Parma, quattro persone S. C. nata a Carpi ma residente nel parmense classe 67, L. M. classe '56 nato a Bergamo residente in provincia di Brescia, B. P. nato a Milano ma residente a Parma classe '61, e A. A. parmigiano classe '62 tutti pregiudicati, sono stati denunciati all'A.G. per i reati di truffa aggravata in concorso, sostituzione di persona in concorso e tentata truffa
I quattro hanno agito a Parma lo scorso anno ai danni di una ditta di vendita materiale informatico operante in città. Il tutto è cominciato quando S. C. ha effettuato un primo ordine di merce dal valore di quasi 13.000 Euro, millantando di essere la dipendente di una società di Parma la "T* S.R.L". L'ordine riguardava diversi computer, tablet e telefoni. Dopo qualche settimana, la vittima si è visto recapitare un secondo ordine di merce, questa volta da un sedicente studio tecnico con sede a Parma "R* I* M* G* S.R.L.", per il valore complessivo di oltre 29.000 Euro. In entrambi i casi gli ordini erano stati preceduti da un fitto scambio di email tra la vittima ed i truffatori, con tanto di preventivi e rassicurazioni di vario tipo sulla serietà e la robustezza delle aziende compratrici. Nel secondo caso era stato addirittura costruito un sito che pubblicizzava le attività dell'aziende e le varie collaborazioni tra le quali era citato anche l'Expo di Milano. Consegnata la merce è stato poi atteso invano il pagamento concordato che sarebbe dovuto avvenire in entrambi i casi entro 30 gg.
Denunciate le due truffe, dopo qualche mese, è arrivata una terza richiesta di fornitura. Questa volta a contattare la vittima era la sedicente responsabile della società "S*. d* G*." con sede in provincia di Parma ed anche il questo caso l'ordine riguardava diversi computer e telefoni, attuando il medesimo "modus operandi" delle precedenti truffe.
Questa volta alla consegna della merce, concordata presso la sede della vittima, ad attendere i "compratori" c'erano anche alcuni agenti della Questura di Parma che al momento della cessione degli articoli da ritirare, si sono qualificati identificando i truffatori.
Dalle indagini effettuate si è potuto accertare che a comporre la "banda" erano almeno 4 persone, con a capo una donna, S. C. ed era proprio lei a contattare le vittime, spacciandosi per addetta agli acquisti o per responsabile delle varie società fantasma, effettuare gli ordinativi e concordare i pagamenti. Gli altri complici si occupavano invece di ritirare la merce ed aprire e chiudere le società fantasma ed i siti internet, il tutto per rendere credibili i vari ordini effettuati. In alcuni casi, per rendere ancora più efficaci le trattative, i 4 millantavano collaborazioni con società reali, ovviamente ignare dei fatti e per tale motivo non menzionate, per le quali avevano lavorato in passato e dalle quali avevano attinto anche i dati fiscali e societari. Questi dati servivano per "schermarsi" da eventuali verifiche poste in essere dalle vittime quali, ad esempio visure camerali e P. IVA. Tra queste anche una nota società che gestisce diversi ristornati sul territorio nazionale.
I quattro soggetti sono stati deferiti all'A.G. per i reati di Truffa Aggravata in Concorso, Truffa Tentata in Concorso e Sostituzione di Persona.
Parma 09 Agosto 2017. Ufficio Stampa e Relazioni Esterne
Questura di Parma
Tra le attività istituzionali della Guardia di Finanza rientra la tutela della spesa pubblica che si esplica, tra l'altro, anche mediante i controlli alle cosiddette "Prestazioni Sociali Agevolate", ovvero quelle prestazioni concesse da Enti pubblici a persone con specifici profili reddituali al fine di permettere l'accesso agevolato o gratuito, ad esempio, agli asili nido, alle mense scolastiche, alle borse di studio o all'edilizia residenziale pubblica.
Parma 3 agosto 2017 - Rientrano in questo contesto anche le richieste finalizzate ad ottenere il patrocinio a spese dello Stato e le esenzioni dal pagamento del ticket per i farmaci e le prestazioni specialistiche sanitarie.
Nei giorni scorsi la GdF di Parma ha quindi svolto una serie di controlli a tappeto in materia, mediante attività di intelligence e con l'ausilio delle banche dati in uso alla Guardia Di Finanza, per scovare coloro che hanno volontariamente omesso di inserire nelle certificazioni dell'ISEE alcuni dati reddituali. I controlli irregolari in città e provincia sono stati in totale 23, svolti nei confronti di soggetti sia italiani che stranieri.
A fronte di questi controlli sono stati denunciati complessivamente sette soggetti, tre di questi, uno di Traversetolo, due di Torrile, per aver omesso di indicare parte dei redditi percepiti nell'ISEE presentata per richiedere il patrocinio a spese dello Stato, ovvero quell'istituto che garantisce il patrocinio di un avvocato alle persone che, a causa del reddito basso, non sono in grado di sostenere il costo per munirsene autonomamente.
