Di Francesca Dallatana Parma, 4 febbraio 2024 -
Una scacchiera, davanti a sé.
Gli scacchi sono allineati: l’inizio della partita. In vista ottica, come la costa italiana e quella albanese in un giorno di cielo terso inondato di sole.
In mezzo, un mare amico. Oggi.
E’ lo stesso Adriatico che Shpendi Ndreu ha attraversato fino all’attracco italiano. Dentro una scatola di fiammiferi in balìa del mare.
Anni Novanta. Boat-people e navi mercantili provenienti dall’Albania riempivano le prime pagine dei quotidiani nazionali, in Italia. Sciami di persone mettevano piede sulla terraferma. Di giorno e di notte. Brindisi e Bari erano i porti principali di arrivo.
Millenovecentonovantuno: crolla il regime comunista condotto da Ramiz Alia, successore di Enver Hoxha. Dopo anni di sofferenza sociale ed economica, ondate di migrazioni si trasformano in esodo.
“Sei marzo millenovecentonovantuno”. Scandisce la data di arrivo in un fiato, Shpendi Ndreu. Imprenditore italiano e parmigiano di adozione, albanese di Fier, città a ottanta chilometri da Tirana. Dove studiava Economia. Aveva poco più di vent’anni.
Il giorno del suo arrivo sulla costa pugliese non è un dettaglio. E’ il ricordo che simbolicamente rappresenta il movimento a vuoto del direttore d’orchestra che precede l’attacco: l’inizio del concerto.
E’ la prima pagina di un’esperienza di lavoro. Che diventa storia di impresa. Avviata a Parma, nel settore di tradizionale vocazione del territorio: la lavorazione della carne di maiale: comparto del prosciutto.
“Ero giovane. Volevo lavorare e fare. Esplorare e dimostrare a me stesso le mie capacità, le mie potenzialità. Dopo i primi sei mesi di permanenza in Puglia sono stato trasferito a Parma. Ad Arola, per la precisione, nei locali di una scuola. Imparare la lingua è stato il mio primo obiettivo: capire e farmi capire. Dopo alcuni mesi ho ricevuto il documento che mi ha permesso di cominciare la ricerca del lavoro. Io sono venuto in Italia per migliorare la mia condizione di vita”: ritorna indietro al primo periodo parmense l’imprenditore Ndreu. Una pagina alla volta.
Langhirano e dintorni: va a caccia di lavoro a piedi, si presenta direttamente in fabbrica. Faceva così chi voleva lavorare subito. Internet ancora non aveva messo in rete il mondo dell’impresa. Il passaparola e la relazione diretta erano un mezzo immediato per comunicare la propria disponibilità.
“Torna domani. Ci vediamo fra quindici giorni. Alcuni mi dicevano. Ma io volevo lavorare subito. Per me era un’esigenza personale profonda. Mi sono fermato dove mi hanno dato il lavoro. Era un magazzino di formaggi. Facevo la spazzolatura. L’ho fatto per un anno. Non è stato facile. Il lavoro è faticoso. Per me era importante cominciare, mettermi alla prova, raggiungere l’autonomia.” Appoggia gli occhiali sul tavolo di cristallo, a sottolineare un passaggio tra due fasi della vita.
Un anno di lavoro in un comparto a vocazione tradizionale nella provincia di Parma al quale è seguita un’altra esperienza. Di nuovo, in produzione. “E’ arrivata una proposta da un prosciuttificio. Dove ho acquisito altre competenze: le diverse fasi della lavorazione delle carni. Operazioni di tipo artigianale da fare con cura. Ho lavorato come operaio. Con attenzione e responsabilità.”
E’ importante conoscere la fatica del lavoro per condurre un’azienda? E per organizzare il lavoro delle altre persone? “Sì, lo è. I lavoratori sono la forza, l’essenza dell’azienda. Questa è una piccola sala riunioni. Ci sono poche sedie intorno a questo tavolo. Più di una volta, qui, ci ritroviamo in tanti. E’ importante parlare con i collaboratori, che sono colleghi. Ascoltare, rispondere alle richieste, spiegare le cose. Lo sa bene chi lavora. Lo sa chi ha fatto fatica. Le persone che lavorano devono essere valorizzate a partire dall’attenzione e dall’ascolto. Dedico molto tempo a parlare con le persone della mia azienda. Se si conosce il lavoro si è credibili.
Impresa artigianale: la definisce così, la sua organizzazione. Che conta più di cento lavoratori, impegnati in stabilimenti in diverse Regioni italiane: Emilia Romagna, Toscana, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia.
L’azienda l’ha chiamata Lira, come lo strumento musicale, come il nome di sua moglie. E costituisce la trasformazione dell’impresa unipersonale Shpendi Ndreu, attività produttiva autonoma datata 1998. E nata grazie al proprio impegno e alla relazione costruita tra l’operaio Ndreu e la prima azienda presso la quale ha prestato la sua opera di artigiano. In ventiquattro anni, Lira è diventata una grande azienda. E’ cambiata. Si è radicata sul territorio locale e nazionale. E’ diventata un’impresa dove dialogano diverse culture, dove si parlano lingue diverse.
