Visualizza articoli per tag: Formula uno

Domenica, 17 Marzo 2019 12:51

F1, Australia: Ferrari, che Bottas!

Ferrari tradisce le aspettative. Il risveglio dal letargo invernale consegna a Maranello solo un quarto ed un quinto posto. Mercedes domina. Non con Hamilton, insidiato da Verstappen, ma grazie a Bottas. Fra due settimane, in Bahrain, tutto potrebbe cambiare. "Piedi per terra e testa bassa" diceva Arrivabene...

di Matteo Landi

Bentornata Formula 1! Dove eravamo rimasti? Abu Dhabi, una sera di fine novembre 2018, Hamilton campione del mondo ed una Ferrari sconfitta a cui non rimaneva che leccarsi le ferite, con davanti un lungo inverno per riflettere su quel che poteva essere e non è stato, su errori commessi da non ripetere. Dopo le sole due sessioni di test svolte a Barcellona nel paddock era opinione diffusa che il ruolo di lepre sarebbe finalmente toccato ai piloti della Scuderia di Maranello. Un Vettel dominante nella sua vecchia "versione Red Bull", un Leclerc scudiero da lasciar crescere, con aspirazioni da futura prima guida. Questa mattina per i fan del Cavallino il risveglio, invece, è stato tutt'altro che dolce.

Ferrari: "campione d'inverno" stecca a Melbourne. Mercedes scopre le sue carte

Che per la Ferrari si potesse trattare di una domenica poco allegra lo si era capito già dagli esiti delle qualifiche: Vettel terzo a ben 7 decimi dal poleman Hamilton, Leclerc quinto. Il risultato avrebbe potuto non rispecchiare i reali valori in campo ed un piccolo colpo di fortuna avrebbe potuto rivoluzionare le carte, come successo lo scorso anno quando Vettel, in prova con distacco analogo a quello subito quest'anno, riuscì grazie all'intervento della virtual safety car a far sua una gara che sembrava persa. Evidentemente la Ferrari ha giocato il suo jolly proprio lo scorso anno. Stavolta niente avrebbe potuto aiutare la Rossa. Neanche una debacle tecnica del duo Mercedes avrebbe consegnato la gara a Vettel, battuto anche da Verstappen, al volante della sua Red Bull. La squadra austriaca ha debuttato con la power unit Honda, e quel motore, che in passato tanto ha fatto penare Alonso, ha permesso al giovane olandese di sverniciare la Ferrari n. 5 di Vettel. Così, dai toni trionfalistici del dolce inverno all'amara Melbourne passa un'eternità, come il distacco di quasi un minuto (!!!) subito da Vettel, quarto, dal vincitore Bottas. Già, Valtteri, il finlandese che lo scorso anno ha regalato svariati punti al team leader Hamilton, sbeffeggiato sui social, definito lo "zerbino Mercedes". Pochi avevano pensato a lui come contender di Hamilton.

La rivincita di Bottas

Doveva essere l'ennesima sfida Hamilton-Vettel, con Verstappen pronto a sgambettare gli aspiranti iridati. In Australia invece Bottas non ha solo vinto, addirittura ha dominato, assicurandosi anche il punto addizionale quest'anno riservato a chi registra il giro più veloce. Dalla seconda posizione in griglia è partito a fionda, ha scavalcato Hamilton ed ha impostato un ritmo di gara inavvicinabile per tutti. Compreso per il cinque volte campione del mondo compagno di squadra. Una lezione del genere il pentairidato non l'aveva forse subita neanche da Rosberg. Questa domenica si è vista una copia sbiadita di "The Hammer", attaccato nel finale anche da Verstappen e passato sul traguardo 20 secondi abbondanti dopo il suo compagno di team. Senza Bottas oggi avremmo parlato di lotta mondiale Mercedes-Red Bull, con Ferrari bisognosa di cure intense. Ma rimaniamo in attesa dei responsi più probanti che presumibilmente arriveranno fra due settimane in Bahrain, su una pista più "tradizionale" e meno atipica di quella australiana. Oggi è stata la gara del finlandese della Mercedes a dare un'idea diversa dello status quo dell'attuale F1: il team anglo-teutonico rimane là davanti. Ed a Maranello, battuti anche da Red Bull, non è tempo di proclami ma di duro lavoro. Torna in mente quel "testa bassa e piedi per terra" in passato scandito e ripetuto come un mantra dall'ex Team Principal Maurizio Arrivabene (chissà oggi cosa avrà pensato...).

Leclerc: bene ma non benissimo

Prestazioni di Vettel ed Hamilton a parte, questa domenica gli occhi di tanti erano puntati anche sul debutto in Rosso di Leclerc. Il giovane monegasco ha condotto una buona gara, non mancando in agressività fin da via. Allo start, dalla quinta posizione, è arrivato persino a contendere la terza piazza di Vettel ma ha diligentemente evitato il contatto con la vettura del compagno. Un'azione che ha salvato la Ferrari da un terribile patatrack ma ha retrocesso Leclerc alle spalle di Verstappen. Se nel primo stint il ritmo del nuovo titolare Ferrari è stato al di sotto delle aspettative, non si può dire altrettanto della sua seconda parte di gara. In cui è arrivato a mettere pepe sulla coda della monoposto del compagno Vettel. A quel punto la squadra ha ordinato il congelamento delle posizioni e sul traguardo Vettel e Leclerc sono transitati rispettivamente quarto e quinto. Lontani dal podio. Una Ferrari più opaca della vernice che porta. A proposito, sulle vetture di Maranello in Bahrain tornerà lo sponsor "Mission Winnow". Speriamo che lo slogan si traduca in prestazioni...

Alfa Romeo Racing: in attesa del vero Giovinazzi ci pensa Raikkonen

Detto di Ferrari, meritano di essere citate le prestazione tra luci ed ombre di Alfa Romeo Racing. Tutto sommato chi dopo i test pre-stagionali attribuiva alla squadra italo-svizzera il ruolo di "prima degli altri" non è andato troppo lontano dal vero. Dopo le qualifiche Raikkonen non era felice. Il nono posto non era male ma, a suo dire, avrebbero potuto ottenere di più. E qualcosa di meglio ha infatti realizzato in gara: l'ottava posizione finale rappresenta un discreto bottino di punti per la rientrante Alfa, ben 4. E sul traguardo il finlandese è giunto poco distante dalla sesta piazza. Ha invece deluso Giovinazzi: non bene in qualifica, solo 14esimo, da insufficienza piena in gara, addirittura 15esimo. Il suo team avrebbe forse potuto optare per una strategia migliore ed un'ala rotta hanno condizionato il suo ritmo ma il pilota di Martina Franca è parso ancora a corto di esperienza. La sua stagione è appena iniziata. Avrà tutto il tempo di rifarsi e più avanti arriveranno piste a lui più congeniali. Tempo al tempo.

Ricciardo, anno nuovo vita vecchia. McLaren, che rabbia: Honda va sul podio ed il loro Renault in fumo

Parlando degli altri ha ben figurato Stroll, nono al volante della sua (in tutti i sensi...) Racing Point ed il rientrante Kvyat, il quale si è preso la soddisfazione di battere Gasly, alla sua prima gara in Red Bull, togliendoli il punto della decima posizione. Non meritano la sufficienza Renault, Haas e McLaren. La prima ha colto con Hulkenberg una settima posizione che non sarebbe malvagia se fossimo nel 2018, ma quest'anno in Francia aspirano a qualcosa di più e farsi battere da Haas, sesta con Magnussen, per loro non può essere soddisfaciente. In più il nuovo acquisto Ricciardo è al suo primo (e speriamo ultimo, vista la sfortunatissima stagione scorsa) zero in casella: al via l'australiano ha osato troppo ed una piccola digressione sull'erba (comunque apparentemente ben meno innoqua di quanto fatto in gara da altri come Verstappen e Leclerc...) gli ha tarpato le ali. In tutti i sensi visto che un dosso gli ha estirpato l'alettone anteriore. "Gives you wings" recita lo slogan Red Bull, sua ex squadra: speriamo che dopo il divorzio con la forte scuderia austriaca il simpatico e veloce australiano non le abbia perse definitivamente. La Haas, come detto, ha colto un buonissimo sesto posto ma ha perso punti con il ritiro di Grosjean, giunto nella via di fuga con una ruota anteriore ballerina. Ancora un problema con le pistole pneumatiche dei box? Così fosse sarebbe inaccettabile per un team di F1. In McLaren invece possono essere ben felici per le prestazioni espresse dal rookie Lando Norris, addirittura ottavo in qualifica, ma ancora una volta la loro gara è stata inconcludente: il debuttante fuori dai punti, Sainz con vettura in fumo. Chissà che rabbia per il team principal Brown: mentre il loro Renault palesava evidenti problemi di affidabilità, "la ex" Honda correva al vertice grazie a Red Bull e Verstappen.

Williams, nobile decaduta

Se a Maranello sono tempi difficili che dire allora di quanto accade in Williams? Stiamo parlando della storica squadra che vanta ben 9 titoli costruttori in palmares ed ora fanalino di coda del Circus. Peggior ritorno in F1 Kubica non poteva immaginarlo. Il compagno di squadra Russell, invece, chissà se avrebbe optato per il debutto in F1 se avesse saputo che avrebbe "combattuto" solamente per le ultime due posizioni. Per la squadra condotta in modo non impeccabile da Claire Williams, figlia del grande Frank, la strada è terribilmente in salita. Una vettura a corto di preparazione, una situazione economica tutt'altro che florida minano il futuro di un team da cui la F1 non deve prescindere.

