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Prosegue il progetto artistico intrapreso a Parma da Marco Nereo Rotelli. La mostra "Costruire con la luce" è in corso alla Galleria San Ludovico fino al 18 marzo, ad ingresso gratuito.

Parma, 6 febbraio 2017

Alla Galleria San Ludovico di Parma, fino al 16 marzo, si può visitare la mostra personale di Marco Nereo Rotelli a cura di Gloria Bianchino, "Costruire con la luce". Un progetto artistico intrapreso a Parma alla fine del 2016 che ha già coinvolto molti luoghi della città, fra cui piazza Garibaldi durante la celebrazione del primo anniversario del riconoscimento Unesco 'City of Gastronomy', con una brillante performance di luci e parole. Un percorso articolato iniziato tre anni fa con l'illuminazione della Pilotta, a cui ha fatto seguito nel 2015 l'illuminazione del complesso del Duomo.

"Marco è un architetto che non costruisce ma semmai "de-costruisce" - ha spiegato la curatrice: "La sua luce blu, colore dell'anima e della spiritualità, segna simbolicamente tanti edifici della nostra città, spesso dimenticati. Il prossimo appuntamento riguarderà il WoPa, per un progetto che si inserisce in un forte dialogo tra centro storico e periferia".

Costante, tra tutti gli eventi del progetto "Costruire con la Luce", il momento della performance inaugurale, tenutasi sabato scorso, durante la quale sono stati invitati ad intervenire poeti ed attori che hanno dato voce alla parola luminosa. Per la mostra alla Galleria San Ludovico è intervenuto all'inaugurazione Roberto Mussapi, poeta, scrittore e traduttore e figura significativa del panorama culturale internazionale. 

Nella mostra vengono esposte opere fondamentali per la ricerca di Rotelli come le "Porte d'oro" presentate per la prima volta a Parigi lungo gli Champs Élysées, i "Libri di marmo" scolpiti per la 54. Esposizione internazionale d'Arte La Biennale di Venezia e una serie inedita di acciai colorati chimicamente con una tecnica innovativa ed estraniante. E' inoltre visibile una videoinstallazione dedicata alle principali opere luminose di Rotelli: dal Field Museum di Chicago, a Palazzo Ducale a Venezia, alla Cattedrale di Santiago de Compostela.

La mostra alla Galleria San Ludovico, organizzata dall'Associazione Art Project con il sostegno di CePIM, il patrocinio e la collaborazione del Comune di Parma e il patrocinio della Provincia di Parma, è arricchita anche da un'installazione dell'artista ospitata all'interno del chiostro della Pinacoteca Stuard

L'esposizione, visitabile ad ingresso gratuito, è aperta tutti giorni, tranne il martedì, con il seguente orario: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17.30, sabato e domenica dalle 10:30 alle 18:30.

 

 

 

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Inaugurata la mostra "Le 100 facce della musica italiana": ideata e realizzata dal team di Rolling Stone con 100 ritratti firmati Giovanni Gastel. A Palazzo del Governatore fino al 19 marzo.

Parma, 4 febbraio 2017

100 volti di grandi interpreti della musica italiana, ritratti d'autore firmati Giovanni Gastel. Un viaggio nella cultura popolare italiana che vede artisti quali Vasco e Paolo Conte, Ligabue e Francesco De Gregori, Mario Biondi e i Negramaro, Elisa e Giorgia, Zucchero, ma anche star dell'hip hop e del rap Emis Killa, Club Dogo, Fedez, J- Ax e Fabri Fibra. Decine gli artisti, i cantautori, i musicisti, i cantanti, ma tra loro anche gli autori, come Mogol e i dj, su tutti Claudio Cecchetto.

Il progetto ideato e realizzato dal team di Rolling Stone, punto di riferimento della pop culture contemporanea, con la produzione esecutiva di Ankamoki, con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Parma è stato inaugurato ieri nelle sale del primo piano di Palazzo del Governatore di Parma è sarà visibile fino al 19 marzo prossimo.

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Sguardi profondi, sorrisi luminosi, la semplicità di un gesto, il lavoro di Gastel racconta ed esprime l'anima e la personalità di ognuno dei personaggi immortalati: dalla popstar al rapper, dal discografico al gruppo rock, 100 ritratti che compongono il mappamondo artistico e definitivo della musica del nostro paese. Quello di Gastel non è un semplice progetto fotografico ma un vero e proprio atto di amore per la musica italiana, i volti e il suono di un paese meraviglioso come non si è mai visto.

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La mostra si avvale della supervisione di Denis Curti che racconta come la produzione non sia stata semplicissima considerando anche i tempi assai ristretti di realizzazione. "Gastel ha voluto riprendere tutti i suoi 100 soggetti in studio.

