Coopservice Logistica e Traslochi

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Cosa prevedono gli esperti del settore HR per il 2020? Tra i trend HR che domineranno il 2020 emerge una sempre più diffusa consapevolezza dell’importanza di favorire relazioni distese e collaborative negli ambienti di lavoro. Un atteggiamento considerato pericoloso?

Di Coopservice 19 Febbraio 2020 - In un saggio pubblicato negli Stati Uniti nel 2009 dal titolo Elogio della Gentilezza, lo psicanalista Adam Phillips e la storica Barbara Taylor riabilitavano l’importanza di un valore sommesso e discreto, sinonimo di capacità di ascolto, accoglienza, generosità, altruismo. Il punto di partenza degli autori era una domanda: Perché oggi la gentilezza è così estranea al senso comune, fino ad essere considerata persino pericolosa? Eppure, riflettevano i due autori, fin dall’antichità i vantaggi della generosità sono stati divulgati da un considerevole numero di pensatori e Marco Aurelio, filosofo e imperatore, considerava la benevolenza “la più grande gioia dell’umanità”. Oggi invece, proseguivano, molte persone considerano la gentilezza nel migliore dei casi una perdita di tempo e si è addirittura diffusa la convinzione che “la generosità ci impedirà di avere successo nella vita”.

Altro che segno di debolezza….
I contesti più tipici in cui trova spazio questa concezione sono gli ambienti di lavoro. Nelle aziende, soprattutto in quelle che si configurano quali organizzazioni complesse, la gestione «gentile» da parte di chi ha ruoli apicali viene tradizionalmente vista come «un tratto di debolezza», una fragilità. Mentre sarebbero decisamente da preferire atteggiamenti improntati all’autoritarismo legittimato dalla posizione gerarchica.
Al contrario la cortesia nei rapporti interpersonali, la buona educazione, le buone maniere possono fare bene a noi e agli altri. Spiega Eugenio Borgna, psichiatra fenomenologo: “La gentilezza ci consente di allentare le continue difficoltà della vita, le nostre e quelle degli altri, di essere aperti agli stati d’animo e alla sensibilità altrui. La gentilezza è un fare e un rifare leggera la vita, ferita continuamente dalla indifferenza e dalla noncuranza, dall’egoismo e dalla idolatria del successo”.

La forza nascosta della gentilezza
Ecco allora spiegato il motivo per cui, spiega Cristina Milani, psicologa, consulente di impresa e autrice del libro “La forza nascosta della Gentilezza” (Sperling & Kupfer), proprio la gentilezza è una qualità che oggi le direzioni HR delle aziende tengono in sempre maggiore considerazione, per il contributo che fornisce al buon clima e alla produttività aziendale. In questo senso l’autrice parla “del potere dei piccoli gesti” che negli accadimenti della vita quotidiana come negli ambienti lavorativi “fanno stare bene noi e gli altri”. Dalla gentilezza, infatti, scaturiscono tante sensazioni positive: “Se tu sei gentile con le persone, loro si sentiranno appagate e coinvolte, stimolate per contraccambiare e offrirti il meglio”. Questo discorso si rafforza soprattutto se lo applichiamo ad un team di lavoro, dove dalla collaborazione e fiducia nascono i risultati migliori e più appaganti.

Il World Kindness Movement e la crescente attenzione delle aziende
Cristina Milani è anche la fondatrice della onlus svizzera Gentletude e vicepresidente del World Kindness Movement (WKM), un movimento internazionale che si propone “di ispirare gli individui verso una maggiore gentilezza e di collegare le nazioni del mondo per creare un mondo più gentile”. Grazie al WKM, dal 2009 il 13 novembre di ogni anno viene organizzata la giornata mondiale della gentilezza, una ricorrenza nata per coordinare le iniziative sviluppate in diverse parti del pianeta, ma soprattutto per divulgare il valore della ‘Kindness’.
Negli ultimi anni sul tema è cresciuta esponenzialmente l’attenzione del mondo del business e del lavoro: “Oggi la gentilezza non è solo buona educazione – spiega Paolo Iacci, presidente di Eca Italia, docente di all’Università Statale di Milano e presidente nazionale di AIDP Promotion (Associazione per la Direzione del Personale) – ma rientra nelle strategie marketing delle aziende e fra le soft skills personali che aiutano a fare carriera”. D’altra parte, ricorda il presidente dell’Associazione direttori risorse umane Paolo Citterio, “ricordiamoci che nelle organizzazioni oggi si viene valutati ogni giorno a 360 gradi da superiori, sottoposti e colleghi”. La cortesia nei rapporti con i colleghi dunque, tra l’altro, conviene alla propria crescita professionale.

