Di Francesca Dallatana Parma, 26 maggio 2024 - Ricami di ieri, sul calendario quotidiano. Memoria attiva di un passato culturale e personale. Che ritorna alla superficie del presente, spettinato e tenace come una distesa di steli d’erba nonostante la coltre di cose da fare.
La narrazione del percorso di inter-azione tra Pannabahen Lad e l’Italia ha il ritmo della pace.
Sguardo diritto. Una casacca colorata, elegante e di ispirazione indiana, di colori fini ma decisi, indossata su pantaloni comodi per rendere agili gli spostamenti sui trasporti pubblici e il lavoro con i bambini. Una catenina essenziale intorno al collo, movimenti morbidi e misurati. Un fiume dalla forza tranquilla, che scorre lungo il percorso di integrazione vissuto a Parma, Italia.
Studiare a Gujarat, in India, è stato un bel viaggio. Non lo ha dimenticato. La letteratura indiana, il rapporto con il parola e la narrazione dei fatti della vita rappresentano ancora oggi un forte elemento identitario per Pannabahen Lad. E’ un trigger potente e capace di riaprire lo scenario di un sé profondo. Pannabahen Lad è Presidente dell’associazione Sejuti, orientata alla diffusione e alla valorizzazione della cultura indiana, organizzazione socio-culturale e protagonista della vita cittadina. A dimostrazione di quanto sia presente l’India nell’agenda dell’intervistata.
L’India è vicina. Vive fuori e dentro la comunità familiare di Pannabahen Lad.
“Mi dispiace non fare il lavoro per il quale ho studiato. In Italia ho trovato un’occupazione per aiutare la famiglia.” Babysitter per sostenere il bilancio familiare, Pannabahen Lad tiene a rimarcare che “lavorare con i bambini è bellissimo. In India avrei potuto lavorare come insegnante di letteratura indiana. In Italia, ho avuto la fortuna di trovare un lavoro interessante e di relazione. Ho visto crescere i due bambini che seguo e, con loro, ho vissuto e vivo i momenti felici e i momenti del broncio. Quando ho cominciato questo lavoro, la tata precedente se ne era andata. E la bambina più grande non l’aveva presa bene. Ho dovuto avvicinarmi a lei con tatto e intelligenza. Ai bambini ci si avvicina con attenzione delicata e dobbiamo prestare loro una cura rispettosa.”
L’insegnamento dedicato ai bambini potrebbe essere la professione che coniuga l’esperienza formativa di Gujarat a quella professionale italiana. “Mia figlia maggiore, quella nata in India, mi ha indicato corsi interessanti organizzati dall’Università di Parma. Questa potrebbe un’idea per il futuro. Mi piacerebbe molto lavorare con i bambini e riprendere i contenuti della valigia culturale che porto con me.”
Mi piace lavorare: lo dice con gli occhi. Dare un senso al lavoro: è una ricerca continua. La memoria di un background culturale radicato nel profondo colora di sé le relazioni sociali. Fra le mura domestiche, con la famiglia. E fuori, attraverso l’organizzazione delle attività dell’associazione Sejuti.
A casa, l’India è di casa. “Facciamo disegni con i colori a polvere, in una parte dell’appartamento. Io non riesco a fare tutti i disegni. Ma ritagliamo il tempo, dedichiamo uno spazio per comporre graficamente, per colorare. Faccio il disegno del Dio più importante: Ganesh. L’ho fatto e lo faccio da tempo. Io non ho mai forzato le mie figlie alle tradizioni del Paese di origine. Ma la più grande lo ha voluto fare, il disegno di Ganesh. Da due anni. Lei parla gujarati, benissimo. E la figlia più piccola, invece, lo sta imparando. Prende gli appunti per la spesa in gujarati e mi chiede di correggere la scrittura. Manteniamo vive le tradizioni, le nostre feste di riferimento: il compleanno di Krishna, il compleanno di Rama, la Festa delle Luci.”
La lingua, i colori dell’India, la religione, riferimenti importanti per la comunità familiare di Pannabahen Lad.
“La religione è un riferimento personale. L’attaccamento alla religione da parte delle mie figlie è profondo. Ed è stato un avvicinamento spontaneo. In India ci sono diverse religioni di riferimento. Quando le mie figlie hanno cominciato la scuola hanno preso parte alle lezioni dedicate alla religione. Io le ho sostenute. Perché è importante entrare in sintonia con il sentire profondo di un Paese.”, fa notare l’intervistata.