Ha voluto guardarli negli occhi, parlare con loro ed essere certo che la sua luce a led, progettata per l'occasione, riflettesse negli occhi di ognuno. Ha voluto un segno distintivo e coerente. Ha voluto raccogliere i pensieri sparsi. I sorrisi precari. Ha cercato la fascinazione nella curiosità degli sguardi." ha raccontato.

Un numero speciale di Rolling Stone dedicato alla mostra è in vendita al prezzo speciale di € 1 al Bookshop di Palazzo del Governatore e verrà regalato ai primi 250 visitatori che da oggi, 4 febbraio, si recheranno alla Casa della Musica.

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LE 100 FACCE DELLA MUSICA ITALIANA

Palazzo del Governatore - Piazza Giuseppe Garibaldi , Parma

4 febbraio 2017 – 19 marzo 2017

Orari di apertura: giovedì-domenica ore 11.00/ 19.00 - martedì e mercoledì su prenotazioni per gruppi e scolaresche (min.18 pp)

Informazioni e prenotazione al pubblico

t. 0521 218035

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

www.facebook.com/Parmale100facce

Costo biglietti:

Intero € 5,00

Ridotto € 4,00 per gruppi e scolaresche (min.18 pp)

Ingresso gratuito, under 6, accompagnatori gruppi scolastici, accompagnatore disabile che presenti necessità, accompagnatore o guida per i gruppi prenotati, giornalisti iscritti all'albo, altre categorie o promozioni per sponsor convenzionati.

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Tutte le foto dell'inaugurazione nella galleria in fondo alla pagina, ph. Francesca Bocchia

 

 

 

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Uno di quei luoghi che rendono ricco il nostro Paese grazie all'intuizione e alla volontà di una grande imprenditrice quale è Miuccia Prada a cui si deve la creazione di uno spazio d'arte d'eccellenza, la Fondazione Prada a Milano.

di Federica Fasoli

Milano, 4 febbraio 2017

Vecchio e nuovo, aperto e chiuso, verticale ed orizzontale: vive di ossimori e di (apparenti) contraddizioni la struttura architettonica della Fondazione Prada a Milano, istituzione dedicata all'arte e alla cultura contemporanea presieduta da Miuccia Prada e dal marito Patrizio Bertelli.

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Sita in Largo Isarco e sviluppata su ben 19.000 metri quadri di spazio, la sede milanese, ideata dallo studio OMA, nasce dalla riqualificazione di un'antica distilleria degli anni dieci del Novecento, arricchita da tre nuovi edifici (di cui uno, la Torre, ancora in via di completamento) volti a rappresentare nell'insieme una coesistenza continua tra passato e presente, dialogo attivo tra la conservazione di opere preesistenti e l'innovazione dell'arte volta al futuro.

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All'interno dell'intera struttura la parola d'ordine è avanguardia: i progetti in esposizione, suddivisi tra installazioni permanenti e mostre temporanee, hanno come obiettivo quello di dimostrare l'importanza dell'impegno culturale odierno, di come l'arte sia estremamente utile, necessaria e, al tempo stesso, didascalica ed attrattiva. Per mezzo di diverse discipline, che spaziano dalla pittura al cinema rivisitate in chiave contemporanea e quasi postmoderna, il messaggio che la Fondazione Prada intende mandare è uno solo: il bisogno di intersezione quotidiana tra le idee creative e la vita di tutti i giorni, generando imprevedibili collegamenti e sovrapposizioni.

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Carica di particolare suggestione è la cosidetta Haunted House, uno degli edifici della distilleria del primo Novecento ristrutturato mantenendo la sua conformazione originale. Rivestita esternamente con uno strato di foglia d'oro, la "casa degli spiriti" domina con il suo inconfondibile riverbero il paesaggio urbano circostante, celando al suo interno quattro piani espositivi di forte impatto emotivo: ai piani superiori le opere di Robert Gober, la cui arte reinventa elementi di vita quotidiana generando oggetti ibridi, collegate attraverso una stretta scala in pietra al primo piano e a due lavori di Louise Bourgeois.

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Non meno interessante è il caffè presente all'interno della struttura, il Bar Luce, progettato dall'eclettico regista Wes Anderson: arredi, sedute, mobili di formica, pavimento, pannelli di legno impiallacciato e colori ricordano in maniera inconfondibile la tipica atmosfera della vecchia Milano, romanticamente riportata alla mente anche attraverso la riproduzione "in miniatura" della copertura in vetro del soffitto della Galleria Vittorio Emanuele II.

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Ed è proprio in Galleria Vittorio Emanuele che la Fondazione Prada, circa un mese fa, ha inaugurato il suo nuovo spazio espositivo: Osservatorio, un panoramico museo di 800 metri quadrati "sospeso" sul cuore di Milano ed interamente dedicato alla fotografia e ai linguaggi visivi.