Il valore dei fattori emozionali nella gestione aziendale
La gentilezza è ormai considerata a buon diritto fra i più importanti principi di management da applicare sistematicamente alla gestione delle aziende. È questa una consapevolezza certificata ad esempio negli ultimi rapporti annuali ‘HR Trends & Salary Survey’ di Randstad, la multinazionale olandese leader nella ricerca, nella selezione e nella formazione delle risorse umane. Nel rapporto 2019 l’importanza di un atteggiamento “gentile” nel creare e mantenere un ambiente di lavoro “piacevole” è al primo posto dei suggerimenti espressi da 169 Ceo e Responsabili Risorse Umane di aziende internazionali per favorire la crescita del capitale umano.

“Introdurla nell’ambiente di lavoro può sembrare fuori luogo, perché si pensa che qui le emozioni non abbiano spazio, pena l’esclusione dal mercato – conclude Cristina Milani di Gentletude – , invece la si dovrebbe pensare come parte integrante del contesto con il quale le imprese si relazionano per crescere”. Ecco che allora la gentilezza diventa un elemento davvero strategico per l’azienda perché impatta positivamente nell’universo delle relazioni in cui è inserita: si traduce infatti in una maggiore attenzione per le parti che la costituiscono, per l’ambiente nel quale s’inserisce, per il pubblico al quale si rivolge.

Lunedì, 03 Febbraio 2020 07:53

Millennial e GenZ: il lavoro che cambia

Nomadismo digitale, smart working, lavoro Agile, welfare aziendale e flessibilità, per chi è nato prima del 1981 questi termini potrebbero sembrare distanti dal mondo del lavoro sinora conosciuto. Per le nuove generazioni sono invece le colonne portanti della vita lavorativa, o forse della vita in generale.

Millennial

Continuamente citati dai media, chi sono i millennial o Generazione Y?

Si indicano così le persone nate tra il 1981 e il 1996: si tratta di una generazione nativa digitale, ossia che ha imparato durante gli anni dell’infanzia a utilizzare le nuove tecnologie, assistendo al suo veloce sviluppo.

La loro caratteristica principale è quella di essere nati in un momento di prosperità economica, in cui è stato insegnato loro chesarebbero riusciti a ottenere qualsiasi cosa, se lo avessero voluto abbastanza, ma di essere diventati adulti in un momento di profonda crisi, che ha in parte demolito le loro certezze.

È proprio per questo motivo che i Millennial hanno dovuto ingegnarsi per costruire il proprio futuro e vedono l’unica possibilità di successo nella flessibilità: concetto chiave nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni.

I Millennial cercano dal lavoro prima di tutto gratificazione ed equilibrio con la vita privata: la maggior parte di loro infatti preferisce avere benefit e smart working piuttosto che uno stipendio più alto.

Secondo uno studio della Bentley University, il 77% delle persone di questa generazione crede che con orari di lavoro più flessibili la produttività aumenterebbe.

La situazione di precariato nel lavoro ha aguzzato l’ingegno della Generazione Y, che presenta spiccate abilità di problem solving, oltre alla capacità di multitasking, ossia di occuparsi di più cose nello stesso momento.

Generazione Z

Appartiene a tutta un’altra categoria invece la generazione successiva, la Generazione Z.

A differenza dei Millennial, i GenZ sono nati con l’uso degli smartphone, non hanno assistito alla crescita della tecnologia e di internet, ma vi sono stati immersi da subito.

Parte delle caratteristiche che differenziano la Generazione Z dai Millennial è l’aver assistito ad alcuni dei cambiamenti epocali della nostra storia contemporanea, come l’attacco alle Torri Gemelle, il primo presidente USA nero, il primo iPhone.

Se i Millennial hanno conosciuto il mondo prima e dopo questi eventi, i GenZ conoscono il mondo per come è attualmente: quei cambiamenti sono già dati di fatto.

Questa generazione è caratterizzata da una sfiducia generalizzata: se i Millennial sono stati piccoli in un’epoca di prosperità, con grandi speranze per il futuro, i GenZ sono nati con la crisi, senza l’illusione di un futuro roseo.

È un segno distintivo la propensione a considerare la diversità come un valore aggiunto, invece che come una caratteristica da cui essere spaventati e diffidenti.

La grande sfida della GenZ è migliorare il mondo: non si tratta di una generazione di idealisti, ma invece di un gruppo molto realista che vuole lavorare duro per costruire un mondo migliore di quello in cui è nato.

Sono inoltre molto più pragmatici dei Millennial, e già da giovanissimi iniziano a programmare il loro futuro finanziario.

Da un ambiente di lavoro cercano prima di tutto stimoli e valorizzazione, svolgendo una occupazione che li appassioni e permetta loro di crescere e fare carriera.

