Sua Eccellenza Monsignor Enrico Solmi Vescovo di Parma,
approfitto dello spazio di questa rubrica per porgerle una domanda che il suo rifiuto ad un dialogo aperto mi ha impedito di porgerle in privato.
Si è celebrata in Cattedrale la Santa Messa in onore del Patrono della Città, officiata dal Vescovo Monsignor Enrico Solmi. A seguire il discorso del Vescovo, scritto per l'occasione (FOTO di Francesca Bocchia e discorso scaricabile in pdf)
Monsignor Enrico Solmi, vescovo di Parma, per celebrare la prima messa domenicale dopo la ripresa delle funzioni religiose in presenza dei fedeli, ha scelto l'Ospedale Maggiore, luogo simbolo della lotta alla pandemia.
(Foto di Francesca Bocchia)
Il Vescovo di Parma, mons. Solmi, in visita al Piccole Figlie Hospital. Assoluzione generale a malati e personale
Una gradita visita ieri mattina al Piccole Figlie Hospital. Il Vescovo di Parma, mons. Enrico Solmi, ha portato un ramo d’ulivo per dare l’avvio alla Settimana Santa, scegliendo l’ospedale Piccole Figlie come simbolo dei luoghi di cura, in questo periodo in cui le nostre vite sono sconvolte dal morbo del coronavirus. Il Vescovo, attraverso l’impianto audio interno, ha impartito l’assoluzione generale ai malati e al personale dell’ospedale, leggendo un brano del vangelo (Lc 8, 43-48) e poi recitando l’Ave Maria.
Piccole Figlie Hospital ha due reparti di degenze in funzione, uno destinato a pazienti Covid-19 e un altro per pazienti ordinari, per un totale di circa 70 malati, tutti inviati dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Il reparto Covid è completamente isolato dal resto della struttura, con percorso di accesso dedicato.
Ad oggi sono ospitati 31 malati Covid, ma i posti disponibili saliranno a 39 complessivi entro fine settimana. Nella gestione del reparto si alternano dieci medici di varie specialità e giovani medici in corso di specializzazione, sotto la direzione del dr. Giorgio Bordin direttore Sanitario di Piccole Figlie Hospital.
Il personale, dotato di DPI adeguati, è scrupolosamente attento alle misure di protezione evitando la possibilità di contagi.
“L’assoluzione generale – ha detto mons. Solmi – è la possibiltà, per chi lo ritiene, di chiedere il perdono dei propri peccati e avere il sacramento della riconcilazione attraverso questa formula particolarissima che significa che non c’è bisogno di andare dal confessore e dire i propri peccati ma in emergenza possono essere perdonati in questo modo. È un segno di misericordia e vicinanza molto atteso dalle persone in situazione difficile che combattono una battaglia dura. Ci ricorda da un lato che tutti abbiamo bisogno di misericorda e perdono e dall’altro ci ricorda che il Signore è andato in croce per salvarci. È anche un segno di vicinanza a tutto il personale sanitario che esso stesso può fare questo atto, e un segno di solidarietà per chi è qui, ma anche per chi è in casa e patisce dei disagi, affinché tutti assieme possiamo saltarne fuori”.
Si conclude con la celebrazione della santa messa nel Duomo di Parma la giornata dedicata al patrono della città di Parma.
(Foto di Francesca Bocchia)
Il Messaggio del Vescovo di Parma, Monsignor Enrico Solmi, in occasione della festa patronale
PARMA 2020 CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA
La solennità di Sant’Ilario apre “Parma 2020 Capitale italiana della cultura”. Un’iniziativa promossa dal Governo alcuni anni fa e volta a «valorizzare i beni temporali e paesaggistici e a migliorare i servizi rivolti ai turisti»1. La nostra città ha meritatamente raggiunto questo riconoscimento e si appresta a viverlo con molteplici iniziative.
Credo di interpretare il pensiero di tanti nell’affermare la volontà di mostrare «lo straordinario patrimonio umano e artistico»2 di Parma, l’immagine, lo stile di vita proprio della nostra città che, acquisito nel tempo, contribuisce a delinearne lo spessore culturale.