Melbourne, primi bilanci ed un vuoto incolmabile

Melbourne, tempo di primi bilanci. Per qualcuno decisamente in utile, vedi Mercedes e Red Bull, per altri in rosso, da Ferrari a Williams. La stagione è lunga e terminerà addirittura il primo dicembre. E come insegna il campionato 2018, un inizio scoppiettante come fu quello Ferrari non assicura il titolo mondiale. Fra due settimane in Bahrain tutto potrebbe cambiare. Quel che è certo è che l'intera F1 sentirà per sempre la mancanza di un figura importante che ci ha lasciato giovedì scorso, poco prima dell'inizio del primo weekend di gara 2019: Charlie Whiting, portato via a 66 anni da un'embolia polmonare mentre si trovava a Melbourne. Lo storico direttore di gara e responsabile della sicurezza della Federazione aveva lavorato nella massima formula per Hesketh e Brabham, divenendo nel 1988 delegato tecnico FIA. "Figura inconfondibile e inimitabile", sono le parole di Jean Todt, lascia un vuoto incolmabile in una F1 che sta cambiando radicalmente volto. Addio Charlie.

Pubblicato in Motori Emilia
Sabato, 16 Febbraio 2019 13:21

La paura fa SF90!

La Ferrari presenta la vettura che disputerà il campionato di F1 quest'anno. Novità tecniche in continuità con quanto mostrato dalla monoposto che l'ha preceduta e nuovi colori. Speranze? Sempre la stessa: il trionfo mondiale. Intanto lasciamoci affascinare dalla nuova nata.

di Matteo Landi

La paura fa 90, recita il detto. Se la nuova nata di Maranello spaventerà gli avversari è presto per dirlo. La SF90, sigla con cui la Ferrari ha coniato la nuova creatura, celebra i 90 anni dalla nascita della Scuderia Ferrari, il reparto corse fondato nel 1929 dal grande Enzo per far correre vetture Alfa Romeo. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, le vetture del Cavallino hanno calcato le piste di tutto il mondo, la piccola squadra è divenuta fabbrica di automobili, le più prestigiose del mondo, e dalla nascita del Mondiale di Formula 1 nel 1950, campionato di cui la Ferrari è sempre stata "testimonial", la squadra di Maranello si è aggiudicata 16 titoli costruttori e 15 piloti. Vittorie combattute, ere dominanti - come quella di Schumacher, Byrne, Brawn e Todt - o decadi da protagonisti, vedi i '70 di Lauda e Forghieri. Successi talvolta intervallati anche da lunghi digiuni. Tutti ricordano quando Schumi nel 2000 riportò "i colori dell'arcobaleno", come disse il telecronista Gianfranco Mazzoni, ed il titolo alla Ferrari dopo una secca che perdurava dal lontano 1979, anno del successo di Scheckter. Sembra passato un secolo ma per i tifosi del Cavallino quella voglia di rivincita è una sensazione molto contemporanea. La vettura svelata ieri a Maranello avrà l'arduo compito di riportare l'iride alla squadra italiana, trionfante per l'ultima volta nel 2007 con Raikkonen fra i piloti e nel 2008 fra i costruttori. Dall'inizio dell'era turbo-ibrida il mondiale è stato un affare privato per gli alfieri Mercedes, con il solo Rosberg a placare l'ondata di successi di Hamilton. Sarà un 2019 particolare per gli uomini di Maranello, chiamati alla perfezione, dopo un 2018 tutt'altro che impeccabile. Quella perfezione, necessaria per battere l'implacabile armata anglo-teutonica, che non vi è stata lo scorso campionato, quando la velocità e la solidità della SF71H permettevano di far sognare ad occhi aperti i tifosi della Scuderia.

presentazione Ferrari 2019b

Evoluzione e non rivoluzione. La nuova nata estremizza i concetti della vettura 2018

Consapevole che sono stati soprattutto errori umani, vedi le varie divagazioni di Vettel nella seconda parte dell'anno, a sancire la recente sconfitta, a Maranello ripartono da quanto di buono mostrato dalla monoposto 2018. La nuova SF90 ne è infatti una logica evoluzione. Le pance laterali della vettura riprendono i concetti espressi dalla SF71H e "copiati" quest'anno da quasi tutta la concorrenza. Un lavoro di affinamento delle componenti motore e la ridistribuzione di alcuni accessori ha permesso una riduzione degli ingombri evidenziata anche da un cofano motore decisamente stretto. Colpisce la forma triangolare dell'air-scoop posizionato sopra la testa del pilota e le dimensioni, dettate dal nuovo regolamento, dell'ala anteriore e di quella posteriore. La prima più larga ma semplificata nei suoi elementi, la seconda più grande e più in alto rispetto a quella montanta sulle vetture 2018. Su queste modifiche regolamentari gli ingegneri cercheranno di fare la differenza. Ferrari ha studiato dei flap particolarmente spioventi alle estremità dell'alettone anteriore. Questo per indirizzare il flusso d'aria verso l'esterno degli pneumatici così da abbattere nocive turbolenze. Non visibile all'esterno è il cuore della monoposto, quella power unit che quest'anno si dica possa esprimere più di 1.000 cv e che grazie ad un regolamento leggermente più permissivo (serbatoio da 110 kg in luogo dei 105 kg concessi nel 2018) potrà bruciare più carburante. La novità più visibile è però senza dubbio la livrea della nuova nata: un rosso più chiaro ed con un pò di nero a scandire quel "Mission Winnow" caro a Philip Morris presente anche nella denominazione del team.

Ferrari: l'unione fa la forza

Presto la nuova nata inizierà a percorre i primi km e siamo certi che già durante le prime prove libere di Melbourne, il 15 marzo, porterà con sé modifiche sostanziali. Se dal punto di vista tecnico il termine "stabilità" è sinonimo di mancanza di evoluzione e stagnazione della performance, su quello umano la Ferrari è alla ricerca di certezze e punti fermi. "Essere Ferrari significa essere un team, una squadra. Mattia lo sa molto bene, avendo passato ormai 25 anni a Maranello e sa bene quanto sia importante collaborare con le persone in pista e fuori dalla pista", dice il Presidente John Elkann riferendosi a Mattia Binotto, il nuovo team principal della Rossa. Parole non dette a caso, se si pensa alle tensioni interne scaturite dalla rivalità Binotto-Arrivabene, placata da Marchionne fino a quando era in vita e sfociata in una mancanza di coesione che ha minato il cammino della squadra nella seconda parte della scorsa stagione. Con l'addio di Maurizio Arrivabene adesso Binotto ha strada libera ma dovrà coadiuvare la doppia carica di team principal e direttore tecnico. Compito arduo ma non impossibile per un ingegnere dalle capacità indiscusse. Dovrà tenere a bada l'eventuale rivalità Vettel-Leclerc ed ha già fatto presente che per adesso la punta di diamante rimane il pilota tedesco. In attesa che il giovane monegasco arrivi a raggiungere le prestazioni del quattro volte campione del mondo. Un cammino implacabile quello del monegasco: campione Gp3 e F2, nel 2018 ha mostrato grandi cose al debutto nella massima Formula al volante della ex Alfa Romeo Sauber adesso rinominata Alfa Romeo Racing. Con Vettel formerà la coppia più interessante del mondiale che verrà. La loro vicinanza, la loro possibile rivalità, potrebbe essere un problema in più da gestire per Binotto, ma anche un pungolo reciproco che li spingerà a dare il massimo. Il rinnovamento Ferrari, la rivalità con Mercedes, la nuova Alfa Romeo Racing con al volante il mai domo Kimi Raikkonen ed Antonio Giovinazzi (finalmente un pilota italiano nella massima Formula!): il campionato che inizierà in Australia a metà Marzo non mancherà di spunti interessanti. Intanto lasciatevi stordire dalla bellezza della nuova creatura di Maranello nell'attesa che il sogno di una Rossa iridata si trasformi in realtà.

Pubblicato in Motori Emilia
Mercoledì, 06 Febbraio 2019 20:53

F1 2019: Ritorno al Futuro

Il sogno Ferrari, la forza della Mercedes, la "nuova" Alfa Romeo Racing. E molto altro per un campionato che ancora non è cominciato ma si preannuncia ricco di spunti interessanti. Le squadre, i piloti e le loro aspirazioni.

di Matteo Landi

Sembra un nuovo episodio di "Ritorno al Futuro". La Formula 1 del 2019 ritroverà in pista una combinazione di nomi che ci proietta con la mente agli albori della massima competizione automobilistica. Quando nel 1950 e 1951 si sfidarono Ferrari ed Alfa Romeo, e pochi anni più tardi, nel biennio '54-'55 Ferrari e Mercedes. Guardare al passato è da inguaribili nostalgici, ma la nuova stagione ci proietta in un futuro per certi aspetti migliore, con, per la prima volta, tutti e tre i gloriosi marchi in pista.

L'industria dell'automobile è ormai un mondo senza confini e barriere. Alfa Romeo Racing è il nuovo nome della ex Sauber, basata ad Hinwil, in Svizzera. E lì, nonostante l'italianità della casa del biscione, la squadra rimarrà. Situazione che fa inorridire qualche appassionato di corse. Eppure, è sbagliato catalogare la trasformazione come una semplice operazione di marketing. La squadra che porterà in pista Kimi Raikkonen, tornato laddove iniziò la sua carriera in F1, ed il quasi debuttante italiano Antonio Giovinazzi, potrà godere di un budget raddoppiato proprio grazie alla sponsorizzazione della casa italiana, la vettura del team italo-svizzero sarà il frutto del lavoro dell'ex Ferrari Simone Resta e monterà ancora la power unit di Maranello.

