Il Sindaco Patrizia Barbieri al Consorzio di Bonifica: "Considerata l'emergenza sanitaria, valutare il rinvio delle elezioni a dopo l'estate"
Stiamo vivendo tutti un momento particolarmente difficile, in cui le nostre esistenze sono cambiate repentinamente e non si sa quando ritorneremo ad una sorta di normalità.
La vita che ci aspetta sarà sicuramente diversa: dovremo probabilmente cambiare il nostro modo di rapportarci agli altri; il modo di lavorare o il nostro stesso lavoro; i nostri obiettivi; i nostri spostamenti.
Siamo chiamati a fare scelte importanti e coraggiose e il primo passo è quello di prendere consapevolezza e conoscerci meglio. E di conoscere meglio il nostro nuovo io, quello che si sta trasformando proprio in questi giorni e dovrà affrontare nuove sfide.
Per essere pronti ad affrontare come sarà il nostro domani, dobbiamo pensarsi oggi. Fermarci e formarci per acquisire nuovi strumenti e avere una nuova visione del futuro.
Ci saranno scelte che implicano coraggio e e che non potranno essere procrastinate.
Oggi più che mai abbiamo la possibilità di cambiare, cambiare in tutti gli ambiti della nostra vita. Trovare un nuovo equilibrio e una prospettiva.
Per acquisire maggiore consapevolezza e forza interiore, per conoscersi meglio e capire quali risorse e competenza abbiamo per affrontare il nostro domani, domenica 5 aprile alle ore 17.00 si terrà una sessione gratuita in videoconferenza sulla piattaforma Skype.
Il webinar è tenuto da Francesca Caggiati, giornalista e motivatrice, formatasi con coach e trainer italiani e stranieri di crescita personale e PNL.
L'incontro on line è gratuito, ma a numero chiuso.
Per ricevere il link a cui collegarsi per partecipare scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure mandare un messaggio alla pagina Facebook Parma Da Vivere, lasciando nominativo, mail e telefono. Il link all'evento su Fb è https://www.facebook.com/events/228446968513324/
di Francesca CAGGIATI - Vuole rimanere anonima, ma far sentire ugualmente la sua voce fuori dalle mura del monastero in cui vive. Così una monaca di clausura scrive una lettera aperta ai giornalisti e agli operatori di carta stampata, radio, tv e web.
Un ringraziamento che le arriva dal cuore per il lavoro che ogni giorno viene portato avanti dai media, per tenere informati e aggiornati i cittadini su una emergenza sanitaria dalla portata mondiale che passerà alla storia come una delle pagine più sofferte, senza che venga meno la speranza, la fede e la fiducia che un giorno tutto questo finirà e usciremo dalla sofferenza che ora ci attanaglia.
Con la preghiera, incessante, sua e delle sue consorelle, vuole far sentire la vicinanza delle monache alla comunità tutta. Vuole portare speranza a chi sente di averla persa e dare fiducia a chi non vede più un futuro.
Nella fede si trova ristoro, nella fede si trova equilibrio, nella fede si trova la vita. Quella vita che oggi ci sembra un lontano ricordo, obbligati anche noi a rimanere in clausura tra le nostre mura domestiche.
Di seguito la lettera della monaca di clausura:
Carissimi fratelli e sorelle giornalisti, operatori radio,TV e web,
voglio dirvi grazie e abbracciarvi per il bene che fate per ciascuno di noi.
Siete meravigliosi!
Grazie a voi, noi, tutto il mondo, ci sentiamo più vicini gli uni agli altri. Con la vostra operosità ci fate sentire più fratelli e ci dà tanta speranza.
Le vostre notizie arrivano dappertutto e ci tengono informati. Così ci sentiamo tutti uniti nella prova, in un abbraccio cosmico di opere per il bene comune, non solo spirituale e di preghiera.
In questo momento di difficoltà la nostra preghiera è soprattutto per i malati, ma anche per voi che rischiate la vita ogni giorno.
Vi assicuriamo la nostra preghiera e la nostra vicinanza.
"Andrà tutto bene”.
Grazie.
una monaca di clausura
Luca Russo da Stadiotardini.it – Un paese intero chiuso in casa per contrastarne la diffusione, strutture sanitarie messe a dura prova dalla sua avanzata e bollettini giornalieri dai contorni drammatici. Il Coronavirus sta assumendo sempre di più le sembianze dell’11 Settembre italiano. Un 11 Settembre, però diluito nel tempo, che ci sferra un destro da potenziale ko un giorno sì e l’altro pure.
