Il gruppo, nato su Facebook, conta migliaia di iscritte che chiedono al Governo la possibilità di andare in pensione a 57 anni di età e 35 di contributi anche dopo la fine del 2015 per conciliare famiglia e lavoro. Stilato un "manifesto" in cinque punti con le richieste, che sono state mandate anche al Presidente della Repubblica Mattarella e al Ministro del Lavoro Poletti.
MODENA- Si chiama "Opzione Donna Proroga al 2018" ed è un gruppo nato su Facebook lo scorso luglio, ma che conta già diverse migliaia di iscritte, di cui molte emiliane.
Creato da Germana Giani, a cui si sono aggiunte la amministratrici Vania Barboni, Giulia Molinaro e Maria Antonietta Ferro il gruppo, che ha già all'attivo diverse iniziative e manifestazioni in tutta Italia, chiede, a nome di tutte le iscritte "che il Governo dia alle donne lavoratrici la possibilità di andare in pensione a 57 anni di età e con 35 anni di contributi anche dopo la fine del 2015", spiega Maria Antonietta Ferro.
In poco tempo sono state raccolte migliaia di adesioni, tanto da attirare l'attenzione di media . Nel gruppo oltre alle lavoratrici dipendenti, si ritrovano anche molte lavoratrici autonome, per le quali la richiesta, al passo con la sperimentazione 243/2004, è di poter andare in pensione a 58 anni di età e sempre con 35 anni di contributi alle spalle, oltre la soglia del 2015.
Opzione donna 2018 ha messo nero su bianco un programma di 5 punti, riuniti in una sorta di "manifesto", che è stato inoltrato, nei mesi scorsi, alla Commissione Parlamentare del Lavoro proprio allo scopo di spiegare nel dettaglio le ragioni delle lavoratrici. Questi 5 punti sono anche il leit motiv delle numerose manifestazioni e iniziative che, portate avanti e sostenute con garbata tenacia, non sono passate inosservate nemmeno da parte delle istituzioni governative.
Le richieste prendono le mosse dalla legge Maroni 243/2004, ritenuta da molte lavoratrici positiva perché, come sostengono le iscritte, "ha permesso di poter conciliare famiglia e mondo del lavoro".
Come scrivono le stesse sostenitrici della legge, e come già riportato da www.stamptoscana.it", in Italia le donne ancora oggi rivestono un ruolo di caregiver e rappresentano l'unico ammortizzatore sociale in un welfare pressoché inesistente". Ecco che, allora,"potersi dedicare a nipoti, familiari disabili, genitori anziani, uscendo anticipatamente dal lavoro con la certezza di un reddito fisso, è divenuta un'esigenza. A 57/58 anni diviene difficile poter continuare a svolgere bene entrambe le mansioni dentro e fuori casa. L'opzione donna sarebbe dunque l'unica ancora di salvezza per le lavoratrici che sono in queste situazioni particolari o hanno esse stesse problemi di salute".
Altro argomento "forte" delle lavoratrici, riguarda la sostenibilità sociale delle stesse. Infatti, la proroga del regime sperimentale fino al 31/12/2018 consentirebbe a chi non ha più un lavoro certo di non dover divenire un peso per la società. Concedendo una pensione a 57 anni, peraltro ampiamente guadagnata e sostenuta dai 35 anni di contributi, ci si troverebbe a non dover ricorrere a eventuali sussidi di disoccupazione o ammortizzatori sociali. Senza contare poi che allo Stato, nel lungo periodo, conviene pure: infatti, andrebbe incontro a notevoli risparmi dal momento che l'assegno verrebbe calcolato col sistema contributivo.
Che dire poi del ricambio generazionale? La disoccupazione giovanile è alle stelle, ma non si "liberano" posti mandando in pensione i "vecchi" lavoratori. Se davvero si vuole il turnover tra anziani e giovani, la scelta dovrebbe essere dettata dal semplice buonsenso.
Il punto più importante, riguarda la libertà di scelta. L'opzione deve rimanere tale. Intesa ,cioè, come libertà di scelta sulla propria vita e sul proprio futuro. Sono molte, infatti, le donne, che rinuncerebbero a una quota importante dell'assegno mensile, pur di accedere alla pensione anticipata, senza per questo ledere il diritto sacrosanto di altre lavoratrici di scegliere altrimenti.
Sulla base dei "5 punti" sono state inviate due lettere, rispettivamente al Presidente della Repubblica Mattarella sia al Ministro del Lavoro Poletti.
E proprio al Ministero del Lavoro, all'inizio di ottobre, una delegazione formata da due amministratrici e un' iscritta ha incontrato due esponenti dello staff del Ministro Poletti. In quell'occasione, sono state date loro rassicurazioni generiche sul fatto che le proposte verranno prese in considerazione.
Come si legge in alcune note del gruppo, mettere mano alle pensioni non è una semplice questione contabile o finanziaria, perché "ad andarci di mezzo" è la vita vera, quella più gelosa e intima delle persone, tra l'altro in periodi dell'esistenza in cui si comincia a essere più "indifesi".
Ma se "non ci sono le risorse?". "Obiezione classica, sospirano le donne, "Ecco il suggerimento: una seria spending review, che ad esempio dimezzi radicalmente i costi della politica. Dal canto nostro, ecco la proposta che ci sentiamo di fare: si eliminino le trattenute previdenziali dai nostri stipendi e si lasci a noi la scelta di come investire sulla nostra previdenza".
Capaci e determinate, le donne sono ben decise a "non farsi prendere in giro". Ciò cui si riferiscono sarebbe l'ipotesi, circolata da qualche tempo, che riguarderebbe l'innalzamento dell'età minima di Opzione donna a 62 anni e 35 di contributi. Due enormi iniquità, secondo il Gruppo, come scrivono al ministro Poletti, "che andrebbero ad aggiungersi alle già tante e vistose che si sono accumulate negli anni sul nostro sistema pensionistico, come dichiarato dal Prof. Boeri all'atto del suo insediamento alla Presidenza dell'Inps".
La prima obiezione riguarda la "totale assenza di gradualità tra l'Opzione Donna 57+35 e quella ventilata 62+35. Un baratro di ben 5 anni che andrebbero a sperequare le donne nate magari a distanza di pochi giorni una dall'altra". Inoltre, se si alzasse l'età a 62 anni, che ne sarebbe del principio fondante di Opzione donna (occuparsi di genitori anziani e nipotini)? Le ragioni anagrafiche ne farebbe giustizia
La seconda obiezione: se l'ipotesi avanzata contenesse (come sembrerebbe) la "rigidità dell'Opzione 62+35", si avrebbero alcune donne in pensione anticipata con 35 anni di contributi, ma molte altre che, a 62 anni, supererebbero abbondantemente i 40.
La campagna di Opzione Donna 2018 continua. In alcuni video e fotografie pubblicate sui social, molte delle iscritte ci hanno letteralmente "messo la faccia", raccontando le loro storie. Inoltre, sono stati istituiti presidi davanti alle Prefetture di tutta Italia a sostegno delle loro ragioni. E in attesa di una risposta dal Presidente Mattarella, sono in calendario altre iniziative, tra cui una gentile, ma fermissima, manifestazione a Roma.