Le persone hanno alzato le mani all'ingresso dei comuni, probabilmente in segno di una manifestazione non violenta.
La Polizia ha, dunque, sparato gas lacrimogeni e diverse auto sono state date alle fiamme.
In risposta agli scontri, il Presidente della Serbia Aleksandar Vučić, con una nota scritta, ha dichiarato di “Aver messo l'Esercito in stato di massima allerta e di aver mobilitato urgentemente le truppe serbe al confine con il Kosovo”.
A causa della “violenza” contro i serbi del Kosovo, Vučić ha anche chiesto alle truppe a guida NATO di stanza nel Paese di proteggerli dalla Polizia del luogo.
Le Forze dell’Ordino kosovare hanno giustificato la loro maggiore presenza nella zona nord “Per aiutare i sindaci delle città settentrionali di Zvečan, Leposavić e Zubin Potok a svolgere il loro lavoro”, essendo stato loro impedito di entrare negli edifici.
In particolare, i gruppi serbi hanno cercato di impedire a un sindaco di etnia albanese, appena eletto, di entrare nel suo ufficio in seguito a un'elezione che i serbi del Kosovo avevano boicottato.
Per disperdere la folla, dunque, la Polizia ha sparato gas lacrimogeni nella città di Zvečan davanti a un edificio del comune.
Durante gli scontri, cinque agenti sono stati colpiti dai manifestanti e sono rimasti leggermente feriti. Nella zona si sono sentiti diversi colpi di arma da fuoco e quattro veicoli della Polizia sono stati attaccati, compreso uno che è stato dato alle fiamme.
Blerim Vela, capo dello staff del Presidente del Kosovo Vjosa Osmani, ha accusato “Le strutture illegali e criminali della Serbia” per l'escalation delle tensioni e le azioni contro le Forze dell'Ordine. Ha, infatti, dichiarato: “La violenza non prevarrà. La Serbia ha la piena responsabilità di questa escalation”.
In seguito a ciò, diversi veicoli della missione di mantenimento della pace della NATO in Kosovo sono stati avvistati nelle vicinanze del luogo dell'incidente, oltre a elicotteri che sorvolavano l'area.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha condannato l'azione della Polizia, affermando che “Queste azioni hanno intensificato bruscamente e inutilmente le tensioni, minando i nostri sforzi per aiutare a normalizzare le relazioni tra Kosovo e Serbia e avranno conseguenze per le nostre relazioni bilaterali con il Kosovo”.
Inoltre, ha aggiunto: “Chiediamo al primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, di invertire la rotta e di astenersi da tutte le parti da qualsiasi ulteriore azione che possa alimentare le tensioni e promuovere il conflitto”.
Cosa è accaduto?
Dopo che i serbi hanno boicottato le elezioni locali del mese scorso tenutesi nel nord del Kosovo, dove rappresentano la maggioranza, i sindaci neoeletti di etnia albanese si sono trasferiti nei loro uffici con l'aiuto della Polizia antisommossa kosovara.
Le elezioni locali si sono svolte in quattro comuni dominati dai serbi, nel nord del Kosovo, dopo che i rappresentanti di questi ultimi hanno lasciato i loro incarichi per protesta lo scorso anno.
La comunità serba ha chiesto l'istituzione di un'associazione di comuni serbi in Kosovo, che coordinerebbe il lavoro su istruzione, sanità, pianificazione territoriale e sviluppo economico a livello locale.
Con l'etnia serba del Kosovo che chiede autonomia, gli albanesi kosovari temono che l'associazione possa trasformarsi in un nuovo mini-stato come Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina.
L'istituzione di tale associazione era originariamente parte dell'accordo Pristina-Belgrado del 2013 (che regola l'autonomia dei serbi all'interno del Kosovo), ma è stata successivamente dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale del Kosovo, stabilendo che non includeva altre etnie e poteva comportare, dunque, l'uso di poteri esecutivi per imporre leggi.
In maniera provvisoria, le due parti hanno, quindi, concordato di sostenere un piano dell'Unione Europea, ma le tensioni in realtà non sono mai cessate.
Temendo un'ulteriore instabilità in Europa, già tormentata dalla guerra in Ucraina, gli Stati Uniti, insieme all'UE, stanno facendo pressioni sul Kosovo riguardo la questione dell'associazione, intensificando gli sforzi per aiutare a risolvere la controversia Kosovo-Serbia.
Un conflitto che dura da tempo
Il conflitto in Kosovo è scoppiato nel 1998, quando i separatisti di etnia albanese si sono ribellati contro il Governo della Serbia, che ha risposto con una brutale repressione.
In quell’occasione sono morte circa 13 mila persone, per lo più di etnia albanese.
L'intervento militare della NATO, nel 1999, alla fine ha costretto la Serbia a ritirarsi dal territorio.
Washington e la maggior parte dei Paesi dell'UE hanno riconosciuto il Kosovo come stato indipendente, ma non Serbia, Russia e Cina.
Pochi giorni fa, nuove tensioni sono scoppiate tra Serbia e Kosovo, dopo che la Polizia del Kosovo ha fatto irruzione nelle aree dominate dai serbi nel nord della regione, sequestrando gli edifici del comune locale.
Inoltre, violenti sono stati gli scontri tra la Polizia del Kosovo e le Forze di pace guidate dalla NATO da una parte e i serbi locali dall'altra, che hanno provocato diversi feriti da entrambe le parti.
Attualmente si teme per una ripresa del conflitto del 1998-99 in Kosovo.
(immagine analisidifesa.it.)