Dall'AVRI, Associazione Vittime Riunite d'Italia, riceviamo la conferma dell'avvenuto trasferimento di Guelin Fang, il cinese che ha brutalmente assassinato Filomena Cataldi lo scorso 22 agosto a San Polo di Torrile, nella struttura sanitaria (NON carceraria) del REMS di Mezzani. Una struttura da dove, peraltro, non è difficle allontanarsi...
A sguire il comunicato di AVRI.
"Arriva l'ufficialità a mezzo sentenza, di un'ulteriore devastante notizia per i familiari di Filomena Cataldi. Il cinese che l'ha brutalmente assassinata è già detenuto da tempo presso la Rems di Mezzani; struttura famosa per le continue fughe dei suoi residenti. Il soggetto dalla "evidenziata pericolosità" così come affermato anche dai giudici, è stato accontentato nella sue richiesta di essere detenuto proprio a Casale di Mezzani, per poter rimanere vicino alla famiglia e continuare quindi a vedere moglie e figli. Non è stato tenuto in considerazione però, il volere della famiglia Cataldi,che fino a prova contraria, dovrebbe la parte lesa, che non avrebbe voluto vedere "detenuto a metà" l'assassino, già giudicato incapace d'intendere e di volere, e quindi assolto. Da tempo ci si era battuti per tenere lontano dalla REMS di Casale di Mezzani un soggetto così pericoloso. Abbiamo cercato di tutelare in ogni modo oltre al volere della famiglia,insieme al gruppo Amo Colorno, anche la sicurezza del territorio.
Ricordiamo che da tale struttura era evaso anche Solomon Niantakyi che uccise brutalmente a coltellate la madre (26 coltellate) e la sorellina (18 coltellate). Il ghanese fu recuperato alla stazione di Colorno mentre attendeva il treno, anche se di portata inferiore, a livello di pericolosità, ultimamente si è registrata un'altra fuga, subito bloccata dagli addetti. E' facile immaginare cosa potrebbe succedere se un soggetto di tale pericolosità sociale riesca ad evadere e ad andarsene in giro per le nostre strade.
La scelta fatta la riteniamo inconcepibile. Insieme ai ragazzi di Colorno, chiediamo con convinzione la chiusura della struttura di Casale di Mezzani e la sua riconversione atta ad una gestione esclusivamente sanitaria e non detentiva. Lo faremo in nome di Filomena. Lo faremo in nome delle volontà della famiglia Cataldi.
A livello nazionale, abbiamo ritenuto opportuno sensibilizzare il Parlamento, tramite alcuni parlamentari per chiedere di ridiscutere tutto il sistema REMS per noi non garante di sicurezza.
Domenico Muollo
Referente per l'Emilia
Associazione Vittime Riunite d'Italia"
(Filomena Cataldi)
Il gruppo AMO - COLORNO ha deciso di scrivere alle più alte cariche dello stato per ciò che sta accadendo in merito alla vicenda di Filomena Cataldi, brutalmente assassinata da un vicino di casa di origini cinesi a San Polo di Torrile. La missiva è stata indirizzata al presidente della repubblica Sergio Mattarella e ai ministri Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Nello scritto si chiede di intervenire sulle leggi attuali, al fine di garantire pene certe per gli autori di femminicidi, indipendentemente dall'eventuale capacità di intendere e volere, intervenendo anche sul caso proprio di Filomena, e l'istituzione di un fondo governativo per il pagamento delle spese legali in favore delle famiglie delle vittime, da elargire come si fa con il patrocinio gratuito per gli aventi diritto.
Dopo un lungo colloquio con Rosangela (la sorella di Filomena), membra di AMO - COLORNO, si è deciso di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per far si che ciò che accade alla famiglia Cataldi, non capiti più. Rosangela sta attraversando un momento terribile, e nonostante ciò deve farsi forza per cercare di "consolare" le sofferenze dei genitori settantenni e di sua figlia, che da un pò di tempo non riesce più a dormire la notte e che ha iniziato a frequentare uno psicologo temendo di subire la stessa sorte della zia. Rosangela è una ragazza forte e di cuore che ha visto spegnere il suo sorriso perdendo una delle persone più importanti della sua vita. Per lei Filomena era tutto, era più di una sorella. Era un'amica, una confidente, la metà del suo cuore e il suo ossigeno. La sua perdita è stata la fine di un bellissimo percorso d'amore famigliare; la perdita di due vite anziché di una sola. La fine di una bellissima favola.
