Questo è quanto sarebbe accaduto nel primo pomeriggio di ieri presso gli Istituti Penali di Parma: un detenuto italiano appartenente al circuito dell'Alta Sicurezza, durante il colloquio visivo con i familiari, si sarebbe avventato contro il personale addetto alla vigilanza ed osservazione dei colloqui visivi, per cause in corso di accertamento.
A renderlo noto è Antonio Fellone, Segretario Nazionale del Si.N.A.P.Pe che, con un comunicato stampa dai toni allarmati, racconta l’accaduto, sottolineando come gli eventi critici presso l'Istituto ducale stiano aumentando in maniera esponenziale.
“Entrambi i Poliziotti sono stati accompagnati presso il P.S. del nosocomio cittadino, ove si stanno sottoponendo alle cure del caso, nonché agli esami strumentali necessari” – commenta Fellone.
“Siamo in attesa di conoscere l'esatta dinamica dei fatti - continua Fellone - nonché le ragioni che avrebbero portato il detenuto ad aggredire i due colleghi, ma la cosa che va da subito evidenziata è come tali episodi stiano diventando sempre più frequenti negli Istituti della regione”.
“Oltre a chiedere l’immediato trasferimento del detenuto coinvolto nell'evento critico, ai sensi della circolare GDAP 10/10/2018.0316870.U del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, – chiosa Fellone – riteniamo sia necessario adottare i dovuti provvedimenti a salvaguardia del personale di Polizia Penitenziaria impiegato presso un istituto tanto complesso quanto peculiare, a cominciare da un immediato adeguamento dell'organico, carente in ogni ruolo”.
Il sindacato Si.N.A.P.Pe. terrà informati degli sviluppi in merito al grave episodio riportato.
Comune, Istituto Penitenziario di Parma, Università e Progetti&Teatro in sinergia per raggiungere nuovi traguardi. L'8 e 9 novembre presso L'Istituto Penitenziario di Parma, vanno in scena le repliche dello spettacolo "Tito Andronico" che vede la partecipazione di otto detenuti/attori, che hanno svolto il laboratorio teatrale che vede il sostegno dagli assessorati al Welfare e alla Cultura del Comune di Parma e condotto da Carlo Ferrari e Franca Tragni di Progetti&Teatro.
(Foto di Francesca Bocchia)
"Una tragedia dopo l'altra" è il titolo dello spettacolo con protagonisti i detenuti del carcere di Parma. Si tratta dell'esito di un laboratorio condotto da Franca Tragni e Carlo Ferrari in occasione dei 400 anni dalla morte di Shakespeare. Sostenuto dall'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Parma, l'iniziativa è inserita nel Festival internazionale della Storia. Ai detenuti, per la prima volta, è stato consegnato un attestato di partecipazione.
Parma, 9 novembre 2016
Il teatro in carcere a portare vita. Lo spettacolo "Una tragedia dopo l'altra" con brani-assaggi tratti da William Shakespeare, è andato in scena ieri, martedì 8 novembre, all'interno dell'istituto penitenziario di Parma. Protagonisti i detenuti che hanno preso parte al laboratorio teatrale condotto dagli attori e registi Franca Tragni e Carlo Ferrari.
All'iniziativa erano presenti l'Assessore alle Politiche Sociali, Laura Rossi e Carlo Berdini, direttore degli Istituti Penitenziari. Alla consegna degli attestati di partecipazione al laboratorio ai detenuti, l'Assessora Rossi ha detto: "Questo spettacolo è stato aperto alla cittadinanza: per il prossimo auspichiamo che siano i detenuti a portare lo spettacolo fuori". Da oltre dieci anni l'Assessorato Politiche Sociali del Comune di Parma sostiene il laboratorio teatrale a favore dei detenuti; l'iniziativa è inserita in un programma volto al miglioramento della qualità della vita detentiva.
Lo spettacolo ha come filo conduttore le tragedie di Shakespeare: i detenuti hanno preso spunto da numerose tragedie del poeta per riflettere sulla loro condizione e i loro vissuti. Nello spettacolo sono inseriti anche dei pezzi scritti da loro. Franca Tragni e Carlo Ferrari hanno deciso d'impostare il lavoro sulle tragedie del poeta inglese per i 400 anni dalla sua morte.