Più che una vetrina o una autocelebrazione, quest’anno rappresenta un’occasione unica per guardare in avanti, poggiandosi sulle spalle di una ricca storia.
UNA PROSPETTIVA PARTICOLARE
Ad emblema consideriamo la Chiesa di San Francesco del Prato, il suo restauro architettonico e il suo recupero al culto.
Lo assumiamo come esempio mettendoci in ascolto delle parole decisive che Francesco d’Assisi udì nella Chiesa diroccata di San Damiano: «Francesco va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina»3. Le coniugheremo con alcune realtà nelle quali si esplicita il significato di “casa”, senza dimenticare la casa in quanto tale. L’abitazione di persone e di intere famiglie, che rimane un problema aperto per la nostra città, come per tante altre.
Portare a termine progetti concreti a tal fine è un indicatore della nostra cultura e responsabilità civica.
Parma è bisognosa di alloggi per situazioni disagiate, non possiamo dimenticare i 239 sfratti attuati nel 2019. Un dato inquietante da valutare con attenzione e da affrontare con proposte attuabili. Altrettanto urgente è la richiesta di case accessibili «per favorire il formarsi di nuove famiglie... Dobbiamo – infatti – riporre fiducia nelle famiglie italiane. Su di esse grava il peso maggiore degli squilibri sociali. Hanno affrontato i momenti più duri, superandoli. Spesso con sacrificio. Fornire sostegno alle famiglie vuol dire fare in modo che possano realizzare i loro progetti di vita. E che i loro valori – il dialogo, il dono di sé, l’aiuto reciproco – si diffondano nell’intera società rafforzandone il senso civico»4. Così ha affermato il Presidente Sergio Mattarella nel discorso di fine anno.
«Francesco va’, ripara la mia casa» rappresenta un’esortazione che riferiamo alla Chiesa di San Francesco del Prato, alla città, “casa di tutti”, al Creato, la casa comune, e alla nostra comunità cristiana.
Riparare è un verbo che parla al futuro. Riconosce infatti che occorre intervenire nel presente per preservare e migliorare qualcosa che si vuole far durare nel tempo. Lo accogliamo, allora, con piacere, con gratitudine ed anche con cosciente responsabilità.
PARLANDO DI “CULTURA”
La nostra è una comunità sempre più composita. La variegata realtà di persone e di mondi che la abitano crediamo guardi con simpatia l’autore del Cantico delle Creature ed accolga, con meno difficoltà di quanto si potrebbe pensare, la Voce che lo ha chiamato a “riparare la casa che è in rovina”.
La connessione tra San Francesco del Prato, la Città, la Chiesa e il Creato, parla di uno stile di vita della nostra collettività e lo riconosce dinamico, componendo la storia che ci ha segnati, con l’oggi nel quale si prospetta la città del futuro5. Una cultura “alta” e insieme spicciola, quotidiana, che fa unità nella definizione di san Giovanni Paolo II: «Ciò per cui l’uomo diventa più uomo»6. Con una simile visione cerchiamo di specificare il significato del termine “cultura”. Lo troviamo in molti casi non lontano dal volto e dalla vita della città e della gente e gravido di sorprendenti e impegnative potenzialità.
“Parma 2020 capitale italiana della cultura” non è soltanto un crescendo di cose belle da vedere o un indotto che aumenta gli introiti, ma può e deve significare e stratificare livelli diversi di benefici, partendo da un rinnovato amore per la città, ponendo alla sua base la creativa armonia di “bello e buono” e di “giusto e vero”.
Parlare di cultura, infatti, significa osservare un poliedro che tutti esperimentano7.
La mente va all’eredità trasmessa dalla storia, dal mondo classico, che ricorre ad un’immagine agricola, cara alla nostra terra: cultura (dal latino colere “coltivare”) come coltivazione dell’uomo nella sua vita interiore, mediante il vero, il bene, il giusto, il bello. Valori assoluti e universali8. Un riferimento che si ripropone oggi nell’educazione, impegnativo dovere tra le generazioni: aiutare a crescere la persona è fare cultura!
