo millennio. Ma a far riflettere, oltre alla riduzione quantitativa, è la significativa flessione della spesa corrispettiva (-13,2% nel periodo in esame) che ben incarna il crescente orientamento degli italiani verso modelli di consumo low cost.”

L’indagine inoltre indica come lo scenario dei consumi ittici sul canale extra domestico sia legato prevalentemente a occasioni di festa e al tempo libero privilegiando il consumo in ristoranti specializzati e più frequentemente nella stagione estiva. A dimostrazione di un atteggiamento più orientato alla soddisfazione del palato piuttosto che a un consumo qualitativo  più ampio. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

Pubblicato in Agroalimentare Emilia

 

Male fatturato e investimenti. Persiste la crisi dei consumi: servizi alla persona mai così giù. Govoni: "Ora attendiamo gli effetti del pacchetto Renzi" -

Bologna, 14 marzo 2014 -

Ancora brutte notizie per l'economia regionale. L'andamento congiunturale del terzo trimestre 2013 è decisamente negativo: ancora giù, per il terzo trimestre consecutivo, fatturato ed investimenti.
E' quanto emerge dall'analisi dei bilanci di 5.040 micro e piccole imprese effettuata da Istat per l'Osservatorio congiunturale TrendER, realizzato da CNA Emilia Romagna e dalla Federazione Banche di Credito Cooperativo dell'Emilia Romagna.
Dati economici più che preoccupanti, che presentano un ulteriore indebolimento rispetto al 2012: il fatturato registra un dato tendenziale pari a – 4,1%, mentre crollano gli investimenti con il -38,1%.
L'unico segnale positivo viene dal fatturato estero che registra un valore tendenziale del +28,5%, non sufficiente, tuttavia, a compensare il crollo della domanda interna.
Tra i settori, le costruzioni evidenziano una lieve inversione di tendenza. Pur rimanendo su un dato tendenziale negativo (-3%) registrano, infatti, un andamento congiunturale con un piccolo recupero, passando da un numero indice di 75,2 a 82,2.
In ripresa il settore del legno che, dopo 5 trimestri negativi, segna un aumento tendenziale del fatturato pari al +4,5%.
Permane il quadro di estrema difficoltà del settore tessile che, da otto trimestri, registra un fatturato negativo e che, riportando un -12,2% nel terzo trimestre 2013, tocca il punto più basso dal 2008.
Cattive notizie anche per il settore alimentare che segna un dato tendenziale negativo per il fatturato pari al -19,2%, reso appena meno preoccupante solo dal dato congiunturale in leggera ripresa.
Ma il settore che sta pagando gli effetti più duri della crisi dei consumi è quello dei servizi alla persona, che da tre trimestri riporta dati negativi, toccando il valore più basso dal 2008. "Vedremo nelle prossime settimane – commenta Paolo Govoni, Presidente di CNA Emilia Romagna – se anche i dati di fine 2013 confermeranno questa tendenza o se si registreranno quei timidi segnali di ripresa di cui si parla".
Al momento, per l'artigianato e la micro-piccola impresa, in questi dati, c'è la conferma di una particolare pesantezza della crisi, che deriva soprattutto dalla scarsa domanda interna. Infatti, lo stesso segnale positivo registrato dall'export, pur molto importante in sé, riguarda un numero limitato di aziende, e non riesce, assolutamente, ad attutire gli effetti del calo del fatturato interno.
"Ecco perché – prosegue Govoni – sono urgenti politiche anticicliche che mettano velocemente in circuito risorse in grado di spingere fatturato ed investimenti. All'intervento sullo sblocco dei debiti della PA debbono essere associati interventi di riduzione della pressione fiscale, per ridare fiducia nel futuro e rimettere in moto un meccanismo di produzione e distribuzione delle risorse a beneficio delle imprese e dei cittadini. Ora attendiamo che il complesso di provvedimenti annunciato dal Presidente del Consiglio, trovi effettiva applicazione, per favorire la ripresa, lo sviluppo ed il lavoro, affrontando, altresì, la giungla burocratica, la riduzione della spesa improduttiva e l'evasione fiscale".