Lo spettacolo si è aperto con i detenuti che camminavano come fossero nei camminamenti dell'ora d'aria. "Vivere per morire o morire per vivere", "Ritrovare una nuova libertà" alcune delle frasi pronunciate. Alla fine uno dei detenuti ha sottolineato la gioia provata nell'occasione: "Non sapete che gioia proviamo oggi perché oggi ci sentiamo parte della città".
Il laboratorio, gestito dall'associazione culturale Progetti&Teatro, ha previsto un incontro settimanale da novembre a maggio e ha visto la partecipazione di una decina di detenuti. Negli ultimi anni vi hanno preso parte detenuti del circuito dell'alta sicurezza e/o detenuti affetti da problematiche psichiatriche. L'esito finale del laboratorio è stato destinato ad altri detenuti. Per la prima volta, quest'anno, una replica dello spettacolo è stato aperto alla cittadinanza. La replica era inserita tra le iniziative del Festival della Storia che si svolge a Parma fra ottobre e novembre.
(Fonte: ufficio stampa Comune di Parma)
Secondo la ditta appaltatrice il disguido sarebbe dovuto a "incapacità/involontà del carcere a sfiatare i termosifoni posti in ogni stanza e non oggetto di manutenzione a carico della nostra società". Sulla diatriba a farne le spese sono gli ospiti della struttura penitenziaria di Reggio Emilia e soprattutto quelli malati.
di LGC Reggio Emilia, 06 dicembre 2015 -
A fare scattare l'allarme sulla questione del freddo all'interno del carcere di Reggio Emilia era stata la stesso garante delle persone private della libertà della Regione, Desi Bruno, che nella giornata del 26 novembre aveva visitato la struttura penitenziaria di Reggio Emilia insieme al direttore, Paolo Madonna e alla comandante della Polizia Penitenziaria Manon Giannelli, dove aveva anche effettuato diversi colloqui con i detenuti.
A seguito del sopralluogo la figura di garanzia dell'Assemblea Legislativa aveva riferito che "le persone gravemente malate sono costrette a coprirsi con più coperte", "in alcuni spazi detentivi il funzionamento dell'impianto di riscaldamento risulta del tutto inattivo" e infine "non c'è acqua calda all'interno delle camere di pernottamento, ma solo nelle docce comuni situate all'esterno".
Secondo Bruno, quindi, "già si sono configurati i profili di una detenzione caratterizzata da trattamenti inumani e degradanti". E tutto ciò accade perché, riporta la direzione del carcere, "la ditta appaltatrice della fornitura di energia termica ed elettrica che pilota l'impianto a distanza, da Vicenza, regola la temperatura dei caloriferi al minimo".
E' proprio su questo punto che la ditta appaltatrice di Vicenza si oppone rifiutando la responsabilità, anzi rilanciando al mittente l'addebito.
La ditta fa sapere infatti che "il freddo lamentato non è causato dalla "ditta di Vicenza" che gestisce al minimo il riscaldamento ma da incapacità/involontà del carcere a sfiatare i termosifoni posti in ogni stanza e non oggetto di manutenzione a carico della nostra società."
Si allunga la lista di ospiti illustri presso il carcere di massima sicurezza di Parma.
di LGC - Parma 29 dicembre 2014 --
Il carcere di Parma potrebbe essere chiamato la residenza sicura dei Boss. Dopo il capo incontrastato della mafia siciliana Totò Riina ecco arrivare, in trasferta dal carcere di Tolmezzo (UD), il presunto Boss di "Mafia Capitale", Massimo Carminati, anch'egli destinato al carcere "duro" del 41 bis, nonostante ancora alcuna condanna penda su di lui. La notizia è stata confermata all'ANSA dall'avvocato di Carminati, Giosuè Naso.
L'inchiesta Mafia Capitale, peraltro, comincia a manifestare qualche punto di debolezza. Ad oggi, oltre a decine e decine di indagati non si riesce a intravedere il colpo decisivo della magistratura contro la presunta organizzazione mafiosa capitolina. Certamente una indagine complessa e articolata ma che ancora non ha trovato il bandolo della matassa dopo i fuochi artificiali dei primi giorni di pubblicità.
