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Inaugurato il ristorante gourmet più alto d'Italia: Piano35, locale raffinato ed essenziale situato al 35esimo piano del Grattacielo di San Paolo Intesa di Torino. Menù a cura dello chef Ivan Milani.

Di Chiara Marando -

Sabato 02 Luglio 2016 -

La location è tutt'altro che comune, il menù promette sinfonie di sapore che intrecciano la tradizione con sentori asiatici, ed il panorama non lascia certo indifferenti: si parla di Piano35, il nuovo ristorante gourmet “più alto d'Italia” che ha inaugurato lo scorso 28 giugno.

Un locale raffinato ed essenziale situato, appunto, al 35esimo piano del Grattacielo di San Paolo Intesa di Torino, la torre di Cristallo disegnata dall'architetto Renzo Piano, a ben 166 metri di altezza. A curare e studiare ogni aspetto culinario è lo chef Ivan Milani, affiancato dal maître Adalberto Robbio, che si occuperà di elaborare tre proposte di menù d'eccellenza realizzati con prodotti tipici del territorio esaltati da tocchi di stile e culture gastronomiche diverse.

Ivan Milani

Questo significa che si potrà trovare il piccione al pescato, le capesante e lo sgombro arricchiti con erbe spontanee, radici, molluschi e, addirittura, licheni rari e insoliti. Non a caso, il consulente per lo studio di sapori nuovi e provenienti da ecosistemi controllati è Wood*ing – wild food lab, un laboratorio di ricerca su raccolta, conservazione e utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione umana. La selezione ha toccato 9mila prodotti delle Alpi e della Sardegna, regione da cui provengono le alghe e gli alimenti di mare.

piano 35

L'eccellenza in cucina viene completata da una cantina composta da circa 300 etichette tra le migliori italiane e non solo.

«Il nostro desiderio - spiega lo chef Milani - è quello di far vivere al pubblico un’esperienza unica, così che si possa ricordare non solo quello che ha provato, ma anche come è stato accolto e come si è sentito. Dopo diversi anni lontano da Torino, la mia città, volevo tornare a vivere e lavorare qui e mi sono innamorato di questa location».

Emozioni sensoriali quindi, gustative ma anche visive, perché Piano35 propone solo sessanta coperti, tavoli tondi e quadrati color avorio, avvolti dalla trasparenza delle vetrate del grattacielo che offrono una vista veramente unica sulla città di Torino, le sue colline, i meravigliosi monumenti e la lingua d'acqua del fiume Po che attraversa il tessuto cittadino, il tutto ulteriormente esaltato con le luci della sera. Insomma, uno spettacolo che conquista, tanto che lo chef ha già annunciato il lancio di nuovi piatti ispirati al grattacielo.

Ristorante Pianon 35

Oltre al ristorante gourmet Piano35, il «sistema gastronomico» del grattacielo prevede un raffinato lounge bar al 37° piano, vero e proprio regno del bartender Mirko Turconi e la caffetteria snack Chiccotosto a piano terra, a sud della torre.

Pubblicato in Dove andiamo? Emilia

Quando decidiamo di concederci una bella cena soprattutto in totale relax a cosa diamo la priorità nella scelta del posto? Forse al luogo più vicino o alla location più suggestiva o al piacere di scoprire un menù nuovo che sia di carne, pesce o vegano? VERONICA VOLPI, sempre attenta alle nuove tendenze, può darvi qualche suggerimento ulteriore per una cena davvero speciale che unisce al piacere dei sapori e del gusto il piacere della vista tra arte e cultura. 

Di Veronica Volpi

Quando arriviamo in un qualsiasi ristorante, veniamo invasi dai profumi della cucina e dei piatti degli altri commensali, distendiamo l'orecchio al chiacchierio della gente circostante e al piacevole tintinnio delle posate nel piatto, ci rilassiamo alla morbidezza al tatto delle tovaglie e delle sedute; e se a tutto ciò non si aggiungesse un'ulteriore piacere che ci faccia sognare, fantasticare e distogliere totalmente dal "mondo di fuori"?

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E' a questa corrente di pensiero che si allaccia la nascita sempre più diffusa dei "RistorArt" in Italia: il ristorante non è più solo piacere edonico del palato, ma diventa anche esperienza edonistica della cultura, facendoci accompagnare durante i nostri pasti da vere proprie gallerie d'arte.
Non siamo più circondati da nature morte o raffigurazioni anonime prive di contenuto, ma da vere proprie opere d'arte, sculture e quadri di epoca contemporanea, le cui forme e colori spesso si miscelano in un connubio perfetto con l'architettura dei nostri piatti.