With the Courtesy of: fondazioneprada.org – ilpost.it – arte.sky.it – hal1974.com – adspazio.it – wikipedia.org – gamberorosso.it – fuoriposto.com

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Fiere di Parma sta per accogliere la imminente edizione di Mercanteinfiera - dal 25 febbraio al 5 marzo, alle Fiere di Parma - che aprirà con due mostre che raccontano, attraverso la moda, 60 anni di storia italiana. L' esposizione dedicata all'arte della bigiotteria italiana e quella su abiti d'epoca, scatti e affiche pubblicitarie per fotografare il mito del mare nei primi del '900, sono i due appuntamenti da non perdere!

di Alexa Kuhne

Parma, 4 febbraio 2017

La storia si racconta anche attraverso le piccole cose, oggetti di tutti i giorni, 'pezzi' di vita che hanno rappresentato gusto e scelte di un'epoca.
Mercanteinfiera, con la collaterale "L'Oro Matto e il gioiello-fantasia nella prima metà del Novecento", vuole far scoprire gli anni difficili, quelli delle due grandi guerre mondiali, attraverso dei gioielli dell'artigianato.

Perché è stato, certo, un periodo di sconvolgimenti e distruzione, ma anche di ricostruzione, rinascita, fiducia nel futuro, voglia di vivere. Questo stato di cose si rifletteva anche su stile di vita e gusto. Prendeva corpo, soprattutto, all'indomani della Seconda guerra mondiale, l'idea che tutto dovesse essere alla portata di tutti e così la gente cercava il riscatto sociale, attraverso il possesso di oggetti che, fino a poco tempo prima, erano solo per pochi. I simboli di ricchezza, come i gioielli, diventavano piccoli sogni tangibili, trasformandosi in preziosa, abbordabile bigiotteria.
'Gioielleria democratica' si potrebbe definire, proprio perché per le tasche di tutti, forgiata nell' 'oro matto', ma in ogni caso originale per l'ampia gamma di altri materiali impiegati e raffinata per la grande abilità artigiana.
In poco tempo la bigiotteria in Italia ha raggiunto livelli prestigiosi anche grazie alla scoperta del "placcato oro", inventato già da Giulio Galluzzi a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, nel 1882.
L'esposizione che narra di tutto questo, aprirà Mercanteinfiera.

Mercanteinfiera gioielli collana imitazione bulgari per liztaylor francesco di bona courtesy bianca cappello

                collana imitazione Bulgari per Liz Taylor Francesco di Bona, courtesy Bianca Cappello

Realizzata in collaborazione con il Museo del Bijou di Casalmaggiore (unico museo italiano dedicato alla bigiotteria), è curata da Bianca Cappello, storica e critica del gioiello e da Letizia Frigerio, direttrice del Museo. Un viaggio nella creatività e nel design che si inserisce all'interno del noto appuntamento internazionale di antiquariato, design e collezionismo vintage.
Oltre 100 pezzi realizzati in «placcato oro», in leghe metalliche, materiali plastici, paste di vetro, finto corallo, finti rubini, finti diamanti. Tutto finto, dove a brillare sono la precisione dell'esecuzione e la fantasia degli accostamenti. Un intreccio di stili e tecniche in un percorso in bilico tra moda, arte e design, che oltrepassa i confini dell'estetica restituendo, anche attraverso immagini e documenti dell'epoca, 60 anni di storia d'Italia.

I bijou hanno accompagnato gli italiani negli anni della Belle Epoque, nel dramma della guerra, per riprendersi, divertenti e geniali, negli anni della dolce vita. Un viaggio che a Mercanteinfiera inizia con gemelli da polso e sautoir in preziose perle di vetro murrino stile Grande Gatsby di moda nei primi del 900; spille a "trina" di gusto edoardiano accostate a quelle degli anni '20, ispirate dai personaggi dei fumetti come il Signor Bonaventura o il neonato Micky Mouse. E se l'Italia coloniale è declinata nei bracciali e nelle spille di ispirazione africana, il periodo fascista è segnato dai richiami all'iconografia del regime e alle sue vantate glorie.

Negli anni '40 la bigiotteria, guarda all'alta moda e alla gioielleria riproponendo il "leone" della collezione Circus di Elsa Schiaparelli del 1938 e il famoso "oiseau en cage" (uccellino in gabbia) di Cartier disegnato da Jeanne Toussaint nel 1940 in occasione dell'occupazione di Parigi dai nazisti. Perchè l'alto artigianato, così come l'arte, serve a comunicare emozioni e sentimenti.
Ancor più che l'alta oreficeria, la bigiotteria accompagna le evoluzioni del tempo. Così in mostra compaiono anche le collarette nate per esaltare le generose scollature degli abiti da cocktail, le spille in strass ideali a segnare gli esili giri-vita e la copia coeva della sontuosa collana che Richard Burton comprò da Bulgari per Liz Taylor nel 1964 rendendo il sogno di un décolleté unico, alla portata di ogni donna.

