Situazioni ancora critiche a Concordia, San Felice, Novi e Rovereto, "Normalità ancora lontana nonostante lo sforzo degli imprenditori. Serve accelerare ricostruzione, allentare vincoli i burocratici e inserire fiscalità di vantaggio"
Ad oltre un anno di distanza dal tragico terremoto che sconvolse l'Area Nord della provincia, la normalità appare lontana. Ma grazie all'impegno – che continua incessantemente - di istituzioni ed imprese, s'inizia ad intravedere risultati fino a poco tempo fa difficili da raggiungere. Rispetto a sei mesi fa, quando su un totale di 1714 attività del commercio, pubblici esercizi e servizi alla persona presenti, 612 (quasi il 36%), erano state costrette a delocalizzare, oggi dopo oltre 12 mesi rimane fuori dalla propria sede originaria il 21%. "Chi è riuscito a riaprire, nei locali originari ha dovuto compiere sforzi enormi in primo luogo economici", sostiene Confesercenti Area Nord che ha condotto di recente un monitoraggio inerente alla situazione attuale. "Mentre, sono quasi il 10% quelle che a seguito del sisma hanno cessato completamente l'attività".
Guardando ad ogni singolo Comune emerge una situazione piuttosto differenziata, dovuta in primo luogo ai danni che il sisma ha provocato, ma non sono certo trascurabili i risultati degli sforzi che le Istituzioni hanno prodotto, in primo luogo con le opere provvisionali di messa in sicurezza di edifici e monumenti. Ma determinante è stato anche l'impegno degli imprenditori che hanno investito, magari anche in doppie delocalizzazioni: in container subito dopo le scosse e di nuovo nella sede originaria dopo il ripristino dei locali o la riapertura della via. Situazioni decisamente critiche permangono a Concordia, 82 attività su 155 sono ancora fuori sede; San Felice dove sono rientrate 42 rispetto le 140 totali delocalizzate e Novi con la sua frazione di Rovereto sulla Secchia dove continuano ad esser ben oltre 60 su 150 le attività costrette ad operare in strutture temporanee. Anche Mirandola vede molte attività ancora delocalizzate, 105 su 470, ma in questa realtà gli operatori sono riusciti a dar vita ad aggregazioni importanti come ad esempio nel caso del Centro il Borgo di Mirandola nelle quali provvisorietà della sede non coincide certo con la precarietà. Meglio la situazione a Finale Emilia dove solo 12 imprese su un totale di 350 risulta delocalizzato.
"Gli imprenditori del commercio e del terziario, costretti al trasferimento delle attività, non hanno esitato, nemmeno di fronte alle incertezze, a fare di tutto pur di tornare alle loro sedi originarie, nonostante molte delle quali si trovino nei centri storici e nonostante le condizioni in cui continuano a versare molti centri storici dei comuni del cratere. Va sottolineato quindi lo sforzo che queste imprese producono anche solo per resistere in condizioni tanto difficili. E' quindi di assoluta importanza sostenere questo impegno delle imprese del commercio dei servizi e del turismo volto a reagire alle conseguenze del sisma come a rivitalizzare i centri storici. Sostegno che deve arrivare prioritariamente attraverso un'accelerazione della ricostruzione e l'allentamento di quei vincoli burocratici, ogni giorno sempre più penalizzanti per le attività come pure per i cittadini. Soprattutto rimane fondamentale l'istituzione di una fiscalità di vantaggio per le imprese più piccole operanti nei comuni colpiti dal sisma. Richiesta che rinnoviamo ugualmente al Governo e che questo continua a non cogliere nonostante gli effetti che tale mancanza sta generando", conclude Confesercenti Area Nord.
(Fonte: ufficio stampa Confesercenti MO)