Filomena manca da morire ai suoi cari e anche a tutti noi del territorio di Colorno e Torrile. Una mancanza che sente anche chi non la conosceva, continuandosi quotidianamente a chiedersi perchè tanta violenza e crudeltà nei confronti di una donna poco più che quarantenne, dal fisico esile e dal carattere gentile che mai avrebbe fatto male ad una mosca. Il dolore non se ne vuole andare e il giudizio della legge è stato crudele. E' come se Filomena fosse stata uccisa per la seconda volta". Il suo assassino è stato riconosciuto completamente incapace d'intendere di volere e quindi non farà nemmeno un giorno di carcere. Farà l'ergastolo presso una struttura REMS e alla famiglia di Filomena toccherà pagarsi addirittura le spese legali. Pensiamo che non sia giusto tutto questo. Che non sia giusto che la famiglia debba pagare un prezzo ancora più alto di quello che già ha dato.
Auspichiamo nella sensibiltà delle istituzioni perchè le famiglie di queste atroci disgrazie non possono e non devono essere lasciate sole. Hanno bisogno della vicinanza dello stato.
Il gruppo Amo Colorno
18/12/2018
Aveva tentato di uccidere la moglie, prima sparandole in viso con un apistola detenuta illegalmente, poi con un forcone e infine, nel tentativo di fuggire era caduto da una altezza di circa 8 metri ferendosi gravemente.
Non ce l'ha fatto Carlo Pibiri, il sessanteseienne di Parma che alle 5 di domenica scorsa, nella casa di Martorano, aveva tentato di sopprimere la compagna 52enne, ed è spirato ieri al reparto di rianimazione dell'Ospedale di Parma dove era stato trasportato d'urgenza.
Durante le prime ore della mattina di Domenica 15 Luglio 2018 si è consumato un tentativo di omicidio, da parte di un uomo, ai danni della compagna di lunga data, all'interno della propria abitazione sita in Strada Argini Enza, 71.
di redazione Martorano (PR) - Intorno alle 5.00 della mattina di ieri, a seguito di litigio, la donna scappava dalla camera matrimoniale per cercare rifugio nella camera da letto delle figlie dove veniva raggiunta dal compagno P.C., classe 1952, originario di Cagliari, il quale esplodeva un colpo di pistola colpendola al volto.
Svegliati dall'esplosione i figli maschi hanno trovato il loro padre sul ballatoio, ancora con l'arma in mano, lo affrontavano e riuscivano a disamarmarlo uscendo indenni da un nuovo colpo che partiva dall'arma e coliva il soffitto. Ma il raputs omicida dell'uomo non si è placato e imbracciato un forcone si è diretto nella camera delle figlie nel tentativo di "finire il lavoro" inizato sulla propria compagna, P.A. classe 1966, da Reggio Emilia.
Il pronto intervento dei figli maschi riusciva nuovamente a disarmare il genitore che questa volta ha tetato la fuga dopo aver appreso che avrebbero chiamato il 113.
Allertati dal 118, gli uomini della Squadra Volante, si precipitavano sul posto dove, appreso dai figli della coppia di quanto accaduto, avuta notizia della presenza di armi da fuoco ed accertato che l'uomo si era barricato in una vicinissima costruzione dalla quale potenzialmente avrebbe potuto ancora colpire, hanno creato un corridoio di sicurezza per i militi del 118, affinché questi ultimi potessero fornire soccorso alla donna ferita al volto.
Permesso ai militi di evacuare la vittima, gli operanti, tenendo al riparo tutti i presenti, si concentravano sulla villa padronale nella quale P.B. aveva trovato riparo. Nel frattempo l'uomo si era spostato sul tetto minacciando di gettarsi nel vuoto e contestualmente ingeriva del liquido da un contenitore che aveva in mano, che in seguito si scoprirà essere liquido detergente.
Nel tentativo di bloccare l'uomo e di impedirne il minacciato suicidio, gli operatori sfondavano, con non poche difficoltà, le porte di accesso alla villa ma dal tetto, il P.C. nel frattempo si era spostato nella zona retrostante scivolando e precipitando per 8 metri sul terrazzo sottostante.
Gli operatori delle Volanti entrati nella costruzione, hanno quindi raggiunto l'uomo, dopo avere ivelto e forzato porte e persiane, constatando la gravità delle sue condizioni.
Sul posto gli operatori della Squadra Volante, ricostruivano tutta la vicenda mediante l'escussione di tutti i presenti, i 4 figli della coppia e la fidanzata di uno di essi e recuperavano l'arma da fuoco con la quale P.C. aveva sparato alla moglie nel tentativo di ucciderla.