Mercanteinfiera 2017 parma gioielli bigiotteria

                 Foto Francesco di Bona courtesy Bianca Cappello

A chiudere la mostra la produzione degli anni '60 del boom economico, firmati da Ornella Bijoux per Biki, (sarta milanese che ha plasmato l'eleganza della Callas), da Emma Caimi e Carla Pellini, da Ottavio Re e Giuliano Fratti, tra i maggiori bigiottieri italiani di metà Novecento.

E il racconto, quasi naturalmente, scivola verso la seconda collaterale in programma a Mercanteinferia. "ll mare sorride da lontano: dipinti, incisioni, manifesti e oggetti intorno all'immaginario del mare" (Pad.4).
Con quali mezzi gli artisti lo hanno raccontato e come è giunto fino a noi il suo mito fatto di storie, tempeste e bonaccia, separazioni e ritorni? E come è divenuto luogo di vacanza, modificando il costume dell'Italia con un fenomeno sociale che ha plasmato per sempre il nostro modo di vivere?
Un percorso a tappe, ideato da Paolo Aquilini, Serena Bertolucci, Luca Leoncini, Laura Cattoni e Simone Frangioni del Museo di Palazzo Reale di Genova, che si snoda tra guide turistiche, abiti d'epoca, fotografie ed affiche pubblicitarie, per raccontare il mare come luogo dell'anima e di passioni. Come fu per Luigi Amedeo, Duca degli Abruzzi (1873-1933), l'ultimo inquilino di casa Savoia che abitò il primo piano nobile del Palazzo Reale di Genova. Noto soprattutto come grande esploratore e navigatore, il duca elesse Genova a sua residenza perchè commissionava le imbarcazioni, da lui stesso disegnate, ai cantieri navali di Sestri Ponente e di Voltri. Proprio In virtù della sua attività nautica nel 1906 fu acclamato presidente onorario dello Yachting Club di Genova, che gli dedicò il porticciolo.

Mercanteinfiera parma vintage arredo Foto Credit Giulio Cassanelli

                   Foto Credit Giulio Cassanelli

Le collaterali vanno a completare un'offerta che a Mercanteinfiera si rivela come sempre ampia ed articolata. I 45.000 metri quadrati di superficie espositiva accoglieranno infatti le novità proposte dei 1.000 espositori presenti. Centinaia sono i buyer che hanno confermato la propria presenza (Stati Uniti, Francia, Germania, Argentina, Austria, Russia e Spagna i paesi più rappresentati).
Nel volgere di uno sguardo, si potrà viaggiare dall'antiquariato più prezioso (troumeau, porcellane, ebanisteria settecentesca), all'orologeria più prestigiosa (Rolex, Audemars Piguet, Vacheron Constantin, ecc..). Dagli arredi pop e di design agli oggetti più stravaganti come la sezione del melo appartenuto a Shakespeare fino al collezionismo vintage: oggetti iconici come i bauli Louis Vuitton, la kelly bag di Chanel o particolari borse-gioiello, veri e propri conversation pieces. Che nessuna donna assennata considererebbe mai effimeri.

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Tutto esaurito per lo spettacolo di Ert Emilia Romagna Teatro che ha visto protagonisti, oltre al gruppo di lavoro di attori professionisti, anche i 200 atelieristi.

Di Manuela Fiorini – foto di Claudio Vincenzi

Modena, 30 gennaio 2017

Un progetto sicuramente ambizioso, quello di ERT Emilia Romagna Teatro, che ha inaugurato la prima settimana di Un bel dì saremo con lo spettacolo L'ElettriCittà – Agli albori (sognanti) della modernità con la regia di Claudio Longhi. Sì, perché coordinare i 200 atelieristi, non deve essere stato certo facile. Eppure, grazie alla professionalità degli attori del gruppo ERT Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell'Utri, Simone Francia, Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio Papalia e Simone Tangolo, e dei 19 allievi attori della scuola Jolanda Gazzerro, le quasi due ore di spettacolo hanno tenuto il pubblico incollato alla poltrona. Il Teatro Storchi di Modena ha fatto registrare infatti il tutto esaurito e parecchie persone sono dovute rimanere fuori.

Teatro Storchi di Modena spettacolo Elettricita

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Spettacoli Teatro Storchi Modena5

L'ElettriCittà ha voluto esplorare i diversi aspetti della società e i cambiamenti epocali che si sono verificati tra Ottocento e Novecento grazie all'avvento dell'energia elettrica: dalle scoperte di Edison alle applicazioni nell'industria, nell'illuminazione delle grandi città, ai primi grandi black-out della storia, alla scomparsa della plurimillenaria dicotomia città-campagna a causa del boom industriale. Composto da diversi "quadri scenici", che hanno alternato parti recitate e cantate, lo spettacolo, esempio di teatro partecipato, ha saputo coinvolgere il pubblico grazie alla "rottura" dell'immaginario muro tra palcoscenico e spettatori. Gli attori e gli atelieristi, infatti, occupavano e popolavano non solo il palcoscenico, ma anche il sottopalco, la platea, i palchi, creando un piacevole effetto sorpresa grazie anche ai sapienti giochi di luci, che hanno implementato il coinvolgimento generale.

