Nella difficile emergenza sanitaria, anche in provincia di Parma l’Azienda conferma la sua vocazione storica e il suo ruolo al servizio dei cittadini e del territorio, delle imprese e della Pubblica Amministrazione.
Raggiunge oggi il traguardo dei 158 anni l’attività di Poste Italiane al servizio degli italiani e dello sviluppo del Paese. Un anniversario che cade nella drammatica fase di emergenza sanitaria globale provocata dal contagio da Covid-19, nel corso della quale il ruolo e la missione di Poste Italiane hanno acquistato ancor più valore e significato.
In provincia di Parma sono rimasti operativi gran parte dei 114 Uffici Postali, 112 dei quali attualmente aperti, dove i dipendenti hanno continuato a garantire il servizio ai cittadini che, inoltre, hanno potuto ricevere regolarmente la loro corrispondenza grazie al quotidiano impegno dei portalettere dei sei Centri di Distribuzione del territorio (Parma, Pilastro, Fornovo Taro, Borgotaro, Fidenza e San Secondo Parmense).
In presenza di provvedimenti restrittivi necessari per contrastare l’epidemia, le donne e gli uomini che lavorano in Poste Italiane si sono adoperati per mettere in atto tutte le misure atte a tutelare la sicurezza e la salute personali e dei clienti, garantendo continuità ad un servizio essenziale per la vita del Paese. Sono state avviate formule innovative nel campo della organizzazione del lavoro e sono state predisposte soluzioni efficaci per fornire in sicurezza tutti i servizi essenziali per i cittadini, garantendo una attenzione speciale alle categorie sociali più fragili e bisognose.
In coerenza con i suoi 158 anni di attività, oggi come ieri la storia di Poste Italiane e dei suoi 130.000 lavoratori si è così intrecciata con quella dell’Italia. Con i suoi portalettere, gli Uffici Postali, con la raccolta del risparmio che ha permesso la realizzazione delle grandi opere che hanno modernizzato l’Italia, Poste Italiane è oggi un punto di riferimento per tutti i cittadini come lo fu nel secolo scorso, in qualità di artefice della missione unitaria che puntava a “fare gli italiani”.
Oggi Poste Italiane, quotata alla Borsa di Milano, rappresenta la più grande rete di distribuzione di servizi in Italia. Le sue attività comprendono il recapito di corrispondenza e pacchi, i servizi finanziari e assicurativi, i sistemi di pagamento e la telefonia mobile. Con una rete di oltre 12.800 uffici postali, circa 130 mila dipendenti, 536 miliardi di euro di attività finanziarie totali e 35 milioni di clienti, il Gruppo è parte integrante del tessuto sociale e produttivo del Paese e rappresenta una realtà unica in Italia per dimensioni, riconoscibilità, capillarità e fiducia da parte della clientela.
“E’ vero che il lavoro agile è più attuabile nel terziario e nella pubblica amministrazione rispetto dell’industria, ma ci sono differenze considerevoli, anche, nell’approccio manageriale al tema. Inoltre, la dimensione aziendale è sicuramente discriminante, in termini proporzionali, per avviare il lavoro agile. Come sindacato chiediamo che quanto avviato in questi due mesi possa essere perfezionato”. Rosamaria Papaleo segretaria Cisl Emilia Centrale affronta il tema dello smart working con l’analisi di quanto accaduto in un’azienda private e in una pubblica amministrazione.
“Dai dati a nostra disposizione emerge che prima del Covid il ricorso allo smart working era assai limitato in Italia soprattutto nel pubblico impiego. Con l'emergenza è diventata la forma ordinaria di lavoro sia nella fase di picco che nella fase 2. Infatti per limitare gli assembramenti nei luoghi di lavoro molte aziende e molti uffici pubblici hanno scelto di continuare ad utilizzarlo per le tipologie di lavoro compatibili”.
Di seguito alcuni esempi con relativi problematiche e soluzioni.
INDUSTRIA
La Modula spa di Salvaterra è un’azienda leader per la realizzazione di sistemi di gestione del picking all’interno dei magazzini industriali. Durante l’emergenza del lockdown ha attivato complessivamente 168 accordi individuali di smart working, pari al 64,5% dell’organico aziendale in tutti i reparti, dall’amministrazione alla produzione (programmazione), mantenendo anche il presidio per le vendite.
“Modula – rispondono dall’ufficio comunicazione - aveva già attivato un progetto di Smart Working dal 2018 e questo le ha consentito di essere preparata per quanto riguarda le tecnologie che supportano il lavoro a distanza e le competenze interne necessarie per attuarlo. Molti dipendenti sono dotati di Pc portatili, mentre chi non ne era provvisto ha potuto recuperare dispositivi aziendali e utilizzarli nella propria abitazione. Grazie alla rete VPN i dipendenti in smart working possono connettersi in modo sicuro ed accedere da remoto alle risorse aziendali interne da qualsiasi area geografica nel mondo. Inoltre sono stati sottoscritti abbonamenti su piattaforme webinar e alcuni reparti utilizzano poi strumenti che permettono l’archiviazione di documenti, immagini, file… (come Dropbox o Google Drive)”.