Quali sono i criteri di assunzione? “La serietà dimostrata. La fiducia reciproca. Siamo nel duemilaventiquattro: il passa parola è ancora il mezzo che mi consente di entrare in contatto con candidati e candidate. Oggi come quando ho cominciato a lavorare in Italia. Le chiamiamo referenze, adesso. Una parola diversa per dire la stessa cosa. Il Ciac di Parma (organizzazione che si occupa di accoglienza rivolta a persona titolari di protezione internazionale, ndr) mi ha mandato diverse candidature. Alcune di queste persone lavorano ancora qui. Lavoratori di diversa provenienza. Da tempo collaboriamo attivamente.”
Da dove vengono i lavoratori? “Da molti Paesi del mondo: Moldavia, Serbia, Marocco, Nigeria, Pakistan, Mali, Ghana, India, Albania. I lavoratori sono il mio biglietto da visita. I lavoratori sono l’azienda.” Lo ripete. Un mantra dal quale trae l’ispirazione quotidiana.
Quali sono le difficoltà maggiori per un lavoratore straniero? “La lingua, prima di tutto. La forza di molti lavoratori provenienti dagli altri Paesi è la volontà. I lavoratori migranti sono lavoratori. Come quelli italiani. Stessi punti di forza e di debolezza. Non tutti hanno lo stesso orgoglio del lavoro. La motivazione personale fa la differenza.”
L’azienda prevede una progressione professionale? “E’ una delle prime domande che mi sono posto, quando ho creato l’azienda Lira. Partendo da me stesso. Dalla mia esperienza. A chi dimostra cura, professionalità e dedizione al lavoro propongo di diventare capo squadra: significa assumersi la responsabilità di un gruppo di lavoro e degli obiettivi da raggiungere. Nello stabilimento di Udine a gestire la produzione è un lavoratore ghanese: coordina trenta persone. Dopo una significativa collaborazione all’interno dell’azienda, il passaggio successivo è diventare socio dell’impresa. Un altro lavoratore ha iniziato il suo percorso quando era molto giovane e ora è diventato socio. Glielo ho proposto. Lo ha meritato. Quindi partecipa agli utili.” Ma anche alla responsabilità civile e sociale dell’impresa. “Confermo. Importante il confronto e la condivisione degli obiettivi e delle modalità di gestione. Mi sono sempre impegnato ad essere un “buon padre di famiglia” all’interno del mio gruppo di lavoro. Ci tengo a garantire la possibilità di miglioramento, equità e dignità retributiva. Tutti i lavoratori sono assunti a Parma, anche se lavorano in altre città. Perché nel nostro territorio il contratto collettivo di lavoro ha minimi retributivi migliori rispetto a quelli del contratto collettivo nazionale”
Nel corso della sua esperienza professionale Shpendi Ndreu si è assunto la responsabilità sociale di programmazione e di coordinamento anche per la Cna (Confederazione Nazionale Artigianato, ndr) di Parma, per la quale ha ricoperto il ruolo di Presidente di Cna Agroalimentare, dal 2020 al 2022. Quindi, ha promosso l’avvio di Cna World Albania di Parma, trasformatasi in Cna Parma per l’Imprenditoria straniera, della quale è Presidente. Nel 2024, candidato per il Premio Sant’Ilario del Comune di Parma. Lira è tra i partner dell’associazione albanese Scanderbeg di Parma. Ha contribuito a sostenere iniziative e manifestazioni sportive a supporto dell’integrazione delle persone provenienti da altri Paesi.
L’azienda si è radicata e dialoga con la società italiana in modo attivo. A distanza di trent’anni dall’arrivo, che cosa rimane della relazione con l’Albania? “A me basta poco. Mi basta lavorare e vivere. Come volevo fare. E come ho fatto. Sono nato e cresciuto in un campo di concentramento. Il Paese era chiuso. Non c’erano possibilità per le persone. Si studiava fino alle scuole medie superiori con la prospettiva di lavorare la terra. Senza possibilità di riscatto sociale. Una fatica che non portava da nessuna parte.” Un ricordo vivo. E il racconto cambia ritmo. “Non ho dimenticato le condizioni di vita dalle quali me ne sono andato. Non ho dimenticato l’Albania. Per questo motivo ho voluto sostenere la riqualificazione e il rilancio di una scuola pubblica a Peshkopi. Si trova in montagna verso il confine di terra, dalla parte della Macedonia del nord. Lontano dall’apertura di quel mare che consente di volare lontano con lo sguardo. L’istruzione è lo strumento principale del riscatto sociale. La prima sfida con se stessi comincia da qui. Investire nell’istruzione è fondamentale per la società.”
Che cosa manca dell’Albania a Shpendi Ndreu? “La Storia. Le città storiche. Apollonia: il Parco archeologico di Apollonia. Non è lontano da Fier, da dove vengo io. In Albania ci sono luoghi storici di grande importanza e di rara forza emotiva. Noi veniamo da lontano. Quella Storia siamo noi. ”
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(Link rubrica: lavoro migrante ” https://www.gazzettadellemilia.it/component/search/?searchword=lavoro%20migrante&ordering=newest&searchphrase=exact&limit=30