Martedì, 22 Febbraio 2022 09:37

Empatia. In evidenza

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Una parola molto grossa, molto spesso dimenticata.

Di Giorgio Militano Parma, 22 febbraio 2022 - In un mondo nel quale veniamo educati a girarci dall’altra parte quando vediamo un senzatetto per la strada, in un mondo nel quale non siamo interessati a tutto ciò che non ci tocca direttamente, dov’è finita la nostra empatia?

L’uomo come “animale razionale”, così lo definiva Aristotele: ma se l’uomo fosse l’unico vero “animale empatico”?

Certo, ogni animale protegge i propri cuccioli e lotta per il proprio branco, ma questa non è empatia, è autoconservazione.

L’uomo è un animale empatico: piange i propri morti, aiuta i suoi simili e protegge i propri cari o almeno così dovrebbe fare: suona un po’ utopistico, vero? Quasi distopico… ma perché?

Perché la descrizione di quello che dovrebbe essere un comportamento semplicemente umano, ci risulta così lontana dalla nostra quotidianità?

Perché l’uomo di umano ha molto poco al giorno d’oggi, perché ha perso la sua umanità, ha perso la sua empatia.

Esperienza di vita.

Questo è ciò che cerchiamo di tramandare ai nostri bambini, che cerchiamo di spiegare ai nostri amici quando siamo chiamati a confortarli o di cui ci vantiamo quando vogliamo fare colpo su qualcuno. Ma dimentichiamo l’aspetto più importante, ciò che rende davvero così preziosa l’esperienza di vita: la possibilità di imparare dagli errori altrui, senza doverli necessariamente fare.

L’esperienza degli altri può essere un’enorme fonte di insegnamento anche per noi e le persone che possono insegnarci di più sono quelle che hanno vissuto di più, d’altra parte quando la società era meno avanzata erano proprio questi individui a deciderne le sorti ed era su di loro che si faceva affidamento in situazioni delicate o insolite, perché erano gli unici che le avevano già vissute, affrontate e superate.

Quasi nessuno si rende conto dei propri errori quando questi non sono frutto di un comportamento ragionato ma di un’abitudine con radici profonde, almeno fino a che non si ferma a riflettere.

Questo è lo scopo di questo articolo: fermiamoci a riflettere.

Prendiamoci questo quarto d’ora e facciamo una cosa molto umana, molto empatica, ascoltiamo: ascoltiamo la storia di Giorgio e per questi dieci minuti frughiamoci dentro tornando ad essere umani, ad essere chi siamo.

Togliamoci la maschera che la società ci ha imposto e indossiamo una volta tanto il nostro vero volto, indossiamo i nostri panni, torniamo a provare empatia, torniamo ad ascoltare, torniamo a vivere a ritmi umani, torniamo ad essere, torniamo ad essere umani.

“Memento audere semper” (ricordati di osare sempre) buttati se vogliamo dirla in modo schietto, questo è il messaggio che Giorgio vuole mandare alle generazioni future.

“Ci sono momenti nella vita nei quali ci si trova davanti ad un bivio: prendi la strada difficile, è quella che ti porterà più soddisfazioni. Buttati e non aspettarti che la caduta sia morbida, ma buttati.”

La vita è troppo breve per essere sprecata, buttati, meglio un rimpianto che un rimorso.

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