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La struttura e i colori delle portate rispecchiano le opere dell'ambiente circostante. Un'esperienza, quindi, non solo edonistica ma anche cultura e di arricchimento di noi stessi.

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CREDITS : -Tripadviser.it

Pubblicato in Cultura Emilia

Il ristorante “L’Osteria Francescana” dello chef tristellato Massimo Bottura è stato incoronato il migliore al mondo nella classifica internazionale dei "50 Best Restaurant": “Uno chef è come un artigiano, ossessionato da quello che fa e dalla qualità”.

Di Chiara Marando -

Giovedì 16 Giugno 2016 -

Ormai la notizia è sulla bocca di tutti, il Ristorante migliore al mondo è “L'Osteria Francescana” di Modena dello chef Massimo Bottura,(ben 3 stelle Michelin). L'incoronazione è avvenuta nel corso di una cerimonia svoltasi a New York. Si tratta di un vero e proprio successo anche perché è la prima volta che un locale italiano riesce a salire in vetta al "50 Best Restaurant", la classifica internazionale considerata l'Oscar della gastronomia.

Quindi primo posto per L'Osteria Francescana seguono El celler de Can Roca, Girona (Joan Roca); Eleven Madison Park, di New York (Daniel Humm); al quarto posto Central di Lima (Virgilio Martinez); poi Noma di Copenhagen (René Redzepi), Mirazur di Mentone (Mauro Colagreco); Mugaritz di San Sebastian (Andoni Luis Aduriz), Narisawa di Tokyo (Yoshihiro Narisawa), Steirereck di Vienna (Heinz Reitbauer), e infine Asador Extebarri di Axpe (Victor Arguinzoniz).

Un risultato di eccellenza che la Federazione italiana cuochi (Fic) considera un motivo di orgoglio per tutta la ristorazione nazionale.

«La nomina di Massimo in vetta ai 50 migliori ristoranti del mondo - ha dichiarato Rocco Pozzulo, presidente della Fic - era nell’aria, tutti noi lo speravamo. Come cuoco e come italiano, sono molto felice che abbia raggiunto questo importante risultato. Se lo merita senza ombra di dubbio. È un traguardo che arriva dopo tanti anni di duro lavoro e ritengo che, oltre a dare lustro alla cucina italiana a livello mondiale, possa servire anche come stimolo per i tanti giovani che si avventurano nel mondo della cucina. Il messaggio che deve essere colto è che per raggiungere questi risultati ci vuole il giusto tempo. Sicuramente sono fondamentali passione e determinazione, ma occorre saper attendere che i frutti arrivino, senza voler bruciare le tappe».

Ma qual è il segreto della cucina di Massimo Bottura?

Come lo stesso chef ha dichiarato “Un grande ristorante è formativo come un museo...la cultura è anche quello che si mangia….uno chef è prima di tutto un artigiano ossessionato da quello che fa, dalla qualità”.

E a lui questa passione e meticolosità non mancano, ma soprattutto non mancano la curiosità, la voglia di scoprire e continuare a mettersi in discussione. La sua cucina riprende gli ingredienti e le materie prime della tradizione, ne rielabora le ricette in una chiave innovativa e completamente inaspettata. La sua mente viaggia, raccoglie stimoli da altre culture e cucine, li assorbe per arrivare ad interpretarli ed arricchire i piatti di sapori nuovi che si sposano con quelli della sua terra.

Non è un caso se i suoi piatti più famosi derivano proprio dai ricordi d’infanzia, dalle merende che sua madre gli preparava e dalle ricette che le ha visto realizzare: “La parte croccante della lasagna”, ovvero la ricostruzione dell’angolo della teglie delle lasagne, quello che di solito si ruba appena uscito dal forno; “Il ricordo di un panino alla mortadella”, la merenda preparata dalla mamma, una mousse di mortadella alleggerita accompagnata da un quadrato di pane con ciccioli frolli; Tagliatelle al ragù”, che lo chef voleva riuscire a fare più buone di quelle di sua madre, preparate con vitello e manzo mantenuti in pezzettoni, niente aglio o aromi, se non due foglie di alloro e un po' di basilico, ma anche niente pomodoro così che risalti il sapore della carne.