Una presunzione di associazione mafiosa che comunque è servita a "schiaffare" il 41 bis a Massimo Carminati. Un articolo del regolamento carcerario fortemente restrittiva, "quasi inumano", introdotta affinché i boss non possano in alcun modo "comunicare" tra di loro e con le loro "organizzazioni".
Il 41 bis, per quanto sia una misura temporanea, è in vigore da 22 anni.
Nonostante, il carcere di massima sicurezza di Parma, sia considerato tra i più sicuri del territorio nazionale, è stato più volte violato e ancora è vivo il ricordo della fuga di due pericolosi detenuti albanesi fuggiti il 2 febbraio 2013 utilizzando il classico artificio delle lenzuola annodate.
L’incontro con il Dott. Gherado Colombo si colloca nel contesto del progetto “Etica sociale e legalità. Laboratorio narrativo” che la Coop. Sirio, in collaborazione con la Fondazione Mario Tommasini, rivolge ad un gruppo di persone detenute nelle carceri di Parma.
Parma, 3 maggio 2014 -
Il libro “Il perdono responsabile. Perché il carcere non serve a nulla”, è uno dei testi di riferimento del laboratorio condotto da Giuseppe La Pietra, responsabile dell’Area formazione della Sirio.
Il Dott. Colombo sarà a Parma martedì 6 maggio per un doppio appuntamento:
dalle ore 13:00 alle 15:00 dialogherà e si confronterà sui contenuti del suo libro con i partecipanti detenuti al progetto, in un incontro riservato, all’interno degli Istituti Penitenziari di Parma, in collaborazione con la Direzione e l’Area giuridico pedagogica.
Dalle 16:45 sarà presso l’Aula dei Filosofi della Facoltà di Giurisprudenza, in Str. Dell’Università n°12, per la presentazione pubblica del suo libro.
Qui dialogherà con la giornalista Chiara Cacciani.
L’incontro nell’Aula dei Filosofi è organizzato in collaborazione con l’Unione Degli Universitari di Parma, che insieme alla Sirio coordinano le attività universitarie di alcuni studenti detenuti universitari.
L’iniziativa è inoltre realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma.
(Fonte: ufficio stampa Sirio Cooperativa Sociale)
Alla data dell’11 aprile, i detenuti presenti erano 492 (22 le donne), di cui 293 condannati in via definitiva, 98 in attesa di primo giudizio, 187 tossicodipendenti, 30 ammessi al lavoro all’esterno (13 esterni e 17 interni), 5 in semilibertà. Ancora assai rilevante il dato relativo alla presenza di stranieri (326), la maggior parte provenienti dal Nord Africa e dall’Est Europa.
Modena, 18 aprile 2014 -
Non si registra sovraffollamento, secondo quanto certificato dalla relazione dell’Ausl di Modena, redatta a seguito della visita ispettiva del 13 gennaio. L’attuale dato relativo alle presenze risulta inferiore a quello rilevato il 13 dicembre scorso.
Nella vecchia struttura non ci sono più di due detenuti per cella ed è in atto la progressiva separazione fra imputati e condannati. Risultano essere applicate le disposizioni dipartimentali, con le sezioni detentive tutte “aperte”: i detenuti possono stare fuori dalla cella sino a 8/9 ore al giorno. Fa eccezione la sezione dei “protetti”: detenuti con differenti tipologie ma con problemi di incolumità personale, tenuti separati dagli altri. L’isolamento in cui i detenuti di questa sezione vengono a trovarsi, li ha portati a richiedere, anche nella forma di lettere collettive, di essere impiegati in attività trattamentali. La Direzione assicura che a breve verrà estesa anche a questa sezione l’apertura delle celle, non appena la composizione della sezione verrà resa omogenea, nell’ambito della ridefinizione del “circuito regionale”.