(Fonte: ufficio stampa CNA Regionale)

 

Nei primi due mesi del 2014 in regione hanno già chiuso 937 attività al dettaglio e 648 ricettive e di ristorazione -

 

Bologna, 13 marzo 2014 -

 

Non si ferma la tendenza negativa per le piccole, medie e imprese in Emilia Romagna. La nostra regione non viene risparmiata dalla crisi, anche se in maniera più contenuta rispetto ad altre zone d’Italia.

Nel primo bimestre del 2014, secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, solo nel settore della distribuzione al dettaglio, hanno già chiuso i battenti nella nostra regione ben 937 negozi, mentre continuano ad essere  ridotte le nuove aperture di attività (244) con un saldo negativo di -693.

Non differiscono di molto i dati relativi agli intermediari del commercio; nel gennaio e febbraio 2014 hanno chiuso i battenti 669 attività, mentre se ne sono iscritti 313 per un saldo di - 356.

Per quanto riguarda invece le imprese ricettive e di ristorazione, hanno chiuso 648 attività, se ne sono iscritte 171, per un saldo complessivo di -477.

 

 “Ormai ci sentiamo considerati come il pastore della favola di Esopo che gridava al lupo al lupo - spiega il  presidente Confesercenti Emilia Romagna Roberto Manzoni – in realtà la situazione è realmente ormai oltre il limite sopportabile e la continua diminuzione di attività significa una vera sconfitta per tutto il mondo politico e un impoverimento per l’intero tessuto sociale che in alcune zone delle nostre città significherebbe desertificazione. E’ anche la sconfitta della creatività e della capacità imprenditoriale dei nostri concittadini, da sempre in prima fila per la capacità di innovare e di creare impresa.”

 

 “L’emergenza la sottolineiamo da diversa tempo – sostiene Stefano Bollettinari, direttore Confesercenti Emilia Romagna – ma fino ad ora siamo stati purtroppo inascoltati. Il trend negativo che l’Osservatorio ha registrato è il segnale che i mesi sono passati e poco o nulla è stato fatto. Speriamo che questo nuovo Governo abbia in calendario come priorità politica il rilancio delle piccole e medie imprese, senza le quali l’intero nostro Paese non potrà vedere una ripresa economica; in ogni caso i provvedimenti annunciati ieri, pur con alcuni limiti, vanno nella direzione giusta nel tentativo di rilanciare consumi e occupazione, riducendo nel contempo la spesa pubblica.”

 

 

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(Fonte: L’Ufficio stampa Confesercenti Regionale Emilia Romagna)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dato peggiore degli ultimi 40 anni sia a livello locale, regionale che nazionale. L'Associazione: "Mercato interno ancora in profonda crisi. La ripresa della domanda è indispensabile e fondamentale per far ripartire il territorio e l'Italia" -

 

Modena, 13 marzo 2014 -

"Un anno di crisi feroce il 2013, l'ennesimo. Con un calo del Pil e, soprattutto, dei consumi peggiore del previsto – sostiene Confesercenti Modena - Un'eredità pesante, che nei primi due mesi del 2014 ha portato ad una vera e propria emorragia di imprese nei settori del Commercio, del Turismo e dell'Intermediazione. Secondo le rilevazioni dell'Osservatorio di Confesercenti, il primo bimestre dell'anno, i settori citati hanno registrato a livello nazionale complessivamente oltre 29.000 cessazioni, con un saldo negativo di oltre 17.000 imprese. Numeri che significano sul totale delle imprese registrate un -2,0% in soli due mesi. Dati che peggiorano in ambito emiliano-romagnolo, dove le chiusure sono state oltre 2.500 per un saldo negativo di 1.700 pari ad un -2.3% (sempre sul totale delle imprese registrate). Ma ancor di più se guardiamo al solo territorio modenese, città e provincia: ammontano infatti a 373 le imprese che hanno cessato l'attività, per un saldo negativo finale di 240 unità che corrisponde al -2,4% sul totale di quelle registrate".