Pubblicato in Cultura Emilia

Tutti i giorni viene sprecata una quantità enorme di cibo, ma combattere questa situazione è possibile. La chef Ada Parellada ne ha dato un significativo esempio con una serata organizzata nel suo noto ristorante di Barcellona: un menù di 10 portate gourmet preparate solo con alimenti di scarto

Di Chiara Marando -

Sabato 28 Maggio 2016 -

Tutti i giorni supermercati, panetterie, negozi di generi alimentari e pasticcerie arrivano a buttare via una quantità considerevole di prodotti che stanno per scadere o che non sono più appetibili e golosi agli occhi del consumatore. Un vero peccato per chi quel cibo lo mangerebbe ma non può permettersi di acquistarlo, una realtà di cui troppo spesso si ignora la reale portata.

Combattere gli sprechi alimentari si può, non esistono regole precise, ognuno può scegliere di farlo in un modo diverso, personalizzarlo e renderlo originale e significativo. L’idea è quella di dare un segnale importante, ma soprattutto un contributo di rilievo che faccia la differenza.

Un po' come ha fatto un ristorante conosciuto e alla moda di Barcellona, il Semproniana, che ha lanciato l’iniziativa#gastrorecup: solo per una sera, la chef Ada Parellada è riuscita a creare un menu completo e gourmet utilizzando esclusivamente prodotti e materie prime destinate ad essere buttate vie.

Una cena di recupero insomma, ad un costo più che simbolico: 4 euro, escluse le bevande.

ada parellada

Lo spunto arriva dall’osservazione della situazione che vive la Spagna dove, ogni anno, si producono 385 milioni di chili di rifiuti alimentari, ovvero una quantità che potrebbe nutrire 12 milioni di persone.

Le cifre variano di paese in paese ma rimangono altissime, è quindi urgente riuscire a porre un freno a questa situazione, allo sperpero di risorse di beni alimentari e denaro che potrebbero contribuire a salvare i milioni di persone che soffrono la fame.

Un segnale positivo in questo senso è arrivato dalla Francia, che ha approvato una legge che vieta ai supermercati e ipermercati di gettare via il cibo invenduto: si va dalla donazione, alle associazioni all'utilizzo per fini energetici, fino alla trasformazione in alimenti per animali o in compost.

E anche la Chef Ada Parellada ha voluto seguire questa scia e fare sua la lotta contro questo consumo inutile. E’ stata una serata speciale, fatta di cibo raffinato preparato con quegli alimenti non voluti dalla ristorazione e dalla grande distribuzione.

gastrorecup 1

Un menù di dieci portate, cinque primi, cinque secondi e quattro dessert, che hanno deliziato i presenti. Un evento unico nato da una ricerca attenta condotta proprio dalla chef e dal suo team che si sono prodigati in visite a mercati, supermercati ed altri alimentari per recuperare ii prodotti da buttare.

"Il nostro sistema alimentare è marcio – ha spiegato Ada alla rivista El Pais - parliamo di prodotti che non hanno più una vita utile dal punto di vista commerciale, ma che sono ottimi dal punto di vista nutrizionale. E il mio obiettivo è di dimostrare che lo sono anche organoletticamente e gastronomicamente."

Questo appuntamento ha dato il via ad un vero e proprio movimento anti-spreco che si è diffuso sui social media attraverso l'hashtag #gastrorecup: l'idea è quella di spingere altri ristoratori a fare altrettanto.

Pubblicato in Cultura Emilia

Inserire almeno un piatto equosolidale nel menu di ristoranti e trattorie modenesi. La proposta della Bottega del Sole viene presentata oggi - venerdì 13 maggio – alle 20.30 alla Lanterna di Diogene a Bomporto. 

Modena, 13 maggio 2016

La proposta è della Bottega del Sole, la cooperativa sociale di promozione del commercio equosolidale presente a Carpi e Mirandola, e viene presentata oggi - venerdì 13 maggio – alle 20.30 alla Lanterna di Diogene a Bomporto. Il locale di via Argine Panaro 20, gestito da una cooperativa sociale, propone una cena con piatti equosolidali (per prenotazioni tel. 059.801101). I commensali sono invitati a votare il piatto preferito, che sarà inserito nel menu della Lanterna di Diogene.

L'iniziativa, organizzata in collaborazione con Slow Food Modena, è finalizzata ad abbinare i prodotti tipici del territorio con quelli equosolidali e sarà ripetuta in altri ristoranti e trattorie modenesi che hanno manifestato l'interesse a inserire piatti equosolidali nei propri menu.