I contagiati aumentano di ora in ora, in modo sì costante, ma per fortuna non esponenziale come si temeva, crescono il numero di decessi e quello dei pazienti per i quali è necessario il ricovero in terapia intensiva, ma inizia a irrobustirsi anche l’esercito dei guariti. L’Italia, insomma, tiene botta, per ora e in attesa del prevedibile picco che gli esperti ipotizzano per la fine di Marzo. Merito di un Sistema Sanitario Nazionale che, a differenza di quanto accade altrove, garantisce cure a tutti, inclusi coloro che vuoi per l’età, vuoi perché affetti da molteplici patologie hanno una speranza di vita limitata.
Merito di medici, infermieri e operatori sociosanitari che stanno sottoponendosi a turni di lavoro massacranti, affrontando in prima linea a mani nude e a volto scoperto quel pericolo che noi comuni mortali stiamo combattendo restando a casa e in tenuta da astronauta. Loro, il nostro esercito a nostra difesa nella guerra al Coronavirus. Costretti ad operare in condizioni perlomeno critiche, perché i tagli alla Sanità degli ultimi anni hanno imposto una progressiva riduzione delle risorse e delle strutture ospedaliere i cui effetti, già visibili in tempi di pace, appaiono plasticamente evidenti e drammaticamente decisivi nella partita contro questo nemico invisibile. Una sfida che avremmo potuto vincere non dico a mani basse, ma quasi, se ormai molto tempo fa non fosse stato sdoganato il concetto di azienda sanitaria, ovvero la salute pubblica gestita da manager orientati innanzitutto agli equilibri di bilancio… e poi al resto.
Capisco, condivido e sottoscrivo la necessità di ridurre o addirittura azzerare completamente gli sprechi e l’esigenza di allocare meglio i soldi, ma come si può immaginare di offrire un servizio pubblico restando in pari? Tutt’al più si dovrebbe legittimamente tendere al “contenimento dei piazza danni”. La razionalizzazione voluta da qualcuno ci ha invece portati a sforbiciate irrazionali. Nel 2015 il regolamento per gli standard ospedalieri ha sancito che un utilizzo medio dell’80/90% dei posti letto durante l’anno va considerato efficiente. In soldoni, dei 5.000 posti di terapia intensiva disponibili sul territorio nazionale, quelli liberi per l’emergenza COVID-19 concretamente sono meno di un migliaio.
Quindi, è sufficiente che i pazienti con Coronavirus occupino il 20% dei posti per saturare i reparti. Cifre che dovrebbero farci intuire come le difficoltà attualmente patite dai nostri ospedali siano figlie non solo dell’elevata aggressività del virus, ma anche della dannosa spending review di cui sopra. Nel resto d’Europa solo la Germania è messa realmente bene in materia con 30 posti letto di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. La Francia, come noi, non va oltre i 12 e in Spagna si scende addirittura al di sotto delle 10 unità. Preoccupante il dato della Gran Bretagna: 7 posti letto di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. Una cifra che diventa raccapricciante se si pensa che il Regno Unito intende contrastare l’avanzata del virus puntando praticamente tutto sull'immunità di gregge, ovvero sul meccanismo di protezione per cui quando una parte significativa della popolazione risulta vaccinata contro una minaccia esterna finisce col tutelare indirettamente pure quei soggetti che non hanno sviluppato direttamente l’immunità. Una forma di protezione che si “attiva” in presenza di un vaccino, naturalmente.
Ma in sua assenza, come nel caso del Coronavirus, l’unico modo per venire all'immunità di gregge brutalmente è far sì che le persone siano contagiate così che possano sviluppare validi anticorpi. Immaginate il virus che nelle battute iniziali del suo dilagare saltando da un individuo all'altro trova soltanto semafori verdi, mentre quando l’immunità di gregge prende consistenza inizia ad imbattersi in qualche semaforo rosso. Questa è la strategia cui parrebbero voler tendere i governanti d’oltremanica: permettere al virus di camminare tra la gente e in questo modo avvicinarsi gradualmente all'obiettivo dell’immunità di gregge.