Tra i soggetti denunciati è significativo il caso di un indagato per il reato di truffa che ha fatto istanza, nel 2015, per essere assistito da un legale a carico dello Stato, dichiarando dei redditi pari a 2.800 euro, quindi inferiori alla soglia, indicata dall'art 76 D.P.R.. 115/2002, di 11.500 euro circa, per ottenere il beneficio.
In realtà, gli accertamenti esperiti dalla Guardia di Finanza hanno consentito di accertare in capo al soggetto redditi ben oltre la soglia prevista che quindi non gli permettevano di ottenere il patrocinio a spese dello stato.
Altri controlli hanno invece riguardato il controllo delle '"autocertificazioni per la determinazione del canone sociale da applicare all'edilizia residenziale pubblica".
Si rammenta che con il termine "edilizia popolare" o "edilizia residenziale pubblica" (ERP) si intende un'iniziativa pubblica che tende a tutelare le esigenze abitative del ceto meno abbiente. All'interno dell'edilizia popolare è possibile individuare tre distinte tipologie: l'edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata.
L'edilizia sovvenzionata (anche Edilizia Residenziale Pubblica – ERP) si realizza attraverso l'ausilio dei comuni o di aziende pubbliche per la casa e consente la locazione di case a canone contenuto per i ceti più poveri.
L'edilizia agevolata è realizzata invece da privati (promotori immobiliari o cooperative edilizie) con il concorso di finanziamenti pubblici (mutui a tasso minimo/agevolati o, anche, indicizzati) ed è destinata a fornire alloggi in locazione o in proprietà a categorie sociali a reddito medio/basso.
L'edilizia convenzionata nasce da un complesso di norme ed è realizzata direttamente dai privati con copertura dei costi a carico degli stessi. Essa è sorretta da apposita convenzione tra soggetto beneficiario dell'area ed il Comune relativamente alle modalità di utilizzazione della medesima e prevede la concessione ai privati delle aree a costo contenuto e agevolazioni sugli oneri di concessione.
A Parma e a Fornovo di Taro, nel settore, sono stati multati con sanzioni amministrative di € 50.929,73 e successivamente denunciati all'Autorità Giudiziaria due soggetti per il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, per aver indicato redditi inferiori nell'ISEE.
Uno dei due, al fine di ottenere un canone agevolato per l'edilizia residenziale pubblica, ha presentato un'autocertificazione D.S.U./2014 per il calcolo dell'I.S.E.E. contenente dati non veritieri, omettendo di indicare una parte del suo patrimonio mobiliare, cioè 4 Buoni Postali dell'importo complessivo di 195.000,00 euro.
Per tali attività la G. di F. si avvale anche della collaborazione dell'ACER di Parma.
Altri controlli hanno invece riguardato la verifica dell'ISEE presentato all'Università per la determinazione dell'importo delle rate universitarie. A tal proposito è stato denunciato un soggetto di Fidenza perché, indicando redditi inferiori nell'ISEE, ha usufruito di una indebita esenzione consistente nel mancato pagamento della maggiorazione sulla II^ rata delle tasse universitarie, previsto dal Manifesto degli Studi per l'anno accademico 2012/2013 dell'Università degli studi di Parma per un ammontare complessivo pari ad € 206,58. Oltre alla denuncia, il "furbetto" in questione ha dovuto pagare una multa pari a circa 620 euro.
Un'altra persona di origine albanese ma residente a Traversetolo è invece stata deferita per aver presentato l'ISEE con redditi inferiori, al fine di ottenere l'esenzione delle rette dell'asilo nido. Come noto, infatti, i Comuni, con proprie delibere, disciplinano l'applicazione delle tariffe dei servizi scolastici ed extra/scolastici. Per usufruire delle agevolazioni il richiedente deve consegnare, all'atto dell'iscrizione ai servizi, la dichiarazione ISEE. I valori cui far riferimento per l'assegnazione del beneficio sono definiti in apposite tabelle redatte dall'Ufficio Scuola del Comune di competenza che determinano le fasce di reddito per il pagamento delle rette scolastiche.
Sono stati altrettanto incisivi i controlli sulla spesa sanitaria. Ben nove controlli irregolari, dall'inizio dell'anno sino ad oggi, nei confronti di chi ha tentato di ottenere l'esenzione del ticket sanitario indicando dati non veritieri, percependo quindi indebitamente erogazioni ai danni dello Stato. Nei loro confronti sono state irrogate sanzioni amministrative per un totale complessivo di circa 5.000,00 euro. Tra i controllati in questo settore, cinque soggetti sono di Parma, uno Torrile, uno di Noceto, uno di Felino e uno di Fornovo di Taro.
La Guardia di Finanza, visti i numeri, osserva che c'è una soglia piuttosto sostanziosa di soggetti che, pur non avendone diritto, chiedono esenzioni per le prestazioni che offre lo Stato. Questi soggetti si trovano in condizioni economiche individuali e familiari che consentono loro di poter sostenere le spese previste per il pagamento del ticket o per tutte le prestazioni sociali che, in realtà, si ricorda spettano ai cittadini che ne hanno effettivo bisogno.