Ricordiamo che la Bottega del Sole commercializza i prodotti – non solo alimentari, ma anche di artigianato - realizzati secondo progetti equosolidali provenienti dal Sud del mondo, dai terreni confiscati alla criminalità organizzata, nelle carceri italiane o da cooperative sociali. La Bottega del Sole promuove dal 2000 la cultura della solidarietà internazionale, i valori della finanza etica, del consumo critico, della salvaguardia dell'ambiente e della salute, favorendo l'emancipazione e la valorizzazione delle persone e dei popoli più svantaggiati.
La cooperativa gestisce, con l'apporto quasi esclusivo del volontariato, due negozi dedicati al commercio equosolidale a Carpi e Mirandola. I volontari diffondono i valori del commercio equo e solidale raccontando, con incontri nelle scuole e serate rivolte alla cittadinanza, cosa c'è dietro al semplice acquisto di un prodotto.

(Fonte: ufficio stampa Confcooperative MO)

Pubblicato in Comunicati Lavoro Modena

Il Gruppo ai vertici del mercato della ristorazione collettiva si prepara al futuro e punta a sviluppare 250 milioni di euro di fatturato nei prossimi 5 anni.
Sul piatto 75 milioni di investimenti e l'obiettivo di crescere in Italia e all'estero aumentando l'attività nella ristorazione commerciale.

Reggio Emilia, 26 aprile 2016 – Dopo aver annunciato una previsione di ricavi 2016 pari a 553 milioni di euro (+3,2% rispetto al 2015), il Gruppo CIR food ha dato il via ad un piano industriale quinquennale che punta non soltanto all'aumento di fatturato, ma anche a rafforzare la propria leadership nel settore con una proposta di rinnovamento dei servizi di ristorazione incentrato sul valore del cibo e sull'innovazione.
L'obiettivo economico fissato entro il 2020 è di raggiungere quota 800 milioni di euro di ricavi, sviluppando 100 milioni dalla ristorazione collettiva e buoni pasto, 60 milioni dalla ristorazione commerciale, 70 milioni dall'internazionalizzazione, 20 milioni dalla diversificazione dei servizi. A tal fine CIR food prevede nell'arco di 5 anni investimenti per 75 milioni di euro, che si aggiungono ai 75 nella gestione ordinaria, una media di 15 milioni di investimenti l'anno in attrezzature, immobili, informatica.

Per raggiungere questi risultati, il Gruppo ha creato lo scorso anno un team di analisi interna per definire le tappe della crescita. Punti di partenza sono l'esperienza trentennale nel mettere a tavola grandi comunità, che ha conferito a CIR food un'identità riconosciuta nel settore, e lo sviluppo costante degli ultimi 10 anni. Oggi l'impresa è una realtà di primaria importanza nel mercato della ristorazione, in particolare nella collettiva appaltata da cui proviene il 73,6% dei ricavi attuali e dove detiene l'8% di quota di mercato. Si tratta di un comparto pressoché fermo, in cui le prime quattro aziende coprono il 34,2% del mercato e che ha fatto registrare lo scorso anno soltanto l'aumento dei pasti a +1,1% (Dati Cerved-Databank 2015).

Analizzando diversi fattori, fra cui la centralizzazione delle stazioni appaltanti e la contrazione dei costi del servizio, CIR food punta a crescere in questo mercato con innovazioni mirate, come la personalizzazione del servizio e la semplificazione dei processi attraverso la digitalizzazione. Ad esempio il Gruppo, che già dispone di piattaforme online di logistica integrata per la distribuzione delle materie prime e la prenotazione dei pasti, sta mettendo a punto applicazioni web per la ristorazione scolastica e aziendale, mentre è già in fase avanzata la distribuzione in formato elettronico dei buoni pasto. Non soltanto la tecnologia sarà importante per raggiungere l'obiettivo di crescita al 2020, ma anche la tutela degli standard qualitativi nelle mense pubbliche, dove CIR food punta a rendere accessibile a tutta la comunità il piacere e la qualità della nutrizione, frutto di un lavoro che dia dignità alle persone.