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Si è riso e ci si è emozionati, sono nate amicizie e creati sodalizi tra i partecipanti all'atelier, provenienti da Modena, ma anche da altre città d'Italia, che con passione, impegno e un briciolo di follia, hanno aderito al progetto. Meritatissima la standing ovation finale e i numerosi minuti di applausi.
Appena il tempo di godersi il successo che gli instancabili attori di ERT, il giorno dopo sono saliti...su un autobus. E non uno a caso, ma quello di Linea F(uturo) per un viaggio - spettacolo a tappe che ha consentito di toccare e conoscere alcuni luoghi di Modena che hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia e nello sviluppo della città, come l'Ex Manifattura Tabacchi, l'ex Amcm, sede di una delle prime centrali elettriche in Italia, ora oggetto di un importante qualificazione che ne farà un importante polo culturale, il Ma.Ta e il Teatro delle Passioni. A fare da "cicerone" ai passeggeri, l'attore Lino Guanciale, volto noto e molto amato della TV , mentre, a ogni tappa, gli altri attori di ERT hanno recitato, interpretato e raccontato la città di Modena attraverso brani di Checov, Calvino e Gaber.

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Il progetto Un bel dì saremo proseguirà fino alla primavera del 2019.
Il programma dei prossimi appuntamenti su www.emiliaromagnateatro.com 

Tutte le foto continuano nella galleria a fondo pagina

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Venerdì 27 gennaio, alle ore 18.30, presso la libreria di via dei Tintori, a Modena, il filosofo, etologo e antropologo bolognese parlerà del suo nuovo libro edito da Mucchi. Lo abbiamo incontrato in anteprima.

Di Manuela Fiorini

Modena, 27 gennaio 2017

Ogni giorno ci confrontiamo con l'altro, o, meglio con l'Alterità, ma, anziché vederla come un'opportunità e occasione di crescita, tendiamo a chiuderci nel nostro egoismo e antropocentrismo, negandoci quindi tutte le occasioni di arricchimento che il confronto con ciò che è "altro" da noi ci può offrire. È proprio l'Alterità il tema dell'ultimo libro del filosofo, etologo e zooantropologo Roberto Marchesini, che oggi, venerdì 27 gennaio, alle ore 18.30, sarà alla libreria UBIK di via dei Tintori 22, a Modena, per presentare il suo libro Alterità. L'identità come relazione, edito da Stem Mucchi Editore con prefazione di Ubaldo Fadini.

Abbiamo incontrato in anteprima l'autore.

roberto marchesi libro alterita

Come nasce questo libro e quale messaggio vuole comunicare?
"L'idea è quella di considerare il nostro tempo alla luce della alterità, un tema che io credo oggi centrale. Pensiamo dalle grandi crisi umanitarie, alle crisi geo-politiche, alle crisi ecologiche, alla distruzione della bio-diversità, alla distruzione degli animali, ai grandi rischi dell'individuo stesso, ai grandi problemi e sofferenze dell'individuo stesso. L'individualismo non è assolutamente qualcosa di confortante, anzi è la più grande sofferenza, perché se cerchi il senso dentro te stesso inevitabilmente ti imbatti nell'inutilità di tutto. Questo è il grande problema e il grande tema di oggi: riconoscere le relazioni, l'importanza delle altre alterità, perché solo se siamo in grado di considerare le altre specie non solo sotto il profilo biologico o quello estetico, vogliamo avere un mondo che è diverso (la biodiversità intesa come qualcosa di esteticamente ammirevole o strumentalmente utile, per esempio) o che è più bello, ma qui la questione è ontologica e di attribuzione di senso. Spesso pensiamo che sia un problema pratico: è anche un problema pratico ma non solo un problema pratico. Nel momento in cui non riusciamo più a capire cosa sono gli altri abbiamo perduto di valore noi stessi".

Che cosa è l'Alterità (o le alterità)?
"Il tema dell'alterità è centrale nel nostro periodo storico per diversi motivi. Il primo tra questi è la globalizzazione, attraverso cui ci confrontiamo con altre culture e con persone che hanno stili di vita, lingua e religioni differenti dalle nostre. Il secondo è il rapporto tra uomo e donna, che sono oggetto di una decadenza dei ruoli tradizionalmente imposti loro attraverso il superamento di un paradigma complementativo. Il terzo aspetto riguarda il confronto con l'alterità all'interno della cornice individualista del nostro tempo, in cui si viene a perdere la capacità di relazionarsi veramente con gli altri. Si tende a vedere il mondo come orbitale a sé e quindi a considerare gli altri come degli strumenti di utilizzo per ottenere determinate cose non solo in relazione al non-umano ma in particolare in relazione agli animali, perché viviamo in un'epoca dove le persone hanno affettività verso le altre specie, ma non hanno accettazione delle alterità. L'altro mi si pone di fronte ma alla fine non rimane distanziato, perché alla fine mi sollecita una risposta, che sia integrativa che sia interpretativa. L'influenza che può avere sulla mia bibliografia il tema dell'alterità è centrale".