La cultura si estende anche al frutto di questa “coltivazione dell’umano” per indicare il patrimonio di verità e di bellezza acquisito ed espresso da una persona, per poi estenderlo, in forma analogica, alla collettività, alla nazione. Si identifica così la cultura, con le sue scuole e i suoi istituti, con la produzione filosofica, letteraria, giuridica, artistica, musicale.
La concezione di cultura si è nel tempo arricchita di significati ulteriori andando ad esprimere la «totalità condivisa degli elaborati e dei comportamenti in tutti i campi di una specifica popolazione»9. Si può cogliere così che alcuni valori e atteggiamenti sono particolarmente rilevanti in una certa cultura e si può identificare, in essa, una gerarchia di valori, proposta e accettata.
Ogni gruppo umano ha e manifesta una sua cultura. Da qui dovrebbe nascere il rispetto verso le molteplici espressioni del vivere, insieme al desiderio di dialogo nell’incontro tra stili di vita diversi, potenziali latori di un contributo significativo per l’altro. In questo senso parliamo di dialogo tra culture, ma anche di cultura del dialogo, intesa come disponibilità permanente ad accogliere i valori altrui e a confrontarsi con essi.
Considerando queste facce del poliedro possiamo legittimamente fare riferimento a quella che si è rivelata nella storia, e nella nostra storia parmense, come cultura cristiana. Essa elabora e attua, sulla fonte del Mistero dell’incarnazione, un percorso per “coltivare l’umano”; si manifesta in un popolo, la Chiesa, capace di innestarsi in ogni realtà con un confronto franco e dialogante; forgia uno stile di vita che si rivela, pure nell’arte, valorizzando tutte le sue espressioni, perché nulla che sia umano è alieno dalla fede nel Cristo, vero Dio e vero uomo, morto e risorto per tutti10. “Parma 2020 capitale italiana della cultura” costituisce un grande impegno. Non può essere quindi soltanto lo scintillio di un momento, né un’operazione di marketing: è per tutti il fermo immagine della nostra storia, per riprendere una proiezione sul futuro, senza l’esclusione di nessuno.
“Parma 2020 capitale italiana della cultura” riserva infatti grandi potenzialità per “riparare” l’intera comunità. Utopia? La cultura, con il suo portato etico, offre un luogo, una casa all’utopia.
«RIPARA LA MIA CASA»:
LA CHIESA DI SAN FRANCESCO DEL PRATO
Vale la pena soffermarsi sul significato simbolico del suo recupero. Un’espressione di fede e di carità, sottratta al culto dall’occupazione napoleonica e trasformata da luogo di raduno del popolo di Dio a luogo di reclusione dei condannati. Rimasta per tanti anni abbandonata e vuota, nel 2020 ritornerà ad essere luogo di culto, aperta ad eventi consoni e importanti, portando in sé la memoria viva di tutto ciò che è stata e di tutti coloro che in essa hanno pregato, sofferto, sperato, vissuto.
“Riparare” la Chiesa di San Francesco del Prato ricollega la città alla sua storia. Alla sua origine romana, alla via Emilia lungo la quale è stata fondata, e alle radici cristiane.
“Riparare” la Chiesa di San Francesco è prelevare da un tesoro di vita per investirlo nel presente e per il futuro. Costituisce un contributo a disegnare un modo di vivere che raccoglie la storia per confrontarsi con l’oggi. Simbolicamente con le periferie esistenziali, qui rappresentate dal carcere, concentrato di dolore, e di rinascita attraverso l’aiuto dei buoni, quali furono la beata Anna Maria Adorni e padre Lino Maupas. (MV 2019)
Ora, nel cantiere che restituisce armonie antiche e inesplorate immagini, nel riaffermarsi come Chiesa casa aperta a tutti, si svela una meraviglia sorprendente, mentre ancora sembrano udirsi volute di preghiere, urla di tribolazione, attese di speranze. Chi vorrà, potrà lasciarsi prendere da questi suoni, misurarsi in se stesso con domande rinnovatrici.
