La vegetazione, ad esempio, è semplicemente quella dei giardini delle abitazioni circostanti ma viene furbescamente ampliata ad arte, in quantità e dimensione, per dare l’effetto di uno stadio immerso nel verde. In realtà, lì dentro ci sono solo tonnellate di cemento e acciaio, e se ne prevedono ancora di più. Come se i due anni di dibattito cittadino non ci fossero mai stati, con un percorso partecipativo dominato dalle voci contrarie, espresse subito dopo nella raccolta di 8241 firme in 40 giorni depositate in Comune.
L’Astronave è dunque ritornata uguale identica a prima, e ferma nella volontà di incastrarsi nel cuore della città demolendo tutto l’esistente e occupando ogni spazio possibile con i suoi nuovi e maggiori volumi, scavando il suo grande parcheggio interrato che eliminerà il suo ultimo verde profondo presente, il filare storico dei tigli.
Partendo dalle forme soverchianti, la misura del contesto storico in cui si inserisce, per arrivare alla denominazione grottesca del semplice ingresso allo stadio come “nuova piazza della città”, il progetto definitivo conferma la pericolosità della deriva culturale ed etica che si sta imponendo a Parma.
Rimangono poi irrisolti tutti i problemi del progetto preliminare: la viabilità del quartiere e dell’intera città, l’aumento del traffico, la militarizzazione durante le partite con l’utilizzo di ingenti forze dell’ordine e tutti i disagi conseguenti della popolazione.
Se il progetto è rimasto pressoché invariato - ignorando le prescrizioni degli 11 punti contenuti nella delibera di Giunta - è cambiato invece il budget di spesa per giustificare la richiesta di concessione di 90 anni. In contrasto, ancora una volta, con la richiesta dell’amministrazione per una “consistente e sostanziale riduzione della durata della concessione”.
Per motivi di sostenibilità ambientale, la Giunta aveva avanzato la richiesta di non demolire tutto. Nella delibera si parlava di “rigenerazione”, “ristrutturazione”, “ammodernamento” dello stadio; chiariva che dovevano essere rifunzionalizzati “gli elementi della costruzione che possono essere utilmente conservati”, si insisteva sul “massimo tasso di recupero” di parti dell’impianto con “ancora vita utile sotto il profilo strutturale”.
L’immancabile “sostenibilità” che spunta in ogni riga dei comunicati stampa - greenwashing lo chiamano in giro per il mondo, cioè ecologismo di facciata - è lasciata ai pannelli fotovoltaici, al sistema di recupero delle acque piovane (che oggi, in tutta Italia, sono prescrizioni obbligatorie per ogni progetto). Per il resto è nuovo cemento, cemento, e ancora cemento, per un’Astronave che consumerà più energia, richiamerà più traffico, invaderà spazi pubblici per realizzare interessi privati.
Il progetto definitivo fa invece tabula rasa sia del vecchio Tardini, sia delle prescrizioni dell’Amministrazione comunale, nonché del vincolo storico culturale applicato dalla Soprintendenza alle aree adiacenti ai fabbricati storici di ingresso. Il vincolo infatti prevede che queste aree rimangano vuote da costruzioni ma il Parma calcio, in totale sfregio istituzionale, ha collocato in queste aree fabbricati fuori terra e previsto l’abbattimento degli alberi centenari presenti e lo scavo sotterraneo per il suo parcheggio privato.
Il quadro è completo, Parma e i parmigiani si arrendano al magnate americano che si muove con uno stuolo di avvocati per accaparrarsi gratuitamente il cuore centrale di Parma. Nulla ha rispettato delle richieste parmigiane, immaginiamo quello che possa succedere nei 90 anni di concessione: dalla vendita di tutto l’insieme al miglior offerente, ad un utilizzo incondizionato della struttura, di cui potrà disporre a suo piacimento anche a discapito dei diritti basilari degli abitanti di Parma, che, per un secolo (per sempre), verranno sottoposti alle urgenze e alle necessità di cassa dell’investitore privato di turno. È lecito quindi chiedersi ancora e ancora il destino futuro della scuola Puccini-Pezzani, difesa sempre a parole ma nei fatti soverchiata dall’immobile e lasciata in balia della voracità di spazi del Parma Calcio.
Questo è il progetto che ci stanno servendo con rendering avvelenati, ci auguriamo che i parmigiani difendano con i denti la loro bella città.
Il Comitato Tardini Sostenibile sarà al loro fianco.
PS: Con l’occasione, rispondiamo brevemente alle affermazioni irricevibili del legale del Parma Calcio, avv. Monaco, riportate in data 14.09 da Parma Repubblica:
- La tempistica di cantiere di due anni è impossibile. Un cantiere così, con scavi importanti e difficoltosi, in un’area residenziale e adiacente ad una scuola con 600 alunni ed una scuola materna, è pura fantasia.
- “Il Tardini è uno stadio che ha un secolo di vita. I lavori di costruzione sono terminati nel 1924…”. Sebbene con datazione sbagliata, il riferimento di Monaco alla storicità dello stadio è di grande rilevanza. Ma, nonostante questo e pure affermando che “il Tardini è uno stadio iconico secondo il Parma Calcio…” ricordiamo all’avvocato che lui stesso, insieme all’avvocato di Parma Rutigliano e altri, è il firmatario del ricorso gerarchico intentato contro il Ministero per cancellare il dispositivo che impone la sua conservazione e valorizzazione, come patrimonio culturale italiano.
- Una regola aurea della composizione architettonica è la relazione con il contesto. Per questo affermare che il loro progetto realizzerà “uno degli stadi fra i più belli d’Europa”, in quell’area inadeguata alle superfici e alle volumetrie proposte… beh, anche questa è pura fantasia. Mentre è certo, invece, che quella nuova, abnorme infrastruttura rovinerà per sempre la misurata armonia, l’equilibrio e la bellezza di quella pregevole parte del nostro centro storico.