Nella Giornata che – in ricordo dei 136 connazionali morti nella miniera belga di Marcinelle nel 1956 – celebra il Sacrificio del lavoro italiano nel mondo, Piacenza si raccoglie intorno ai simboli della propria vita civile e istituzionale, per rendere onore alle vittime della tragedia che l’8 agosto di 16 anni prima, nell’estate del 1940, colpì al cuore la nostra città. In questo intrecciarsi di date così cariche di significato, tributiamo innanzitutto il nostro omaggio sincero e commosso alle donne e agli uomini che quel giorno, nel ventre della fabbrica della Pertite, caddero sotto le macerie delle due esplosioni ravvicinate che devastarono lo stabilimento e scossero i muri, infransero i vetri delle case nel quartiere, ammantando l’aria di una coltre polverosa e densa.
Il tempo si fermò, alle 14.42 di quel pomeriggio, portando con sé 47 persone che non avrebbero più fatto ritorno a casa a fine turno. I feriti furono centinaia. E la memoria, anche allora, tornò forse all’altro, grave incidente che si era verificato nel settembre del 1928, quando 13 operai persero la vita a quella stessa catena di montaggio e tre persone subirono le conseguenze di uno scoppio che ammoniva non solo alla pericolosità del materiale usato per il caricamento dei proiettili, ma anche alla labilità della sicurezza per chi doveva maneggiarlo.
Per questo, la Pertite rappresenta ancora oggi un emblema, il segno di un’attenzione e di un’esortazione all’impegno che il boato di quelle deflagrazioni non è riuscito ad annichilire. Nel rinnovare la vicinanza e l’abbraccio della comunità piacentina ai familiari delle vittime, nel partecipare al dolore mai sopito di chi in quella fabbrica lasciò i propri affetti e i punti di riferimento più importanti, volgiamo lo sguardo anche al presente per richiamare, con forza, la tutela dei diritti e l’osservanza delle normative a difesa della salute e dell’integrità dei lavoratori. Come possiamo definire avanzato e votato allo sviluppo un Paese in cui, come è avvenuto nel 2018, gli infortuni mortali registrano un aumento di oltre il 6% rispetto all’anno precedente e, su 15 mila aziende oggetto di controllo, i rapporti Inail hanno denunciato irregolarità per nove imprese su dieci?
Se il termine “morti bianche” evoca la delicatezza di un silenzio spesso più eloquente di tante parole, le vittime della Pertite e i loro cari ci chiedono oggi di alzare la voce con fermezza. Per ribadire l’attualità e il senso della nostra presenza, per raccogliere e farci carico della loro testimonianza, per veicolare un messaggio che vada oltre il dovere morale di non dimenticare.
Le cronache del tempo non fecero mai chiarezza, in modo definitivo, sulle cause dell’esplosione, ma ci riportano a un’Italia che da due mesi era entrata ufficialmente in guerra, in un contesto in cui l’industria bellica costituiva un comparto fiorente e più che mai necessario nell’economia nazionale. E’ così che, come ogni anno leggiamo sulla lapide collocata qui accanto, “non si muore solo in trincea, ma in tuta da lavoro”. Voglio citarla anche oggi, questa frase, perché racchiude il rispetto profondo con cui ricordiamo tutti gli operai della Pertite, nella consapevolezza di un mestiere svolto con onestà e fatica, in un’epoca che, a distanza di 79 anni, ci richiama più che mai anche alla necessità di coltivare, difendere e promuovere il valore della pace.
“Noi fummo vittime, le prime, di una guerra nefasta”, proseguono infatti le parole incise nel marmo, “mentre per pane fabbricavamo strumenti di morte”. Eppure, era la vita a motivarli. Era per costruire il futuro dei propri figli, per dare sicurezza e stabilità alla propria famiglia che ogni giorno 1500 persone varcavano la soglia di quello stabilimento. Tra polveriere, bombe e detonatori, le mani delle donne e degli uomini cui corre oggi il nostro pensiero si muovevano guidate, innanzitutto, dall’amore.
Ed è questa consapevolezza a rendere più profonde le ferite, come avviene ogni volta che la cronaca ci dà notizia di incidenti, infortuni, malattie professionali in cui è l’innocenza e la dignità ad essere soffocata, svilita, calpestata. Cerchiamo allora un approdo nella memoria condivisa che ci appartiene, nel bisogno di verità e giustizia che la tragedia della Pertite imprime nella nostra coscienza, nell’autenticità dei sentimenti che la nostra comunità serba e custodisce da 79 anni. Alle vittime della Pertite, che oggi rappresentano per noi tutte le vittime del lavoro e le vittime civili di guerra, Piacenza rende ancora una volta il proprio tributo. Grazie.