In questo modo alla Modula è stato possibile continuare con la maggior parte delle attività lavorative. Tra le problematicità “una maggiore difficoltà nella gestione delle urgenze”. Apprezzabile, per la Cisl, il fatto che si sia “incentivata l’ottica del lavoro per obiettivi, svincolata dalla mera prestazione oraria ed è rafforzata la responsabilizzazione delle persone in merito alle attività di loro competenza.
Agli smart worker, che hanno colto questa soluzione in maniera positiva, spetterà restituire il credito di fiducia dato dall’azienda dimostrando autonomia, impegno e senso di responsabilità. Questo significa flessibilità, autonomia nella scelta degli spazi, orari e necessità di strumenti per svolgere la propria mansione a fronte di un profondo cambiamento a livello organizzativo e culturale.
In queste ore sta riprendendo il lavoro in maniera scaglionata, limitando in una prima fase la presenza fisica a chi ha necessità inderogabili legate alla propria attività. Quindi i lavoratori alterneranno la modalità di lavoro da remoto a quella in presenza secondo una pianificazione che terrà conto delle esigenze organizzative aziendali, delle singole professionalità, nonché delle preferenze dei dipendenti.
PUBBLICO
Durante l’emergenza Coronavirus nella pubblica amministrazione, all’Inps di Reggio su 179 sono in smart working (154) e telelavoro (7) quindi tot 161 persone mentre gli altri in congedi pregressi vari.
“Questo – spiega Francesco Cimino, direttore Inps Reggio Emilia – ha previsto la necessità di dotare i colleghi di pc ultraslim, con rete intranet, ma c’era anche chi disponeva di pc proprio rete propria ma con assistenza continua per il rafforzamento dei collegamenti internet. Da casa è stato possibile svolgere tutto ciò che compete alla sede Inps, tra cui le aumentate richieste di cassa integrazione ordinaria, la verifica del regolare versamento della contribuzione da parte di aziende e datori di lavoro (sia pubblici che privati) e di recupero dei crediti vantati dall’Istituto, nonché nell’erogazione di servizi e prestazioni sia di carattere previdenziale che assistenziale ai cittadini, sia lavoratori attivi che cessati dal servizio che pensionati”.
itorioLa produttività – spiega il direttore Cimino - è cambiata positivamente. I dati parlano di numeri elevati monitorati sempre allo stesso modo. Anche per i dipendenti dell’Inps la novità è stata positiva e da poter essere sperimentata in un eventuale futuro, magari normale.
Proprio in termini di produttività e quindi di quantità di pratiche lavorate Reggio Emilia aveva totalizzato una produttività del 126,87 a fine anno e nel primo trimestre 2020 ha già raggiunto 103,88. Sul primo trimestre 2020 ci attestiamo come media nazionale sul 104 quando il requisito è 100.
Come si potrà farlo decollare anche al fine dell'emergenza?
Risponde ancora Rosamaria Papaleo, segretaria Cisl. “occorrerà passare da un modello fordistico e gerarchico della produzione, con rappresentazione giuridica del lavoro (mansioni, qualifiche...), a una rappresentazione incentrata sui ruoli che vengono disegnati sulla base delle competenze di ciascuno. Da emergenza a opportunità. Naturalmente laddove non ancora successo occorre dotare i lavoratori della strumentazione necessaria, costruendo nuove tutele dal punto di vista dei diritti e della sicurezza e nella formazione”.
Dal 1° maggio sulla pagina Facebook e sul sito del museo
Da venerdì 1° maggio il museo Renato Brozzi di Traversetolo diventa museo digitale. In questo momento, in cui le misure anti-contagio per il covid-19 hanno imposto la chiusura delle strutture museali, il Brozzi riapre virtualmente le sue porte grazie agli strumenti innovativi offerti dal web. Come altri musei del Paese, anche quello locale metterà a disposizione risorse gratuite e servizi online rivolti ai cittadini per informarsi, leggere, giocare, distrarsi: video-guide, tutorial di laboratori ludico-didattici, post con curiosità sulla pagina Facebook e sul sito del museo.
Post e video avranno cadenza settimanale; in particolare i post verranno pubblicati il venerdì, i tutorial il sabato pomeriggio, le video-guide la domenica pomeriggio. Si inizia venerdì 1° maggio con il primo post, per proseguire sabato 2 e domenica 3 con i video.
“Abbiamo voluto avviare questa opportunità in questo difficile momento per aiutare le persone ad affrontare i giorni di isolamento – spiega l’assessore alla Cultura Elisabetta Manconi - . E abbiamo ampliato gli approcci al patrimonio museale, accostando a quelli più classici - di visita o ricerca - anche altri ludici e didattici. Ed è intenzione dell’amministrazione continuare a utilizzare gli strumenti digitali anche alla riapertura del museo e favorire così la sua fruizione da parte di un pubblico sempre più ampio. Altre azioni, che vanno in questa direzione, verranno presentate a breve”. La pubblicazione dei contenuti digitali, infatti, si protrarrà oltre il 18 maggio, giorno in cui è stata preannunciata la riapertura dei musei (salvo indicazioni contrarie), e arriverà fino alla metà del mese di giugno.