Dal mio punto di vista, un’idea malsana, rischiosa e disumana, perché al momento non si ha ancora la certezza che il COVID-19 sia una malattia immunizzante, ovvero in grado di garantire l’immunità a chi ne viene colpito, cioè non sappiamo se una persona contagiata possa essere infettata di nuovo; e perché costerà tante, tantissime, troppe vite umane, vista la letalità del COVID-19 e considerato che non tutti saranno abbastanza preparati e forti da sconfiggerlo in autonomia. E allora mi ritengo fortunato ad essere nato in Italia, in un Paese che opera pure i 90enni se esiste una sola piccolissima e impercettibile possibilità di salvargli la vita. Un’Italia che ora vedo inginocchiata, accartocciata su sé stessa, stremata dall'emergenza che l’ha travolta. Piegata, ma non spezzata. Alle corde, ma non sconfitta. In lacrime, ma non rassegnata. Un’Italia non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai (cit. Frida Kahlo).
UN’ITALIA CHE CE LA FARÀ SE E SOLO SE NOI TUTTI RESTIAMO RESPONSABILMENTE A CASA.
Da StadioTardini.it
http://www.stadiotardini.it/2020/03/columnist-luca-russo-coronavirus-la-suicida-spending-review-sulla-sanita-continuiamo-restare-responsabilmente-casa.html
di Francesca Caggiati – Siamo in emergenza sanitaria ormai mondiale. Smettiamo di raccontarcela e di voler tenere gli esercizi commerciali e i mercati aperti, smettiamo di dire che è una banale influenza, smettiamo di invocare una fantomatica privacy per nascondere chi è stato colpito dal virus e potenzialmente ha già anche contagiato le persone con cui è entrato in contatto nelle ultime settimane. Smettiamola di farci dei selfie con degli slogan del tipo #parmanonsiferma, perché si sta parlando della vita delle persone.
Il diritto alla salute e alla vita deve essere messo al primo posto, al di sopra di ogni altro interesse o diritto privato. Non esiste il benessere del singolo, se non c’è al primo posto il benessere collettivo.
Finora solo la comunità cinese – che già da lunedì 2 marzo – ha deciso in modo autonomo, responsabile e consapevole di chiudere tutte le sue attività commerciali, ha dimostrato di avere a cuore il bene della collettività.
Come ha dichiarato il prof. Massimo Galli – Primario Struttura Complessa Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano – alle telecamere di La7 nel servizio andato in onda il 5 marzo scorso: “Nelle epidemie storiche hai una prima fase in cui ci si dà di gomito dicendo “Ce l’ha il nostro vicino il problema, ah che paura, però insomma ce l’ha lui”. Poi c’è la fase in cui ti rendi conto che ti è arrivata in casa e in cui rifiuti l’idea "Ma nooo! Non è possibile, non è possibile che sia qua da noi!". Poi c’è la fase in cui si deve prendere atto e vengono assunte delle misure. Poi c’è la fase in cui c’è qualcuno che dice: “Ma queste misure ci rovinano!” e allora vengono ridotte. E poi c’è la fase della rovina totale in cui la malattia dilaga”.
Semplici, ma precise parole che rendono perfettamente l’idea di quello che è successo con il primo decreto e l’attuazione dello stesso che fa quasi retromarcia poco dopo. Come dice il professor Galli: “Una assoluta sciocchezza!”
Eppure abbiamo visto leader politici nazionali e locali dire di continuare a venire in Italia e a Parma, dire di continuare a vivere come se nulla fosse, postare selfie per far vedere al mondo intero che qui è tutto a posto e non c’è nulla o quasi di cui preoccuparsi. E questo è a dir poco sconcertante.
Perché sono già due settimane che l’Italia è in allerta e perché significa non essere consapevoli e non aver compreso la gravità della situazione, oppure significa fregarsene per dare un contentino agli esercenti delle attività commerciali che si lamentano, tenendo solo in considerazione l’aspetto economico a breve termine, senza avere chiaro che una pandemia come ormai è stato appurato essere il coronavirus, porterà ad un collasso del sistema sanitario ed economico inevitabile e di quelli forse mai visti prima.
Qui ci si limita a pubblicare dati statistici quasi timidamente, ricordando di attenersi alle distanze di sicurezza, che oggi non si sa neppure quali siano esattamente. Si parla di 1 mt o 1,82 mt o… ?!
Quindi cosa fare?!
Moriremo tutti? No per fortuna. Ma questo non significa che non ci dobbiamo preoccupare, perché il problema non è l’estinzione della specie.