"Particolarmente preoccupante poi – continua l'Associazione - il dato relativo alle nuove aperture che nelle categorie esaminate sono state appena 11.400 a livello nazionale, 880 a livello regionale e 134 a livello provinciale: dal nazionale, al locale si tratta del dato più basso, per quanto riguarda il primo bimestre, degli ultimi 40 anni. A chiudere, secondo le analisi dell'Osservatorio, sono state soprattutto donne e imprenditori over 50; mentre ad avviare nuove attività con maggior frequenza, i giovani e gli stranieri. Dopo l'ennesimo Natale fiacco, molti imprenditori hanno ritenuto di non affrontare l'anno, con il suo carico di spese ed adempimenti fiscali, optando invece per la chiusura. Anche perché il mercato interno è ancora in una fase acuta di crisi e di conseguenza la riduzione di consumi non accenna ad arrestarsi. Il fortissimo numero di cessazioni di imprese attive nell'intermediazione commerciale – 103 in provincia di Modena, 670 in Regione e 5.800 a livello nazionale - ci segnalano inoltre l'immobilità della domanda in tutti i settori, dalla compravendita di case a quella di auto e beni commerciali".

Dal rapporto negativo rilevato dall'Osservatorio Confesercenti, tra aperture e chiusure registrato nei primi due mesi dell'anno, non si salva nemmeno il commercio su area pubblica. Il settore dei commercianti cosidetti 'ambulanti', che fino ad oggi aveva mostrato un andamento anticiclico, segna questa volta sul territorio modenese un saldo negativo di ben 20 imprese; di 124 in regione e di 529 a livello nazionale. A raggiungere il peggior risultato, fra i comparti esaminati, è però il commercio al dettaglio in sede fissa extra alimentare: a Modena e provincia solo 35 le aperture a fronte di 157 chiusure, con un saldo negativo di ben 122 imprese, che a livello regionale diventano 693 ed a livello nazionale ben 9.385. La nostra provincia, per quanto riguarda il saldo delle imprese di commercio al dettaglio, si colloca con il suo -1,4% al di sotto della media regionale che registra un – 1,2%, ed ancor di più della media nazionale che si attesta ad un -1,0%.

Modena e provincia registrano dati appena migliori seppur negativi per il commercio al minuto alimentare che segna un saldo pari al – 0,5%, quando in regione si registra un – 1,0% e a livello nazionale un -0,6%. Discorso analogo anche nel settore modenese dei pubblici esercizi e turismo che con il suo -0,1% si colloca al di sopra della media regionale (- 0,7%) e nazionale (-0,4%). Leggermente meglio della media regionale anche l'intermediazione: – 1,2% Modena, contro il -1,4% regionale, ma peggio della media nazionale: - 0,8%.

"La recessione della domanda – evidenzia Confesercenti – non va assolutamente sottovalutata. Il mercato interno italiano è il decimo al mondo per dimensioni e costituisce un asset fondamentale della nostra economia contribuendo a formare l'80% del PIL, del quale poi il 60% è costituito dalla componente spesa delle famiglie. Con l'Informativa del Consiglio dei Ministri presentata dal Premier Renzi si annunciano provvedimenti che vanno nella giusta direzione: tagli energici alla spesa pubblica e risorse che vengono dirottate a sostenere i redditi più bassi. Riteniamo che queste misure possano andare nella direzione di sostegno al mercato interno. Restano però penalizzati i redditi più bassi degli imprenditori e dei lavoratori autonomi che vengono ingiustamente esclusi dai provvedimenti di riduzione del cuneo fiscale. Riteniamo poi che la prevista riduzione del 10% dell'IRAP sia un provvedimento ancora insufficiente per ridurre in maniera sensibile il carico fiscale sulle imprese. Sarà comunque necessaria valutare nel merito i provvedimenti, una volta pubblicati, per fornire un giudizio più articolato". tiene a precisare concludendo Confesercenti.

 

(Fonte: ufficio stampa Confesercenti Modena)

 

Crescono le imprese nella ristorazione, stabili quelle ricettive, leggero calo nel settore del commercio -

Parma, 8 marzo 2014 -

Secondo Ufficio studi Confesercenti Emilia Romagna su dati Unioncamere Emilia-Romagna nella nostra regione a subire meno gli effetti della crisi sono le imprese di ristorazione (+195 rispetto al 2012); risultano pressochè stabili quelle del settore ricettivo (+10 rispetto al 2012), mentre registrano un leggero calo quelle del  commercio al dettaglio, passando da 18.499 del 2012 a 18.242 nel 2013 (-207 nel 2013), ma restando comunque le imprese in cui la imprenditoria femminile è più numerosa.