Tutto si svolgerà sulla pagina Facebook del Brozzi e sul sito www.museorenatobrozzi.it, nella sezione News, a cura della cooperativa Le macchine celibi, nell'ambito della convenzione con il Comune di Traversetolo per la gestione del museo. Verranno proposti contenuti divulgativi, didattici e ricreativi legati alla collezione, rivolti sia agli adulti sia alle famiglie con bambini e ai docenti.
Agli utenti più grandi verranno offerte cinque brevi video-guide – “Le scatole della memoria” - con focus su opere d'arte custodite al museo e selezionate a cura delle guide delle Macchine celibi in collaborazione con il museo e con la curatrice onoraria del Brozzi Anna Mavilla. Verrà inoltre creato e assegnato a ciascun video un QR code, che, alla riapertura del museo, verrà stampato e apposto accanto all’opera di riferimento. Il QR code sarà scansionabile da cellulare e rimanderà automaticamente l’utente alla clip-video.
Per i più piccoli, i loro genitori e gli insegnanti ci sarà il “BrozziKids”, cinque video tutorial di laboratori ludico-didattici da svolgere a casa. La mascotte sarà un simpatico gattino, animale prediletto da Brozzi. Verranno illustrati i materiali necessari e le fasi di lavorazione per arrivare alla creazione di un prodotto legato all’oggettistica presente al museo.
Infine, un po' per tutti, una decina di post “Ma lo sapevate che…?”, sempre con il contributo anche della professoressa Mavilla, che racconteranno aneddoti, episodi curiosi o particolarmente interessanti tratti dalla vicenda artistica dello scultore e dal rapporto con i suoi amici e sodali, come il suo “primo maestro” Daniele de Strobel, l'amico carissimo Amedeo Bocchi e il suo committente più prestigioso Gabriele D'Annunzio.
“E’ bello sapere che ci sono persone che non si tirano indietro quando si tratta di aiutare gli altri. Soprattutto chi ha bisogno perché in difficoltà. Gesti semplici, impegno, solidarietà che apprezziamo, ma che sono segno anche di una comunità coesa e solida. In particolare in momenti di bisogno come quello attuale dovuto alle difficoltà indotte dal Coronavirus.” Con poche e semplici parole il Sindaco di Mirandola Alberto Greco, ha voluto ringraziare la società F. C. Scigghiese – società sportiva mirandolese, dedita al volontariato – che tra le proprie file annovera molti operatori delle forze dell’ordine.
La società Scigghiese, data l’emergenza epidemiologia in corso - e le ripercussioni che questa sta avendo anche in termini economici per tante persone e nuclei famigliari che si sono trovati con un reddito ridotto se non in taluni casi privati del reddito medesimo – ha donato al Comune di Mirandola 68 buoni spesa del valore di 25 euro l’uno per un totale di 1700 euro.
Donazione da destinare a quelle persone non abbienti, individuate dall’Amministrazione che per varie ragioni non possono usufruire dei buoni spesi messi a disposizione dalla Protezione Civile e distribuiti in questi giorni dal Comune.
“Nel ringraziare nuovamente chi si è prodigato al tal senso e cioè la società Scigghiese - conclude il sindaco Greco - quanto è stato messo a disposizione rappresenta un contributo importante che ci permette di guardare anche oltre l’assegnazione dei buoni spesa e di aiutare anche altri. L’Amministrazione è già al lavoro al fine di contattare ed elargire al più presto quanti effettivamente abbisognano di questo sostegno.”
0,50 centesimi: un prezzo che favorisce solo le produzioni straniere, alla faccia di chi si pavoneggia con il Made in Italy e delle aziende che si sono impegnate, anche economicamente, per il Paese.
Sarebbe una vicenda comica, se non fosse tragica: si chiede alle imprese di riqualificarsi nella produzione di mascherine, per compensare una importante carenza. Imprese che investono tempo e denaro per inventarsi un nuovo prodotto, certificarlo ed avviarlo alla produzione. Ti pavoneggi dell’importanza del Made in Italy. Poi imponi un prezzo, ben al di sotto del costo del mercato, che di fatto favorisce le produzioni straniere, quelle cinesi in particolare.
“Siamo arrivati al paradosso - osserva Marco Gasparini, Presidente CNA Federmoda Modena - fin dalle prime fasi dell’emergenza sanitaria, CNA Federmoda insieme ad altri partner, ha lavorato per costruire attraverso le imprese una filiera italiana che potesse riportare nel nostro Paese una produzione ormai pressoché totalmente delocalizzata. Una iniziativa che raccolse i ringraziamenti del Presidente del Consiglio e del Commissario straordinario per l’emergenza Covid. Pensavamo che chi guida il Paese avesse contezza del costo del lavoro italiano e quanto di questo sia legato e utile al sostegno del welfare nazionale. Invece l’imposizione del prezzo fissata dal Commissario Arcuri è lì a dimostrare che non si sa di cosa si stia parlando. Il prezzo delle mascherine alla produzione, fissato a 0,50 centesimi è uno schiaffo, se non un’offesa, alle imprese che si sono impegnate in questa direzione”.
