Di lì a poco, il 24 febbraio, chiudevano le scuole e, con loro, si spegnevano insieme i riflettori sulle famiglie di studenti disabili. A oggi, si attende ancora che lo Stato si faccia vivo. Il Piano nazionale per la non autosufficienza, relativo al triennio 2019/2021 e pubblicato in Gazzetta ufficiale, con estremo ritardo, il 4 febbraio scorso, non fa ben sperare: sono poche le risorse stanziate, soprattutto per la parte relativa ai progetti per la vita indipendente, quelli che dovrebbero favorire l’integrazione sociale delle persone con disabilità e accompagnarle verso l’autonomia.
I disabili e le loro famiglie attenderanno ancora a lungo, perché il Piano dovrà ora essere declinato su base regionale e, ancora successivamente, su ciascun ambito territoriale locale. Intanto, la sofferenza non si arresta. Con lo sguardo rivolto ai freddi numeri, non c’è da rallegrarsi.
Le risorse stanziate registrano una contrazione di quasi 5 milioni di euro, certamente non pochi. E proprio a causa di tale esiguità dello stanziamento complessivo, che non saranno possibili iniziative di forte impatto.
Il Piano è l’atto di programmazione nazionale delle risorse inerenti il fondo per le non autosufficienze, su cui sono successivamente individuati gli interventi necessari alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali che, si sa, la Costituzione prescrive siano garantite sull’intero territorio nazionale. Da una parte, quindi, si riconoscono dei livelli essenziali, dall’altra parte, però, la reale fruizione degli stessi è condizionata alle risorse disponibili: per garantire i livelli minimi, ci vorrebbero ben altre mezzi economici. Un decreto del Presidente del consiglio dei ministri, datato 21 novembre 2019, prevede numerose aree di intervento, che vanno dalla valorizzazione della figura dell’assistente personale allo sviluppo della domotica (housing e cohousing sociali), dall’attenzione alle cosiddette forme dell’abitare all’effettiva inclusione sociale e relazionale.
Data la scarsità del fondo nazionale per la non autosufficienza, spetta agli Enti locali, in primo luogo alle Regioni, investire massicciamente nel sociale. E’ un discorso di civiltà, che si misura con il grado d’impegno di un intero Paese, specialmente in un periodo così buio, come quello che stiamo vivendo oggigiorno. Gli ultimi dati Istat (anno 2019), del resto, ci confermano la necessità di farvi fronte: in Italia oltre seicentomila persone con limitazioni gravi vivono in una situazione di grande isolamento, senza alcun punto di riferimento su cui poter contare in caso di bisogno. Di queste, ben duecentoquattromila vivono completamente sole.
Per quanto riguarda le famiglie in cui vivono persone con disabilità, si fa fatica a conciliare la carriera lavorativa e l’attività di cura. Sono circa due milioni e trecentomila le famiglie nelle quali vive una persona con limitazioni gravi: per assistere il familiare con disabilità, il 32,4 % delle famiglie riceve aiuto da reti informali; si tratta- evidenzia l’Istat- di una percentuale quasi doppia rispetto al totale delle famiglie, che è del 16,8%. E’ ora di invertire velocemente la rotta. L’assistenza al disabile va garantita. Sempre.
Matteo Impagnatiello
Parma, 07.05.2020
Matteo Impagnatiello