Della vecchia Sauber rimangono le strutture ma le sinergie con Ferrari stanno crescendo, com'era negli intenti di Sergio Marchionne, a testimonianza che non vi è solo un marchio appiccicato su un cofano motore. Ed in fondo la situazione non è tanto diversa rispetto a quella della dominatrice dell'era turbo ibrida Mercedes, nata dalla vincente Brawn Gp, a sua volta sorta dalle ceneri della Honda, erede della BAR, squadra che prese il posto della leggendaria Tyrrell. Senza dimenticare che se il marchio della Stella è tedeschissimo, la squadra di F1 ha sede a Brackley, nel Regno Unito. Ma non c'è solo la nuova situazione della ex Sauber a tenere banco.

Ecco, squadra per squadra, una piccola introduzione alla stagione che verrà, senza la pretesa di essere esaustivi.

MERCEDES AMG PETRONAS MOTORSPORT

I tedeschi sono i campioni in carica. Toto Wolff ha fatto presente che la fame di successi non si è placata. Hamilton, fresco del quinto titolo iridato, sembra inarrestabile e con accanto il fido Bottas, presenza ben meno ingombrante dell'ex compagno Rosberg, la strada dell'inglese sembra tutt'altro che in salita. Il 13 febbraio verrà svelata la nuova freccia d'argento e non ci sono motivi per cui debba deludere. Spetta agli avversari fare di meglio.

SCUDERIA FERRARI MISSION WINNOW

Lo dice il title sponsor, sarebbe ora di vincere. La missione non sarà semplice per Vettel e Leclerc, subentrato a Raikkonen. Al di là delle qualità della vettura che verrà mostrata il 15 febbraio, la Scuderia dovrà ritrovare una serenità smarrita. Ammesso che negli ultimi anni l'abbia mai veramente avuta. Il fresco addio di Arrivabene, avvicendato da Binotto, porterà delle conseguenze nel clima della squadra, nell'organizzazione della stessa e nelle metodologie di lavoro. Vettel non potrà ripetere gli imperdonabili errori che nel 2018 hanno affossato i sogni iridati di una squadra che non vince un titolo costruttori dal 2008 ed un piloti dal 2007. A livello tecnico Ferrari e Mercedes potrebbero non essere così distanti, ma a livello organizzativo, nel 2018, le differenze si sono fatte sostanziali con l'avanzare della stagione. Vedremo. All'inizio dell'era turbo-ibrida la Ferrari era in affano. I podii erano un miraggio. Quei tempi sono lontani ma manca ancora un gradino per raggiungere il livello dell'implacabile Mercedes.

ASTON MARTIN RED BULL RACING

Verstappen ed il nuovo arrivato Gasly, lo scorso anno in Toro Rosso, avranno a che fare con una combinazione vettura-power unit che rappresenta una vera e propria incognita. La squadra austriaca non ne poteva più della collaborazione con Renault ed ha scommesso su Honda. Nel 2018 i nipponici hanno mostrato progressi con Toro Rosso, ma i livelli di affidabilità e prestazioni richiesti da chi vorrebbe lottare per il mondiale forse, per loro, sono ancora troppo elevati. Un anno di rodaggio potrebbe essere necessario per la squadra che la scorsa stagione ha, in alcuni frangenti, impensierito Mercedes e Ferrari. La nuova coppia Verstappen-Gasly potrebbe rivelarsi "calda", se il francese si avvicinerà alle prestazioni dell'olandese.

RENAULT F1 TEAM

Alla costanza di Nico Hulkenberg, ancora a secco di podii ma dal talento indiscusso, si affiancherà la brillantezza di Ricciardo. L'australiano si è finalmente liberato della vicinanza di box di Verstappen, pilota protetto da Red Bull e designato da quest'ultimi come team leader indiscusso. La squadra francese ancora non sembra pronta a lottare per il titolo ma l'ex direttore tecnico FIA Marcin Budkowski, uomo che conosce tutti i segreti delle recenti F1, potrebbe riservarci qualche sorpresa. Renault sarà fra le osservate speciali durante i test che si svolgeranno in Spagna dal 18 febbraio.

RICH ENERGY HAAS F1 TEAM

Avrà una diversa livrea ma non sarà questo a determinare le prestazioni della nuova vettura. Anche se l'arrivo di nuove risorse economiche certamente aiuteranno lo sviluppo. Gli americani hanno compiuto passi da giganti da quando sono entrati in F1 nel 2015. Potranno contare ancora sulle power unit Ferrari e sulla rodata coppia Grosjean-Magnussen. Il primo, lo scorso anno, ha avuto un avvio dalle prestazioni poco convincenti, poi è migliorato ma nel complesso si è fatto sovrastare dal compagno danese. Haas ha raggiunto un livello difficilmente migliorabile, considerando che ci si aspetta un deciso passo in avanti di Renault. Il quinto posto nel costruttori colto nel 2018 è l'obiettivo da replicare.

MCLAREN F1 TEAM

Carlos Sainz Jr. ed il debuttante Lando Norris sono i nuovi piloti della squadra orfana di Alonso. Sainz è un pilota solido ma ancora si attende la sua "esplosione", Norris ha fatto faville nelle categorie propedeutiche ed è vicecampione in carica di F2. Se la squadra dal nome leggendario non è riuscita con Alonso a risorgere dagli ultimi anni bui è un mistero come possa farlo adesso con la nuova coppia di piloti. McLaren ha deluso anche lo scorso anno, quando non aveva più la possibilità di scaricare le colpe su Honda. Il 14 febbraio vedremo la nuova vettura ma solo la prima gara di Melbourne ci schiarirà le idee.

RACING POINT F1 TEAM

Sergio Perez e Lance Stroll guideranno quella che fino a poco tempo fa si chiamava Force India. Il cambio di proprietà non può che aver dato un pò di sicurezza agli uomini del team di Silverstone, che, a dire il vero, non hanno mai perso la concentrazione nonostante le brutte vicende legali del fondatore Vijay Mallya. La squadra è un esempio di efficienza. Il motore Mercedes è una garanzia. Si troveranno ancora a centro gruppo ma sono attesi interessanti exploit.

ALFA ROMEO RACING

Della nuova/vecchia squadra abbiamo già, in parte, parlato. Lo scorso anno ha iniziato la stagione in fondo al gruppo ma da Baku in avanti le sorprese non sono mancate, fino a diventare certezze. Leclerc non c'è più ma è arrivato il solidissimo Raikkonen, ultimo campione del mondo Ferrari, ed il pilota già Ferrari Driver Academy Antonio Giovinazzi. L'Italia potrà tifare, oltre che per la solita Ferrari, anche per la squadra svizzera dai capitali italiani e finalmente per un pilota tricolore titolare. In pianta stabile, si spera.

RED BULL TORO ROSSO HONDA

L'academy Red Bull ultimamente non dispone più di così tanti talenti. Quantomeno dotati della necessaria Superlicenza. Ecco che a Faenza rispolverano Kvyat: sedotto, abbandonato, ripreso e nuovamente lasciato. Senza dubbio la forza caratteriale del russo non è da sottovalutare. Accanto a lui correrà Alexander Albon, pilota che corre con licenza Thailandese, veloce nelle formule propedeutiche. In Romagna le vetture le sanno fare, vediamo a che livello sarà quest'anno Honda.

WILLIAMS RACING

La situazione della gloriosa squadra inglese è drammatica. Lo scorso anno è stato il fanalino di coda. La luce in fondo al tunnel porta il nome di Robert Kubica. Una storia che scalda il cuore quella del polacco, al rientro in F1 dopo il terribile incidente che lo vide protagonista durante il Rally di Andora nel febbraio 2011. Il percorso del polacco è stato commovente, la sua tempra inossidabile. Il vincitore del Gp del Canada del 2008 meritava ancora gloria. L'avrà, comunque. Il suo compagno di squadra è George Russell. L'inglese è l'ultimo campione di F2. Il suo talento è indiscusso. Ma la forza dei piloti potrà poco se in Williams non torneranno a sfornare buone vetture. Certamente non potranno fare peggio del 2018. E non devono farlo. Se lo augura l'intera Formula Uno.