Il problema è che il Covid-19 è una malattia che richiede un’assistenza al malato particolare, con una percentuale di malati che ha bisogno di ricevere respirazione assistita e quindi di essere ricoverata nei reparti di rianimazione. Se il numero di contagiati aumenta drasticamente, aumenta anche il numero di pazienti da ricoverare in rianimazione e chissà per quanti giorni.
Non essendoci una terapia specifica e ammalandosi gravemente fino alla morte anche persone giovani - tra i primi il medico ofmatologo Li Wenliang, 34 anni, di Wuhan, seguito da altri giovani medici cinesi - e persone apparentemente sane, bisogna evitare che il numero dei contagiati esca fuori controllo.
I posti in rianimazione sono limitati e, in più in generale, tutti i posti ospedalieri sono limitati rispetto alla popolazione, quindi il rischio concreto è quello di non poter accedere neppure alle cure che comunque – meglio ripeterlo – non sono specifiche per il coronavirus.
Il personale sanitario è limitato, si sta ammalando e alcuni medici anche in Italia sono già morti. Il rischio del collasso del sistema sanitario è reale. Non una remota ipotesi.
In aggiunta come già pubblicato da Il Fatto Quotidiano di oggi “La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva ha diffuso un documento tecnico per "fornire un supporto agli anestesisti-rianimatori attualmente impegnati a gestire in prima linea" la maxi-emergenza in cui scrive: "Può rendersi necessario porre un limite di età all'ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata."
E il vaccino? Come prima cosa non è ancora stato trovato, quando e se verrà trovato, ci vorranno comunque mesi affinché sia disponibile, quindi non facciamoci troppo affidamento.
Prendiamo esempio dai cinesi. Fermiamoci. Ma fermiamoci seriamente. Tutti in casa per almeno due o tre settimane e comunque fin tanto che la curva dei contagi non arresti la sua crescita. Tutto chiuso, a parte gli ospedali. Medicinali e spesa consegnata a domicilio con personale munito di mascherina e pos per i pagamenti.
Se proprio non possiamo fare a meno di uscire, mettiamoci la mascherina anche se pensiamo di essere sani come i pesci, in modo da scongiurare il contagio.
Se non troviamo mascherine possiamo sempre metterci una sciarpa sul naso e la bocca in modo tale da sopperire.
Ma se non è strettamente necessario… stiamo in casa!!
E lanciamo un nuovo slogan più saggio di questi tempi: #iomifermo
Io mi fermo significa che ho a cuore la mia salute, quella dei miei cari e di tutta la collettività. Io mi fermo significa che finalmente avrò il tempo per stare con i miei figli, i miei genitori, i miei fratelli o sorelle. Avrò il tempo per leggere quel libro che ho sul comodino da mesi, vedere o rivedere un bel film, cucinare in tranquillità utilizzando anche gli avanzi del giorno prima senza buttarli come facevo prima, ripensare alla mia vita e al mio lavoro.
Posso lavorare da casa?
Sì… possiamo anche lavorare da casa, in molti modi: mandare mail, ricevere e fare telefonate (ormai il telefono si usa per tutto tranne che per far sentire la nostra voce!), possiamo partecipare ad una riunione di lavoro in videoconferenza con colleghi e capo, clienti o fornitori, possiamo frequentare corsi e lezioni on line o in streaming e fare tante altre cose, da casa.
Ripensiamo tutti ad un modo di lavorare dislocato, geo localizzato, smart, da remoto… o chiamatelo come volete. Ma pensiamoci.
Tra qualche mese l’emergenza finirà. E quando l’emergenza sarà finita riprenderemo a frequentarci di persona, a ritrovarci per aperitivi ed eventi, ad abbracciarci e a baciarci ringraziando di essere ancora vivi!
Bisogna assolutamente evitare che il numero di persone contagiate aumenti.
E il modo più efficace è stare in casa.
Questo è l’unico vero messaggio che dovrebbe arrivare dalle Istituzioni a tutti gli Italiani. Senza tentennamenti e senza deroghe!
Sabato 9 febbraio, dalle 9 alle 13, per la rimozione del camion che è finito nel fosso lunedì scorso.