Il comparto dei contributi di tipo sociale e delle esenzioni è importante sia per la tutela degli interessi finanziari degli Enti erogatori sia, soprattutto, per la difesa dell'equità sociale nella redistribuzione delle risorse pubbliche a sussidio dei nuclei familiari che versano concretamente ed effettivamente in condizioni economiche meno favorevoli.
Continueranno pertanto i controlli delle Fiamme Gialle nel settore per, da un lato, salvaguardare gli interessi finanziari degli Enti erogatori e, dall'altro, perseguire obiettivi di "equità sociale", tutelando la corretta redistribuzione delle risorse pubbliche nei confronti di chi ne abbia effettivamente diritto e bisogno e reprimendo le condotte di indebita richiesta e/o percezione di sussidi e agevolazioni.
Modenese multato in Belgio per l'acquisto di un paio di scarpe Puma non originali. I consigli di Adiconsum per evitare problemi con lo shopping on line.
Modena, 24 maggio 2017
Prima di fare shopping on line ci sono alcune cose da controllare, tra le quali la trasparenza del sito web, la sicurezza delle forme di pagamento, la competenza territoriale e la normativa da applicare in caso di controversie.
Lo consiglia l'Adiconsum – associazione consumatori della Cisl Emilia Centrale – dopo il caso di un cittadino modenese che ha comprato su Internet un paio di scarpe da ginnastica della Puma, con pagamento anticipato di 95 euro. Il prodotto, arrivato nell'Unione europea su un volo proveniente dalla Turchia, è stato sottoposto a un controllo a campione dalla dogana belga, che ne ha constatato la contraffazione. Risultato: il pacco è bloccato in Belgio e il cittadino modenese ha ricevuto una multa da 250 euro per "importazione di merce contraffatta".
«Non sarà facile per questo consumatore dimostrare la sua buona fede al momento dell'acquisto on line e di essere del tutto estraneo alla contraffazione di un marchio noto in tutto il mondo – spiega Adele Chiara Cangini, responsabile Adiconsum Emilia Centrale – Per questo ribadiamo che chi ricorre al commercio elettronico deve prendere alcune precauzioni, perché dietro l'apparente convenienza dell'acquisto a volte si nasconde la fregatura».
Come evitare problemi con lo shopping on line
Innanzitutto l'associazione consumatori della Cisl Emilia Centrale consiglia di prestare attenzione alle caratteristiche del sito, che deve contenere informazioni precise sull'identità del professionista (recapiti telefonici, e-mail, sede legale). Il bene oggetto di vendita deve essere descritto, indicare il prezzo comprensivo di tasse, spese di trasporto ecc. Bisogna chiarire la modalità di pagamento (meglio utilizzare carte di credito prepagate o altri sistemi come paypal), quella di consegna e recesso.
Un'ulteriore verifica riguarda la policy privacy, ovvero il documento sul trattamento dei dati personali (nome, cognome, e-mail, ecc.).
«Se questi elementi non sono presenti - avverte la responsabile di Adiconsum - il sito non presenta le garanzie di affidabilità necessarie per una compravendita sicura».
Numerosi casi di consumatori ingannati
Sono frequenti anche a Modena i casi di consumatori ingannati. Nel recente passato un cittadino modenese ha acquistato su un noto sito web materiale risultato alla consegna completamente difforme dalle fotografie postate dal venditore e, oltretutto, giunto a destinazione parzialmente rotto. Un altro consumatore ha effettuato un bonifico a titolo di anticipo per l'acquisto di un'auto; acquisto mai perfezionato perché successivamente il c/c è stato chiuso e il venditore risulta inesistente. Una persona che ha commissionato il trasporto di un veicolo da una città a un'altra e ha poi dato disdetta nei tempi dovuti, ha subìto una penale non giustificata.
L'azione di Adiconsum non si limita ad aiutare l'utente nella procedura di disdetta o nella richiesta di risarcimento per prodotto difettoso. Quando riceve una segnalazione, l'associazione consumatori della Cisl verifica che il sito possieda i requisiti necessari. Nel caso di carenze essenziali o truffe, la segnalazione viene inoltrata all'Adiconsum nazionale, la quale denuncia il sito alle autorità competenti.
Due truffatori dicevano di duplicare banconote grazie a un portentoso liquido. Ecco come avveniva la truffa.
di A.K.
Reggio Emilia, 3 Maggio 2017
Convincenti dovevano esserlo per forza, se riuscivano a farsi affidare i risparmi per clonarli.
Questo era quanto promettevamo ai negozianti che, puntualmente ci cascavano, nella convinzione di vedersi moltiplicati i risparmi. Veniva loro spiegato, mostrando tanto di strumenti miracolosi come provette, che, immergendo le banconote vere, sovrapposte a un foglio bianco delle stesse dimensioni, in un liquido, 'magicamente' sarebbero state riprodotte.
A scoprire la truffa sono stati i carabinieri di Novellara, nel Reggiano, che hanno indagato su dieci commercianti contattati dai due imbroglioni.
Un paio di negozianti sono effettivamente caduti nella loro rete, consegnando per la 'duplicazione' uno 23.000 euro, l'altro 19.000, per poi rimanere con in mano fogli di carta straccia, abilmente sostituiti per tempo con le banconote vere.