Pubblicato in Motori Emilia
Martedì, 08 Gennaio 2019 22:31

Ferrari-Arrivabene: il divorzio è servito

Ferrari comunica il cambio al vertice: addio Arrivabene, Binotto è promosso. Adesso un pò di stabilità sembra fondamentale.

di Matteo Landi

Il comunicato della Scuderia Ferrari è arrivato ieri sera, sciogliendo anche gli ultimi, flebili, dubbi. Maurizio Arrivabene non è più Team Principal della squadra di Maranello, incarico che ricopriva dal 24 novembre 2014 quando prese il posto occupato, per pochi mesi, da Marco Mattiacci. Quattro campionati gestiti da colui che ha dedicato gran parte della sua vita al marketing di Philip Morris. Dopo le ultime due stagioni in cui la Ferrari si è riaffacciata ai piani nobili della classifica, assaporando il gusto delle vittorie di tappa ma rimanendo a bocca asciutta alla voce "titoli mondiali", risulta semplice attribuire la colpa delle sconfitte ad Arrivabene. Il Team Principal è il responsabile della squadra ed in quanto tale è giusto che si faccia carico degli insuccessi. Ed il bresciano, infatti, non si è mai tirato indietro, mettendoci la faccia dopo ogni gara andata storta. Talvolta prendendosi anche responsabilità non sue. Parliamoci chiaro, se Vettel non avesse compiuto quei tre-quattro svarioni imperdonabili adesso saremmo qui a commentare l'addio dell'ormai ex Team Principal? Se oggi è facile ricordare quanto non ha funzionato negli ultimi anni in Ferrari, sarebbe tuttavia duopo rammentare che durante la gestione del bresciano la Scuderia ha ottenuto ben 14 vittorie, un bottino di tutto rispetto che avrebbe potuto condurre ad altri traguardi se durante il suo percorso di crescita la Ferrari non avesse incontrato la schiacciasassi Mercedes, dominatrice dell'era turbo ibrida. Al di là delle apparenze e delle facili sentenze è probabile che la separazione sia la naturale conseguenza di vociferati attriti interni, specialmente con l'attuale successore Mattia Binotto, e dell'inconciliabile divergenza che ormai sembrava esserci fra le prospettive dei vertici Ferrari e quelle dello stesso Arrivabene. Quel che è certo è che dalla morte di Marchionne a Maranello le idee sembrano poco chiare. Conseguenza normale dell'addio di un uomo di spessore come l'ex Presidente Ferrari. Le redini della Scuderia passano così, come detto, a Mattia Binotto. In Ferrari dal 1995 è stato ingegnere motorista nell'epoca d'oro di Schumacher. La scalata dell'ingegnere meccanico, laureato a Losanna, è poi divenuta verticale con la fiducia accordatagli da Marchionne, che nel 2016 lo fece subentrare a James Allison nel ruolo di direttore tecnico. Senza più Arrivabene e con al timone Binotto la Ferrari si troverà, nella stagione che inizierà a marzo, nella difficile situazione di dover puntare al titolo per forza di cose. Se nonostante il cambio al vertice a Maranello dovessero risultare secondi quale altra testa salterà? Nel 1999, al termine del Gran Premio di Malesia, dopo la squalifica delle Ferrari l'allora Team Principal Jean Todt rassegnò le dimissioni. Arrivato in Ferrari nel 1993, il francese fu determinante nel processo di crescita di una squadra allo sbando. Quando tutto sembrava converge verso un tanto sospirato titolo mondiale arrivò prima l'infortunio di Michael Schumacher, poi quella brutta vicenda post gara che sembrò tarpare definitivamente le ali agli uomini di Maranello. Per l'allora Presidente Montezemolo non ci furono dubbi: le dimissioni erano da respingere, la Ferrari aveva gli uomini giusti per tornare alla vittoria che prima o poi sarebbe arrivata. Con ancora al comando Todt, in appello, la Scuderia riuscì ad annullare la squalifica, facendo addirittura passare per incompetenti i commissari che avevano escluso le Rosse, ed al termine del campionato arrivò il primo titolo mondiale costruttori di sei consecutivi. Continuità, serenità ed armonia furono i collanti di un team formidabile. Oggi non sappiamo se Mattia Binotto sarà l'uomo della provvidenza ma un pò di stabilità è ormai necessaria se a Maranello vorranno definitivamente uscire dal ruolo di outsider. In bocca al lupo Mattia!

Pubblicato in Motori Emilia
Giovedì, 03 Gennaio 2019 06:36

Schumacher, 50 anni di Leggenda

Oggi il sette volte campione del mondo compie 50 anni. A cinque anni dal brutto incidente di Meribel le condizioni del tedesco restano riservate. Per festeggiarlo, in fondo, basterà guardare dentro ognuno di noi. Auguri Michael!

di Matteo Landi

Ci sono persone che, seppur mai incontrate, hanno fatto parte della nostra vita. La loro esistenza si è incrociata per lunghi tratti con la nostra, scandendone momenti irripetibili, accompagnando le nostre giornate, le nostre domeniche pomeriggio per anni. Il nome Schumacher è sinonimo di sussulto interiore per gli appassionati di corse automobilistiche. Per i ferraristi è un mito nato nel 1996, filtrato, in un pomeriggio di giugno, da nubi d'acqua mentre superava in modo magistrale gli avversari, entrando forse per la prima volta nel cuore dei tifosi del Cavallino Rampante. Quel giorno, a Barcellona, il tedesco della Ferrari colse la sua prima vittoria con la Scuderia. Nei bar della penisola un nuovo personaggio entrava a far parte di discussioni domenicali solitamente incentrate sul calcio. Quel tedesco di Kerpen, due volte campione del mondo con la Benetton, si era preso un impegno: riportare in alto, ai livelli che le spettano di diritto, la casa di Maranello. "Ce l'ha fatta con una marca di maglioni" diceva qualcuno "perchè dovrebbe fallire?". Intanto, al volante di una recalcitrante Ferrari, Michael pose i primi tasselli di una storia divenuta poi leggendaria ed irripetibile. Quella pre-Ferrari ebbe origini rocambolesche, per gentile "concessione" di Bertrand Gachot: il pilota belga che nel 1991, arrestato in seguito ad una violenta lite con un tassista londinese, cedette il sedile in Jordan al quasi sconosciuto Michael Schumacher. L'esordio era di quelli tosti, sulla pista di Spa-Francorchamps, il tracciato più ostico della stagione. Pronti-via ed il giovane tedesco si piazza settimo in qualifica, fra lo stupore generale. La prima gara del futuro stritolatore di record si rivelò sfortunatissima, con la sua Jordan in panne poche centinaia di metri dopo il via, causa rottura della frizione. Poco importa, le fondamenta della leggenda era state poste. In questo 3 gennaio Michael Schumacher compie 50 anni. A più di 5 anni dal noto incidente sugli sci che lo ha gravemente infortunato la famiglia continua a stringersi nel più stretto riserbo. La moglie Corinna rasserena chi ha a cuore la vicenda del marito: "potete stare certi che si trova nelle migliori mani. Vi preghiamo di comprendere se stiamo seguendo i desideri di Michael e teniamo un argomento così sensibile come la salute nella privacy". Vederlo, sentirlo, in fondo non ce n'è bisogno perchè Michael è, e resterà per sempre, dentro tanti di noi. Dalle celebrazioni con il suo classico saltello sul podio dopo un trionfo, alle sue lacrime quando eguagliò il numero di vittorie di Senna, prima di ergersi al top nella classifica di tutti i tempi con 91 vittorie. Dai successi che lo rialzavano dopo inevitabili tonfi nei suoi primi anni in Ferrari, al giorno che divenne, dal podio, direttore d'orchestra di un gruppo quasi infallibile di uomini. Dall'addio alla Rossa nel 2006, al ritorno in Mercedes che ci consegnò un Michael più che 40enne veloce ma umanamente fallibile e per questo ancor più leggendario. Oggi, 3 gennaio 2019, per celebrare i 50 anni di una vita sfociata nel mito basterà guardarci dentro: aprendo i cassetti della memoria lo festeggeremo come quel giorno del 1996 a Monza, quando il v10 cantava e la folla applaudiva. Auguri Campionissimo, auguri Michael!

Pubblicato in Motori Emilia
Domenica, 25 Novembre 2018 19:00

F1, l'ultima notte di Abu Dhabi

Hamilton chiude in bellezza. Vettel, secondo, va sul podio nella sfortunata gara di addio alla Rossa di Raikkonen. Alonso lascia la F1. Negli Emirati Arabi si chiude un'epoca.

di Matteo Landi

Terminata la gara Hamilton, Vettel ed Alonso intrattengono il pubblico di Abu Dhabi con burnout e "donuts". Il fumo sprigionato dai loro pneumatici ed il rombo delle power unit chiudono questa stagione. Oggi Alonso non ha colto neanche un punto, ma gli sfidanti 2018 decidono di omaggiarlo facendolo partecipare alla festa. L'ultima gara del campionato ha segnato lo spartiacque fra la Formula 1 moderna e quella contemporanea. Il non ritorno di quella F1 che tutti ricordano come ruggente. Il pilota spagnolo, due volte campione nel mondo (2005 e 2006 con Renault) lascia la categoria, deluso da una McLaren che, da quando nel 2015 lo ha nuovamente accolto nelle sue fila, non ha saputo graffiare. "Domineremo" disse Ron Dennis, allora team principal della squadra inglese che nella stagione del ritorno di Alonso iniziò una collaborazione, ai posteri infruttifera, con Honda. Invece, per la squadra di Woking, arrivarono solo delusioni. Nonostante queste, nonostante le sconfitte, il Circus della F1 saluta un Alonso mai domo, sempre combattivo, in pista e nelle dichiarazioni. A dimostrazione che il sacro fuoco delle corse arde ancora in lui, pronto a sprigionarlo altrove, alla ricerca della vittoria nella 500 miglia di Indianapolis che metterebbe la ciliegina sulla torta di una carriera, per tanti suoi colleghi, invidiabile. Il non ritorno di una F1 ruggente, dicevamo, non solo per l'addio (o sarà solo un arrivederci? Schumacher insegna...) di Alonso ma anche per il saluto di Kimi Raikkonen alla Ferrari. Il finlandese non lascerà la F1, ma dalla prossima stagione sarà la chioccia di Giovinazzi in Alfa Romeo-Sauber. Gli svizzeri, ampiamente finanziati dal marchio fondato a Milano, sono stati la squadra che ha mostrato maggiori progressi rispetto al 2017, tanto da classificarsi ottava fra i costruttori, davanti a Toro Rosso-Honda e Williams-Mercedes. Riesce comunque difficile pensare che Raikkonen possa ancora affacciarsi nei piani nobili della classifica. Eppure, come da lui dichiarato, il finlandese si troverà in una situazione assolutamente confortevole: continuerà a correre nella massima formula, con meno attenzione mediatica, meno pressioni e meno...conferenze stampa. Comunque andrà Kimi sarà per sempre ricordato dai fans della Rossa per il titolo da lui vinto nel 2007, ad oggi l'ultimo conquistato da un pilota Ferrari, per il suo "attaccamento alla maglia", come dimostrato più volte – a parte le varie occasioni in cui ha sacrificato gli interessi personali a quelli della squadra basta affacciarsi sulla sua pagina Instagram per capirlo – per il suo essere unico, pur cercando di non esserlo.