L'arma risultava essere una pistola semiautomatica cal. 7,65, avente matricola abrasa arma che veniva sequestrata anche per i successivi accertamenti inerenti la provenienza
Sul posto, oltre a personale della Squadra Volante, si sono recati anche il funzionario reperibile della Questura, Dott. MASTORCI e, poco dopo anche il P.M. di turno, Dr.ssa Daniela NUNNO che assumeva il coordinamento delle indagini.
Al termine di tutte le attività di sopralluogo svolte dalla Polizia Scientifica, di repertazione e di ascolto dei testi, P.C. veniva tratto in arresto per tentato omicidio e per detenzione abusiva di arma clandestina e ricettazione, attualmente piantonato dalla Polizia Penitenziaria presso il locale Ospedale Maggiore.
Nel corso della vicenda nessun'altra persona riportava lesioni, eccezion fatta per uno dei figli che, nel tentativo di disarmare il padre, riportava una leggerissima ferita nell'incavo di una delle mani.
Alla base del folle gesto parrebbero esserci dissapori familiari ancora in fase di valutazione.
Al momento la donna risulterebbe essere fuori pericolo mentre le condizioni del compagno risulterebbero ancora gravi.
Alle porte del cetro storico di Piacenza, una donna è stata trovata assassinata nel proprio appartamento di via Dante. L'ANSA riferisce che la tragedia è accaduta davanti al figlio diciassettenne che ha chiamato la Polizia.
Il marito, fuggito in un primo momento, alla fine si è costituito.
I killer passionali quasi sempre sono persone di sesso maschile molto vicine alla vittima. Mariti, figli, padri. Ma perchè un uomo uccide una donna?
di Paolo Mario Buttiglieri Piacenza 9 novembre 2017 - Quasi sempre è il rifiuto della donna a fare qualcosa che il maschio pretende da lei. E cosa pretende il maschio killer da una donna? Disponibilità a fare sesso, soldi, proprietà immobiliari, comportamento da schiava e disponibilità totale a fare da badante tuttofare per il maschio padrone possibilmente gratis cioè per vocazione innata.
Questi maschi con queste attitudini al killeraggio sono stati allevati in genere da madri a loro volta succubi di maschi padroni. E' la catena della schiavitù psicologica.
Ma una donna può evitare di imbattersi in un maschio killer?
Si, deve innanzitutto evitare di essere troppo disponibile, non assecondare il proprio senso del dovere. Qualunque cosa le chieda un maschio non deve automaticamente dargliela e ricordarsi che se una cosa piace al maschio non deve automaticamente piacere anche a lei. Il maschio comincerà a maltrattare la donna che si mostra troppo disponibile e paurosa delle sue reazioni. La paura femminile, l'ansia di accontentarlo, eccita la violenza maschile e il maschio pretenderà sempre di più e si mostrerà sempre più insoddisfatto di quello che la donna farà per lui.
Consiglio fondamentale per una donna: lasciate prima possibile la famiglia dei vostri genitori, costruite una vita autonoma economicamente, e soprattutto scegliete sempre il meglio per voi stessi. Il cibo migliore, i ristoranti migliori, una bella casa e così sarà facile scegliere il miglior uomo per voi. L'uomo va scelto tra quelli che sono attratti da voi. Da scartare subito quello che vi corteggia. Chi corteggia è falso e vi deluderà quando vi avra conquistato. Siate voi stesse, esprimete la vostra creatività seguite ciò che veramente vi interessa, non reprimetevi quasi mai e se dovete reprimervi scaricate subito la tensione in una attività fisica in mezzo alla natura dove possiate respirare profondamente. Non costringetevi a frequentare persone noiose e sgradevoli, che parlano di se senza preoccuparsi se vi interessa quel che dicono.
Gli uomini migliori sono quelli che non vi chiedono di rinunciare a esprimere quello che sentite e a fare quello che più vi piace. Pericolosi sono anche gli uomini che una volta iniziata una relazione affettiva con voi vogliono fare sesso anche quando voi non lo desiderate.
Semplicemente non vi amano. L'amore comporta sempre rispetto dei bisogni dell'altro, pazienza ma non repressione. Se non vi va di fare sesso con il vostro partner vuol dire che non siete più attratti anche se continuato ad amarlo.
Paolo Mario Buttiglieri, sociologo
(Foto tratta dalla Fiaccolata in ricordo di Arianna Rivara - Parma gennaio 2017 - Scatto di Francesca Bocchia)
Il terrificante episodio era venuto nel giugno del 2016. Armando Canò, strangolò la ex compagna, Bernardetta Fella e poi nascose il corpo senza vita in un grosso frigorifero spento, nella cantina dell'abitazione in strada Nazionale per Carpi, a Modena.