Non è difficile fare i calcoli: soltanto il costo della certificazione si aggira attorno ai 10.000 euro (e per fortuna che il Comune di Carpi, attraverso Carpi Fashion System, ha deliberato contributi sino a 7.000 euro per sostenete le imprese in questo ambito). Poi ci sono i dipendenti, il costo di produzione (in gran parte, in assenza di macchinari, queste mascherine debbono essere fatte a mano, i costi fissi. “in altre parole, il prezzo imposto non si avvicina nemmeno ai costi di produzione. Peraltro, facendo passare da usuraie imprese che, cercando di riqualificarsi hanno evitato di ricorrere alla cassa integrazione e di pesare sulle spalle della comunità”.
“Se si vuole che le imprese nazionali continuino a produrre mascherine, evitando le prevedibili difficoltà di approvvigionamenti, ci aspettiamo che il differenziale tra il prezzo imposto, 0,50 cent, e quello effettivo di produzione “Made in Italy” venga messo a disposizione delle imprese”, afferma Gasparini.
Senza dimenticare il problema di coloro che hanno acquistato mascherine a prezzi superiori, in molti casi molto superiore, e che ora non li possono rivendere. A questi ultimi si pensi ad un credito d’imposta tra il prezzo imposto e quello effettivamente pagato.
CNA è assolutamente consapevole della necessità di andare incontro alle esigenze della popolazione e di trovare modalità per non gravare eccessivamente sui bilanci familiari così come su quelli delle imprese che dovranno acquistare mascherine per i loro dipendenti. Vi sono diverse modalità per raggiungere questo risultato, oltre all’abbattimento dell’IVA, si possono prevedere crediti d’imposta per il costo del personale e gli investimenti dedicati dalle imprese per realizzare le mascherine.
Indagine Unsic sui decessi Covid: ipotesi fino a quota 57mila in Italia In Emilia-Romagna forti scostamenti di decessi tra il 2019 e il 2020
La consapevolezza è ormai diffusa, suffragata da crescenti ricerche: il numero dei decessi ufficiali per Covid-19 in Italia, fornito dalla Protezione civile, è sottostimato. Mancherebbero, nei conteggi, soprattutto persone decedute nelle case di riposo o nella propria abitazione, a cui non è mai stato fatto il tampone.
Per ricalcolare la cifra, con maggiori indici di affidabilità, anche se naturalmente non di assoluta certezza, si ricorre per lo più alla differenza tra il numero dei decessi medi avvenuti negli ultimi anni e quelli totali, nello stesso periodo, di quest'anno. Da tale risultato si sottrae il numero delle morti classificate "per" e "con" Covid-19. Il resto va "indagato".
Tuttavia il calcolo non è così scontato.
LE VARIABILI - Per quanto riguarda la media degli anni precedenti, due variabili sono costituite dal numero dei residenti (di solito decrescente) e dall'invecchiamento della popolazione (con decessi crescenti); nel raffronto con il 2020, che include febbraio, va considerato il giorno in più dell'anno bisestile; il dato quotidiano dei decessi Covid-19 spesso è falsato dai ritardi di comunicazione e registrazione, superiori alle 24 ore, come confermano le stesse Regioni, per cui va contestualizzato per settimana. Esistono, poi, le cosiddette "morti indirette", generate dal caos pandemia che inficia le cure a pazienti con altre patologie. Infine bisogna tener conto che un "decesso Covid", che coinvolge per lo più persone molto anziane e/o con altre patologie, non è per forza "una morte in più" nel conteggio annuale in quanto potrebbe trattarsi di una scomparsa che avviene soltanto qualche mese prima, per cui una parte dell'aumento dei decessi a fine anno si riequilibra. Infine va tenuto presente che la "quarantena" ha variato – seppur di pochissimo - le percentuali delle cause di morte, riducendo ad esempio gli incidenti stradali o sul lavoro e aumentando quelli domestici.
Tenendo in considerazione tutti questi criteri e utilizzando diverse fonti, l'Ufficio comunicazione dell'Unsic ha tentato di raggiungere il dato più vicino possibile a quello reale.
LE FONTI - La prima fonte utilizzata è l'Istat. Tre i testi: un report sui decessi per qualunque causa dal 1° gennaio al 21 marzo 2020 in 1.084 comuni; un secondo report sui decessi per qualunque causa dal 1° marzo al 4 aprile 2020 in 1.689 comuni (parte dei 5.909 che compongono l'anagrafe nazionale della popolazione residente), scelti dall'istituto di statistica tra quelli con almeno dieci decessi e un aumento dei morti superiore al 20% rispetto alla corrispondente media del quinquennio 2015-2019. Il terzo documento, "Scenari sugli effetti demografici di Covid-19", attesta che il totale dei decessi tra il 1° marzo e il 4 aprile nei 5.069 Comuni è stato, nel complesso, superiore del 41% rispetto a quanto osservato per l'analogo periodo del 2019. Scaturiscono ipotesi da un minimo di 34mila ad un massimo di 123mila morti in più nel 2020, con discesa dell'aspettativa di vita alla nascita da 0,42 a 1,4 anni nelle condizioni del modello più sfavorevole.