È attivo il servizio di accoglienza dei “nuovi giunti”, con spazi dedicati per le persone condotte in carcere, in attesa di effettuare uno screening sanitario prima dell’assegnazione alle sezioni detentive. Lo screening all’ingresso viene effettuato su tutti coloro hanno una detenzione superiore ai 15 giorni (con un’adesione al test del 77%, secondo il dato fornito dalla Ausl di Modena); in particolare, per quanto riguarda la scabbia viene effettuata una visita accurata della cute già durante la prima visita all’ingresso (con un’adesione al test del 100%). Sempre in linea con le indicazioni dipartimentali, è attiva la sezione per i detenuti dimittendi (con spazi dedicati alla scuola e ai corsi di formazione), dove vengono assegnate le persone in vista della scarcerazione. La forte pioggia delle settimane scorse ha comportato infiltrazioni d’acqua all’ultimo piano con la conseguente chiusura di alcune celle per inagibilità. Sono già iniziati i lavori di rifacimento del tetto, su disposizione del Provveditorato regionale.
Nel nuovo padiglione, distribuito su tre piani, sono reclusi circa 200 detenuti per reati “comuni”, con almeno una condanna definitiva, e ancora un apprezzabile periodo di detenzione da dover affrontare. I detenuti sono collocati in spazi detentivi idonei e in regola con i parametri europei (fino a 4 in stanze di 16 metri quadrati). Il controllo è garantito da un sistema di videosorveglianza esterno alla sezione, con l’intervento del personale a chiamata del detenuto, attraverso un citofono, ovvero quando se ne ravvisi l’opportunità. Al piano terra è pronta la biblioteca, predisposta in un ampio spazio previsto per le attività in comune; a breve verrà consentito ai detenuti di frequentarla. Resta ancora in via di definizione il potenziamento dell’offerta trattamentale che, secondo le indicazioni dipartimentali, dovrebbe accompagnarsi all’ampliamento dell’orario in cui è consentito restare fuori dalla cella. Permangono problematiche relative al malfunzionamento dell’impianto idraulico, che comporta l’utilizzo della doccia solo in determinate fasce orarie e per periodi di tempo limitati.
Perdurando la carenza di opportunità lavorative all’interno del carcere, la Direzione ha scelto di privilegiare l’accesso dei condannati in via definitiva e la riduzione della durata del turno di lavoro, così da conseguire una maggiore rotazione.
(rg)
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Facendo seguito a quanto verificato nel corso di ripetute visite presso gli Istituti penitenziari di Parma, Desi Bruno – Garante regionale delle persone soggette a limitazioni della libertà personale – ha inviato una lettera al Ministro della Giustizia e al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, segnalando una serie di criticità che necessitano di interventi immediati.
Parma, 14 aprile 2014 -
Scritta di concerto con il Garante dei Detenuti del Comune di Parma, Roberto Cavalieri, questa lettera richiama l’attenzione sul Centro Diagnostico e Terapeutico gestito dall’Ausl all’interno del complesso penitenziario: vi vengono assegnati i detenuti per il trattamento di patologie in fase acuta o cronica, e può ospitare al massimo 20 persone. La Garante segnala la “reiterata prassi” per cui viene inviato a Parma da tutti gli istituti di pena italiani “un numero eccessivo di detenuti affetti da gravi patologie, anche psichiche”; data la limitatezza dei posti disponibili, alcuni di questi malati finiscono collocati nelle ordinarie sezioni detentive, in ambienti inidonei.
L’eccessiva presenza di persone malate, aggiunge Desi Bruno, ha altresì comportato forti difficoltà nel sottoporre i detenuti a esami specialistici all’esterno, “e la crescente promiscuità determinata dalla convivenza di persone sane e persone malate, ha fatto registrare un netto peggioramento delle condizioni di vita complessive”. A questo proposito, la Garante afferma di aver ricevuto varie lettere collettive dai detenuti. Fra i vari fattori di rischio, nella lettera inviata dalla Garante si fa riferimento al numero di detenuti cardiopatici (circa 170 su 600 detenuti).
Quindi, la Garante si rivolge al Ministro della Giustizia e al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per sollecitare che i trasferimenti verso i Centri Diagnostici e Terapeutici vengano adottati “solo se esiste un’effettiva possibilità di presa in carico – nel breve periodo – del soggetto da pare del Centro stesso”, al contrario di quanto accade attualmente.