Il 50enne aveva confessato di avere strangolato l'ex compagna durante l'ennesima lite. La perizia psichiatrica aveva stabilito che l'uomo era ubriaco ma capace di intendere e di volere. Oggi è stato condannato dal Giudice del Tribunale di Modena, a 18 anni, con rito abbreviato e tre anni di casa lavoro a Castelfranco.
In programma oggi, domenica 29 gennaio 2017, la Fiaccolata contro le vittime di femminicidio. Appuntamento alle 18, in via Sidoli, dall'abitazione di Elisa Pavarani, per raggiungere quella in cui è stata uccisa Arianna Rivara, in via Gibertini.
Parma 29 Gennaio 2017 -
E' in programma oggi, domenica 29 gennaio 2017, la Fiaccolata contro le vittime di femminicidio. Appuntamento alle 18, in via Sidoli, dall'abitazione di Elisa Pavarani, per raggiungere quella in cui è stata uccisa Arianna Rivara, in via Gibertini.
L'iniziativa è promossa dalla coordinatrice del Consiglio dei Cittadini Volontari del quartiere Lubiana, Monica Reggiani, e vede il sostegno dell'assessorato alle pari opportunità del Comune di Parma, guidato da Nicoletta Paci.
Si tratta di un modo per dire ancora una volta no alla violenza contro le donne, ma anche alla violenza in generale. Siamo tutti invitati a partecipare, per dare un segno di vicinanza non solo all'ultima vittima, ma come simbolo di solidarietà verso tutte coloro che hanno subito violenza o hanno perso la vita in tragiche circostanze analoghe.
La mappa del percorso
L'ultimo caso a Parma. I femminicidi aumentano di anno in anno e in Emilia Romagna sono arrivati a 11, quasi il doppio rispetto al 2015. Anche se si ha paura, denunciare senza esitazione pare essere l'unico modo per evitare il peggio...
di Alexa Kuhne
Parma, 16 gennaio 2017 -
L'ultimo duplice omicidio è accaduto lo scorso 27 dicembre.
Vengono ritrovati, in un casolare adibito a locale notturno, i corpi di Gabriela Altamirano, 45 anni, e della trans Kelly, 47 anni, entrambe uccise, stando alle ultime indagini, dall'ex compagno di Gabriela, Samuele Turco, di 42 anni, che pare si sia fatto aiutare da suo figlio.
Si ipotizza che la trans Kelly si sia trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, divenendo così una vittima collaterale del femminicidio.
Fatti di cronaca in cui le vittime sono donne, perseguitate e poi uccise da uomini che erano spesso compagni di vita.
La violenza maschile ha continuato a mietere vittime fino alla fine dell'anno ma la scia di femminicidi non si è arrestata con l'inizio dell'anno. Anzi. Altri casi di cronaca con al centro donne ferite e assassinate hanno insanguinato la settimana appena passata.
Solo in Emilia Romagna, nel 2016, sono state 11 le donne uccise, a cui si aggiungono 4 tentativi falliti; nel 2015, a pagare con la vita per la follia degli uomini, erano state 6 donne.
Un bilancio che fa riflettere perché vede quasi raddoppiare i femminicidi nel 2016 rispetto all'anno precedente.
Un dato allarmante ma che, comunque, non fornisce il quadro reale della situazione, visto che si basa solo sui casi che ottengono attenzione mediatica.
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell'Emilia-Romagna sottolinea l'importanza di sensibilizzare sul tema del femminicidio e la necessità di un lavoro congiunto con le istituzioni per fermare la violenza maschile contro le donne. Ma soprattutto la volontà di denunciare. Il primo passo, spesso, purtroppo, non tempestivo e non sufficiente ad evitare il peggio.
Violenza e stalking, cioè atti persecutori nei confronti della vittima, sono all'ordine del giorno. Solo che per molte donne rimane difficile farsi aiutare, per timore di rimanere isolate o per paura di mettere a repentaglio la propria vita e quella dei figli.
Anche Gabriela Altamirano si era rivolta al centro antiviolenza di Parma per raccontare la condotta persecutoria del suo ex compagno, che, come molti uomini violenti, non aveva accettato l'intenzione di quest'ultima di troncare la relazione.
Gabriela aveva sporto querela ed aveva già chiesto aiuto ma, come purtroppo accade in molti, troppi casi, questo non è bastato a proteggerla dalla violenza dell'uomo che aveva deciso di punirla per averlo lasciato.
Come lei c'è un numero di donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza in Emilia-Romagna che fa riflettere: dal 1 gennaio al 31/10/2016 sono state in totale 2930. Fra di esse, le donne che hanno subito violenza sono 2739, il 93,5%.