Ma le imprese rosa guardano ben più lontano, ricorda Paola Morselli responsabile del settore imprenditoria femminile della Confesercenti E.R. che sottolinea come: “i dati di Unioncamere dimostrano come le imprese femminili sanno affrontare la crisi con tenacia e creatività. La loro capacità di guardare anche oltreconfine e di prendere in considerazione anche la ecososteniblità del loro operare, ha fatto sì che venga conferito dalla Camera di Commercio il premio “Donne e terre in movimento verso il mondo” destinato a imprenditrici bolognesi che siano espressione della qualità del Made in Italy, o che operino nel campo delle produzioni biologiche, o che siano particolarmente attente alla eticità e alla ecosostenibilità dei prodotti. Le donne possono essere in tal senso un volano fondamentale per la ripresa economica dell’intero nostro paese.

 

Provincia

G 47

Commercio al dettaglio
(escluso quello di autoveicoli …)

(I 55) Alloggio

(I 56)

Attività dei servizi di ristorazione

BOLOGNA 

3.550

133

1.391

FERRARA 

1.651

61

688

FORLI' - CESENA 

1.799

177

778

MODENA 

2.672

69

925

PARMA 

1.762

71

737

PIACENZA 

1.350

41

631

RAVENNA 

1.732

160

732

REGGIO EMILIA 

1.877

41

737

RIMINI 

2.056

704

722

EMILIA - ROMAGNA

18.449

1.457

7.341

 

 

ANNO 2013 - CONSISTENZA DELLE IMPRESE FEMMINILI ATTIVE NEI SETTORI DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO, DELLA RISTORAZIONE E  DELL’ATTIVITA’ TURISTICA RICETTIVA SECONDO LA PROVINCIA 

 

PROVINCIA

Commercio al dettaglio

G47

Alloggio

I55

Attività dei servizi di ristorazione  I56

BOLOGNA             

3.563

138

1.425

FERRARA             

1.645

61

705

FORLI' - CESENA     

1.763

177

783

MODENA              

2.620

66

942

PARMA               

1.726

68

765

PIACENZA            

1.306

38

644

RAVENNA             

1.725

173

762

REGGIO EMILIA       

1.829

36

764

RIMINI              

2.065

710

746

EMILIA - ROMAGNA

18.242

1.467

7.536

 

ANNO 2012 - CONSISTENZA DELLE IMPRESE FEMMINILI ATTIVE NEI SETTORI DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO, DELLA RISTORAZIONE E  DELL’ATTIVITA’ TURISTICA RICETTIVA SECONDO LA PROVINCIA 

Provincia

Commercio al dettaglio
G47

Alloggio

I55

Attività dei servizi di ristorazione I56

BOLOGNA 

3.550

133

1.391

FERRARA 

1.651

61

688

FORLI' - CESENA 

1.799

177

778

MODENA 

2.672

69

925

PARMA 

1.762

71

737

PIACENZA 

1.350

41

631

RAVENNA 

1.732

160

732

REGGIO EMILIA 

1.877

41

737

RIMINI 

2.056

704

722

EMILIA - ROMAGNA

18.449

1.457

7.341

 

Fonte: Ufficio studi Confesercenti Emilia Romagna su dati UNIONCAMERE Emilia-Romagna

 

 (Fonte: ufficio stampa Confesercenti Emilia Romagna)

 

 

La crisi Ucraina si fa sentire anche sui mercati delle materie prime perla produzione di pane, birra e mangimi.