A fronte della situazione del mercato della collettiva, l'obiettivo di CIR food è di aumentare l'attività nella ristorazione commerciale, oggi pari al 12,2% del fatturato, fino a raddoppiare nel 2020 i ricavi provenienti da questo settore, dove si intravedono maggiori potenzialità per il lancio di nuovi modelli ristorativi, ispirati a quanto sperimentato a Expo 2015. Lo sviluppo riguarderà soprattutto la ristorazione organizzata in aree con flussi importanti, come centri commerciali, ospedali, centri urbani di grandi dimensioni, musei, distretti industriali.

Forte impulso avrà anche lo sviluppo all'estero, dove oggi CIR food è presente con i propri servizi di ristorazione collettiva e commerciale in Belgio, dove gestisce una rete di asili per 300 bambini figli dei funzionari delle Istituzioni Europee. L'obiettivo al 2020 è di esportare il modello di ristorazione made in Italy in alcuni Paesi europei, a partire dai Paesi Bassi (Olanda e Belgio), Spagna e Austria.
Infine, se gli obiettivi al 2020 sono focalizzati sul core business della ristorazione fuori casa di qualità al giusto prezzo, CIR food punta nei prossimi 5 anni anche alla diversificazione dei servizi in un'ottica di integrazione rispetto a quelli ristorativi. Alcuni esempi sono il trasporto scolastico, i servizi alla persona per anziani e bambini, la cura delle aree verdi, i servizi di portierato e reception.

Il Gruppo ai vertici del mercato della ristorazione collettiva si prepara al futuro e punta a sviluppare 250 milioni di euro di fatturato nei prossimi 5 anni.
Sul piatto 75 milioni di investimenti e l'obiettivo di crescere in Italia e all'estero aumentando l'attività nella ristorazione commerciale.

Reggio Emilia, 26 aprile 2016 – Dopo aver annunciato una previsione di ricavi 2016 pari a 553 milioni di euro (+3,2% rispetto al 2015), il Gruppo CIR food ha dato il via ad un piano industriale quinquennale che punta non soltanto all'aumento di fatturato, ma anche a rafforzare la propria leadership nel settore con una proposta di rinnovamento dei servizi di ristorazione incentrato sul valore del cibo e sull'innovazione.
L'obiettivo economico fissato entro il 2020 è di raggiungere quota 800 milioni di euro di ricavi, sviluppando 100 milioni dalla ristorazione collettiva e buoni pasto, 60 milioni dalla ristorazione commerciale, 70 milioni dall'internazionalizzazione, 20 milioni dalla diversificazione dei servizi. A tal fine CIR food prevede nell'arco di 5 anni investimenti per 75 milioni di euro, che si aggiungono ai 75 nella gestione ordinaria, una media di 15 milioni di investimenti l'anno in attrezzature, immobili, informatica.

Per raggiungere questi risultati, il Gruppo ha creato lo scorso anno un team di analisi interna per definire le tappe della crescita. Punti di partenza sono l'esperienza trentennale nel mettere a tavola grandi comunità, che ha conferito a CIR food un'identità riconosciuta nel settore, e lo sviluppo costante degli ultimi 10 anni. Oggi l'impresa è una realtà di primaria importanza nel mercato della ristorazione, in particolare nella collettiva appaltata da cui proviene il 73,6% dei ricavi attuali e dove detiene l'8% di quota di mercato. Si tratta di un comparto pressoché fermo, in cui le prime quattro aziende coprono il 34,2% del mercato e che ha fatto registrare lo scorso anno soltanto l'aumento dei pasti a +1,1% (Dati Cerved-Databank 2015).

Analizzando diversi fattori, fra cui la centralizzazione delle stazioni appaltanti e la contrazione dei costi del servizio, CIR food punta a crescere in questo mercato con innovazioni mirate, come la personalizzazione del servizio e la semplificazione dei processi attraverso la digitalizzazione. Ad esempio il Gruppo, che già dispone di piattaforme online di logistica integrata per la distribuzione delle materie prime e la prenotazione dei pasti, sta mettendo a punto applicazioni web per la ristorazione scolastica e aziendale, mentre è già in fase avanzata la distribuzione in formato elettronico dei buoni pasto. Non soltanto la tecnologia sarà importante per raggiungere l'obiettivo di crescita al 2020, ma anche la tutela degli standard qualitativi nelle mense pubbliche, dove CIR food punta a rendere accessibile a tutta la comunità il piacere e la qualità della nutrizione, frutto di un lavoro che dia dignità alle persone.