I militari dell'Arma sono risaliti velocemente ai responsabili del raggiro. Si tratta di due camerunensi di 47 e 43 anni, abitanti a Bologna, che sono stati denunciati per concorso in truffa.
I carabinieri li hanno ritrovati in paese a un paio di mesi dai primi colpi, probabilmente alla ricerca di altri 'clienti'. Avevano tra l'altro con loro provette 'magiche' identiche a quelle sequestrate due mesi fa per mettere a segno le truffe e sono stati poi riconosciuti dalle vittime.
L'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni mette in guardia e segnala i siti online che propongono polizze r.c.auto temporanee false. Di seguito alcuni segnali d'allarme per riconoscere i siti irregolari.
13 marzo 2017
Sono in aumento i casi di polizze r.c.auto temporanee false, proposte on line da siti irregolari. L'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS) mette in guardia i consumatori su questo tipo di truffa e sui rischi che si corrono. Questi siti irregolari offrono delle polizze di breve durata, da pochi giorni a pochi mesi, presentandole come proposte vantaggiose per chi usa l'automobile solo per brevi periodi di tempo o per chi deve ritirare il veicolo e farlo immatricolare. Spesso vengono utilizzati nomi di imprese di assicurazione inesistenti o vengono sfruttati impropriamente nomi di imprese regolari o di intermediari regolarmente iscritti. Attratti dalle prospettive di risparmio, facilmente si cade nella rete-truffa ma il rischio è di guidare senza copertura, di vedersi sequestrare il veicolo o ritirare la patente o di essere esposti a richieste in caso di sinistro.
Tra i più recenti casi scoperti e segnalati dall'Ivass, i seguenti siti:
· assitempo.it
· contibroker.it
· assicurazionibrevi.it
· studiobovio.com
· assipuntodrive.com
· galloassicurazioni.com
Possibili segnali di allarme
1) assenza sul sito web dei dati identificativi dell'intermediario assicurativo, e cioè del soggetto autorizzato dalla legge a distribuire polizze di assicurazione. Sul sito devono essere presenti l'indirizzo della sede, recapiti telefonici e postali, compresa la PEC, il numero e la data di iscrizione al RUI (il Registro tenuto dall'IVASS degli intermediari assicurativi e riassicurativi con sede o residenza in Italia), l'indicazione che l'intermediario è soggetto al controllo dell'IVASS. Per gli intermediari UE iscritti nell'Elenco annesso deve essere indicata anche l'eventuale sede secondaria e il possesso dell'abilitazione all'esercizio dell'attività in Italia, con indicazione dell'Autorità di vigilanza dello Stato membro d'origine. Poiché i dati possono essere presenti, ma falsi, è bene controllare la corrispondenza dei dati sul RUI o sull'Elenco annesso.
2) Presenza del sito nell'Elenco dei siti web irregolari pubblicato dall'IVASS;
3) Assenza sul sito del nome dell'impresa assicurativa che emette la polizza;
4) Nome di un'impresa di assicurazione che non compare nell'Elenco delle imprese italiane né nell'Elenco delle imprese estere ammesse ad operare nella r.c.auto.
In caso di dubbi meglio contattare l'impresa assicurativa (non utilizzando i recapiti presenti sul sito, ma cercandoli altrove) per avere conferma della regolarità dell'operazione proposta e qualsiasi necessità di assistenza rivolgersi al Contact Center IVASS, numero verde 800-486661 dal lunedì al venerdì dalle 8:30 alle 14.30.
È l'ultima trovata per "spillare" agli utenti il credito telefonico, con addebiti in bolletta che, in alcuni casi, sono arrivati a diverse centinaia di euro. Sono i cosiddetti "servizi in abbonamento", che si attivano senza che l'utente li abbia richiesti. Nella maggior parte dei casi, infatti, è bastato "navigare" su normalissimi siti per ritrovarsi abbonati. Ospitiamo la testimonianza della scrittrice Eliselle.
Di Manuela Fiorini & Eliselle
La maggior parte degli utenti se ne accorge perché riceve un sms che lo avvisa che il suo abbonamento è stato attivato al costo di 5 euro a settimana. Il tempo (perso) di telefonare al gestore, capire come disattivare il servizio e...voilà! I 5 euro hanno preso il volo. I meno fortunati, invece, non ricevono nemmeno l'sms di avviso e si ritrovano ogni settimana con 5 euro (a volte anche 7) di meno sul cellulare. I più sfortunati ancora, che ricevono periodicamente la bolletta telefonica, invece, possono scoprirsi "alleggeriti" anche di diverse centinaia di euro.