«RIPARA LA MIA CASA»: LA CITTÀ CASA DI TUTTI
Il valore del piccolo
La città è la casa di tutti e chi la ama se ne prende cura. La ripara e la migliora.
I parmigiani sono orgogliosi di vivere nella loro “petìte Capitale”, con l’accento sul sostantivo, giustificato
comunque dall’aggettivo. Al di là del permanente pericolo della vanagloria, si delinea un dato controverso, che crediamo sia da riscoprire: il valore del locale, anche del piccolo.
La geografia di Parma è un insieme di zone storiche (Centro e Oltretorrente) e di periferie che si mescolano con la loro diversificata valenza esistenziale. Se per periferia intendiamo, secondo l’accezione bergogliana, realtà a rischio di scarto e di crisi, le troviamo pure al centro della città. (MV 2018)
Il centro geografico di Parma è fatto di viali storici e di borghi con squarci raccolti che aprono all’incanto da gomiti di strade affacciantesi di colpo su piazze e monumenti.
Per Parma il borgo ha uno spiccato significato e parla del valore del piccolo: dal borgo al mondo! La storia lo testimonia. Tante eccellenze di Parma sono partite da un “borgo” e hanno raggiunto il mondo. Il pozzo della Chiesa di San Michele per fare il pane; la farmacia che confeziona rimedi e farmaci; l’officina che si inventa una pompa idraulica per i camion dismessi dall’esercito americano. Un bambino di campagna – Guido Maria Conforti – che va in una scuola relegata in un borgo, dove in una piccola Chiesa un crocifisso «parea dirgli tante cose» e dalle Colonne di quel borgo il suo sogno scavalca la Grande Muraglia.
Piccolo non è sinonimo di chiuso. Non è di per sé “sovranista”. Può favorire una coscienza profonda e uno slancio mondiale. Costruire nel piccolo, nell’oggi, con pazienza e bene, e formarsi, apre al mondo. Questo vale anche per le nostre realtà locali che, proprio nelle ricchezze che contengono, nella cura del particolare, anche, identitario, accumulano potenzialità universali.
Piccolo è bello perché è “cattolico”, cioè universale.
Il lavoro e il tempo
Risalta nella nostra cultura il valore del lavoro e della creatività legata alle tradizioni.
In questa logica, la Chiesa di Parma offre un’occasione unica, ispirata ad un’idea di cultura che è consapevolezza, memoria e progetto: l’esposizione dei Mesi e delle Stagioni di Benedetto Antelami in Battistero11. Il tema del tempo e del lavoro racchiude in sé l’intera esistenza umana; la cultura contemporanea avverte spesso il tempo che passa come un nemico, e il lavoro come un peso alienante quando c’è, e come un’angoscia quando non c’è. Le sculture dell’Antelami ci offrono una lettura profondamente cristiana che ha ancora voce nella nostra società: i dodici mesi rappresentano persone intente ai lavori agricoli, ma i loro abiti sono nobiliari. Il lavoro non è prospettato come servile, ma è il lavoro redento di chi si sente chiamato a collaborare nel custodire e nel coltivare il Creato, e a riparare, oggi, la “casa comune”. Occasione per una riflessione sul lavoro nella nostra realtà. Ai problemi che pone e alle opportunità che rappresenta. Anche ammirare da vicino le statue antelamiche consente, insieme ad uno sguardo alla cultura della città medievale, di interrogarsi sull’oggi globalizzato12.
Quale cultura del lavoro, nella vita della nostra città, fatta di borghi e di periferie, e di apertura al mondo?
Uno stile di vita a testa alta
Al di là delle controverse classifiche è evidente che qui a Parma c’è più lavoro. Si sta meglio che da altre parti e proprio questa condizione interpella sulla collocazione di Parma nel nostro pianeta. Dal borgo, dalla sua storia, per le sue eccellenze, Parma è città d’Europa (MV 2019) e del mondo.