Altro riferimento è il Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera, gestito dal Dipartimento di Epidemiologia dalla Asl Roma 1 su incarico del ministero della Salute. Il rapporto epidemiologico include i dati di 19 città. L'ultimo report, il quinto, aggiornato al 18 aprile, parla di un incremento del 76% della mortalità totale per le città del nord, del 10% per quelle del centro-sud. Per singole città, domina Brescia (197%, la settimana precedente era al 215%), quindi Aosta (153%, era al 142%), Milano (103%, era al 96%), Genova (84%, era all'81%), Bolzano (62%, era al 58%), Torino (57%, era al 55%), Trento (50%, era al 51%), Bari (42%, era al 43%), Civitavecchia (31%, era al 41%), Bologna (47%, era al 40%), Potenza (28%, era al 35%), Verona (40%, era al 33%), Messina (20%, era al 22%), Venezia (14%, era al 16%) e Roma (7%, era al 6%).
Altre fonti: le ricerche o le rielaborazioni di Centro studi Nebo, Infodata del Sole 24 Ore, InTwig, Istituto Cattaneo, La Voce, Scienzainrete e YouTrend.
FINO A 30MILA DECESSI IN PIU' PER COVID - Cosa emerge, in termini generali, dall'assemblaggio e dalla rielaborazione dei dati operato da Giampiero Castellotti e Giuseppe Tetto dell'Ufficio comunicazione dell'Unsic?
Che al 27 aprile 2020 il numero complessivo dei decessi per Covid-19 in Italia può essere fissato a 52mila unità, nella stima più prudente, fino a 57mila, cioè da 25mila a 30mila in più della cifra ufficiale. Come si arriva a questi numeri?
Il primo rapporto Istat, nel dettaglio, già rivela un rilevante scollamento: 16.216 decessi a fronte dei 7.843 medi negli anni precedenti. Una differenza di 8.373 unità. A tale cifra vanno sottratti i decessi Covid, rapportati al campione e raffinati.
Il "peso" della Lombardia è determinante: nei comuni lombardi analizzati dall'Istituto di statistica l'aumento è stato del 143% dal 1° al 21 marzo 2020, con differenza di 5.050 unità, che proiettate a tutta la regione portano ad una prima cifra tra gli 8mila e i 9mila decessi in più. Emblematici alcuni dati nel raffronto tra il 2020 e la media 2015-2019: Bergamo (da 4,3 a 19 decessi al giorno), Brescia (da 6,4 a 18 al giorno), Alzano (più che quadruplicati) e Nembro (più che sestuplicati). Includendo tutto marzo, Bergamo ha 553 decessi, ben 428 in più rispetto a marzo 2019, mentre i numeri ufficiali parlano di 201 morti per Covid-19 (InTwig-Eco di Bergamo). Crescite significative di decessi, nei primi rilevamenti, per Emilia-Romagna (superiore al 75%), Trentino-Alto Adige e Piemonte (superiore al 50%), Veneto (superiore al 40%), Liguria (superiore al 35%), percentuali comunque superiori alle morti per Covid-19.
La seconda indagine Istat si spinge al 4 aprile, includendo quindi il picco dei decessi e può essere misurata con quella, relativa alla stessa data, del Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera. Utilizzando anche il terzo documento dell'Istituto di statistica, si può estendere la nostra indagine al 27 aprile.
Per quanto riguarda gennaio 2020, il dato nazionale definitivo dei decessi per ogni causa di morte non dovrebbe scostarsi di molto da quello dello scorso anno, anche perché non abbiamo avuto un'influenza particolarmente letale ed il clima non è stato così rigido.
Ben diverso il discorso nel periodo 1 febbraio-4 aprile: se lo scorso anno sono decedute 114.695 persone (dati Istat), quest'anno è possibile ipotizzare una cifra tra le 150mila e le 160mila, di cui 15.383 morte ufficialmente per Covid-19. La stima più alta è sostanzialmente in linea con il 41% in più ipotizzato dall'Istat (circa 47mila decessi in più), quella più prudente è frutto dell'incrocio delle altre ipotesi, dell'apporto delle variabili ed è alimentata soprattutto dagli scostamenti in Lombardia, con i picchi nel Bergamasco (decessi probabilmente quintuplicati), nel Cremonese (quadruplicati), nel Lodigiano e nel Bresciano (circa triplicati).
Nei 40-50mila decessi in più è possibile individuare una rilevante quota di "morti Covid" non classificate (25-30mila casi), da sommare ai 26.977 deceduti "ufficiali" al 27 aprile. Il totale raggiunge 52-57mila casi.