Roma,  marzo 2014 

Il prezzo mondiale del grano è schizzato ai massimo da inizio anno, ma a salire sono anche le quotazioni di orzo e mais per effetto delle tensioni in Ucraina che è considerata il granaio d’Europa e si classifica tra i paesi leader nelle esportazioni a livello internazionale. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che evidenzia come gli effetti della crisi in Ucraina si sono fatti sentire, oltre che sulla borse, anche sul mercato delle materie prime agricole per la produzione di pane, birra ed anche mangimi per l’allevamento, come dimostra l’andamento delle quotazioni al Chicago Board of trade di grano,e mais . A preoccupare è la situazione sul Mar Nero per gli effetti che potrebbe avere sulle spedizioni navali a  breve termine, ma nel lungo periodo le attuali tensioni rischiano – sottolinea la Coldiretti - di far saltare la creazione in Russia, Ucraina e Kazakistan del Comitato cerealicolo del Mar Nero con l’obiettivo di aumentare la quota di questi Paesi nell'esportazione mondiale dei cereali dall’attuale 20 per cento al 30 per cento, grazie non solo a un nuovo istituto di coordinamento, d'informazione che segue la situazione al mercato di cereali, ma anche una struttura logistica più moderna e più competitiva. Le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime agricole sono sempre piu’ condizionate dalle situazioni economiche e sociali internazionali sulle quali si innestano facilmente le speculazioni che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle materie prime come grano, mais e soia. Garantire la stabilità dei prezzi in un mercato a domanda rigida come quello alimentare è un obiettivo di interesse pubblico che - continua la Coldiretti - va sostenuto con l’introduzione di interventi di mercato innovativi a livello comunitario, ma anche con investimenti a livello nazionale per  sostenere le strutture impegnate a stabilizzare il mercato. In Ucraina nel 2013 - conclude la Coldiretti - sono stati raccolte 63 milioni di tonnellate di cereali, il 36,3% in più rispetto all’anno precedente. In particolare, la terra ucraina ha prodotto 22,27 milioni di tonnellate di grano (+41,3%), 7,56 di orzo (+9%) e 30,9 di granoturco (+47,4%). Sono invece scese le quantità raccolte di miglio (102.000 tonnellate, -35,2%), avena (467.200 tonnellate, -25,8%), grano saraceno (179.000 tonnellate, -25%), riso (145.100 tonnellate, -9,2%) e segale (637.700 tonnellate, -5,8%). Inoltre, sono diminuite le barbabietole da zucchero (10,75 milioni di tonnellate, -41,7%) e sono aumentati i semi di girasole (11,04 milioni di tonnellate). (Coldiretti)

 

 

La spesa alimentare delle famiglie italiane nel 2013 per effetto dell’ulteriore calo del 3,1 per cento ha raggiunto il minimo dall’inizio della crisi con un taglio di 15,2 miliardi rispetto al 2007. 

Roma, marzo 2014 - E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base di dati Istat dalla quale si evidenzia che i consumi delle famiglie italiane per alimentari e bevande a valori concatenati sono stati pari a 114,3 miliardi rispetto ai 129,5 miliardi del 2007 quando è iniziata l’inversione di tendenza negativa. L’andamento della spesa riflette – sottolinea la Coldiretti - un calo nelle quantità di alimenti acquistati ma anche la tendenza a privilegiare prodotti low cost a basso prezzo che sono gli unici a fare registrare un aumento (+1,6 per cento) nel commercio al dettaglio nel 2013 Con la crisi si dice addio al negozio di fiducia e quasi la metà  degli italiani (47 per cento) si reca in diversi esercizi commerciali per acquistare il prodotto che cerca dove costa meno, magari aiutati da internet e volantini sui quali è guerra nel pubblicizzare offerte speciali e sconti, secondo una Indagine Coldiretti/Ixe’. Con il 71 per cento dei consumatori che dichiara di confrontare con piu’ attenzione rispetto al passato i prezzi, gli italiani - sottolinea la Coldiretti - sono costretti a trasformarsi in veri detective della spesa: il 62 per cento va a caccia delle offerte speciali 3 per 2 e degli sconti e il 42 per cento cerca sempre e comunque i prodotti che costano meno. Mai come nel passato - sottolinea la Coldiretti - fare la spesa è diventata una sfida alla ricerca della maggiore convenienza che richiede fatica e tempo, portando gli italiani a fare la spola tra diversi negozi per risparmiare. Da segnalare l’aumento del 67 per cento gli acquisti degli italiani nei mercati degli agricoltori, i cosiddetti farmers market, in netta controtendenza con l’andamento negativo dei consumi alimentari. (Fonte Coldiretti)

 

Dopo la crisi nulla sarà più come prima. Le imprese per svilupparsi dovranno aumentare l’efficienza produttiva e accedere prevalentemente ai nuovi mercati finanziari.  Le banche hanno già dato e non si potrà più contare su di loro in via privilegiata.

di LGC

Parma 27 Gennaio 2014 ----

“La crisi perfetta” come  è stata etichettata da Andrea Zanlari - presidente di CCIAA di Parma - farà ancora nuova selezione e, dopo la tempesta, nulla sarà come prima. Questo in sintesi quanto emerso dal convegno di ieri "Nuove opportunità di finanziamento per le PMI"  promosso da Fondazione Monte Parma in collaborazione con CCIAA di Parma, Borsa Italiana e Prometeia.