Baci e abbracci per Alonso, Vandoorne, Ericsson e Sirotkin.

Sì, Abu Dhabi 2018 rappresenta un momento di passaggio per tanti: saluti anche per Ericsson, cercherà fortuna in Indycar, e per Vandoorne, talento privato della possibilità di esprimersi al meglio a causa di una McLaren che riesce nell'impresa di far disinnamorare della F1 sia il grande Alonso che il giovane belga, prossimo Formula E driver. La massima Formula si priverà solo momentaneamente di Ocon, rimasto senza sedile, ma visto che il cartellino è in mano a Toto Wolff c'è da credere che lo ritroveremo presto a competere con Hamilton e compagni. In quanto a Sirotkin, il russo rischia di rimanere negli annali della F1 con le misere statistiche di questo campionato – un solo punto conquistato – in quanto il suo sedile sarà occupato da qualcuno che ha già scritto la storia.

Kubica: il ritorno che scalda i cuori

Al posto di nomi che non vedremo più, il prossimo campionato ne ritroveremo infatti uno grosso, uno che conta davvero: quello di Robert Kubica. Correrà con la Williams e calcherà di nuovo i circuiti di quel grande Circus che abbandonò dopo il terribile incidente di cui si rese protagonista durante il Rally di Andora nel febbraio del 2011 e che rischiò di compromettere definitivamente la sua carriera. Quella del polacco è una storia che scalda i cuori e poco importa se guiderà una, si presume, modesta Williams: è un incitamento a non mollare mai, un esempio. E attenzione, Kubica non ha intenzione di tornare per fare la comparsa ma per continuare una carriera che si prevedeva sfolgorante. E sa essere ancora veloce, rinforzato nella tempra da difficilissimi anni di riabilitazione.

Hamilton chiude in bellezza. Vettel è secondo davanti a Verstappen

Abu Dhabi 2018, ultimo giorno di scuola per tutti, anche per il fresco campione del mondo Lewis Hamilton, che chiude da primo della classe. Per l'ultima di campionato, a titoli già assegnati, Mercedes decide di tornare a dotare le sue frecce d'argento dei famigerati cerchi forati dopo averne fatto a meno nelle ultime gare. Ed Hamilton vince dominando. Merito suo, impeccabile per tutta la stagione, ma merito anche della tanto discussa soluzione Mercedes? I fatti dicono che senza di essa i piloti della squadra anglo-teutonica hanno sempre faticato. Anche oggi, se Bottas non avesse accusato problemi ai freni, avrebbero potuto portare a casa una sonante doppietta. Invece sul podio sono finiti Vettel e Verstappen. Per il tedesco è un altro importante step, necessario per mettersi alle spalle una seconda parte di stagione difficile, per l'olandese si tratta di un'altra conferma. Nel 2019, se Honda compierà ulteriori progressi, c'è da scommettere che a lottare per il titolo ci sarà anche il, fino ad ora, compagno di Ricciardo. Quest'ultimo ha lasciato la casa austriaca con un buon quarto posto: adesso potrà dimenticarsi gli screzi con Marko e soci per dedicarsi alla nuova avventura targata Renault.

Raikkonen: addio alla Rossa con un ritiro ma terzo nel mondiale!

Avrebbe meritato ben altra conclusione il campionato di Raikkonen: la sua gara è durata solamente sei giri, poi noie elettriche lo hanno costretto a lasciare, per sempre, il sedile della Rossa. Nonostante tutto Kimi potrà ricevere il premio che spetta al terzo classificato nel campionato piloti, a dimostrazione di quanto soddisfacente sia stata la sua stagione: 12 podii, come Vettel, ed il ritorno alla vittoria con la Rossa. Adesso spetterà al giovane Leclerc, oggi ottimo settimo al traguardo, non far rimpiangere ai fans della Rossa il glorioso finlandese.

Il campionato 2018 va in archivio, fra gioie, dolori, polemiche, addii e speranze

Con la gara disputata negli Emirati Arabi si chiude un campionato combattuto ed avvincente, che ha visto la Ferrari passare dal ruolo di prima attrice a quello di inseguitrice. Con un Hamilton mai così forte: veloce ed affidabile. Non si può dire la stessa cosa di Vettel, protagonista di grandi cavalcate – vengono in mente, su tutte, le belle vittorie conquistate in Bahrain e Belgio, in momenti importanti della stagione – e brutti errori, vedi i vari testacoda compiuti da Monza in avanti e soprattutto la vittoria gettata al vento in Germania. Per sempre rimarranno dubbi sulla totale legalità delle monoposto Mercedes, senza dimenticare l'aiutino Pirelli delle gomme con battistrada ridotto, arrivato durante la fase calda della stagione per risolvere problemi riscontrati da Hamilton e Bottas. Non ci dimenticheremo delle penalità inflitte, giustamente, al pilota di punta Vettel, da commissari talvolta troppo docili con i piloti Mercedes. Tuttavia chiudere con le polemiche non sarebbe giusto nell'anno in cui si è celebrato il quinto titolo conquistato da un Hamilton, al pari di Fangio, dietro al solo Schumacher fermo a sette. Chissà che in un prossimo futuro non vedremo a bordo di una F1 il figlio di Michael, Mick Schumacher, fresco campione europeo di F3. Nell'attesa di scoprire nuovi talenti, chissà che Giovinazzi non ci faccia tornare a gioire di nuovo per un pilota italiano in un campionato 2019 che si preannuncia interessante, con Ferrari che vorrà sfidare ancora Mercedes e Red Bull pronta ad entrare in gioco se Honda non tradirà la loro aspettative. Buonanotte al Mondiale 2018 e buon riposo ai 20 piloti che hanno animato il campionato appena concluso. Marzo 2019 arriverà presto.

Pubblicato in Motori Emilia
Domenica, 11 Novembre 2018 22:23

F1, Brasile: ad Hamilton piace vincere facile

Gioia incontenibile a fine gara per l'inglese che vince, di fortuna, e consegna il titolo costruttori alla Mercedes. Weekend dominato dai dubbi e dalle scelte scellerate dei commissari. Vettel delude, Raikkonen salva la faccia alla Ferrari e va sul podio.

di Matteo Landi

Dopo il titolo mondiale conquistato da Hamilton, in Brasile, arrivano altre gioie per il team Mercedes. Con una gara di anticipo sul termine della stagione la squadra teutonica afferra il quinto mondiale costruttori consecutivo. Non è un record, a Maranello erano riusciti a vincerne addirittura sei, fra il 1999 ed il 2004. Ma fa comunque impressione. L'era turbo-ibrida, iniziata nel 2014, è un affare esclusivamente Mercedes e l'unico che è stato capace di interrompere l'altro dominio, quello di Hamilton, fu nel 2016 l'allora compagno di marca Rosberg. In Brasile va in archivio un gran premio avvincente. Tre marche, Mercedes-Red Bull-Ferrari, che si sfidano a muso duro: sorpassi, ruotate e strategia. Avremmo voluto parlare solo di questo ed invece, dopo la storia dei cerchi forati (ancora la Federazione non ha sciolto i dubbi e Mercedes per non rischiare reclami ha deciso di farne a meno anche in Brasile), altre nubi si addensano sopra il mondiale 2018. La solita storia, ormai vien da dire, che vede gli stessi commissari bacchettoni con alcuni piloti ed alcune squadre e decisamente "molli" con altri, vedi Hamilton, Bottas (ricordate le prove di Spa?) e la stessa Mercedes.

Hamilton da sanzionare, ma la scusa è pronta e servita

In Sud America ad approfittare della benevolenza degli stewart è stato Hamilton. Il vincitore del Gp del Brasile, partito da una pole position meritata per la velocità espressa al sabato ma regalata dalla Federazione, o chi per essa, che non è intervenuta nei confronti del campione del mondo in carica, nonostante durante le qualifiche si fosse reso protagonista di ben due "impedimenti": uno, opinabile, nei confronti di Raikkonen e l'altro nei confronti del povero Sirotkin costretto ad andare persino sull'erba per evitare un disattento Hamilton. Se la condotta del pilota inglese non ha danneggiato particolarmente il pilota Ferrari, è difficile stimare il tempo perso dal finlandese per evitare il pilota Mercedes, il discorso è totalmente diverso per il caso Hamilton-Sirotkin. Il pilota Williams non era nel suo giro veloce, ed è questa la "motivazione" trovata dai commissari che non hanno comminato alcuno sanzione ad Hamilton. Ma qual'è lo scopo delle penalità? Sanzionare solo chi danneggia il giro di qualifica ad altri o anche chi crea situazioni di pericolo? Viene in mente la qualifica dell'ultimo Gp d'Austria, con Vettel arretrato di tre posizioni in griglia per aver intralciato Sainz nel suo giro veloce, peraltro già compromesso alla prima staccata dal pilota iberico. In quel caso la decisione dei commissari arrivò puntuale come le tasse per Vettel. Il pilota tedesco la meritò e la scontò, senza troppe scusanti. Ancora una volta invece i commissari si attaccano ad inutili cavilli per evitare di rallentare la marcia trionfale dell'armata Mercedes. Paradossale che la reprimenda sia arrivata per Vettel, con tanto di multa da 25.000 euro, irrequieto durante la procedura del peso. Come dire...sono più importanti la forma e la "facciata" della sostanza. Ma questo weekend la faccia l'ha persa l'intera F1.