Come può questa presenza contribuire al bene di tutti? Percorriamo questa domanda dal versante più difficile e chiediamoci: il nostro stile di vita grava su altri? Intendiamo persone e Paesi che non riescono a sollevarsi verso una condizione di vita più umana e giusta perché privati di ricchezze e risorse proprie. Mondo nel quale ritroviamo l’iniquo divario tra Nord e Sud, e dove i sistemi prodotti garantiscono ad alcuni una posizione alta, improntata sul superfluo e addirittura sull’eccesso, e che costringe invece persone, famiglie e Paesi interi, ad una vita più povera. Un sistema spesso favorito dalla piaga della corruzione13 e da forme più o meno esplicite di neocolonialismo.
Se non possiamo dire che la persona “che sta bene”, in quanto tale, ne sia direttamente colpevole, non possiamo neppure negare che sia priva di responsabilità se non si interroga sul suo stile di vita e sulla distribuzione delle ricchezze.
Un esempio ci è dato dal permanere del fenomeno dell’immigrazione che ha in questo squilibrio una delle sue cause. «Aiutiamoli a casa loro» non deve significare un disimpegno o una delega, ma porta a mettere in discussione il nostro modo di vivere.
Oggi viviamo una grande occasione per rivalutare tante cose che abbiamo messo in ombra. Persone che vengono da “fuori” possono offrirci stimoli giusti per facilitare un ripensamento. Non è un caso se sono tra noi. Ma si impone la domanda: faranno in tempo a dirci questo o saranno già imbrigliati da un sistema che li omologa più che creare una relazione costruttiva tra diversità? Con loro può rinnovarsi la nostra cultura.
Un segnale di questo disagio è l’accrescersi della forbice (MV 2009; 2011; 2014; 2015; 2016; 2019) nella qualità della vita tra chi può tanto o tantissimo e chi può meno e sempre meno. Anche oggi a Parma ci sono i poveri14 all’interno dei quali una percentuale è in condizioni materiali, sociali e psicologiche da non reggere una progettualità e pertanto vive nella dipendenza di altri, come gli istituti preposti che non possono non farsene carico, e gli enti solidaristici e caritativi che godono di una particolare, sia pur fragile, forza creativa che necessita di essere sostenuta secondo il principio di sussidiarietà.
In questa logica la proposta della Chiesa per “Parma 2020 capitale italiana della cultura” non può prescindere dalla carità e dalla solidarietà. Sostenendo e valorizzando ogni forma di volontariato e di prossimità finalizzata al sostegno di persone svantaggiate e alla promozione di una cultura dell’integrazione e dello sviluppo.
Parte integrante di questa proposta sono un itinerario nei luoghi della carità; la presentazione del Rapporto Caritas sulla povertà e l’associare alla mostra dei mesi dell’Antelami un’iniziativa solidaristica volta a “riparare” almeno una casa perché sia messa a disposizione di persone che non l’hanno. È possibile riparare la casa partendo dal piccolo, con la stessa creatività che ha portato parmigiani intraprendenti dal borgo a raggiungere l’intero pianeta.
Uno stile più sobrio, che sa scegliere con la testa alta guardando al mondo, favorendo sia una cultura degli “occhi negli occhi” che dello sguardo globale, costituisce una risposta alla portata di ogni persona di buona volontà.
La domanda che può sorreggere questo impegno è semplice: «Perché a me è possibile e ad altri è negato?». L’oggetto è una vita soddisfacente, con possibilità formative, sanitarie e abitative adeguate. Con un lavoro stabile.
Possono svilupparsi le condizioni per una sostenibilità globale. Non richiesta solo agli altri, ma che parte dalla persona, dal suo gruppo. Dal piccolo arrivo al mondo. Parma ce lo insegna.
«RIPARA LA MIA CASA»: IL CREATO, LA “CASA COMUNE”
Il Creato, l’ambiente, è la casa voluta per l’umanità. Deve essere con urgenza riparata perché va veramente in rovina!
Alla grande e doverosa preoccupazione per l’ambiente, va unita l’eguale preoccupazione educativa verso un’ecologia integrale. Lo ricorda l'enciclica Laudato si', sottesa a questo paragrafo.