(rg)
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Nella Parrocchia di Bagazzano, una frazione tra Nonantola e Modena, dove da anni il Parroco, don Emanuele Mucci, accoglie persone con problemi di emarginazione sociale si è recata la Garante regionale delle persone private delle libertà personale -
Modena, 9 aprile 2014 -
Desi Bruno, Garante regionale delle persone private delle libertà personale, si è recata lunedì 7 aprile nella Parrocchia di Bagazzano, una frazione tra Nonantola e Modena, dove da anni il Parroco, don Emanuele Mucci, accoglie persone con problemi di emarginazione sociale (tossicodipendenti, alcoldipendenti, ex detenuti).
La sua proposta si basa sulla condivisione di un’autentica “comunità di vita”, all’interno di un contesto di tipo religioso: “Non importa che si tratti di cattolici, musulmani o di persone che abbracciano altri credi, si chiede però una disponibilità a sperimentare, e a condividere, un proprio percorso religioso. Vivendo in una Parrocchia, non avrebbe senso mettere sotto silenzio questa specificità”.
Comunione di tempi e di spazi, comunicazione di valori semplici vissuti nella quotidianità dei rapporti, creazione di legami affettivi ed emotivamente stimolanti: per don Emanuele, queste sono le condizioni fondamentali di qualunque percorso di reinserimento sociale. “Ho la possibilità di portare avanti un progetto a cui tengo molto, perché credo nelle risorse che possono provenire dalle persone di buona volontà di cui questo territorio, non a caso fra i primi impegnati nella resistenza partigiana, è storicamente dotato. Ma ho bisogno della collaborazione di partner istituzionali”, prosegue il Parroco di Bagazzano, sostenuto dalla Diocesi e dalla Caritas di Modena-Nonantola.
Don Emanuele ha spazi disponibili per accogliere fino a cinque persone. In un primo momento, gli ospiti vengono alloggiati in quelli della canonica per prendere un contatto diretto con l’ambiente e concordare le regole della vita in comune. A ognuno è richiesto non solo il rispetto degli orari e degli impegni personali all’interno della casa, ma anche la disponibilità a sottoporsi periodicamente a controlli che accertino l’astensione dalle bevande alcoliche e dalle sostanze stupefacenti. Se l’inserimento ha esito positivo, si ha l’ingresso in appositi mini-appartamenti, collocati a breve distanza dalla Parrocchia: qui ogni persona dispone di un proprio spazio di autonomia (ogni struttura è dotata di camera, bagno e cucina), ma la contiguità con le altre persone permette loro di condividere momenti di socialità e di abituarsi alla vita in comune in un contesto di libertà.
Fondamentale, in questo percorso, è la ricerca di opportunità di lavoro e formazione professionale, a partire dal tessuto sociale del modenese. La permanenza nelle strutture della Parrocchia di Bagazzano, infatti, è solo temporanea e ha lo scopo di aiutare le persone accolte a riacquistare senso di responsabilità, autonomia di mezzi per la sopravvivenza, senso di appartenenza a una comunità di persone.
In questo contesto, l’impegno concreto dei Comuni risulta fondamentale per predisporre una cornice amministrativa e anagrafica che consenta agli utenti di poter usufruire dei servizi collegati al possesso della residenza; Modena, Castelfranco Emilia e Nonantola hanno già manifestato il proprio interesse all’iniziativa. Imprescindibile risulta il coinvolgimento dei soggetti pubblici per il finanziamento di progetti riabilitativi/lavorativi ad hoc, specialmente per quanto riguarda le necessarie attività di sostegno psicologico individuale.
“Gli appartamenti sono già ultimati e disponibili da tempo per accogliere persone provenienti dalle strutture detentive di Castelfranco Emilia e Modena. Auspico che il progetto di don Emanuele possa concretizzarsi al più presto: le risorse messe a disposizione sui territori- sottolinea Desi Bruno- devono essere valorizzate per aiutare le persone che escono da situazioni di reclusione a ritrovare il senso della loro esistenza, reintegrarsi e a non recidivare nel reato. Questo progetto va incontro ai bisogni delle fasce deboli della popolazione e soprattutto di chi vive in situazione di totale abbandono, come nel caso degli internati di Castelfranco. Di fronte alla scarsità delle risorse dedicate a questi temi, l’iniziativa portata avanti da don Emanuele rappresenta una straordinaria opportunità e auspico che diventi patrimonio comune e fatta propria dall’apposito Comitato per l’area dell’esecuzione penale adulti”, chiudela Garante regionale a conclusione della visita a Bagazzano.