Quella dei servizi in abbonamento indesiderati è la nuova frontiera della truffa, legalizzata (finora), dal momento che non esiste ancora una legislazione a riguardo, che coinvolge gli abbonati delle principali compagnie telefoniche (TIM, Vodafone, Wind e Tre). Sono proprio queste che, a fronte di un guadagno, stipulano accordi commerciali con società terze che offrono servizi a pagamento che spaziano dai giochi alle suonerie, dalle previsioni meteo a video e foto erotiche. Fin qui non ci sarebbe nulla di male. Basterebbe scrivere ben chiaro che l'utente sta acquistando un servizio a pagamento, chiedere conferma, magari facendogli inserire il proprio numero, per verificare che non abbia cliccato accidentalmente il link e non desideri effettivamente quel servizio...invece no. E qui scatta il comportamento fraudolento. Perché molti "nuovi abbonati" (loro malgrado) stavano semplicemente navigando su internet con il proprio cellulare. C'è chi è finito per caso su un banner, chi non ha cliccato proprio nulla, e chi si è visto reindirizzare su una schermata dalla quale è subito uscito...Tutti, però hanno avuto la medesima sorte, quella di ritrovarsi abbonato a un servizio non richiesto. La pratica, che nel linguaggio informatico si chiama malvertising, consente addirittura di simulare il click dell'utente per "giustificare" la richiesta di abbonamento al servizio. E tutto senza che le compagnie telefoniche muovano un dito per tutelare i loro clienti.
Tra gli abbonati "a loro insaputa", c'è anche la scrittrice Eliselle, che ci ha mandato la sua testimonianza, che riportiamo di seguito.
Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa. In Italia, invece, ogni mattina, quando un consumatore si sveglia, la prima cosa a cui deve pensare è a come sfuggire alla nuova truffa che è stata inventata e messa in atto alle sue spalle senza che lui ne avesse minimamente sentore.
Nello specifico, questa mattina, mi alzo al solito orario, e come mio solito do un'occhiata al cellulare, trovando ad attendermi un bel messaggio nella cartella dei messaggi ricevuti che recita così: Da MobilePay, GOcontent: abbonamento attivato. Costo 5 euro a settimana.
Ora di ricezione, le 2.11 del mattino.
La consapevolezza di trovarmi davanti a un servizio attivato di mia volontà o anche solo per errore non mi è nemmeno passata per l'anticamera del cervello: a quell'ora non stavo navigando, non stavo maneggiando il cellulare né ricevendo o facendo chiamate, ma me la stavo dormendo della grossa dopo una serata passata piacevolmente fuori con delle amiche a festeggiare i nostri compleanni. E come capita sempre ormai in automatico in queste situazioni, tipo quando ricevo chiamate da numeri che non risultano sul mio radar e si scoprono essere call center fraudolenti, vado su Google e scrivo l'unica parola che mi sembrava sensato dover cercare per scoprire quale grana mi era arrivata da risolvere questa volta: GOcontent. Come immaginavo, si apre un mondo di risultati che recitano più o meno tutti così:
GoContent è un servizio offerto da BBENGO s.r.l con sede legale in Via Isole Samoa 15, Roma ed è disponibile per compagnie di telefonia mobile, TIM, Vodafone, Wind e H3G riservato ad un pubblico maggiorenne. Il servizio è un m-site per video che offre la possibilità di scaricare contenuti multimediali ottimizzati per dispositivi mobili, a scopo di intrattenimento.
Il problema è che, come andremo a leggere in alcune delle esperienze dirette raccolte nei commenti nessuno (o quasi) chiede spontaneamente l'attivazione dei servizi sopracitati e, soprattutto, al momento dell'attivazione il tutto non viene minimamente notificato da parte dei servizi (ad esempio tramite un SMS di avvenuta sottoscrizione).
"Oggi 02/02/2017 ho ricevuto sul cellulare il messaggio "GOcontent abbonamento attivato.Costo 5E a settimana" mai richiesto. Chiedo come è possibile disattivare tale abbonamento ed avere relativo rimborso e come fare se ricapita", chiede un utente.
"30.01.2017. GOcontent (Chiamata fraudolenta) daniela - sono dei ladri truffatori. Mi sono trovata un msg in cui venivo informata di avere attivato un servizio -cosa non vera- a 5 euro a settimana. Ho provato a chiamare il nr 02 899 83 618 per ben 2 volte e dopo essere stata al telefono per oltre 5 minuti ho inviato una mail a selfcare.mobilepay.it Attendo notizie non ancora pervenute". Testimonia un'altra.
"Il numero di telefono 02 899 83 618 ha una valutazione negativa. Abbiamo 16 valutazioni e recensioni per questo numero. 14 degli utenti lo hanno marcato con negativa valutazione, un utente con neutra valutazione e un utente con positiva valutazione. Questo numero di telefono è segnato come 8x Call center, 3x Chiamata fraudolenta, 2x Chiamata non richiesta, 1x Servizi finanziari, 1x Servizio, 1x Operatore di telemarketing", si legge su Tellows, uno dei principali siti di recensione e denuncia dei numeri truffa o indesiderati.
Nella ricerca, finisco su diversi siti web di tutela di consumatori che spiegano esattamente come devo fare per procedere a chiedere cancellazione e rimborso, così, alle 8 del mattino, quando dovrei riprendermi con calma dal sonno, fare colazione e cominciare bene la mia giornata, mi ritrovo a chiamare il numero indicato sull'sms di attivazione (che io, come tutti gli altri prima di me, non avevo mai richiesto). Mi risponde la vocetta preregistrata che mi dice che gli operatori non arrivano prima delle 9 del mattino, e che mi invita a richiamare "nell'orario di lavoro".
