A vent' anni dalla sua scomparsa --
Parma, 1 maggio 2014 - di Matteo Landi
Era il primo maggio del 1994. Mentre si avvicinava alla curva del Tamburello la sua mente era colma di idee. Pensava forse ad un anno iniziato male; alla rincorsa del giovane tedesco Schumacher. Nonostante le ottime premesse, considerando che avrebbe dovuto pilotare la migliore vettura del lotto, si era ritrovato fra le mani una vettura che non riusciva a guidare come voleva: veloce ma instabile e con un abitacolo terribilmente stretto. Stava probabilmente pensando a quanto accaduto il giorno prima al suo collega Roland Ratzenberger, che vittima di un terribile incidente aveva perso la vita: era alla sua prima stagione nel grande Circus e stava coronando un sogno purtroppo spezzato da una tragedia che forse, secondo Ayrton, poteva essere evitata con una maggiore attenzione alla sicurezza di vetture e circuiti, da parte della Federazione. Forse pensava a quale fosse il senso della competizione sportiva. Lui stesso aveva fatto diventare lo sport un mezzo per portare serenità ad un popolo brasiliano che non ne aveva. Il tempo per pensare a tutto questo, ammesso che lo abbia fatto, ci fu durante i giri percorsi a bassa velocità dietro la safety car entrata in pista a seguito di un terribile incidente, senza conseguenze per i piloti, avvenuto in partenza con protagonisti J.J. Lehto e Pedro Lamy.
Al rientro della safety car Senna fece in tempo a percorrere pochi chilometri prima del suo schianto contro il muro in prossimità della curva del Tamburello. Poche ore dopo avvenne il suo decesso. Sicuramente tutto questo non successe per un errore di guida di Ayrton ma a causa della rottura del piantone dello sterzo della sua Williams.
La giustizia italiana, più di dieci anni dopo, individuò il vero responsabile nel direttore tecnico dell'epoca Patrick Head, accusato di omicidio colposo anche se la cassazione dichiarò il non doversi procedere, in quanto il reato a lui ascritto estinto per prescrizione. Per il mondo delle corse da quel giorno tutto cambiò: la Formula 1 pose la sicurezza dei piloti al centro del regolamento tecnico-sportivo e la morte di Senna divenne l'ultimo decesso avvenuto sulle piste del mondiale.
Nulla fu come prima anche per il Brasile: un paese in difficoltà a cui Ayrton aveva offerto con le sue gare un raggio di sole. Venti anni dopo quel primo di maggio siamo qui a ricordare un Campione, ma soprattutto un Grande Uomo. Un Uomo che ha insegnato che lo sport può non essere solamente il mezzo per arrivare al successo, ma anche un modo per unire laddove c'è divisione e portare speranza dove non ce n'è. Una Persona che ha saputo sfruttare la sua celebrità per attirare l'attenzione su quelli che erano i reali problemi del suo paese di origine. Nella sua vita Senna ha scritto pagine e pagine di storia di uno sport e di un paese. Oggi in poche righe non possiamo rendere merito a tutto quello che Ayrton ha fatto nella sua breve vita. Sicuramente possiamo in poche parole sintetizzare ciò che è stato: un grande esempio di vita.