In che modo possiamo relazionare il nostro Io con l'Alterità?
"Allenando la nostra capacità di superare l'egocentrismo e l'antropocentrismo, cioè superare la tendenza alla gravitazione interna e quindi il sapersi mettere in ascolto, il sapersi decentrare, saper lavorare sull'empatia, sulla propria capacità di cura e sulla capacità di accettare il doppio flusso narrativo. Molto spesso noi parliamo di integrazione dell'altro ma questa rimane superficiale. Integrare significa permettere all'altro di narrarsi, di narrare la sua storia e da parte tua, la voglia di raccontargli la tua. L'integrazione con l'alterità può essere interpretata come una capacità di reciprocità comunicativa e quindi di dare luogo a espressioni. Se vogliamo, la capacità di incontrare un cane e un gatto significa dare al cane e al gatto la capacità di esprimersi e quindi di dare qualcosa che vada al di là delle tue aspettative, da quello che tu pensi, dalle tue proiezioni e quindi aprirsi a questo inaspettato narrativo che l'altro ti dà e nello stesso tempo tu stesso darti nel vero senso della parola. È molto diverso darsi una relazione rispetto all'utilizzo di uno strumento: darsi una relazione significa aprire la propria disponibilità, il proprio cuore, la propria disposizione".

Quando gli "altri" sono diversi da noi, per esempio, gli animali, cani o gatti con i quali abbiamo deciso di condividere la vita, come possiamo entrare in relazione con loro senza fare errori di comunicazione o prospettiva?
"Non è possibile non fare errori e non penso che sia così deleterio avere consapevolezza della propria fallibilità. La fallibilità è una consapevolezza che ci aiuta ad evitare l'arroganza. Il problema più grande non è tanto l'ignoranza, quanto il non sapere di non sapere. È un'arroganza che non ti pone in discussione, che non ti pone in una situazione di problematicità. La società urbana è una società profondamente ignorante e arrogante nei confronti degli animali, quindi molto spesso le persone dicono "questi animali sono viziati", ma spesso sono maltrattati perché non si mette in considerazione la loro peculiarità, la loro diversità e il loro aspetto. Qui si tratta, secondo me, di essere in grado di declinare questo nostro amore in una concezione non egocentrica, quindi avere la voglia di leggerne di più, di saperne di più, di intraprendere un percorso che somiglia a quello di chi vuole andare a Londra e studia l'inglese, quindi il suo desiderio è quello di poter capire, sapersi esprimere e si applica rispetto a questo. Noi invece tendiamo molto allo spontaneismo, ma quando ti trovi di fronte a qualcuno che è portavoce di un linguaggio diverso e di una prospettiva diversa della realtà, la spontaneità non va da nessuna parte. L'autenticità è la capacità di declinare la persona, il personalismo, con la conoscenza dell'altro e quindi non con l'ignoranza".

Che cos'è il post umanesimo?
"È la consapevolezza o, se vogliamo, la riflessione filosofica che prende in considerazione l'essere umano non come un'entità autarchica e quindi un'entità autosufficiente, un'entità che sia realizza da sola, un'entità che produce tutte le sue qualità per creatività propria, per emanazione ma come un'entità che si coniuga al mondo. Quindi, tutte le sue qualità sono frutti ibridi, sono l'esito di questa costante ibridazione, di questo costante meticciamento e di questa contaminazione con il mondo. È riconoscere di avere questa sorta di identità ecologica, un'identità che prende forma attraverso la relazione e non è precedente alla relazione. È la relazione che dà dei connotati, i connotati non sono precedenti, ma esistono nella relazione. Questo è perché siamo abituati a concepire questa idea dell'individuo come monade, come mondo separato disgiunto, che entra in rapporto con altri mondi, ma che sostanzialmente è impermeabile e ha delle qualità che precedono l'incontro. In realtà, se pensiamo a un bambino, il bambino emerge nel rapporto con la madre poi piano piano emergiamo nel rapporto con i nostri simili, con gli altri animali, con il contesto, con il mondo, con le piante. Non siamo delle identità che sono impermeabili al mondo. Il postumanismo sottolinea questa natura ibrida dell'essere umano. Perché è importante? Perché se io avrò consapevolezza della mia natura ibrida, avrò cura delle mie relazioni, se viceversa ritengo che le relazioni possano essere degli strumenti che mi consentano di realizzare delle cose, ma che non hanno effetto su ciò che io sono, allora io avrò una visione fondamentalmente egocentrica.