A fronte della situazione del mercato della collettiva, l'obiettivo di CIR food è di aumentare l'attività nella ristorazione commerciale, oggi pari al 12,2% del fatturato, fino a raddoppiare nel 2020 i ricavi provenienti da questo settore, dove si intravedono maggiori potenzialità per il lancio di nuovi modelli ristorativi, ispirati a quanto sperimentato a Expo 2015. Lo sviluppo riguarderà soprattutto la ristorazione organizzata in aree con flussi importanti, come centri commerciali, ospedali, centri urbani di grandi dimensioni, musei, distretti industriali.

Forte impulso avrà anche lo sviluppo all'estero, dove oggi CIR food è presente con i propri servizi di ristorazione collettiva e commerciale in Belgio, dove gestisce una rete di asili per 300 bambini figli dei funzionari delle Istituzioni Europee. L'obiettivo al 2020 è di esportare il modello di ristorazione made in Italy in alcuni Paesi europei, a partire dai Paesi Bassi (Olanda e Belgio), Spagna e Austria.
Infine, se gli obiettivi al 2020 sono focalizzati sul core business della ristorazione fuori casa di qualità al giusto prezzo, CIR food punta nei prossimi 5 anni anche alla diversificazione dei servizi in un'ottica di integrazione rispetto a quelli ristorativi. Alcuni esempi sono il trasporto scolastico, i servizi alla persona per anziani e bambini, la cura delle aree verdi, i servizi di portierato e reception.

Appena fuori Reggio Emilia, immerso nella campagna, sorge il ristorante “Amici del Rifugio Crucolo” un angolo dal sapore altoatesino che si caratterizza per il suo gemellaggio con una struttura omonima valdostana e la particolarità del menù a base di piatti trentini.

Di Chiara Marando -

Sabato 16 Aprile 2016 -

Inutile negarlo, una delle più grandi soddisfazioni quando si trascorre un po' di tempo sulle splendide montagne del Trentino è quella di concludere la giornata, o una bella escursione, con un gustoso piatto tipico. Chi non può farne a meno lo sa bene, impossibile resistere a canederli, crauti e stinco.

E se vi dicessi che non bisogna necessariamente aspettare una vacanza tra i monti per godersi i sapori altoatesini?

Già, perché in provincia di Reggio Emilia esiste un locale che ripropone non solo un menù di specialità montanare, ma anche un ambiente squisitamente rustico stile rifugio: Amici del Rifugio Crucolo. La sua storia inizia da una sinergia vincente, quella tra due famiglie unite da un'amicizia lunga 25 anni e dalla passione per le cose buone. Loro sono i Purin della Valsugana, che gestiscono il Rifugio Crucolo, ed i Guglielmi di Reggio Emilia, che 15 anni fa hanno aperto il loro ristorante in terra emiliana.

L'idea da cui tutto parte è la volontà di far sentire il cliente come a casa, avvolto da un'atmosfera rilassante che richiama in tutto e per tutto quella trentina-altoatesina, con deliziosi arredi in legno, la classica Stube in maiolica, ma anche i costumi tradizionali indossati da chi serve al tavolo. La cucina è il regno di Deanna che si destreggia ai fornelli insieme al figlio Tiziano, mentre in sala ci sono papà Maurizio e l'altro figlio Marcello.

amici del rifugio crucolo

La verità è che si rimane subito colpiti non solo dalla location, che profuma di bosco, camino e spensieratezza, ma anche e soprattutto dalle deliziose portate che vengono proposte.

amici del rifugio crucolo 3-horz

Spazierete da antipasti stuzzicanti che apriranno la strada a primi corposi come i Canederli su un letto di formaggio delicato, le pappardelle con ragù di selvaggina e gli impronunciabili Sclutzkrafen, per poi continuare con il trionfo della carne: Stinco di maiale con patate, Costolette di agnello oppure Medaglioni di Cervo.

amici del rifugio crucolo 4-horz

Ovviamente, per concludere il pasto, non possono mancare lo Strudel – il consiglio è di assaggiarlo perché preparato con una morbida pasta frolla ed un ripieno generoso e profumato – e la Sacher Torte.

rifugio 3-horz

La vera chicca è il cestino del pane, rigorosamente di produzione propria, con interessanti varianti quali il pane ai fichi, quello di segale, il più semplice bianco, e il bretzel servito caldo. Notevole anche la carta dei vini, con etichette del territorio trentino e qualche birra artigianale – due per la precisione – che ben si sposano con la sapidità dei piatti. Non a caso, uno dei particolari che accomuna gli “Amici del Rifugio Crucolo” con il ristorante in Valsugana è il rito della "visita in Cantina".

amici del rifugio crucolo 1

In cosa consiste? Semplice, a fine serata il padrone di casa Maurizio vi accompagnerà in cantina per un'immersione nei prodotti tipici trentini, ma soprattutto per offrirvi un digestivo a base di grappe bianche e aromatizzate, nonché di liquori trentini.