Cercano più dell’equilibrio: una vera e propria integrazione tra lavoro e passioni, portando così a casa le soddisfazioni lavorative e sul lavoro il proprio valore aggiunto.

È la routine il nemico giurato di una generazione che vive nell’assoluta mancanza di noia, sottoposta a continue stimolazioni da moltissime fonti diverse.

Il futuro delle nuove generazioni

“Il mondo sta cambiando” non è un semplice modo di dire ma la presa di coscienza che tutto è in divenire, soprattutto nel mondo del lavoro. Le nuove generazioni cercano il proprio posto nel mondo, abbattendo confini e investendo nelle proprie competenze alla ricerca di una posizione che unisca passioni e interessi. 

A questo link è disponibile il video in cui i millennials di Coopservice si raccontano e raccontano la loro esperienza nel mondo del lavoro. Quali sono i loro valori? Quali le loro aspettative? Qual è la loro idea di futuro? 

Lo sguardo è rivolto verso la formazione alla quale le aziende dovrebbero offrire il giusto spazio, essendo un fattore imprescindibile per la meritocrazia, valore al quale le nuove generazioni rivolgono speranze, tempo e denaro.

Di   16 Ottobre 2019

 

Di Coopservice 16 Dicembre 2019 - Il 16 dicembre 2019 si è tenuta a Reggio Emilia la conferenza “CSR LAB Le imprese del territorio verso l’Agenda 2030” per presentare il progetto “CSR Lab Emilia Ovest – Laboratorio Diversity Management”.

Il progetto “CSR LAB Le imprese del territorio verso l’Agenda 2030” ha coinvolto piccole e medie imprese, che si sono confrontate in laboratori di co-progettazione di azioni di CSR declinate in quattro aree:

- lo sviluppo d’impresa;
- la sostenibilità ambientale;
- l’internazionalizzazione d’impresa;
- il Diversity Management.

Proprio con riferimento all’ambito del Diversity Management, nel 2016, il Comune di Reggio Emilia ha invitato il centro interculturale MondInsieme a intervenire, in qualità di partner tecnico, nell’ambito del progetto CSR Lab Emilia Ovest.

L’obiettivo: “Sensibilizzare le imprese e gli attori locali sulle potenzialità del Diversity Management come forma di Corporate Social Responsibility, affinché, con azioni responsabili fondate su una gestione lungimirante della diversità presente all’interno dell’organizzazione, contribuiscano allo sviluppo del contesto sociale in cui operano”- recita la pagina web dedicata al progetto.

Spesso questo tipo di azione coinvolge solo le associazioni. La novità assoluta di questo progetto sta nella sua capacità di agire direttamente anche sulle aziende, prevedendo un loro coinvolgimento attivo nel processo di misurazione e descrizione della diversità interna.

Diversity Rating: un valido strumento di misurazione
Lo strumento di misurazione utilizzato per valutare il grado di diversità interna di ciascuna organizzazione è il Diversity Rating 2.0.

Co-costruito insieme alle associazioni di categoria del territorio, a partire da un prototipo ideato da un team di consulenti danesi, lo strumento di Diversity Rating consente di classificare il livello di diversità delle aziende in base a:

- genere;
- origine culturale;
- età;
- anzianità di servizio nell’azienda in oggetto.


Diversity Rating: la funzione principale

Il Diversity Rating ha due importanti funzioni:

- applicato da una singola azienda, sull’intera struttura o su parti di essa, consente a questa di fotografare la sua diversità in un dato momento e di monitorare, dunque, il suo evolversi nel corso del tempo (sulla base di aggiornamenti periodici) al fine di individuare le criticità e le azioni necessarie per valorizzare le diversità emergenti.
- Se estesa a diverse aziende di un territorio, permette lo studio di tendenze di sviluppo della comunità, che potranno orientare interventi pubblici e privati per gestire gli aspetti di cambiamento emersi.

La costruzione e l’applicazione di questo strumento ha permesso di introdurre all’interno delle realtà che hanno partecipato al progetto (associazioni di categoria e alcune aziende) il tema del Diversity Management e di creare consapevolezza circa le potenzialità di tale approccio strategico.

Coopservice e le politiche di Diversity Management

Coopservice, da sempre attenta alle politiche di integrazione all’interno dell’impresa, ha partecipato con entusiasmo al progetto in merito alle attività di Diversity Management proprio per la sua attenzione all’inclusione.

La Cooperativa vanta una forza lavoro composta in maggioranza da donne (60%) e lavoratori stranieri (11%) provenienti da 86 paesi del mondo.

L’inclusione, il rispetto e la cultura della responsabilità sono principi importanti per Coopservice, che crede fermamente nella diversità come valore guida e si impegna a tenere vivo l’impegno sulla Diversity, con azioni continuative nel tempo, per non perdere quanto ottenuto fino a ora.

 

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