A livello territoriale emerge, in linea generale, che gli scostamenti sono presenti prevalentemente in Lombardia e nel Nord Italia, mentre nel Mezzogiorno le più rilevanti differenze per numero di morti in sostanza corrispondono alle aree con i più alti numeri ufficiali per Covid-19, con una quota rilevante determinata dalle case di riposo.
Una cosa è certa: occorre aspettare anche mesi per avere un quadro più attendibile. I conti si fanno sempre alla fine.
Per avere una panoramica dettagliata, anche a livello territoriale, che tiene conto delle differenti ricerche citate, con prevalenza di quella compiuta dall'Istat sui 1.689 comuni, è possibile leggerla a questo link: https://unsic.it/comunicazione/primo-piano/indagine-unsic-sui-decessi-covid-ipotesi-fino-a-quota-57mila/ .
Per quanto riguarda l'Emilia-Romagna, partendo da BOLOGNA città, secondo i dati Istat i decessi aumenterebbero del 22 per cento, da 472 a 576, forbice che più o meno si conferma con i dati estesi dal 1 gennaio al 4 aprile (da 1.323 a 1.392), anche perché a gennaio 2020 ci sono stati 47 morti in meno rispetto a gennaio 2019. Secondo gli ultimi dati del Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera, gestito dal Dipartimento di Epidemiologia dalla Asl Roma 1 (che arrivano al 18 aprile), l'incremento dei decessi sarebbe stato invece del 47%, sette punti in più rispetto alla settimana precedente. In provincia, l'incremento maggiore a Medicina (da 16 a 57), dichiarata zona rossa. Più che doppia la crescita a Pieve di Cento, da 7 a 15.
I discostamenti maggiori a PIACENZA, dove nel capoluogo si è passati da 121 a 495 decessi. Rilevante anche il dato di Fiorenzuola d'Arda, da 13 a 97. In termini percentuali: Cortemaggiore(da 1 a 17), Castelvetro (da 3 a 34), Gazzola (da 1 a 10), Sarmato (da 2 a 16), Monticelli d'Ongina(da 4 a 31), Vigolzone (da 2 a 15), Castell'Arquato (da 4 a 22).
A seguire PARMA, che passa da 213 a 563. Numericamente rilevanti gli incrementi a Fidenza (da 28 a 116), Salsomaggiore (da 26 a 86), Sissa Trecasali (da 7 a 58), Medesano (da 11 a 47) e Colorno, da 3 a 26, che primeggia con la percentuale d'incremento di 766,7%. Numero di decessi in forte crescita anche a Sala Baganza (da 5 a 27), Calestano (da 3 a 15), San Secondo (da 3 a 13) e Fornovo (da 5 a 21).
In provincia di REGGIO EMILIA: in testa Sant'Ilario d'Enza (da 7 a 40), poi Brescello (da 3 a 16), Ventasso (da 4 a 21), Boretto (da 3 a 15), Castellarano (da 6 a 25) e Poviglio (da 5 a 17).
MODENA passa da 225 a 292 decessi, Carpi da 74 a 120, Sassuolo da 36 a 70, Formigine da 38 a 66, Maranello da 14 a 40.
Per la provincia di FERRARA, l'incremento percentuale maggiore a Mesola (da 4 a 11), poi Bondeno (da 18 a 31) e Portomaggiore (da 13 a 20).
A RAVENNA pochi scostamenti: Massa Lombarda da 7 a 13, Solarolo da 4 a 6.
CESENA passa da 109 a 135 decessi, 23,9% in più. In provincia: Sogliano al Rubicone (da 2 a 9), Castrocaro (da 3 a 8), Modigliana (da 5 a 11), Santa Sofia (da 4 a 10) e Sarsina (da 2 a 5).
Infine RIMINI: da 163 a 244, più 49,7%. Riccione passa da 41 a 69, Cattolica da 16 a 38, Bellaria-Igea Marina da 16 a 35, Coriano da 8 a 20, San Giovanni in Marignano da 9 a 13, Morciano da 4 a 10.
Calano i decessi rispetto al 2019
A Modena, tra il centro e la periferia, ci sono due RSA Anni Azzurri che “resistono”: sono le residenze Ducale 1 in via del Pozzo e Ducale 2 - 3 in via Dell’Ariete. Qui la tempesta COVID19 non si è abbattuta mentre, dati alla mano, diminuiscono i decessi rispetto al 2019. Infatti tra il 21 febbraio e il 18 aprile 2020 la RSA Ducale 2-3 registra 4 decessi contro i 9 del 2019 (decremento pari al 53%). Stabile invece il numero dei decessi nella Ducale 1 con 5 decessi sia nel 2019 che quest’anno.
Se la fase critica oggi può dirsi superata nelle due strutture modenesi del Gruppo KOS Care, le disposizioni e i protocolli di sicurezza continueranno ad essere in vigore nei prossimi mesi a tutela degli ospiti e degli operatori. La fornitura tempestiva dei DPI e la blindatura delle RSA, nei primi di marzo, sono stati fattori fondamentali oltre che deterrenti allo scoppio di una potenziale emergenza.