Ocon sperona Verstappen ed Hamilton vince. Senza merito.

Le cose non sono migliorate il giorno della gara, quando Verstappen, leader e pronto a prendersi una meritata vittoria, è stato inspiegabilmente speronato dal doppiato Ocon, pilota Force India dell'accademia Mercedes. L'olandese è riuscito comunque ad arrivare secondo ma con l'incidente le porte per la vittoria si sono spalancate per Hamilton, gioioso a fine gara per il titolo mondiale costruttori vinto dal suo team. La squadra anglo-tedesca l'ha indubbiamente meritato, per quanto mostrato nell'arco dell'intera stagione, ma qualche ombra sull'andamento di questo combattuto campionato rimarrà per sempre.

Vettel in affanno. Che fine ha fatto il campione pre-Monza?

Qualche ombra permane anche sulla situazione di Vettel. Il pilota Ferrari, velocissimo durante le qualifiche, è parso sottotono durante tutta la gara. Scattato dalla prima fila ha subito perso la seconda posizione a vantaggio di Bottas. Il tedesco avrebbe potuto sfruttare a suo favore l'essere partito con gomme più dure e durevoli rispetto a quelle montate dalla diretta concorrenza, malgrando lo start non eccezionale la vittoria sembrava quindi alla portata. Ed invece sono bastati pochi chilometri per rendersi conto che il tedesco non sarebbe stato della partita. Verstappen prima e Raikkonen dopo hanno sfilato il pilota secondo nel mondiale. Un problema ad un sensore potrebbe aver rallentato la marcia di Vettel ma il sesto posto finale lascia un pesante interrogativo: il Vettel pre-Monza è davvero tornato nello scorso Gp del Messico o in Ferrari devono iniziare a preoccuparsi? In questa stagione, al tedesco, resta solo una gara per convincere Arrivabene che il campione è intatto. Altrimenti chiuderemo il 2018 con un dubbio che ci accompagnerà fino al marzo 2019.

Raikkonen salva la Ferrari e va sul podio

La prossima stagione la Ferrari farà a meno di Raikkonen, in favore di Leclerc. Avranno fatto bene a Maranello a privarsi dei suoi servigi? In Brasile il finlandese si è reso autore di una gara solida e consistente. Tanto che al 35esimo giro Vettel, tornato davanti al compagno di squadra dopo il pit stop, ha ricevuto l'ordine di farsi da parte per lasciarlo passare. Poco dopo Raikkonen si è sbarazzato di Bottas issandosi in zona podio. Per racimolare punti e podii la Ferrari, in questo finale di stagione, si sta affidando al pilota di Espoo, prossimo al passaggio in Sauber. Fortuna che l'acquisto 2019, Charles Leclerc, si continui a dimostrare veloce ed incredibilmente concreto, se si pensa che è solo nell'anno del debutto. Alla bella terza piazza di Raikkonen il pilota monegasco ha risposto con una eccellente settima posizione, il primo degli altri dopo Mercedes, Red Bull e Ferrari.

Ricciardo d'orgoglio!

Non voleva correre le ultime due gare. Sconsolato ed arrabbiato per i continui problemi tecnici, Ricciardo, è poi tornato sui suoi passi, onorando il contratto in essere. A Interlagos ha insaccato l'ennesima penalità per sostituzioni impreviste sulla sua vettura e, dalla 11esima posizione in griglia, si è rimboccato le maniche. Per una volta la sua vettura non lo ha tradito e l'australiano ha sfoggiato la sua immensa classe. Sorpassi all'esterno, all'interno, ruotate. Fosse partito più avanti, forse, avrebbe vinto. Il quarto posto finale a 5 secondi da Hamilton la dice lunga. Ricciardo non sale sul podio da fine maggio, quando vinse il Gp di Monaco. Da allora tante sfortune gli hanno tolto il sorriso, costringendolo per il 2019 alla fuga nel team ufficiale Renault. Oggi non ha potuto bere lo champagne ma ha mostrato, se ce ne fosse bisogno, che la sua classe è intatta.

Abu Dhabi chiuderà il 2018

Ad Abu Dhabi, fra due settimane, andrà in scena l'ultima tappa del mondiale 2018. Una gara decisiva per l'assegnazione della terza posizione nel mondiale piloti, al momento brandita da Raikkonen, e per Force India e Alfa Romeo-Sauber in lotta per la settima posizione nel campionato costruttori. A titoli assegnati sarà, inoltre, importante vedere se a Maranello saranno capaci di una reazione. I tifosi Ferrari se lo augurano: occhi puntati su Seb quindi, con un pensiero grande e tanta commozione per l'ultimo Gp in Rosso di Raikkonen, ultimo campione del mondo al volante di una vettura del Cavallino.

Pubblicato in Motori Emilia

Cerchi forati sì, cerchi forati no. La Federazione gioca a nascondino con la soluzione tecnica Mercedes ed intanto Hamilton conquista il quinto titolo iridato. Come Fangio. Alle spalle del solo Schumacher. Siparietto dei commissari a parte, Hamilton merita eccome il titolo 2018. Ferrari fa doppio podio: Vettel è secondo davanti a Raikkonen in una domenica da non dimenticare.

di Matteo Landi

Solo la matematica separava Hamilton dal suo quinto titolo mondiale. Un campionato che fino al Gp del Belgio del 28 di agosto sembrava potesse rimanere aperto sino all'ultima curva dell'ultima gara e che, invece, ha trovato un epilogo vincente per il pilota Mercedes con ben due gare di anticipo sul termine della stagione. Nel mezzo troppi errori da parte della diretta concorrenza targata Ferrari. Una luce che a Maranello si è spenta in quel primo giro del Gp d'Italia, che avrebbe dovuto mettere le ali a Vettel ed invece lo ha spedito all'inferno. Si è riaccesa con la bella vittoria di Austin ad opera del pilota più maturo del box, quel Raikkonen che rimane l'ultimo iridato della casa del Cavallino Rampante. Da quando è iniziata l'era turbo-ibrida la Mercedes ha dominato la scena ed i suoi piloti vincono ininterrottamente i mondiali dal 2014. Dall'anno della svolta regolamentare ad oggi in Ferrari hanno lavorato sodo, compiuto progressi pazzeschi. Non è ancora sbiadito il ricordo delle due Rosse che arrancavano sui rettilinei, umiliate anche dalle Force India. Quanti progressi fino a questa stagione, in cui la Mercedes ha messo in campo ogni arma per battere una Ferrari che si è azzoppata da sola. E forse è questo ciò che brucia di più. Oggi Hamilton raggiunge Fangio, a quota 5 titoli mondiali. Il pilota che porta il n°44 ha complessivamente meritato l'alloro che lo proietta fra i grandissimi della specialità. Dietro solamente a Michael Schumacher ed ai suoi 7 titoli mondiali. Alla fine della corsa messicana Hamilton sorride, salta dalla gioia, malgrado abbia appena terminato una delle peggiori gare della sua carriera: 4°, dietro ai due ferraristi ed a quasi un giro di distacco dal vincitore Verstappen.

Hamilton fa cinque ed eguaglia Fangio. Peccato per quelle ombre

Una gara in cui l'inglese ha costantemente sofferto di problemi alle gomme, dopo che i suoi tecnici hanno deciso di abbandonare ancora una volta, per non rischiare eventuali reclami che avrebbero potuto mettere in discussione l'esito di gara e mondiale, la soluzione dei "cerchi forati". In Messico il comportamente della Federazione ha raggiunto il ridicolo. Prima del Gp degli USA la Ferrari aveva richiesto un chiarimento in merito ai fori individuati sui cerchi Mercedes (soluzione simile a quella bandita a Red Bull nel 2012): una soluzione che permette alle frecce d'argento di evitare un eccessivo surriscaldamento delle gomme, oltre a marginali vantaggi aerodinamici. Il "balletto" della Federazione è stato assurdo ed offensivo nei confronti dei competitors della Mercedes e degli appassionati: prima la soluzione è stata approvata e dichiarata "limitatamente illegale", poi bandita ed infine in Messico permessa, lasciando alle squadre l'onere di sporgere reclamo qualora Mercedes avesse optato per il suo utilizzo. Cosa non avvenuta con il risultato che Hamilton e Bottas sono entrambi sprondati con il passare dei giri. Considerando i benefici che dal termine dell'estate questi famigerati cerchi hanno portato alle vetture anglo-teutoniche, senza dimenticarsi l'ormai quasi dimenticata storia degli pneumatici con battistrada dallo spessore ridotto portati da Pirelli a campionato in corso, il titolo di Hamilton è meritato ma porterà per sempre con sé delle ombre. Che gli uomini di Charlie Whiting avrebbero potuto evitare con una gestione più "professionale" di quanto già citato. Detto questo è bene ribadire che Hamilton avrebbe molto probabilmente vinto lo stesso il titolo perchè, a differenza dei diretti avversari, l'inglese non ha mai sbagliato, prendeno punti preziosi anche nelle giornate storte.