(rg)
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Il ministro: "Qui c'è l'humus giusto". Errani: "Garantire una qualità della vita migliore all'interno delle carceri" -
Bologna, 27 gennaio 2014 -
Pene scontate in una dimensione più "umana" e dignitosa, puntando anche a un maggiore reinserimento sociale dei detenuti. E', in estrema sintesi, l'obiettivo del protocollo operativo che integra un precedente documento d'intesa tra il Ministero della Giustizia e la Regione Emilia-Romagna. Il nuovo protocollo è stato siglato oggi a Bologna, in viale Aldo Moro, dal ministro Annamaria Cancellieri e dal presidente della giunta Vasco Errani.
"Sono convinta – ha dichiarato Cancellieri – che con l'Emilia-Romagna, anche attraverso questo protocollo, si possa costruire qualcosa di importante: qui c'è l'humus giusto, in termini giuridici, sociali, per portare a compimento nel nostro Paese certi processi di maturazione".
Un protocollo "che si inserisce in un percorso già in essere – ha ricordato Errani – , con il coinvolgimento di Regione ed enti locali, e che si pone un obiettivo ambizioso, non semplice ma indispensabile: garantire una qualità della vita migliore all'interno delle carceri, con un'attenzione particolare per i soggetti più fragili, e costruire percorsi di reinserimento nella società, a partire dalla formazione professionale".
Alla firma erano presenti anche Giovanni Tamburino (capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria), Roberto Mazza (Tribunale di Sorveglianza di Bologna), Pietro Buffa (provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria), e gli assessori regionali Teresa Marzocchi (Politiche sociali) e Patrizio Bianchi (Formazione professionale).
Il protocollo durerà tre anni; la realizzazione dei progetti è subordinata al co-finanziamento, fino a 1 milione di euro (circa 300mila euro l'anno), da parte della Cassa delle Ammende, mentre la previsione di impegno annuale, da parte della Regione, è di 500mila euro sul Fondo sociale europeo (per la formazione professionale dei detenuti) e di 550mila euro per le attività di carattere sociale.
Il protocollo, in sintesi
Detenuti in condizioni di particolare fragilità
All'interno delle strutture presenti sul territorio regionale, sono presenti alcune categorie di persone (con problemi di dipendenza, di disagio mentale, transessuali, autori di reato a sfondo sessuale, disabili, donne con figli minori) e altre che, per le loro caratteristiche di particolare fragilità, hanno bisogno di interventi di particolare valenza. A questo proposito i firmatari concordano sulla necessità di collaborare insieme per la ricerca di risorse umane, tecniche e finanziarie e per la sensibilizzazione di enti pubblici e privati che possano offrire un contributo qualificato nell'assistenza dei soggetti fragili detenuti.
Gli stranieri
Sono necessarie inoltre – vista l'alta incidenza di cittadini stranieri all'interno degli istituti penitenziari dell'Emilia-Romagna – misure specifiche, in particolare rispetto all'apprendimento della lingua italiana e alla mediazione culturale. I firmatari si impegnano inoltre a promuovere programmi di rimpatrio assistito e a favorirne l'accesso da parte dei detenuti che abbiano i requisiti necessari.
Formazione professionale e lavoro
La formazione professionale e l'attività lavorativa rappresentano un elemento fondamentale nell'esperienza dei detenuti, finalizzata al reinserimento sociale. La Regione e il Provveditorato dell'Amministrazione penitenziaria si impegnano a individuare periodicamente i fabbisogni di formazione professionale della popolazione carceraria, tenendo conto delle possibilità di sviluppi lavorativi. Regione e Provveditorato, infatti, nell'ambito dei comitati locali per l'esecuzione penale adulti, condividono con gli assessorati provinciali e comunali competenti l'elaborazione e l'implementazione dei periodici piani programmatici, che dovranno tenere conto della dislocazione dei plessi penitenziari idonei a gestire adeguatamente i processi formativi.
