La crisi Ucraina apre il sipario del teatrino europeo e dimostra al mondo intero la disunione sempre più marcata. L'Italia deve impedire che in Ucraina si commetta lo stesso errore commesso in Libia.
di Lamberto Colla - Parma, 15 febbraio 2015 -
Quanto accaduto in Ucraina affonda in radici profonde sin dalla riunificazione delle due germanie e forse ancor prima, alla metà degli anni '50. L'apertura alla riunificazione della Germania da parte dell'URSS, guidata all'epoca da Gorbaciov, si reggeva anche e soprattutto sulla clausola, "non scritta" ma sostanziale, che l'europa e la NATO non sarebbero avanzate di un centimetro verso la Russia.
Invece, prima una poi l'altra, diverse regioni dell'ex Unione Sovietica vennero attratte dalle lusinghe delle "Sirenette" europee.
Grandi concessioni economiche e privilegi vari furono messi a disposizione dei poveri Paesi dell'est per indurli a abbandonare le coperture della Russia e passare oltre cortina richiamati dalla prosperità e dalla democrazia occidentale.
Uno specchietto per allodole creato appositamente per allargare il mercato dell'UE e contestualmente per ridurre l'ingerenza politico militare della Russia sui Paesi di confine. Poco poté contrastare la Russia, in quel periodo stretta come era nella lotta alla povertà da un lato e alla riorganizzazione politico amministrativa dall'altro, e ancora molto lontana dalla valenza economica conquistata sotto l'era Putin.
La goccia che fece traboccare il vaso di Putin fu la Crimea, regione Russa da sempre, che solo per ragioni amministrative interne, a seguito di in un processo di decentralizzazione dei poteri avviato dal leader sovietico Nikita Chruščëv nel 1954, venne sottoposta al controllo della "provincia" Ucraina. Un processo interno come avvenne in Italia quando si costituirono le Regioni e a loro venne trasferito anche il potere legislativo, seppure limitato al settore agricolo.
Tant'è che sarà ben difficile trovare un nativo della Crimea dichiarare di non sentirsi Russo. L'errore di Mosca fu di non riportare quella regione sotto il controllo centrale d'orgine storica e etnica appena prima dello scioglimento dell'URSS non immaginando, forse, che sarebbe potuto accadere quanto invece è successo.
Oggi, a quasi 25 anni di distanza, l'Unione Europea ma soprattutto il Patto Atlantico è alle porte della Russia e la cosa non può far dormire sonni tranquilli al leader Vladimir Putin il quale, come ultima ratio, ha deciso l'uso della forza a difesa dei connazionali e dei confini nazionali. Non che si giustifichi, con questa affermazione, l'azione di Putin ma, se la corda si è strappata, l'UE e gli Stati Uniti sono altrettanto responsabili quanto la Russia per il conflitto civile che si è scatenato in quella regione dell'est.
Proprio per questa ragione, l'Unione Europea avrebbe dovuto intervenire per spegnere le fiamme sul nascere invece di buttare altro liquido infiammabile. Unita avrebbe dovuto dialogare con Putin prima e con la nuova leadership ucraina per negoziare una pace duratura. Già se l'Europa fosse unita e invece, come ormai siamo abituati a vedere, l'UE è di pochi legati come burattini agli USA. Obama chiama e Francia, Germania e Inghilterra rispondono. Ma questa volta hanno di fronte una rinnovata superpotenza, militare come la era prima del muro di Berlino ma anche economica e piegarla sarà ben difficile.
Forse meglio sarebbe stato coinvolgere Putin nella lotta al terrorismo internazionale e alle minacce dell'ISIS piuttosto che sfidarlo in casa propria.
L'Europa avrebbe dovuto alzare la testa e porsi come interlocutore unico e autorevole.
Invece è riuscita a perdere l'occasione per dimostrare che da "Je suis Charlie" qualcosa avesse imparato e che realmente un processo di cambiamento si sarebbe avviato nel vecchio continente.
Quel bel ritratto dei capi di Stato accoccolati attorno al "ferito" Hollande è servito solo a fare rialzare la popolarità del presidente francese, decaduta per sue colpe di natura politica e di natura personale.
Un ritratto che, alla luce dei fatti odierni, appare ancor più patetico e falso; l'ennesimo simbolo di demagogia sulla quale stanno proliferando le politiche europee.
E per non smentire il teorema ecco che, a discutere la ripacificazione prendono l'iniziativa Francia e Germania dimenticandosi a casa nientemeno che l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, quella Federica Mogherini che ricopre l'incarico da poco più di due mesi e lo manterrà per i prossimi 5.
Tanto era contenta la Merkel di andare a Minsk che ha persino fatto concessioni alla Grecia giusto per far capire quanto gliene freghi del popolo ellenico. L'importante è non cacciar moneta e prendersi i meriti.
Si sta riproponendo lo stesso errore commesso in Libia.
Allora furono Francia e Regno Unito a partire con i bombardamenti oggi Francia e Germania a spadroneggiare la situazione al soldo di Obama ma le conseguenze negative verranno equamente ripartite tra i soci di minoranza della "UE spa".
Questa volta, a differenza della crisi libica, l'Italia bene farebbe a imporsi soprattutto alla luce del fatto che l'Europa è definitivamente consumata.
Val la pena di rialzare la cresta e far valere la forza della ragione invece della ragione della forza e il veto all'ingresso dell'Ucraina in UE sarebbe il primo passo per riportare l'attenzione sulle questione prettamente politiche.
E, dopo la fase ostruzionistica, aprire un confronto aperto ma duro sul fronte dei confini terrestri e del mediterraneo e sulla sicurezza del continente e in questo la Mogherini dovrebbe fare valere il proprio ruolo internazionale per stimolare una rinnovata politica internazionale dell'Unione.
Altrimenti tutti a casa propria come era un tempo e... chi ha più filo fa più tela!.