Parma, 7 febbraio 2019 – La Provincia di Parma – Servizio Viabilità comunica che sarà interrotto totalmente il transito veicolare di tutti i mezzi sulla Strada Provinciale n. 49 "di Collecchio" a Madregolo, nel tratto compreso tra incrocio Mulino Figna e il centro abitato di Collecchio, nella giornata di sabato 9 febbraio 2019 dalle ore 9 alle 13.
La misura si rende necessaria per consentire il recupero del mezzo che il 4 febbraio scorso in quel tratto è uscito dalla sede stradale, finendo nel fosso.
Trattandosi di mezzo pesante, per procedere al suo recupero occorre impiegare due autogru di grosse dimensioni e mezzi di supporto, occupando l'intera carreggiata stradale; pertanto per esigenze tecniche e di sicurezza stradale, è indispensabile interrompere il transito veicolare a tutti i mezzi in quel nel tratto di provinciale.
Il traffico verrà regolamentato con idoneo personale da parte della ditta che effettuerà il recupero, la quale dovrà anche installare l'idonea segnaletica.
Nella foto: Il mezzo pesante rovesciato nel fosso della Sp49 a Madregolo
La proclamazione al termine delle operazioni elettorali, oggi alle 23,30 a Palazzo Giordani. Il sindaco di Borgotaro era l'unico candidato. Eletti anche i 12 consiglieri provinciali.
Parma, 31 ottobre 2018 – ore 23,30 – Il Sindaco di Borgo Val di Taro Diego Rossi ha ottenuto 295 voti validi, pari a 59.584 voti ponderati (calcolati in base alle fasce di popolazione residente del comune di ciascun elettore; l'affluenza al voto per il Presidente è stata del 66% degli aventi diritto.
Rossi, che era l'unico candidato in lizza, è stato quindi proclamato Presidente della Provincia di Parma, alle ore 23,30 di oggi, a Palazzo Giordani.
"Ho deciso di affrontare questa sfida con senso di responsabilità e di impegno istituzionale – afferma il neo eletto Presidente Diego Rossi - Abbiamo di fronte una nuova fase di trasformazione per le Province: questo Ente continua a gestire funzioni molto importanti per i cittadini e per tutto il territorio dalla viabilità, all'edilizia scolastica, alla pianificazione territoriale, con risorse assolutamente inferiori alle reali esigenze. Sarà quindi necessario continuare a valorizzare al meglio le professionalità interne per assolvere a questi compiti, quotidianamente. Ma la sfida sarà anche quella di rilanciare il ruolo politico-istituzionale della Provincia nei confronti degli altri livelli di Governo, sui temi che hanno bisogno di un coordinamento e di un supporto sovra-comunale. In ciò sarà fondamentale il lavoro del nuovo Consiglio che abbiamo appena eletto, e la relazione che costruiremo con tutto il territorio provinciale."
Entrato in Consiglio Comunale a Borgo Val di Taro nel 2006, Diego Rossi ha ricoperto il ruolo di Vice Sindaco con delega al Bilancio ed alla Cultura; dal 2011 è stato eletto Sindaco, rieletto nel giugno 2016. Dal 2014 fa parte dell'Assemblea Provinciale dei Sindaci del Parmense, organismo della Provincia di Parma.
L'affluenza al voto per il Consiglio è stata del 71% degli aventi diritto.
Della lista Provincia Nuova, che ha ottenuto 17.863 voti ponderati, sono risultati eletti:
1. BENECCHI MARZIO - con voti ponderati 6.397
2. QUINTAVALLA GIUSEPPE - con voti ponderati 5.417
3. SAGLIA CODELUPPI ALESSANDRO - con voti ponderati 2.456
Della lista Insieme per il Territorio, che ha ottenuto 27.073 voti ponderati, sono risultati eletti:
1. GARBASI ALESSANDRO - con voti ponderati 6.273
2. TASSI-CARBONI ALESSANDRO - con voti ponderati 5.685
3. DE MARIA FERDINANDO - con voti ponderati 5.300
4. MARI ANDREA - con voti ponderati 2.420
Della lista Provincia Democratica Progressista, che ha ottenuto 33.295 voti ponderati, sono risultati eletti:
1. CANTONI GIANPAOLO - con voti ponderati 7.484
2. BERTOCCHI GIOVANNI - con voti ponderati 6.671
3. DELSANTE GIUSEPPE - con voti ponderati 5.396
4. TREVISAN MARCO - con voti ponderati 5.205
5. SPINA ALDO - con voti ponderati 4.695
Foto: Diego Rossi
Da domani saranno in vigore i nuovi orari di apertura degli uffici provinciali di Piacenza
Piacenza 31 dicembre 2014 – Dal 1 gennaio 2015 entrano in vigore i nuovi orari di apertura al pubblico degli uffici Provinciali.