Soprattutto italiane: 1305 (pari al 63,2%), contro 751 provenienti da altri paesi.
Le donne straniere costituiscono più di un terzo di tutte coloro che chiedono aiuto ai centri antiviolenza della regione.
La grande maggioranza di esse subisce violenza da partner o ex partner, nel contesto quindi di una relazione di intimità: si tratta infatti per lo più di donne sposate o conviventi con figli. Altro dato allarmante è che la brutalità si estende ai figli e alle figlie delle donne che la ricevono: sono 1440, pari al 55,2%, bambini e ragazzi che chiedono aiuto.
Anche la violenza si manifesta in molteplici forme: la più diffusa è quella psicologica (92,6%), seguita dalla fisica (65,2%), economica (43,2%) e sessuale (13,9%). I numeri dei centri antiviolenza sono solo la punta dell'iceberg: molte vittime non hanno il coraggio di denunciare e subiscono, fino a quando non succede il peggio.
Il nostro codice penale prevede il reato di stalking (dal termine inglese "to stalk" = fare la posta, braccare la preda). Con esso si intendono tutte le condotte persecutorie - quali comportamenti invadenti, di intromissione, con pretesa di controllo, minacciando costantemente la vittima con telefonate, messaggi, appostamenti, ossessivi pedinamenti - verso una persona e che interferiscono nella vita privata della stessa.
Questi atti si manifestano in persecuzioni e provocano uno stato d'ansia e paura compromettendo anche il normale svolgimento della vita quotidiana.
La pressione psicologica legata al comportamento dello stalker crea nella vittima uno stato di allerta, emergenza e stress psicologico, stati d'animo che possono essere sia percepiti come intrusivi, sgradevoli e fastidiosi, sia legati a sentimenti quali l'angoscia, la preoccupazione e la paura per la propria incolumità.
La prima parte, la più subdola, che generalmente sfocia in altre forme di violenza.
La legge si è inasprita nei confronti del reato di stalking, ma è fondamentale chiedere aiuto ai centri che possono guidare e sostenere le vittime di violenze psicologiche e fisiche.
Perché non si arrivi a sentire, ancora una volta, un intervistato che dica di un carnefice, insospettabile, fino al momento dell'ennesimo femminicidio: "Il mio vicino era una brava persona, tranquilla, chi lo avrebbe mai detto"...
Il suo carnefice potrebbe essere il convivente nordafricano di 28 anni che è ancora ricercato. Alessia d. L'hanno chiamata così, usando l'iniziale del suo cognome per proteggerla, non si sa più da cosa.
di Alexa Kuhne Parma, 7 dicembre 2015 -
All'anagrafe era Alessia della Pia. Aveva 39 anni, una vita in bilico. Alessia avrebbe dovuto esser protetta molto prima, quando era indifesa e debole, sottomessa alla violenza del suo carnefice.
La donna era sì aiutata dai servizi sociali, ma quel sostegno non è stato sufficiente a salvarla. Perché, secondo quanto stanno ricostruendo gli investigatori, il suo assassino potrebbe essere stato l'uomo che viveva con lei, che era dentro casa, tra le mura di una abitazione popolare di via Bersaglieri, nel quartiere Montanara.
Ventotto anni lui, il fidanzato tunisino che non si trova.
Secondo i primi elementi raccolti dai carabinieri, L'uomo l'avrebbe picchiata, brutalmente, con una tale violenza da ucciderla, tentando, forse, prima di affogarla, visto che Alessia è stata trovata a terra, all'ingresso della sua abitazione, bagnata e con segni di ecchimosi per tutto il corpo.
Gli abitanti di quella strada conoscevano poco la coppia, poiché i due si erano trasferiti da soli quindici giorni nell'appartamento dell'Acer, ma hanno raccontato di averli sentiti spesso litigare furiosamente.
L'ultima di quelle liti, l'epilogo annunciato da tempo di una ennesima, tremenda storia di violenza e soprusi su una donna, è stata letale e a nulla sarebbe servito lottare, nell'estremo tentativo di liberarsi dal carnefice, cercando di scappare, di raggiungere la porta dell'ingresso di quel modesto appartamento. L'assassino potrebbe averla raggiunta e bloccata all'uscio, finendola a botte. Dopo averla lasciata a terra, potrebbe essere stato proprio lui a chiamare il 118 per poi darsi alla macchia.
Le indagini sembrerebbero portare verso il compagno della vittima, già noto alle forze dell'ordine per precedenti legati allo spaccio.
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