L’ umanità ha una casa che le è data per tutte le generazioni. La custodia e la coltivazione della terra è vita. È scelta etica il valorizzarla e non il depredarla, è trasmissione e parte essenziale del bene comune che unisce il presente al futuro. È un doveroso atto di giustizia, in particolare verso i Paesi poveri, a rischio più di altri, e verso le generazioni che verranno. I segnali drammatici non possono essere elusi per incoscienza e prepotenza. È possibilità di vita per l’oggi e il domani, senza divenire un assoluto, perché non risponde alle domande intrinseche alla natura umana, non la salva, ma pone le condizioni perché la donna e l’uomo possano interrogarsi e accogliere una Parola a loro rivolta per vivere il bene nella pace. L’ambiente non è Dio, ma è il luogo dove incontrarlo, dove rintracciare le impronte che portano a coglierne l’immagine in ogni persona.
Danneggiare il Creato è offendere Dio e i suoi figli.
Riparare la casa, il Creato, riporta la persona al centro, come chi lo custodisce e lo coltiva, mai dunque come un distruttore. È necessario che la persona, la collettività, si riapproprino della coscienza di sé e del proprio mandato eco-logico15, ricollocandolo davanti alla responsabilità delle loro scelte. La questione eco-logica è questione umana, cioè etica.
La campagna e lo slogan «plastic–free», ad esempio, pone la domanda sull’assenza di un apporto educativo che faccia cogliere il senso del limite.
Il mito dell’usa e getta e di possibilità infinite di consumo è passato indenne in una generazione che non ha educato al valore delle cose, al rifiuto dello spreco, al rispetto del Creato. È stato dato per antiquato uno stile di vita che sapeva valorizzare le cose delle quali siamo custodi, senza sprecarle.
Dal mangiare frutta di stagione, all’utilizzo di utensili che basta lavare per usarli ancora, al godere del vetro e della ceramica piuttosto che irriderli perché desueti.
Al di là di reazioni emotive e manichee, siamo chiamati a recuperare, in realtà, un vero concetto di noi stessi, della nostra persona che fa un uso equo e buono del Creato e delle sue creature.
La scelta green sarà efficace se sarà life, cioè etica, facendo leva su una persona che torna amica del Creato custodendolo nell’alleanza tra giovani e adulti ai quali si chiede, specialmente in chi governa, amministra, tesse strategie industriali, una levatura alta, non chiusa nell’interesse dell’oggi, ma protesa al futuro.
“Parma 2020 capitale italiana della cultura” può guardare alla cultura eco-logica della nostra terra e scoprire, in forma critica, costumi sapienti di armonia tra le persone, gli animali, la campagna. Parma non è solo la città. Non possiamo dimenticare le questioni ambientali che anche il nostro territorio deve affrontare: pensiamo, ad esempio, al tema dell’acqua (alla sua qualità, allo spreco), delle acque (dalla siccità alle alluvioni), della qualità dell’aria e dell’inquinamento, dell’abbandono della montagna, con le inevitabili conseguenze negative dovute all’assenza del “custode”.
Spacchettiamo questi temi da un’arcadia anacronistica e scopriamo quanto siano attuali e necessari.
Pensiamo anche allo spreco del cibo – un impegno vero e simbolico: non sprecare mai il pane, tagliare quello che serve, se rimane consumarlo nel pasto successivo –, al chilometro zero che aiuta la pazienza di coltivare il tempo dell’attesa, ma anche alla logica dell’armonia portata nella vita, godendo delle cose belle per il loro intrinseco valore, in modo che tutti ne possano usufruire, e rinnegando con ferma decisione la “non- cultura” dello sballo. Non si fa una scelta green vivendo l’eccesso o buttando via in un sabato sera quanto serve ad un coetaneo povero per vivere una settimana.
Guardiamoci anche intorno per verificare se il raggiungimento di uno stile più sano non possa essere a beneficio, sia pure gradualmente, di un raggio sempre più ampio di persone, anche svantaggiate. Unire ai beni primari, che ancora sono richiesti e non da tutti raggiunti con continuità, una qualità di vita progressivamente più salutare. Una condizione che non può essere appannaggio di pochi e deve essere perseguita con un delicato e rispettoso incontro.