La sede centrale di via Garibaldi, quelle di via Mazzini e di via Colombo - Palazzo dell'Agricoltura saranno aperte dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 13 e nei pomeriggi di lunedì e mercoledì dalle ore 15 alle 17.
Le sedi dei Centri per l'Impiego di Piacenza - Borgo Faxhall, Fiorenzuola, Castel San Giovanni e Bobbio resteranno aperte dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 13 e nei pomeriggi di lunedì e mercoledì dalle ore 14,30 alle 16,30 per le sedi decentrate di Fiorenzuola, Castel San Giovanni e Bobbio. La Sede di Piacenza riceve invece solo su appuntamento nei medesimi pomeriggi.
La Sede del Centro per l'Impiego di Bettola riaprirà al pubblico giovedì 8 gennaio 2015 dalle ore 9 alle ore 13; a partire dal 12 gennaio 2015 rimarrà invece aperta nelle giornate di lunedì e mercoledì nel consueto orario, dalle ore 9 alle ore 13.
Si segnala inoltre che nella giornata di mercoledì 31 dicembre 2014 tutti gli uffici Provinciali chiuderanno alle ore 13 e resteranno altresì chiusi nei giorni 2 e 5 gennaio 2015.
(Fonte Amministrazione Provinciale Piacenza)
Approvato dalla giunta provinciale il progetto preliminare della nuova struttura che troverà spazio nel Centro Scolastico Medio Superiore. L'intervento, finanziato dalla Provincia di Piacenza con 1 milione e 750mila euro, inserito nel programma dei lavori pubblici -
Piacenza, 13 ottobre 2014 -
Il Polo Scolastico di Castel San Giovanni avrà una nuova palestra. E' stato approvato dalla giunta provinciale il progetto preliminare della nuova struttura che troverà spazio nel Centro Scolastico Medio Superiore, dove sono ospitati il Liceo Scientifico "A.Volta", il distaccamento dell'Istituto Tecnico Agroalimentare "Giovanni Raineri" ex I.P.S.A. Marcora, il Liceo Linguistico e l'Istituto Professionale "A.Volta".
L'intervento, dell'importo complessivo di un milione e 750mila euro, è stato inserito nel Programma triennale dei lavori pubblici 2014-2016 approvato dal Consiglio Provinciale congiuntamente al bilancio provinciale 2014: il progetto prevede la realizzazione di un nuovo edificio per lo svolgimento delle attività di educazione fisica permettendo così di concentrare all'interno del campus scolastico le attività didattiche attualmente distribuite su diverse strutture dislocate nel centro abitato di Castel San Giovanni.
La realizzazione della nuova palestra è prevista in un'area di circa 2.400 mq. di proprietà della Provincia retrostante all'attuale Istituto Professionale-Linguistico, recentemente ampliato grazie ad un intervento finanziato interamente dalla Provincia di Piacenza con la somma di 2 milioni e 300mila euro, al quale sarà collegato mediante l'inserimento di una passerella pedonale coperta.
L'edificio è previsto in un corpo unico di fabbrica delle dimensioni di 25 x 31 metri, dell'altezza di 8 metri fuori terra, con copertura piana e paramenti in intonaco e cotto o materiale speciale che possa armonicamente integrarsi con le preesistenze dell'Istituto presente. Dal punto di vista impiantistico, l'impianto di riscaldamento sarà eseguito tramite un impianto autonomo con pompa di calore.
"E' un intervento molto importante per l'edilizia scolastica e il Polo di Castel San Giovanni – commenta il Presidente della Provincia Massimo Trespidi – non solo per gli studenti ma anche per le associazioni sportive castellane che potranno usufruire del nuovo impianto; l'azione amministrativa della Provincia ha prodotto questo intervento atteso e voluto per la comunità di Castel San Giovanni". Responsabile unico del procedimento è l'ingegnere Stefano Pozzoli; progettisti l'ingegnere Davide Marchi, l'architetto Matteo Bocchi con i geometri Roberto Dacrema e Loredana Zilioli.
(Fonte: ufficio stampa Provincia di Piacenza)
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