In Messico Red Bull mette le ali

In Messico la squadra terza forza del campionato ha...messo le ali. Su un tracciato posto a più di 2.000 metri di altitudine, situazione che assottiglia il gap fra le power unit, Red Bull ha ottimizzato il rendimento di telaio e sospensioni, mettendo in mostra le proprie qualità aerodinamiche. Sabato Verstappen puntava a diventare il più giovane poleman della storia. Tutto sembrava venirgli incontro. Pochi avrebbero pensato che a rovinargli la festa sarebbe stato il compagno Ricciardo. L'australiano, estromesso dalle riunioni tecniche, il pilota che conta più ritiri stagionali per motivi tecnici ed in Renault dal 2019 (per la disperazione), ha tirato fuori il coniglio dal cilindro stampando un giro epico. A poco è servito ai fini della gara, visto che si è ancora una volta ritrovato costretto alla resa con il motore in fumo. Ma è stato importante per il suo morale, nuovamente scalfito dalla perentoria vittoria del compagno Verstappen. L'olandese ha approfittato di una partenza poco felice di Ricciardo ed ha preso il comando difendendosi egregiamente da Hamilton. La lotta per la vittoria è finita lì. Nel finale la bella rimonta di Vettel avrebbe potuto mettere un pò di pepe alla gara ma l'ennesima virtual safety car ha di fatto chiuso le ostilità.

Ferrari, un doppio podio che addolcisce la giornata

La Ferrari, nella gara che spegne i sogni iridati di Vettel, è riuscita a portare entrambe le macchine sul podio. Bene sia Vettel che Raikkonen, entrambi autori di prestazioni convincenti in una domenica che nei primi giri sembrava potesse diventare nera ed invece ha "avvicinato" nel mondiale costruttori la Casa di Maranello al leader Mercedes. 55 punti separano ancora le due contendenti. Sembrano tanti, e forse lo sono, ma con ancora 86 potenziali punti da assegnare la lotta rimane aperta. E se in Mercedes avranno anche nelle ultime due gare i problemi di gomme verificatisi nel continente americano la Ferrari potrebbe chiudere la stagione con qualche altra soddisfazione. Intanto celebriamo Lewis Hamilton da Stevenage, capace, in carriera, di vincere 71 gare, ottenere 81 pole position e ben 5 titoli iridati.

Alfa Romeo-Sauber a punti ed è ottava nel mondiale. Vandoorne: finalmente una buona domenica

Detto delle prime tre squadre del campionato meritano di essere menzionate la bella prestazione ottenuta dal duo Alfa Romeo-Sauber, con Leclerc settimo ed Ericsson nono e la finalmente consistente gara di Vandoorne, addirittura ottavo. Parlare con entusiasmo di un risultato al margine della zona punti è abbastanza imbarazzante per McLaren, un marchio storico plurititolato, ma tant'è. Il pilota belga, velocissimo nelle categorie propedeutiche, era approdato in F1 nel 2016, sempre con McLaren. Ha avuto la sfortuna di guidare per la squadra inglese nel suo periodo più difficile, dovendo inoltre affrontare la scomoda convivenza di box con Alonso. Al termine del campionato Vandoorne si trasferirà in Formula E: è riuscito a lasciare un piccolo segno prima dell'abbandono della massima Formula ma il suo talento avrebbe meritato molto di più. In una F1 che, come in Messico, vede ben 11 vetture staccate di almeno due giri dal vincitore chiedere di più risulta difficile per pilota di media classifica.

Fra due settimane sarà Gp del Brasile

Dopo due domeniche consecutive di gare il Circus si prende quella che una volta era la consueta pausa agonistica e tornerà fra due weekend in Brasile. Su un circuito ricco di storia e tradizione sarà interessante vedere come si svolgerà la sfida al vertice. Un Hamilton saziato dall'ennesimo titolo conquistato ed un Vettel, libero da una pressione che quest'anno si era fatta asfissiante, dovranno comunque continuare a lottare per l'ultimo importante obiettivo: la conquista del titolo costruttori. Una competizione poco sentita dagli appassionati, un titolo determinante per l'economia della squadra che lo conquista. Ai tempi in cui la Williams correva al vertice, il patron Frank lo considerava l'obiettivo principale della stagione. Per la Ferrari sarebbe un toccasana ed il risultato che concretizzerebbe il suo ritorno ai livelli che contano. Ah, a Maranello manca dal 2008!

Pubblicato in Motori Emilia
Lunedì, 22 Ottobre 2018 00:19

F1, Stati Uniti: reazione KIMI-ca!

In Texas, a poche settimane dal suo prossimo addio alla Rossa, Raikkonen torna alla vittoria. Una gara epica, di una domenica struggente. Vettel fallisce ma Hamilton non riesce a chiudere i giochi.

di Matteo Landi

Osannato, criticato, amato, sottostimato. Oggi Kimi Raikkonen, il pilota più venerato del globo, nonostante non manchino i detrattori, ha messo tutti d'accordo. Da quanto ha ricevuto la notizia del suo prossimo abbandono forzato della Ferrari il finlandese ha messo le ali. Quasi a voler dimostrare al mondo che Arrivabene e compagni hanno sbagliato a metterlo da parte in favore di Leclerc. Sul podio di Austin il pilota Ferrari sorride mentre gli altoparlanti scandiscono l'inno finlandese. Il box Rosso è in delirio. La Ferrari quest'anno ha ottenuto altre cinque vittorie, tutte ad opera di Vettel, ma questa ha un sapore diverso. Ha il sapore del ritorno alla serenità. Il pilota tedesco della Ferrari oggi ha sbagliato. Ancora una volta, ed il fatto diventa di gravità assoluta per uno sportivo di livello come lui se si evidenziano ben due errori in un weekend di gara. Il primo è arrivato durante le prove libere, quando non ha adeguatamente rallentato in regime di bandiera rossa beccandosi una penalità di tre posizioni in griglia di partenza. Il secondo in gara: Vettel, scattato dalla quinta piazza, ha cercato una rimonta immediata che si è spenta contro le ruote di Ricciardo. Il pilota Ferrari è finito in testacoda (come da tradizione, visto quando successo a Monza ed a Suzuka) autocostringendosi ad una rimonta che è culminata con la quarta posizione finale. Abbastanza per rimandare la festa mondiale di Hamilton. Poco per l'umore nero che il tedesco non riesce a schiarirsi. Nell'attesa che Sebastian ritrovi se stesso la Ferrari festaggia il ritorno al trionfo di Raikkonen, autore di una delle migliori gare della sua carriera. Con la 21esima vittoria il pilota di Espoo diventa, in quanto a trionfi di tappa, il finlandese più vincente nella storia della Formula 1. Alle sue spalle, a quota 20, lascia un certo Mika Hakkinen. Giusto per far capire la portata del risultato ottenuto quest'oggi dal pilota che nel 2014 tornò in Rosso dopo la sua ultima stagione in Lotus, che gli consegnò, in Australia, quella che fino ad oggi era la sua ultima vittoria nella massima formula. Un ventunesimo trionfo che cade esattamente 11 anni dopo il giorno che lo consacrò campione del mondo. Una coincidenza che rende quasi magico quanto accaduto oggi in Texas.

Se Vettel cade, Raikkonen giganteggia

Prima del weekend tutti attendevano la riscossa di Vettel. In caso di debacle del tedesco erano pronti i festeggiamenti per il quinto titolo mondiale di Hamilton. Entrambe le cose non sono accadute, per merito di Raikkonen e Verstappen. E per demerito, come detto, di Vettel. Il finlandese di casa Ferrari non ha commesso il minimo errore. Correndo con grinta fin dal via. Allo spegnersi dei semafori ha subito sopravanzato Hamilton, mettendosi a dettare il passo. La gara si è accesa quando l'inglese è entrato ai box al termine dell'11esimo giro e, sfruttando il regime di virtual safety car, è tornato in pista staccato di pochi secondi dal leader. Quando 10 giri dopo Raikkonen effettua la sua sosta Hamilton torna in testa ma con il passare dei giri diventa chiaro che l'inglese non sarebbe riuscito a gestire le sue gomme fino al termine della gara. Costretto ad un altro pit stop Hamilton rimonta furioso. La gara diviene una lotta di nervi sul filo dei centesimi di secondo. A pochi km dal termine Raikkonen, un incredibile Verstappen (partito 18esimo) ed Hamilton sono racchiusi in appena 2 secondi. Chi attendeva la resa del 39enne ferrarista, vista la velocità espressa dai suoi inseguitori, ha dovuto ricredersi. Raikkonen ha tenuto meravigliosamente a bada Verstappen che, a sua volta, ha impedito ad Hamilton di cogliere una seconda posizione che gli avrebbe consegnato il quinto titolo mondiale.

Verstappen show: rimonta dalla 18esima posizione e sale sul podio

Se l'impresa di Raikkonen porta con sé del romanticismo struggente, quella di Verstappen è quasi altrettanto storica. L'olandese aveva malamente fallito le qualifiche, distruggendo una sospensione contro un cordolo, e regalandosi, si fa per dire, la 18esima posizione in griglia di partenza. Peggio per lui ma bene per lo spettacolo che ha offerto in una domenica per lui indimenticabile quasi quanto una vittoria. Sorpassi ed una strenua difesa su Hamilton nel finale. Nel giorno dell'ennesima debacle tecnica dello sfortunatissimo compagno Ricciardo, Verstappen colora questa F1, che per un giorno assomiglia più ad una gara motociclistica, per i distacchi esigui e la tensione vissuta, che ad una delle brutte gare di F1 vissute quest'anno. Ad Austin ha vinto Raikkonen, ha brillato Verstappen ed ha trionfato lo spettacolo.