Dal piccolo si raggiunge il mondo che apprezza e cerca i nostri prodotti ed anche li contraffà, tanto sono ricercati e famosi. Siamo già nel mondo globale e ci troviamo quindi nella condizione di fare scelte eco-logiche responsabili e sostenibili a vantaggio di tutti.
«RIPARA LA MIA CASA»: LA CHIESA DI PARMA
«Francesco va’, ripara la mia casa», si riferisce alla Chiesa di Parma, semper reformanda, sempre bisognosa di venire riparata.
Come e quale specifico contributo può offrire la comunità cristiana? Quale sinergia condividere con la città?
Lo stesso San Francesco lo indica all’inizio della sua Regola: «Vivere il santo Vangelo», ovvero «seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo»16.
Possiamo interpretare «vivere il Vangelo sine glossa». Tendendo alla sua pienezza, senza annacquarlo. Come ha fatto Lui. E questo non gli ha impedito di essere una persona da tutti apprezzata, al contrario, proprio per gli effetti del Vangelo vissuto in pienezza, è universalmente benvoluto.
La Chiesa di San Francesco del Prato, con la comunità francescana, vorremmo portasse questa proposta e questo annuncio. Tenendo, così, aperte le porte per tutti. All’Università, agli studenti, in primis, ai docenti e al personale tecnico-amministrativo che vivono e operano tutt’intorno. In una cordiale vicinanza con questo opificio di cultura, che ha ottenuto meritatamente grandi riconoscimenti e si conferma per tutti comunità educante alla ricerca del sapere e della sapienza, in sintonia con l’apertura universale del Santo di Assisi.
La casa comune, il Creato, l’ambiente, richiedono una risposta ferma e non più procrastinabile. Non è la paura che ci salverà dalla distruzione, né elevare l’ambiente a unica ragione di vita, ma la convinta risolutezza che nasce da Dio, che ha voluto essere uomo e abitare la casa degli uomini. San Francesco, che fa del Vangelo sine glossa la sua Regula et Vita, prega «Laudato sii mi Signore per sora nostra madre terra» e chiude «Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali».
Appello attualissimo perché il male inferto all’ambiente è un peccato eco-logico, dal quale redimersi con una decisa conversione. Pensiamo con piacere di celebrare san Francesco come patrono di questo movimento e raccogliere annualmente per la sua festa gli sforzi per “riparare” la “casa comune”. La Chiesa di Parma si adopera in una permanente educazione e conversione ecologica, profonda e tenace, perché fondata sul Vangelo. Le Nuove parrocchie, gli Oratori, le associazioni, e le varie iniziative messe in campo, sono alcuni tra i luoghi e le occasioni di questo impegno.
La casa di tutti è la comunità civile nella quale i credenti vivono con partecipazione leale e costruttiva. Il Vangelo ha generato preziose forme di solidarietà che hanno ispirato la cultura della nostra città ed oggi si ripropongono con creatività, coordinate dall’ opera costante e tenace della Caritas parmense, che così adempie ad uno dei compiti richiesti alla sua fondazione da Papa Paolo VI, ora Santo.
Anche il rinnovato impegno politico dei cattolici costituisce un servizio specifico alla città. Il Vangelo illumina la coscienza del credente a parteciparvi da cristiano assumendosene la responsabilità, non soltanto da solo, ma anche attivando gruppi che, condividendone i valori di fondo, possano offrire un loro contributo a quanto serve per il conseguimento della pace e del bene comune.
È tempo ormai che questo contributo sia visibile e meglio riconoscibile e non si perda indistintamente, ma piuttosto si qualifichi per un’interpretazione più alta della politica, nella quale la volontà di promuovere relazioni porti ad un dialogo, fosse solo a livello operativo, senza mai venire meno all’ ispirazione evangelica. A tal fine è di prossima apertura a Parma una scuola di pastorale sociale e politica, rivolta ai giovani.
«Ripara la mia casa» è per la Chiesa di Parma il gioioso coraggio del Vangelo.