“Questa nuova normalità - spiega la direttrice della RSA Ducale 1 Claudia Guandalini - non ci ha tolto entusiasmo e grinta, consapevoli che nei prossimi mesi ci attendono sfide difficili. Gli operatori mantengono per quanto possibile in attività i nostri ospiti così come l’animatrice al mattino con il suo microfono fa il giro dei piani per sincerarsi dello stato di salute e dell’umore degli ospiti, dando il buongiorno con il caffè ed un sorriso. Con il supporto di tutti facciamo fino alle 20-30 videochiamate al giorno per dare la possibilità agli ospiti di vedere/sentire i loro cari e viceversa. Per andare avanti bene credo sia vincente mantenere un rapporto di fiducia con l’Azienda da una parte e dall’altra è importante un dialogo trasparente con lo staff, gli ospiti e le famiglie. La sicurezza e la prevenzione vengono prima di ogni cosa e non sono mai abbastanza”.
Un ruolo centrale spetta tutti i giorni al team che commenta così:
“Dai nostri anziani - dice l’animatrice Elena Sitti - traiamo grandi insegnamenti, loro sanno cosa è la rinuncia e il sacrificio per il bene dell’altro. Dignità, compostezza e coraggio sono in antitesi con la fragilità che tanto si nomina parlando di anziani”.
Matteo Rebecchi e Davide Trabucco sono invece terapisti occupazionali: “Abbiamo visto negli occhi degli ospiti e dei loro familiari un’espressione di gratitudine e di affetto, questo ci spinge a dare sempre il massimo”.
In pieno fermento per qualità e quantità di iniziative è Anni Azzurri Ducale 2 - 3 dove prosegue l’applicazione di regole e dispositivi per la sicurezza della comunità.
“Abbiamo diviso la struttura per nuclei e ridisegnato gli spazi comuni - spiega la direttrice Elisabetta Barbolini. Ad esempio la fisioterapia con le pedaliere è stata “trasferita” ai piani. Questa emergenza di certo ci ha uniti e gli anziani ci hanno dato il coraggio di chi ha vissuto sulla propria pelle il dramma della guerra. Costruiamo ogni giorno una normalità fatta anche di canali virtuali, ma che hanno effetti più che reali. I sorrisi, le lacrime di gioia o tristezza, gli sguardi di nostalgia e di speranza sono quanto di più vero ci si possa immaginare. Ad oggi abbiamo resistito ma siamo consapevoli dei rischi che si corrono quotidianamente e ci prepariamo a tempi più duri pur sperando di non averne”.
Tra i progetti più innovativi ce ne sono due avviati in via sperimentale in collaborazione con l’azienda Aura srl. Gli obiettivi sono di carattere ludico ricreativo e di rilassamento. Il primo progetto consiste nell’utilizzo di visori professionali per la realtà virtuale, per far “viaggiare” con la fantasia i nostri ospiti.
Con il loro supporto, l’animatrice Catia Malavasi e la terapista occupazionale Laura Saetti stimolano le capacità cognitive, la curiosità, la memoria dell’ospite portandolo in luoghi di sua conoscenza o di fantasia rimanendo tutti al sicuro.
Il secondo progetto nasce da un’idea dalla ricercatrice Ilaria VilKelis per contrastare la solitudine e generare benessere nella persona fragile. Si chiama Racconta! il gioco interattivo istallato su un tablet che attraverso domande suddivise in aree tematiche porta gli ospiti a mettere in condivisioni esperienze di vissuto e diffonde la conoscenza su buone pratiche di vita quotidiana. La progettualità va avanti e mette al centro gli anziani con i loro bisogni.
Di fronte a situazioni di grande stress, come quella attuale, uno su tre (32%) guarda con interesse a pratiche come yoga e meditazione.
La pandemia di Coronavirus ha portato a un cambiamento radicale delle abitudini di vita e messo a dura prova anche la nostra tenuta psicologica: ci sentiamo stressati, preoccupati e anche se si iniziano a vedere miglioramenti, il carico di ansie, tensioni e incertezze è ancora presente.
Di fronte alle situazioni di stress, gli abitanti di Parma ritengono molto utili le pratiche e discipline che favoriscono il benessere mentale: più di uno su tre (32%), infatti, si dice interessato e propenso a provare attività come yoga, meditazione, tai chi e mindfulness, e il 30% già ha provato a praticarle.
È il quadro che emerge dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Reale Mutua sul welfare1.
Queste attività, anche molto diverse tra loro, hanno in comune la capacità di portare importanti benefici: migliorano l’umore (38%), favoriscono la concentrazione (34%), riducono lo stress (32%) e permettono di ottenere anche migliori performance lavorative (22%).