I commissari vedono (solo) Rosso

Peccato che, nel momento in cui la massima formula ritrova le battaglie che fanno appassionare i tifosi, i commissari continuino a macchiare questo campionato con sprazzi di protagonismo non richiesto. Si arriva in Texas ed ecco che diviene legale l'illegalità "limitata" dei cerchi delle vetture Mercedes. Giudizio incredibilmente espresso dagli stessi commissari che creano un precedente pericoloso e graziano il team diretto da Toto Wolff. Durante il fine settimana passano poi dal segnalare, e sanzionare, il comportamento di Vettel durante le prove al graziare Bottas ed Ocon, entrambi rei di aver rallentato eccessivamente nel corso di un giro di rientro in qualifica. Senza contare che il pugno duro promesso a chi avrebbe oltrepassato i limiti della pista durante la gara si è visto nei confronti di alcuni come Vandoorne o Sainz ma non con il big Hamilton. Una F1 in costante cerca di spettacolo avrebbe bisogno, alla base, di una credibilità che Whiting e compagni sembrano minare pericolosamente.

Prossima tappa: Gp del Messico

Nonostante le scelte dubbie dei commissari e l'ennesima giusta sanzione comminata ad un Vettel ancora falloso, oggi, 21 ottobre 2018, ci ha pensato Kimi Raikkonen a rasserenare l'ambiente in quel di Maranello. Proprio lui, il pilota che al termine del 2018 si troverà costretto a passare in Alfa Romeo-Sauber. Nei prossimi due anni, al volante di una vettura molto probabilmente non da vertice, si troverà costretto a fare a ruotate per raggiungere la zona punti. Nell'attesa è riuscito a regalare a lui ed a noi un ultimo romantico ruggito. Il prossimo weekend si correrà ancora, con il Gp del Messico. Dopo la festa Rossa i festeggiamenti mondiali di Hamilton sembrano scontati.

Pubblicato in Motori Emilia
Domenica, 07 Ottobre 2018 12:13

F1, Giappone: Game Over

Hamilton domina il weekend giapponese ed è ad un passo dal quinto titolo mondiale. La Ferrari si lecca le ferite e deve ritrovare una serenità perduta. Raikkonen e Vettel chiudono in quinta e sesta posizione un weekend da incubo. Camilleri, dove sei?

di Matteo Landi

Quando Philip Morris ha deciso di apporre "Mission Winnow" sulla carrozzeria della Ferrari probabilmente aveva idee diverse per il debutto in pista del suo slogan. La squadra di Maranello si presentava a Suzuka con propositi bellicosi e vincenti ma ne esce con ossa decisamente rotte. Nessuno ne parla ma, sarà un caso, da quando se n'è andato Marchionne nella Scuderia le cose non vanno più per il verso giusto. Non ci riferiamo alla singola scelta strategica errata, in Ferrari sembra che abbiano smarrito la retta via. Un concatenarsi di eventi iniziato dal quel primo giro folle di Vettel a Monza. La Ferrari arrivava sulla pista lombarda forte del successo di Spa e inagurava il weekend monzese con una sonora doppietta in qualifica. Poi l'errore di Vettel in gara e da lì in poi è stato dominio Mercedes. Non di Hamilton, ma della squadra teutonica, in tutto e per tutto. A Suzuka il team di Maranello chiude con un quinto e sesto posto, con Raikkonen davanti a Vettel, che profuma di resa. Definitiva. Inutile cercare le motivazioni della sconfitta in una domenica in chiaro-scuro (più scuro che chiaro). Tutto è iniziato da un sabato da film dell'orrore. Di quelli con tendenze splatter. Gli errori compiuti dal muretto box e dallo stesso Vettel nella fase decisiva delle qualifiche dimostrano che, contrariamente a quanto dice un Arrivabene sempre pronto a parlare alle telecamere nonostante un animo annebbiato dall'insuccesso, in Ferrari il clima non è sereno. Quando i due del Cavallino si sono presentati con gomme intermedie all'uscita della pit lane, con tutti gli altri piloti pronti ad andare a cercare il giro veloce su gomme da asciutto, il pensiero comune è stato: "azzardo disperato". Perchè c'era una reale minaccia di pioggia ma, uomini di Arrivabene a parte, tutti sapevano che avrebbero avuto il tempo di stampare almeno un giro cronometrato su pista asciutta. E tutti gli altri, appunto, avevano ragione. La ciliegina sulla torta l'ha poi messa Vettel. I piloti Ferrari sono subito tornati ai box per cambiare gomme, ma ormai stava iniziando a piovere. Mentre Raikkonen si impegnava a chiudere un giro in condizioni precarie, afferrando una preziosa quarta posizione, Vettel divagava fuori pista, cogliendo una pessima nona posizione, trasformatasi in ottava con la penalità di Ocon. Dopo il primo giro di gara di Vettel, eroico e bellissimo, la speranza di lottare con le Mercedes era ancora viva ma, si sa, quanto si rincorre è più facile incappare in "imprevisti". Ed il solito Verstappen è lì pronto a regalartene qualcuno. Almeno un paio, considerando l'intera coppia di piloti Ferrari.

L'incidente con Verstappen che archivia definitivamente i sogni di gloria

Da ottavo a quinto in un batter d'occhio. Vettel ha appena compiuto un piccolo miracolo. Quanto viene richiesto ad un quattro volte campione del mondo. Con le due Mercedes a dettare il passo, Raikkonen si appresta ad attaccare Verstappen per portarsi alle spalle del duo d'argento. Improvvisamente il pilota Red Bull sbaglia, arriva lungo e rientrando in carreggiata porta fuori pista Raikkonen. Al giovane olandese gli verranno affibbiati cinque secondi di penalità da scontare durante l'unico pit stop. Sanzione giusta ma inutile: la vettura di Raikkonen nel contatto ha riportato ingenti danni, tali da costringerlo ad una gara da comprimario. Incattivito dalla notizia della penalità subita, Verstappen chiuderà poi la porta in faccia a Vettel, spendendolo in testacoda. Il tedesco avrebbe potuto attendere e tentare un più facile sorpasso sul rettilineo principale ma la velocità con cui è arrivato all'interno della Red Bull era tale da giustificare il tentato sorpasso. Adesso è facile gettare la croce addosso al pilota Ferrari: ha fatto quello che ogni racer avrebbe dovuto fare e di tutti gli attacchi portati in quella curva quello sull'olandese è stato l'unico conclusosi con un contatto. Il sesto posto finale del tedesco, amaro e inutile bottino in ottica mondiale, è da considerarsi ottimo vista la 19esima posizione in cui era sprofondato dopo l'incidente. Se adesso sono tutti pronti a "sparare" contro il pilota Ferrari invitiamo a riflettere su quanto potrà diventare pericoloso l'atteggiamento arrogante di Verstappen, recentemente colpevole anche di un brutto fallo su Bottas in quel di Monza.

Hamilton: ad un passo da Fangio

Se dalla terza posizione in giù se ne son viste delle belle che dire della gara in solitaria delle due Mercedes? In Giappone Hamilton ha fatto quello che ha voluto. Al volante di una perfetta Mercedes ha ristabilito le gerarchie nel box tedesco. Se Bottas in Russia lo aveva di fatto battuto, a Suzuka Hamilton è parso di un altro pianeta. "Sotto pressione non sbagliamo mai", aveva sostenuto il pilota inglese sabato pomeriggio. Considerazione ridicola a dire il vero, visto il vantaggio di 50 punti in classifica mondiale su Vettel prima della gara odierna. Adesso che il suo margine sull'inseguitore è salito a ben 67 punti di pressione non vogliamo più sentire parlare. Lo stesso vale per gli uomini del Cavallino. A fine gara Arrivabene incita i suoi a continuare a lottare, sarebbe bene ritrovassero prima l'armonia persa nella difficilissima estate 2018. Fra due settimane il carrozzone della Formula 1 farà tappa ad Austin. La matematica potrebbe consegnare ad Hamilton un titolo di fatto già suo. Poco più di un mese fa era impensabile.

Grazie Suzuka! Coraggio Ricciardo!

Il ritorno su una pista "vera" ci ha riconsegnato la lotta in pista. Stendiamo un velo pietoso sulle penalità elargite quasi a caso dai commissari. Inutile nel caso di Verstappen, comunque sul podio. Abbiamo finalmente visto (fortuna che le telecamere puntavano principalmente dalla terza posizione in giù) vere battaglie in pista, non sempre dettate dall'utilizzo del DRS. Certo, le rimonte di Vettel e Ricciardo hanno dato un contributo importante allo spettacolo ma anche senza queste avremmo assisitito ai bei sorpassi di Alonso, Leclerc e di quasi tutti i piloti alle spalle del duo di testa. Tornando a Ricciardo, il suo urlo di rabbia e dispiacere del sabato pomeriggio ha condito il suo assurdo fine settimana: ancora appiedato dai soliti problemi tecnici si è ritrovato costretto a partire dalla 15esima posizione. Prima della gara il suo sguardo era insolito. Ormai, consapevoli del suo passaggio in Renault dal 2019, in Red Bull gli hanno chiuso le porte delle riunioni tecniche. Il sospetto che il miglior materiale finisca sulla vettura gemella (?) di Verstappen è reale. Nonostante questo, oggi l'australiano si è impegnato in una rimonta da sottolineare, conclusa con la quarta posizione finale, poco lontano dalla Red Bull del compagno partito ben più avanti a lui. Un bel modo per ricordare al mondo della massima Formula che, inconvenienti a parte, il campione Ricciardo, nonostante le sfortune e lo sconforto, è intatto.

Pubblicato in Motori Emilia