Nelle generazioni. Ai figli non solo da piccoli, ma in particolare mentre crescono negli anni dell’adolescenza e quando sono giovani, in una trasmissione che assume il carattere del confronto e della conversione reciproca. È il ministero proprio di essere tramite della fede nel generare. È servizio essenziale per far crescere cristiani e cittadini.
Proprio verso i giovani la Chiesa di Parma dovrà chiedere perdono se rimane vuoto l’impegno assunto ad attuare il Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale, voluto da papa Francesco. Tornando alla catena delle generazioni, l’annuncio del Vangelo è anche nella tribolazione e nella vecchiaia: quando la luce ai passi quotidiani indica la meta della città di Dio – posta in alto come sulla cupola del nostro Battistero – o sembra celarsi dietro ombre e nubi.
Il Vangelo sine glossa è lampada che non può essere coperta quando si esce da casa, o da luoghi rassicuranti. Nella politica, nel lavoro come nel tempo libero, ovunque il Vangelo è una torcia che si alimenta all’aria dell’incontro e accende speranza e vita buona in tutte le situazioni che il cristiano vive. Non a caso, ma per un appuntamento che ha fissato la stessa Voce, che parlò a san Francesco. Il Vangelo prende il volto del cristiano accogliente e buono, diventando il Messaggio che tutti capiscono e che innerva la cultura della “esistenza per” del Signore, come del credente. Esso ripara le relazioni, isola la solitudine, lenisce le lacerazioni e converte il rapporto con il creato. Opera la pace.
Il Vangelo è il contributo della Chiesa semper reformanda: sia in colpevole fuga verso i tanti Emmaus, sia viandante che si avvicina a chi va senza meta e annuncia procedendo insieme; soccorritrice ferita che si presta ad assistere, o locanda fiduciaria del Signore Gesù, il Samaritano dell’umanità.
Il Vangelo sine glossa è la via della Chiesa, la verità che annuncia, la conversione che continua e la vita che invita a vivere.
Parma, 13 gennaio 2020
+ Enrico Solmi Vescovo di Parma Abate di Fontevivo
NOTE
1 Decreto Legge 31 maggio 2014.
2 Discorso del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, 31 dicembre 2019.
3 TOMMASO DA CELANO, Vita Seconda 10, in Fonti Francescane, n. 593.
4 Discorso Presidente... cit.
5 E. SOLMI, Messaggio per la Festa di Sant’Ilario, 2010, d’ora in poi: MV.
6 C.M. MARTINI, Sintesi conclusiva dei gruppi minori, Assemblea CEI, Roma, 25 maggio 1995.
7 L. MONTEZ, Una comunità che si coltiva, in Vita Nuova, 5 gennaio 2020, p. 7.
8 “Cultura” esprime, in latino, la forma plurale del participio futuro, ad indicare qualcosa che è ancora in embrione, di cui si intravvede l’abbozzo, ma che deve o, meglio, si vuole far crescere.
9 G. BIFFI, Memoria e digressioni di un italiano cardinale, Ed. Cantagalli, Siena 2007, pp. 221, 222.
10 Il termine cultura, infatti, porta in sé anche la parola cultus, ad indicare il patrimonio di tradizioni, di religio, di religione, da
cui non può prescindere.
11 Nei mesi di maggio – ottobre le statue antelamiche dei mesi e delle stagioni saranno esposte nel Battistero di Parma.
12 Nel ricco programma che la diocesi propone è previsto un convegno organizzato dall’Ufficio diocesano per la pastorale del lavoro dal titolo “Tutto è connesso”, 16 maggio 2020.
13 PAPA FRANCESCO, Udienza nella Sala Nervi ai magistrati e ai funzionari della Corte dei Conti, 18 marzo 2019.
14 Undicimila nuclei familiari secondo i dati rilevati dal 4° rapporto della Caritas, cfr. CARITAS PARMENSE, Rapporto sulla
povertà a Parma 2019.
15 Il termine stesso indica una progettualità razionale (logos) a favore della casa (oikos) comune.
16 SAN FRANCESCO, Regola non bollata, 1.1, in Fonti Francescane 4.
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