Faccio colazione, mi preparo, vado al lavoro.
Alle 9 in punto rifaccio la chiamata, mi mettono in attesa, e dopo un po' mi risponde una fanciulla a cui impongo di rimuovere immediatamente il servizio dal mio abbonamento telefonico, e a cui chiedo le modalità di rimborso per un servizio mai richiesto. Risposta: "Non esistono modalità di rimborso." Col cavolo che vi lascio i miei soldi, penso io. Butto giù il telefono, torno a cercare in rete. Il metodo più veloce consigliato pare venire da un sito di tutela che si occuperebbe tramite un form di aprire una pratica di rimborso, ma dato che chiede troppi dati sensibili non me la sento e cerco un metodo alternativo: chiamare il mio operatore telefonico (in questo caso TIM), parlare con un operatore e richiedere in direttissima il rimborso dei 5 euro. Ma è evidente che parlare con il call center della TIM è diventato impossibile, ci sono addirittura siti che ti consigliano numeri e formule magiche per guidarti nei meandri delle risposte preregistrate e preconfezionate e tentare di arrivare a un umano (o quantomeno un umanoide) che ti risponda con una voce reale, a cui puoi spiegare che cosa è successo, a cui chiedere come risolvere il problema senza chiamare lo spirito di Salvatore Aranzulla a proteggerti. Niente. Anche così, risulta tutto inutile.
Così leggi che sulla pagina facebook ufficiale della TIM ci sono operatori che ti rispondono ai messaggi privati e ti risolvono il problema: basta mettere nome, cognome, codice fiscale, numero e reclamo e nel giro di un'oretta o poco più qualcuno in teoria dovrebbe dirti cosa è accaduto e appianare la questione. Tentar non nuoce, dicono. Così, tento. In effetti, scrivo un messaggio alle 9.55 allegando anche la schermata del cellulare che attesta l'arrivo dell'sms, chiedendo rimborso e blocco di questi servizi sul mio numero di cellulare, e ricevo una gentile risposta alle 12.27 che conferma le mie richieste.
Ora. Il problema è che ho perso una mattinata per cancellare un servizio che non avevo richiesto e recuperare soldi che non ho mai avuto intenzione di spendere, sottratti in modo subdolo, con un metodo che sul web viene definito senza mezzi termini truffa da chiunque ne parla. Chi mi rimborsa le 4 ore di tempo e le telefonate che ho fatto? Perché a questo punto diventa una questione di principio. E non c'è modo di tutelarsi davvero da queste società, che col beneplacito delle aziende telefoniche attivano abbonamenti a destra e a manca senza chiedere il permesso: sono stata fortunata perché me ne sono accorta subito, ma facendo ricerche in rete ho trovato testimonianze di gente a cui sono state scucite migliaia di euro perché non si sono resi conto per mesi dell'addebito in bolletta, con conseguente accumulo della spesa mai richiesta.
Insomma, mentre in Africa la gazzella è ben consapevole che tutte le mattine dovrà correre più veloce del leone o verrà uccisa, in Italia i consumatori non possono mai sapere che cosa li aspetta, perché i truffatori sono sempre un passo avanti a loro".
Per cercare di "salvare il salvabile" il consiglio è quello di non chiamare i numeri di telefono contenuti nel messaggio di conferma di attivazione dell'abbonamento, poiché potrebbero essere anch'essi a sovraprezzo. Si deve invece contattare immediatamente il proprio gestore telefonico (119 per TIM, 190 per Vodafone, 155 per Wind, 133 per Tre) e richiedere: la disattivazione del servizio indesiderato, il rimborso dell'importo, il blocco permanente di tutti di servizi digitali a pagamento.
Molte compagnie sono restie a concedere il rimborso, soprattutto se è passato parecchio tempo dall'avvenuto pagamento (eh, sì, il povero utente si è accorto tardi della truffa ai suoi danni). È bene non mollare la presa e insistere. Nel caso il rimborso non venga concesso ci si può rivolgere al CO.RE.COM della propria regione, o altra associazione di consumatori, per avviare un tentativo di riconciliazione ai sensi del regolamento 173/07/CONS, relativo alla risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazione telefoniche.
L'uomo si aggirava asserendo di raccogliere fondi per una associazione Onlus cattolica avente lo scopo di sostenere persone disagiate e bambini abbandonati: denunciato dalla Guardia di Finanza di Parma.
Parma, 27 febbraio 2017
La Guardia di Finanza di Parma ha denunciato alla locale Procura della Repubblica un 60enne disoccupato di origini campane per il reato di truffa.
I militari sono intervenuti nella zona antistante l'ingresso dell'Ospedale Maggiore di Parma, su segnalazione giunta al numero di pubblica utilità "117", da un addetto alla sicurezza della struttura che ha segnalato la presenza di un individuo sospetto che si stava aggirando in zona, asserendo di raccogliere fondi per una associazione ONLUS cattolica avente lo scopo di sostenere persone disagiate e bambini abbandonati.