Marchesini Alterita libro

SCHEDA DEL LIBRO
Roberto Marchesini
Alterità. L'identità come relazione
Stem Mucchi Editore
189 pagine - € 16
www.mucchieditore.it 
www.marchesinietologia.it 

L'autore
Roberto Marchesini (Bologna, 1959) è filosofo, etologo e zooantropologo. Direttore del "Centro studi filosofia postumanista" e della "Scuola di interazione uomo-animale" (Siua), è autore di oltre un centinaio di pubblicazioni nel campo della filosofia, dell'etologia e della bioetica. Dirige inoltre la rivista Animal Studies. Rivista italiana di antispecismo.

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Tra le consolidate proposte di FlashOn Mag vi è sicuramente quella di offrire lo spunto per la lettura di qualche buon libro. Ci pensa CECILIA NOVEMBRI a proporvene uno da cui è stato tratto un film con la regia di Ricky Tognazzi e le musiche di Ennio Morricone.

di Cecilia Novembri

Ci sono libri che trovano un posto nel cuore e lì rimangono per sempre. "Canone Inverso" di Paolo Maurensig appartiene a questa categoria. Considerarlo un libro per musicisti è molto riduttivo perché l'autore ha saputo donare al romanzo spettacolari colpi di scena e situazioni avvincenti da renderlo adatto a tutti.

canoneinverso libro lettura

La storia racconta la vicenda di un uomo, uno scrittore che incontra in una taverna a Vienna un violinista, Jeno Varga, e per scherzo, ma anche per metterlo alla prova, gli chiede di suonare un pezzo molto complicato.
La vicenda ha come protagonisti Jeno e Kuno e un particolare violino che presenta una testa di donna intagliata nel legno, al quale sono legate le tragiche vicende dei protagonisti.

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La storia, ambientata in parte poco prima della seconda guerra mondiale, racconta la delicatezza e la ferocia, i sensi di colpa e i rimpianti, di come ogni azione compiuta abbia delle ripercussioni sul destino, proprio e di chi ci circonda.
Archetti e violini, sinfonie e concerti, amore e amicizia, nascita e morte, genio e follia, alcune volte note e melodie sono le vere protagoniste della trama, mentre altre si riducono a semplice sottofondo lasciando la scena ai protagonisti del libro.

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Dal romanzo è stato tratto il film diretto da Ricky Tognazzi. Da rispolverare sicuramente con cura!

canoneinverso libro lettura romanzo

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L'autrice Alessia Gazzola presenta alla biblioteca Delfini "Un po' di follia in Primavera" con l'attore protagonista della serie televisiva tratta dai suoi libri. Diretta streaming sul sito.

Modena, 28 gennaio 2017

Dopo sei libri continua la brillante carriera di Alessia Gazzola con le avventure dell'impacciata Alice Allievi, protagonista dei libro e della serie televisiva nata dalle storie raccontate nei primi tre di cinque romanzi precedenti. La specializzanda in medicina legale, la giovane Alice è alle prese con casi intricati e con il cuore diviso tra il giovane reporter Arthur e l'affascinante medico legale Claudio Conforti.

Il nuovo libro "Un po' di follia in primavera" (Longanesi 2016) sarà presentato questo pomeriggio alla biblioteca di corso Canalgrande, per la rassegna "Autori in Zona". 

un po di follia in primavera cover alessia gazzola

Un'occasione per parlare dei rapporti tra scrittura per i libri e per la televisione, di trasposizioni da parole a immagini di personaggi sviluppati sulla carta che acquisiscono in video corpo e fisicità. Ospite insieme all'autrice, l'attore Lino Guanciale - impegnato a Modena con il progetto Un bel dì saremo - che nella serie tv interpreta il bel tenebroso dottor Conforti.

L' appuntamento, a ingresso libero fino a esaurimento posti, è alle 16 nella Sala conferenze accessibile direttamente dal chiostro. In più, grazie a un nuovo servizio attivato, l'incontro potrà essere seguito dalle 16 in diretta streaming, sul sito delle biblioteche www.comune.modena.it/biblioteche.

 



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Aurora Vannucci, parmigiana di 11 anni e appassionata di scrittura, è al suo secondo libro, che in queste settimane sta facendo il giro delle librerie. "Vorrei la sesta elementare" sul tema dell'amicizia. 

di Alexa Kuhne

Parma, 28 gennaio 2017

L'amicizia trionfa sempre, a dispetto di tutto.
Un messaggio forte, ma lanciato con la delicatezza della penna di un piccola scrittrice, piena di emozioni e di creatività.
Perché Aurora Vannucci, 11 anni di sogni, passione e purezza, ci crede davvero ai suoi amici e prende le distanze da bullismo e sentimenti cattivi. Vuol farlo sapere con le pagine del suo libro: "Vorrei la sesta elementare", in questi mesi in giro per librerie.