Un ultimo particolare: non dimenticatevi di prenotare, in tanti avranno la vostra stessa idea!

 

Amici del Rifugio Crucolo

Via Gattalupa sud, 88

42122 Gavasseto (Reggio Emilia)

Tel: 0522-552103 Cell: 3465880623

www.amicidelcrucolo.it

Pubblicato in Dove andiamo? Emilia

A Rodano, in provincia di Milano, c’è un ristorante molto particolare: un treno inglese del ‘900 parcheggiato sui binari in mezzo a un parco, che promette un viaggio gastronomico alla scoperta di tradizioni nazionali e internazionali. Salite a bordo ed immergetevi in un’atmosfera da Orient Express.

Di Chiara Marando -

Sabato 12 Marzo 2016 -

Pronti per immergervi in un’atmosfera da giallo di Agatha Christie a bordo dell’ormai mitico Orient Express?

No, non sto parlando di un nuovo film ma di un ristorante. Esatto, proprio di un ristorante! Lo trovate parcheggiato sui binari a Rodano, in provincia di Milano (zona Segrate), al centro di un accogliente parco cittadino.

Già, sui binari, perché il ristorante in questione è qualcosa di più di un semplice luogo dove fermarsi a mangiare, è un vero e proprio bistrot nascosto in un treno inglese del ‘900. Al suo interno ancora gli arredi originali di un tempo: dai tavoli al bancone del bar, tutto richiama il fascino di quell’epoca

Si chiama “FuoriBinario” e a gestirlo è Monica Sartoni Cesari, chef, giornalista e insegnante dei corsi di cucina Sale&Pepe. Animo emiliano contagioso, in materia di cucina nazionale e internazionale Monica ha veramente tanto da dire, un curriculum da fare invidia ma soprattutto una grande capacità di proporre piatti che rivisitano e reiventano la tradizione, regalando viaggi gastronomici ed esperienze gustative estremamente particolari.

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Al “FuoriBinario” poi si può mangiare in qualsiasi momento, pranzi e cene ma anche aperitivi e finger food stuzzicanti, il tutto rigorosamente gourmet e ricercato, ma senza esagerare. Il giovedì e il venerdì sono le due serate a tema dedicate ai grandi piatti tipici italiani ed alla cucina etnica.

Insomma, un “treno dei desideri gastronomici”, come ama definirlo Monica, un ristorante dove poter deliziare il palato e provare nuovi sapori riscoprendo ingredienti e preparazioni originali, ricette di altri paesi e culture differenti.

E non pensate che per una sosta golosa sia necessario dare fondo al portafoglio, perché, da buona emiliana, la padrona della casa ci tiene a precisare “Non è vero che per mangiare al top si debbano spendere cifre astronomiche ed entrare timidamente in punta di forchetta, come nei grandi templi della gastronomia. Da noi si può trovare un ambiente informale e con un eccellente rapporto qualità/prezzo, ma soprattutto una cucina con ingredienti di altissima qualità, farcita di conoscenza, amore e fantasia”.

fuoribinario particolare tavolo 21

Il menù spazia da antipasti come il Carpaccio di Prosciutto di Parma con salsa tiepida al balsamico di Modena IGP e pinoli, Quartetto di samosas e dim sum croccanti con le loro salse e chutney oppure Rolls di salmome ripieni con salsa teriyaki. Ed ancora primi piatti tra cui i Tagliolini in nero con ragù di calamari, seppie e pomodorini confit fatti in casa, Pappardelle con sugo di salsiccia a coltello piccantino e Orecchiette integrali con sugo di polpettine. Per i secondi, Tempura di gamberi in panko con salsa teriyaki e sesamo ed ancora Costine laccate cotte a bassa temperatura.

Ma questi, ovviamente, sono solo alcuni golosi esempi di ciò che potrete scegliere tra le tante varianti che seguono la fantasia dello chef.

Sapori per tutti i palati significa anche che tra le proposte del menù sono presenti piatti vegetariani, vegani oppure a basso contenuto calorico per chi deve stare attento alla linea ma senza sacrificare il gusto e mortificare lo spirito.