A quel punto i finanzieri intervenuti sul posto hanno identificato il soggetto e, a seguito degli accertamenti effettuati, hanno constatato che l'uomo non lavorava in realtà per nessuna Onlus.
Infatti dalla perquisizione personale sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro un blocchetto di ricevute, alcune decine di euro derivanti dalla raccolta fondi, un tesserino con data di validità scaduta e alcuni volantini di una associazione ONLUS cattolica operante a Milano, che l'uomo utilizzava per trarre in inganno gli ignari cittadini per percepire somme di denaro in donazione.
Il soggetto è risultato avere a carico numerosi precedenti penali specifici proprio per truffa e, da un confronto avuto con il presidente della Onlus, si è appreso che il soggetto da tempo non era autorizzato a raccogliere fondi in nome e per conto dell'Associazione.
Il fenomeno delle false raccolte di fondi per scopi benefici si ripete spesso in provincia ed i luoghi preferiti sono i parcheggi dei centri commerciali e case di cura.
Il cittadino, in caso di dubbio, potrà, come in questo caso, chiamare la Guardia di Finanza per la segnalazione al fine di individuare soggetti poco raccomandabili che approfittano della buona fede e della generosità dei cittadini.
M.T. 49enne residente a Reggio Emilia si spacciava titolare di un'agenzia per il disbrigo pratiche per stranieri. Indagato dalla Polizia di Stato per 58 truffe in danno di cittadini guineani che tentavano di ottenere il nulla osta per lavoro subordinato stagionale.
20 febbraio 2017
Sono coordinate dalla Procura della Repubblica di Modena le indagini condotte dalla Squadra Mobile su un giro di truffe in danno di cittadini stranieri che richiedevano il nulla osta all'ingresso sul territorio nazionale per lavori stagionali.
Le indagine scaturite da una denuncia, presentata a gennaio scorso, da parte di un cittadino straniero, in regola sul territorio nazionale, che ha segnalato le truffe consumate da un italiano M.T. di 49 anni, residente a Reggio Emilia, che spacciandosi titolare di un'agenzia per il disbrigo pratiche per stranieri prometteva il rilascio di visti per lavoratori stagionali in agricoltura.
Sono al momento 58 i cittadini guineani truffati dall'uomo. La truffa consisteva nella falsa emissione di nulla osta all'ingresso sul Territorio Nazionale che l'uomo spediva agli interessati contro pagamento di denaro. Il pagamento delle somme avveniva rateizzato, 250,00 euro al momento del deposito della falsa pratica, 500,00 euro al rilascio del nulla osta telematico e 500,00 euro all'arrivo in Italia.
Sono stati gli accertamenti incrociati effettuati dall'ambasciata italiana a far emergere alle vittime, inconsapevoli dell'avvenuta truffa, l'inesistenza di un nulla osta necessario per l'ottenimento del visto per lavoro stagionale.
Questa mattina in sede di perquisizione domiciliare, avvenuta a Bagno (RE), è stato rinvenuto tutto il materiale utilizzato dall'uomo: timbri, moduli in bianco della Prefettura di Verona; nulla osta telematici.
Nel corso della perquisizione sono emersi anche altri documenti riguardanti cittadini stranieri di altre nazionalità che, probabilmente, sono incorsi nella medesima truffa.
M.T. risulta avere precedenti in materia di truffe.
La Questura comunica a tutti che nelle attività di nulla osta per l'ingresso sul territorio nazionale i relativi visti passano attraverso lo Sportello Unico per l'Immigrazione istituito presso tutte le Prefetture e che non vi sono soggetti o agenzie abilitati al rilascio di visti e che, pertanto, chiunque propone facilità nel rilascio delle documentazioni potrebbe essere un truffatore come nel caso di M.T.
Creavano aziende 'pulite' per farvi confluire i milioni sottratti a fisco e creditori. La Guardia di Finanza scopre un "buco" di 4,5 milioni di euro e arresta due imprenditori modenesi.
di Alexa Kuhne
Modena, 3 febbraio 2017
Svuotavano le società in fallimento trasferendo i beni in società "pulite", create ad hoc: con questo meccanismo sono stati sottratti a creditori ed erario oltre tre milioni di euro.
Lo scopo di due imprenditori modenesi è stato ben presto chiaro: avviare una società, indebitarla verso i fornitori, verso il fisco e gli enti previdenziali, svuotarla cedendo le attività ad un'altra società appositamente costituita.
Il passaggio successivo era poi quello di occultare la contabilità in modo da non consentire la ricostruzione delle operazioni commerciali realizzate e la destinazione del denaro sottratto.
L'attività di indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Modena, coordinata dal sostituto procuratore Marco Imperato, ha portato all'individuazione di cinque persone che sono state indagate per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ed evasione fiscale per omesso versamento delle ritenute IRPEF dei dipendenti.