La sua ultima fatica racconta della realtà di tutti i giorni di un ragazzino, quella che si svolge in una classe durante l'ultimo anno di scuola primaria.
Il nostro Fabio, 10 anni, ha l'impegno quotidiano di doversi districare tra i suoi pensieri, le amicizie, lo studio, lo sport, i bulli della scuola, la paura e la voglia di "diventare grande". Con lui, amico di spensieratezza e dissidi interiori c'è Eric, nuovo compagno della quinta elementare, ragazzo enigmatico e problematico, che con il suo arrivo destabilizza le dinamiche di classe.

Il libro è una descrizione dettagliata di fatti, momenti e sentimenti provati dai giovani interpreti: la narrazione fantastica si alterna e si intreccia, inevitabilmente, con momenti autobiografici.
Una storia che ha dentro tutto, ma nella quale trionfa sempre il sentimento dell'amicizia "vera", duratura, in grado di superare qualsiasi ostacolo. Al termine del racconto i ragazzi sono coscienti che per loro è terminata questa importante tappa di crescita: il timore per il futuro viene annullato dalla certezza acquisita di poterlo affrontare, con un filo di nostalgia per quest'ultimo momento di elementari trascorso tutti insieme.
Fabio ed Eric si ritrovano dopo alcuni anni ed entrambi provano la sensazione di non essersi mai lasciati.
Il libro è rivolto ad una fascia di pubblico molto giovane ma, vista la profondità dei temi e la leggerezza nello stile, può essere letto anche da un pubblico adulto. Per riscoprire magari quei sentimenti autentici che la frenesia della vita spesso seppellisce in fondo all'animo, ma anche per conoscere meglio i nostri ragazzi attraverso un racconto genuino del loro quotidiano. Senza artifici, né "effetti speciali".

vorrei la stesta elementare libro

Ma chi è Aurora Vannucci? E' una parmigiana doc che ha compiuto 11 anni lo scorso 17 maggio e frequenta come tanti ragazzini della sua età la prima secondaria, iscritta al Convitto Maria Luigia di Parma dove ha completato anche il ciclo della primaria. Adora leggere e scrivere: ha pubblicato una prima raccolta di racconti nel 2015 – "Le mie prime cento pagine" – prima che la CSA Editrice accogliesse il suo secondo libro – "Vorrei la sesta elementare" – in uscita in questi giorni in libreria.
Aurora ha inoltre partecipato e vinto svariati concorsi di letteratura per ragazzi: primo premio al concorso nazionale "Il Paese delle Fiabe" a maggio 2016; primo premio al concorso internazionale del comune di Trevi a giugno 2016; primo premio al concorso provinciale nel 2015 e nel 2016 "Alice Battaglioni"; finalista al concorso nazionale "Mario Mosso" a luglio 2016; finalista al contest del Comune di Pennabilli a giugno 2016; terza classificata al concorso nazionale "Anna Savoia" a dicembre 2015; terza classificata al concorso nazionale "Scrivimi una storia" a maggio 2016; menzione speciale narrativa giovani al concorso internazionale "Micheloni" di Aulla a settembre 2016; menzione d'onore al premio "Roncio d'oro" a ottobre 2016; premio narrativa junior al "Premio Bertelli" di Pontedera a novembre 2016. E questo solo per citarne alcuni, visto che è risultata finalista anche in altri concorsi letterari in giro per l'Italia. Per avere soltanto 11 anni, una carriera già ben avviata.

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"La seconda generazione" di Michel Kichka inaugura al Museo ebraico di Bologna le celebrazioni in ricordo delle vittime della Shoah. In prima assoluta la mostra di uno dei più grandi caricaturisti e illustratori israeliani. Il presidente della Regione Bonaccini: "Sanare la frattura dell'Olocausto attraverso la memoria e il riconoscimento per non sottrarsi alla responsabilità del male".

Bologna, 23 gennaio 2017

La Shoah raccontata attraverso gli occhi dei figli dei sopravvissuti e trasformata in tavole grafiche in bianco e nero. Un lavoro che ha occupato per dieci anni Michel Kichka, celebre illustratore e caricaturista israeliano, professore di Belle arti a Gerusalemme e membro di Cartooning for peace (la fondazione svizzera creata nel 2006 dall'allora segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, per sostenere i vignettisti della carta stampata nel loro lavoro in difesa dei diritti umani, della libertà d'espressione e della tolleranza).
Ora, al Museo ebraico di Bologna, in prima assoluta, è possibile ripercorrere la storia del maggiore di due figli maschi di un padre sopravvissuto alla Shoah: un'esperienza che permea tutta la famiglia, un trauma 'indiretto' che invade però totalmente silenzi, racconti e vissuti. La mostra "La seconda generazione" di Kichka, è stata inaugurata ieri alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni e della Comunità ebraica bolognese. L'appuntamento apre la serie di eventi previsti nel capoluogo regionale e in tutta l'Emilia-Romagna per il Giorno della Memoria in ricordo delle vittime dello sterminio nazista, fissato il 27 gennaio di ogni anno, la data che nel 1945 vide la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz.

 

Pubblicato in Cultura Emilia
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