Meglio prendere coscienza della situazione e attrezzarsi per “progettare il futuro” come  sottolineato da Roberto Delsignore - presidente della Fondazione Monte Parma. Nel ringraziare i relatori intervenuti ai quali passerà parola, Delsignore rimarca gli obiettivi della Fondazione e si auspica che “con la loro competenza ritengo sapranno fornire linee di indirizzo essenziali, sollecitare riflessioni e formulare proposte concrete  per affrontare un periodo in cui è necessario invertire la tendenza negativa, iniziare un nuovo ciclo di crescita e ritrovare fiducia per progettare il futuro”. 

Tendenza negativa che ha investito fortemente anche la città ducale come ben illustrato dal presidente camerale Andrea Zanlari. “E’ una situazione in cui Parma non è mai stata quella di   avere un calo di produzione, un calo degli ordini e un calo di fatturato” in contemporanea. Una situazione complessa che vede coinvolgere nella crisi locale anche la GDO e l’alimentare che sono stati i capisaldi della nostra economia. “Cosa più preoccupante - conclude Zanlari - il calo del PIL procapite ” che da 28.900€ è crollato a 24,800 circa. Una sensibile minore disponibilità economica delle famiglie che si aggraverà ancor più nel prossimo futuro considerando i 12.000 cassintegrati provinciali che, peraltro, non sono conteggiati nel calcolo del tasso di disoccupazione provinciale arrivato al 7,8%.

Congiuntura Industria gde

Ma se Parma piange il resto d’Italia non ride. Dello scenario macro economico se ne è occupato Giuseppe Lusignani - vice presidente Prometeia - il quale ha posto una pietra miliare: non si tornerà più come prima e soprattutto gli strumenti finanziari non saranno più gli stessi.

“Il gap che abbiamo accumulato in questi sei anni  (8 punti di PIL) di crisi non lo recuperiamo” e probabilmente solo per il 2020 si ritornerà ai livelli del 2007.  Ma per il PIL procapite dovremo attendere ancora oltre, “Bisogna quindi pensare a tempi lunghi”.

Tra i grandi cambiamenti a cui le imprese dovranno adattarsi il principale sta nell’accesso al credito.  L’ampia e documentata illustrazione del  professor Lusignani, non lascia scampo a interpretazioni diverse: le Banche, non solo in Italia ma in tutta Europa, hanno esagerato nel concedere credito innescando quindi la crisi datata tra il 2007 e il 2008. Per questa ragione non ci si può attendere una riapertura di linee credito come le imprese erano abituate.

Stando ai dati illustrati,  dei circa 60 miliardi necessari a sostenere lo sviluppo delle imprese, solo 25, massimo 30 potranno essere messi a disposizione dal sistema bancario.   Il resto dovrà arrivare dal miglioramento dell’efficienza produttiva delle imprese e dai mercati finanziari, Borsa in primis.

In breve sintesi la ripresa di un ciclo economico virtuoso va innescata puntando sulle aziende ad alta efficienza. Dallo studio Promoteia in Emilia Romagna, le aziende che registrano indicatori d’eccellenza (ad esempio ebitda 7%) sarebbero 214 delle quali 26 collocate a Parma. E’ da queste che bisogna partire per la ripresa e considerando  orizzonti temporali di lungo periodo. Dello stesso avviso è Alessandra Franzosi di Borsa Italiana la quale, dopo un’ampia illustrazione dei nuovi mercati non regolamentati destinati alle PMI messi a disposizione da Borsa Italiana, auspica la creazione di una “Comunità di investitori istituzionali di lungo termine, domestici e di capitali pazienti che sappiano  e si  irrobustiscano nell’investire nel sistema paese in modo diverso da quello che è stato fatto sinora attraverso la sottoscrizione del debito pubblico ma  attraverso quelle che sono le necessità delle imprese.” 

In conclusione la ripresa economica va costruita sia attraverso l’accesso ai nuovi mercati finanziari non regolamentati (ExtraMot), sia attraverso percorsi di formazione specifica a questi strumenti (progetto ELITE) ma anche seguendo un percorso endogeno di miglioramento dell’efficienza aziendale che consentirà alle imprese di troverà più facilmente partner “pazienti” in grado di accompagnarne la crescita e il valore. 

Pubblicato in Economia Emilia
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