Se non si può andare in una palestra o in un centro specializzato, come in questo periodo, viene in aiuto la tecnologia: app (12%), lezioni da remoto e video tutorial (30%), dicono gli abitanti di Parma, sono ottimi strumenti con cui tenersi in forma. Lo conferma anche un’analisi delle ricerche online in Italia nei primi mesi del 2020, dove spopolano i workout casalinghi per restare in forma e scaricare le tensioni, e tra le parole più ricercate ci sono appunto “app yoga”, “yoga online” e “stretching”.
Ma se sono sempre di più i parmensi interessati a queste pratiche, sono anche molti quelli che le vorrebbero applicate anche nell’attività lavorativa, una volta tornati alla normalità. A beneficiarne dovrebbero essere soprattutto i lavoratori sottoposti a scadenze e ritmi frenetici (30%) e quelli che oltre agli impegni di lavoro devono far fronte a compiti di cura impegnativi, come nel caso di genitori con figli piccoli o dei caregiver (32%).
Insieme a queste pratiche, a favorire il benessere mentale durante l’attività lavorativa è la possibilità di una gestione personalizzata del proprio tempo, resa possibile da forme di welfare come la flessibilità oraria (70%) e lo smartworking (38%). Utile, infine, è anche la possibilità di disporre di un servizio di consulenza psicologica (12%) con cui confrontarsi.
“Ci sono due dati che emergono sopra tutti dalla ricerca del nostro Osservatorio: la crescente sensibilità degli italiani verso il benessere psicologico e la sua importanza tanto nella vita di tutti i giorni quanto per l’attività lavorativa” - commenta Michele Quaglia, Direttore Commerciale e Brand di Gruppo – “Per noi di Reale Group quelli del welfare, del wellness e della salute sono temi da sempre centrali e in questi mesi di emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 abbiamo messo in campo numerose azioni rivolte in tal senso sia ai dipendenti sia ai nostri clienti. Ad esempio, lo smartworking per il 98% dei dipendenti, garanzie e tutele specifiche per i clienti proprio a cominciare dalla sfera della salute, anche attraverso servizi di consulenza psicologica volti a dare supporto in un momento così difficile, fino all’utilizzo della tecnologia che ha permesso di mantenere il presidio territoriale con la nostra rete di agenti. Ci auguriamo che la situazione possa tornare presto alla normalità, il nostro obiettivo è di continuare a essere a fianco delle persone e delle imprese con soluzioni specifiche per il welfare e la protezione della salute e del benessere”.
1 Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora su un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età, sesso ed area geografica.
Nella mattinata di ieri, nello spazio adiacente la caserma dei Vigili del Fuoco in Via Chiavari, i volontari della Protezione Civile SEIRS e una squadra di Vigili del Fuoco hanno allestito tre spazi dove, da mercoledì, verranno effettuati i test rapidi COVID 19 alle forze dell'ordine, polizia, finanza e gli stessi VVFF
I test saranno realizzati dagli operatori sanitari.
Nelle foto di Francesca Bocchia i momenti dell'allestimento
COVID 19, una dolcissima donazione ai reparti dell’Arcispedale di Reggio Emilia arriva dagli scolari della Scuola Materna parrocchiale “San Giovanni Bosco” di Borzano di Albinea che grazie all’aiuto del Forno “Antica Bontà” ha fatto consegnare come segno di riconoscenza, vassoi di erbazzone, torta, pizza, gnocco e tramezzini vari agli operatori del Pronto Soccorso e della Rianimazione.
“In momenti forti dell’anno come il Natale o la Pasqua – spiegano dalla scuola - la Materna parrocchiale di Borzano condivide, attraverso forme visibili di solidarietà, la convinzione che “la vita è un dono che si riceve donandosi” e che questo avviene se ci si ritiene parte di una “casa comune”.
Questo per rinforzare legami già presenti o per rispondere a bisogni emergenti. Quest’anno a scuola chiusa per il Coronavirus, i legami non si sono interrotti, anzi si sono rafforzati, e perciò, su richiesta dei genitori, si è ritenuto significativo fare arrivare dei piccoli doni di speranza, buoni anche da mangiare, ai reparti dell’Arcispedale come segno di amore e gratitudine a chi, in prima linea, vive il rapporto tra paura e speranza.
Il Forno Antica Bontà si è reso partecipe sia per la consegna che per omaggiare a sua volta, con i suoi prodotti, i reparti.
“In questo momento di emergenza – scrivono dalla scuola - spesso il personale, dopo lunghissime ore di lavoro, stremato dalla fatica e dallo sconforto, è richiamato a ulteriori ore straordinarie per garantire la copertura dei turni, senza possibilità di riposo e ripresa. Abbiamo così pensato di unire la qualità dei prodotti del forno Antica Bontà alla dolcezza degli elaborati pittorici e fotografici dei nostri bambini, confidando che questi piccoli doni rendano questi momenti più sereni e luminosi”.
La Direzione dell’Azienda Usl IRCCS di Reggio Emilia ringrazia di cuore per l’affettuoso pensiero i bambini, le famiglie, gli insegnanti e il forno Antica Bontà. “Un gesto di vicinanza che è stato di certo gradito ai molti operatori sanitari e non impegnati nell’emergenza”.
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