 

Ristorante FuoriBinario

Via Filippo Turati, Rodano (Milano)
Tel.   380 7521812 -335 7768211

Pubblicato in Dove andiamo? Emilia

Trieste, crocevia di culture e tradizioni: ecco un piccolo excursus alla scoperta delle bontà enogastronomiche che questa città ha da offrire, un mix di influenze austro-ungariche, ebraiche, slave e orientali.

Di Chiara Marando –

Sabato 05 Marzo 2016 - (Photo by Chiara Marando)

Trieste, città di confine, crocevia di culture e tradizioni che si riflettono nella quotidianità di un luogo troppo spesso considerato poco ospitale. La realtà però è diversa, se si presta attenzione e si pazienta solo un attimo -  giusto il tempo di ambientarsi un po’ - si può scoprire la Trieste più vera ed ospitale. Il poeta Umberto Saba la definì  “una scontrosa grazia” ma come lui, anche autori del calibro di James Joyce, Stendhal e Italo Svevo ne rimasero affascinati ed ispirati

Ed infatti basta veramente poco per entrare in contatto con il carattere triestino, anche solo fermarsi per una pausa golosa in uno dei tanti caffè storici dove, ancora oggi, si incontrano artisti e scrittori. Una sosta obbligata oserei dire, come nel caso del Caffè San Marco, del Caffè degli Specchi in Piazza dell’Unità,  o del Caffè Tommaseo del 1830, il più antico della città.

Proprio partendo da queste piccole pause inizia quello che possiamo considerare un breve excursus della cultura enogastronomica che caratterizza Trieste. Già, perché le bellezze architettoniche e paesaggistiche che offre sono dei veri regali per gli occhi, ma anche la tradizione culinaria merita una menzione particolare. Una cucina che rispecchia in tutto e per tutto le influenze austro-ungariche, ebraiche, slave e orientali di un tempo e si rifà ai sapori intensi di ricette antiche. Qui si può scegliere di mangiare sia carne che pesce con la consapevolezza di cadere in piedi, certo si deve aver voglia di sperimentare.

Piazza dellUnità Trieste ph. Chiara Marando

Ci sono i piatti tipici, quelli che valgono più di un assaggio. Sto parlando del prosciutto in crosta, meglio noto come il “Cotto Caldo”, servito solitamente con crauti,  kren o rafano, ma anche le salsicce di Vienna , gli Gnocchi di pane, uova e prosciutto ed il goulash. Tra i dolci lo strudel di mele, la Putizza, un dolce ripieno di frutta secca, i Kipfel di patate e le favette, a base di mandole bianche pelate.

Caffè degli Specchi ph. Chiara Marando

Tanti sono i ristoranti dove poter gustare queste delizie ma ce ne sono due che vorrei consigliarvi: il Bagutta Triestino e da Pepi S’ciavo, o Buffet da Pepi per semplificare.

Cominciamo da Bagutta Triestino, un vero e proprio punto di riferimento per gli amanti della cucina triestina, quella a base di primi piatti corposi e di secondi  nei quali la carne fa da padrona. Che sia per un pranzo o per una cena, concedetevi un momento in più e provate il fritto alla triestina, un mix tra carne, verdura e pesce racchiuso da una croccante pastella, ma anche la strepitosa Jota, la zuppa tradizionale a base di crauti, faglioli e salsiccia. Non saranno solo le portate a conquistarvi, anche il locale riuscirà a trasmettere la sensazione di un’atmosfera rustica e conviviale.

jota triestina ph.Chiara Marando 2

Se invece desiderate un pasto a base di bolliti, Pepi S’ciavo è la risposta per voi. Non vi aspettate grandi apparecchiate o servizi eleganti, ma godetevi il piacere di un piatto di carne mista con delizie quali Porcina, Zampone, Lingua e salsicce ungheresi, il tutto accompagnato dall’immancabile senape, dal kren grattugiato, dai crauti e da buonissime patate. E se siete di fretta, via di panino con i bolliti.

Per innaffiare, i vini della zona sono l’ideale: il Cabernet Sauvignon, il Carso Malvasia, il Carso Vitovska e il Terrano, quest’ultimo per i più temerari.

 

Bagutta Triestino

ia Giosuè Carducci, 33

34122 Trieste

Tel. 040 349 0074

 

Pepi S’ciavo

Via della Cassa di Risparmio, 3

34121 Trieste

Tel. 040 366858

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