La religione di appartenenza personale: l’induismo. E le religioni: uno strumento per entrare in risonanza empatica con la comunità che accoglie. “La religione, le religioni: la scuola rappresenta un laboratorio di osservazione molto importante e interessante. I gruppi di studenti sono portatori di esperienze culturali e di tradizioni diverse. Una delle mia figlie ha festeggiato il Ramadan con i suoi compagni di classe, insieme a una studentessa di origine marocchina, se non mi sbaglio, di religione musulmana. Hanno digiunato. Poi si sono riuniti per l’Iftar (il pasto serale consumato dai musulmani che interrompe il digiuno del mese del Ramadan, ndr). Non è stata una forzatura, ma una scelta loro, presa fra compagni di classe. Noi, in famiglia, festeggiamo anche il Natale. Facciamo l’albero di Natale. E’ un modo per mantenere la sintonia con il Paese che ci ha accolto e ci accoglie.” La memoria attiva dell’India non sbiadisce. Ed è stata trasferita, quasi per induzione, dai genitori alle figlie. “Una di loro, quella che è nata in Italia e che è cittadina italiana, coniuga l’abbigliamento indiano agli abiti italiani. Una casacca blu indossata sui pantaloni occidentali è d’impatto. Tant’è che l’ho fotografata l’altro giorno e ho mandato la fotografia a una mia familiare. L’India è entrata sempre di più nella vita e nella mente della mia figlia minore. Quando andiamo in India, noi viaggiamo molto e viviamo il Paese come mai avevo fatto prima. La frequentazione e la conoscenza del Paese ha avvicinato molto le mie figlie alla terra di origine e alla mia storia di persona migrante.” E la partecipazione alle feste di riferimento delle altre religioni rafforza importanza e orgoglio di appartenenza al Paese di origine e all’Italia. “Una parte di me è indiana ed è rimasta indiana. Ma sono anche italiana. Io vivo qui. Abbiamo fatto domanda di cittadinanza italiana, mio marito ed io. Anche se io volevo rimanere indiana, non volevo perdere quel riferimento importante. Poi abbiamo fatto domanda insieme. Per le mie figlie è e sarà importante ottenerla. Perché vorranno proseguire gli studi. Una di loro ha il progetto di proseguire gli studi all’estero. E, una volta finito il liceo, anche la minore deciderà dove studiare.”
Il futuro prevede un ritorno della famiglia in India?
“Saremo pendolari. Andremo e torneremo. L’ho detto: io sono rimasta indiana. Molte persone indiane vivono in altri Paesi e quando tornano in India sono irriconoscibili, quasi estranei alla nostra cultura. Di me le persone dicono: tu sei rimasta quella che eri. Io sono molto bene integrata in Italia. Ma ho avuto cura della mia parte indiana. Due appartenenze che fanno di me la Pannabahen di oggi. Questa sono io: Pannà. E, comunque, faremo i pendolari tra l’Italia e l’India perché dovremo aiutare le nostre figlie nelle loro sfide professionali, dovremo sostenerle. E supportarle nell’organizzazione delle loro vita quotidiana.”
Una famiglia trasferita da un continente all’altro, ormai italiana. Il lavoro, la lingua, la socialità: un percorso articolato. “Sono arrivata nel 2004, dopo il matrimonio con mio marito. Lui lavorava già in Italia quando ci hanno presentato. E’ ritornato per conoscermi. Poi, è ritornato in India per il matrimonio. Ci siamo sposati ed è ritornato in Italia. L’ho raggiunto quando la nostra figlia maggiore era già nata. Da noi, ci si sposa e ci si conosce in modo diverso rispetto ai fidanzamenti italiani. Ora le cose stanno cambiando anche in India. Nel mio caso, conoscenza e fidanzamento e matrimonio sono stati molto veloci. I figli uniscono molto. Per i figli i matrimoni diventano più saldi. Spesso è così.”
L’arrivo, le sfide. “La lingua è stata la prima sfida. Non ho seguito corsi tradizionali. Ma ho studiato, passo passo. Ho mantenuto relazioni con le persone italiane in lingua italiana. E’ la cosa più importante. Ricordo sempre alle donne indiane, che vivono in famiglia senza relazioni esterne, quanto sia importante mantenere contatti con gli italiani. Anche se non è così facile. La socialità in Italia è diversa rispetto a quella indiana. Nel nostro condominio noi conosciamo gli altri inquilini, ma sono relazioni essenziali. E’ importante, però, non ritirarsi fra le mura della propria comunità di origine. L’integrazione è importante e piacevole. Nessuna difficoltà, quando il mio italiano era imperfetto. Nessuno ha mai riso di me. Le difficoltà più grandi le ho avute all’ospedale in occasione della nascita della mia seconda figlia. Ero qui da poco tempo e facevo ancora fatica. Non bisogna avere paura; è importante coltivare le relazioni.”
Una traccia profonda dell’India, per Pannabahen Lad? La Presidente dell’associazione Sejuti, cita la scrittrice indiana Chitra Banerjee Divakaruni e il suo libro dal titolo “La maga delle spezie”. Fiaba o storia di migrazione, cronaca di un lungo viaggio dall’India fino alla California e di un perenne ritorno della memoria fino alle origini. Un esercizio di memoria attiva. Laboratorio di rispetto e di orgoglio di appartenenza.
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(Link rubrica: lavoro migrante ” https://www.gazzettadellemilia.it/component/search/?searchword=lavoro%20migrante&ordering=newest&searchphrase=exact&limit=30 )