Le Fiamme gialle modenesi hanno eseguito questa mattina un'ordinanza di misure cautelari nei confronti di due imprenditori e stanno perquisendo quattro abitazioni e sei aziende, procedendo al sequestro preventivo di un milione di euro, frutto dei reati tributari contestati. Le indagini, tuttora in corso, sono scaturite dal fallimento di una locale industria esercente l'attività di fabbricazione di trattori agricoli. La polizia giudiziaria ha individuato operazioni e fatti aziendali connotati dall'obiettivo di privare del patrimonio l'azienda fallita per lasciare a bocca asciutta creditori ed erario, attraverso la commissione di bancarotta patrimoniale e documentale, unitamente a paralleli reati tributari.
Il creditore maggiormente colpito dalla bancarotta di 4,5 milioni di euro è risultato Equitalia per debiti fiscali e previdenziali accumulati dalla fallita.
In particolare, le condotte ascritte agli indagati e ai soggetti ora agli arresti domiciliari riguardano fatti relativi sia all'impresa fallita sia alla governance della Newco appositamente costituita per fabbricare sempre macchine e altro materiale meccanico e con lo stesso personale dipendente, nel frattempo migrato dalla società fallita.
Dopo la costituzione della Newco, i truffatori hanno progressivamente svuotato la vecchia azienda, così da renderla non aggredibile dai creditori, compreso l'erario, simulando il trasferimento alla Newco dei beni aziendali, quali avviamento, clientela, know-how, attrezzature, rimanenze, della società in fallimento, gravata da debiti milionari.
Per ostacolare l'accertamento delle condotte illecite poste in essere, gli amministratori della fallita non hanno esibito, né al curatore, né alle Fiamme gialle, le scritture contabili obbligatorie necessarie per la ricostruzione dei reali rapporti gestionali: ciononostante, dai controlli incrociati, anche di natura finanziaria, è emerso come, in alcuni casi, non sarebbero avvenuti pagamenti mentre nel caso della vendita di un capannone aziendale la maggior parte dell'importo pagato alla fallita sarebbe stato dirottato su conti personali degli indagati.
In tal modo i responsabili della truffa non solo hanno arrecato danno patrimoniale derivante dai debiti non onorati, ma hanno anche omesso di pagare i debiti fiscali, contributivi e previdenziali delle società a loro riconducibili, procurando anche un illecito vantaggio competitivo in danno della libera e leale concorrenza di mercato.
L'ulteriore conferma dell'intento fraudolento perseguito dagli indagati si è avuta nel corso dei successivi sviluppi investigativi che hanno consentito ai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Modena di individuare una terza società, sempre con analogo oggetto sociale, fondata sulle ceneri della precedente Newco che, nel frattempo, era già entrata in stato di dissesto.
Ecco come un imprenditore agricolo ha ottenuto 250.000 euro grazie a contratti di affitto falsi. La Guardia di Finanza di Piacenza ha scoperto la frode e denunciato 4 persone all'autorità giudiziaria.
di Alexa Kuhne
Piacenza, 1 febbraio 2017
Contratti falsi di locazione all'insaputa dei veri proprietari terrieri per intascare fondi europei: con questo ed altri espedienti un imprenditore agricolo piacentino aveva messo in moto un ingranaggio per ricevere indebitamente contributi dall'Unione europea.
L'agricoltore era già riuscito a ottenere incentivi per 250mila euro, con la connivenza di tre collaboratori.
La frode a danno del bilancio dell'Ue è stata scoperta dalla polizia giudiziaria che ha denunciato i 4 per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falsità materiale commessa dal privato in atto pubblico.
A finire nella rete dei militari del nucleo di polizia tributaria, coordinati dal sostituto procuratore della repubblica, Emilio Pisante, oltre all' imprenditore piacentino, altri tre complici, un suo conoscente e due impiegati di altrettanti centri di assistenza agricola, organismi privati cui gli agricoltori si rivolgono per istruire le domande di aiuto.
Il controllo di un finanziamento erogato a favore di un'azienda piacentina per il possesso di terreni agricoli destinati sia alle colture che ai pascoli, ha consentito alle Fiamme gialle di rilevare diverse violazioni sia di carattere penale che amministrativo legate alla mancanza dei requisiti necessari per usufruire dei benefici.
In alcuni casi, l'agricoltore ha richiesto e percepito i contributi senza averne alcun diritto, poiché privo dei titoli di conduzione dei terreni o perché utilizzava gli stessi per finalità diverse da quelle agricole.
In altri casi, invece, ha beneficiato degli incentivi su fondi rustici acquisiti previa stipula di contratti di affitto falsi: i terreni sui quali chiedere l'aiuto gli venivano proposti da un conoscente che li spacciava come propri, dopodiché, con quest'ultimo, provvedeva a stipulare i falsi contratti di locazione, all'insaputa dei reali proprietari delle superfici.
Il tutto avallato dai due impiegati dei centri di assistenza agricola, che hanno predisposto le relative domande di aiuto.
I 4 responsabili sono stati deferiti all' autorità giudiziaria, mentre in capo all'imprenditore e' stata contestata e segnalata all'agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura l'indebita percezione di contributi pari a circa 250.000 euro.
A carico dello stesso, del privato connivente e degli operatori dei centri di assistenza agricola sono state comminate, inoltre, sanzioni amministrative per complessivi 500.000 euro.
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