Misure alternative alla detenzione e reinserimento
I firmatari del protocollo condividono il principio secondo cui il carcere non rappresenta l'unica esperienza penale possibile, e concordano nel supportare misure alternative alla detenzione attraverso azioni orientate al reinserimento della persona ristretta nel tessuto socio-economico esterno. A questo fine c'è l'impegno a sostenere progetti e azioni finalizzate all'accoglienza del detenuto nel territorio di residenza attraverso percorsi di inserimento abitativo e orientamento al lavoro, in particolare per le persone prive di risorse economiche e familiari.
Il Provveditorato, la Regione, i singoli istituti e gli Uffici Esecuzione penale esterna che saranno individuati, in collaborazione con gli enti locali, si impegnano a sottoporre alla Cassa delle Ammende (Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria del Ministero) il co-finanziamento di progetti che possano consentire l'accesso a misure alternative in favore di coloro che, per situazione sociale, familiare ed economica, non siano nelle condizioni di essere ammessi. La Regione si impegna, anche utilizzando le reti di volontariato presenti sul territorio e già coinvolte in progetti in corso, a definire strumenti e percorsi per la realizzazione - nei tre anni successivi alla sottoscrizione del protocollo - di almeno quattro esperienze progettuali di questo tipo diffuse nel territorio.
Carceri in Emilia-Romagna: i numeri
Detenuti. Nei 12 istituti penitenziari della regione sono presenti 3.706 detenuti secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) aggiornati al 30 aprile 2013. Di questi, le donne sono il 4% e gli stranieri il 51,6%. Il 37% è in attesa di sentenza definitiva (1.373 detenuti), di cui quasi la metà in attesa del primo giudizio. Gli ingressi nel 2012 sono stati 4.011.
Sovraffollamento. Il numero dei detenuti supera di oltre 1.300 unità la capienza regolamentare delle carceri, con un tasso di affollamento pari a 154 detenuti per ogni 100 posti letto (la media europea è di 107 detenuti).
Condanne e reati. I condannati con sentenza definitiva sono 2.114 (Dap al 30 aprile 2013). I reati più diffusi sono quelli contro il patrimonio, contro la persona e contro la legge sulla droga (questi ultimi sono commessi principalmente da stranieri).
Figli. Al 31 dicembre 2012 nelle carceri della regione era presente una detenuta madre con un figlio all'interno dell'istituto.
Misure alternative. Le condanne non si scontano solo in carcere: nel 2012 sono state 1.522 le persone che hanno usufruito di misure diverse rispetto alla detenzione. Sono infatti 423 i condannati in affidamento in prova ai servizi sociali, 267 gli affidati tossicodipendenti e 444 quelli in detenzione domiciliare (misure alternative), 220 quelli in libertà vigilata (misure di sicurezza) e 168 i lavori di pubblica utilità (misure sostitutive).
Detenuti usciti per effetto della legge 199/2010. In Italia sono oltre 10mila i detenuti usciti dagli istituti penitenziari ex legge 199/2010 dall'entrata in vigore al 31 maggio 2013, di cui 696 donne e 3.077 stranieri. In regione sono 328 i detenuti usciti con questa normativa: 36 le donne, 157 gli stranieri (di cui 15 donne).
Lavoro. Nel 2012 sono 651 i detenuti che hanno lavorato alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria (poco meno del 20% del totale) di cui 301 stranieri. Poco più del 3% sono i detenuti che lavorano non alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, di cui la metà stranieri. Su 110 detenuti i semiliberi sono 38 (di cui 3 lavorano in proprio e 35 (per datori di lavoro esterni), quelli che lavorano all'esterno ex articolo 21 sono 31, mentre sono 41 quelli che lavorano in istituto per conto di imprese (25) e cooperative (16).
Opg. Rientrano nella popolazione carceraria anche gli internati nell'Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Reggio Emilia, dove vengono reclusi i detenuti con infermità psichica. Al 31 dicembre 2012 le presenze nell'Opg sono 173, di cui 88 provenienti dalle regioni di bacino (25 gli emiliano-romagnoli), 65 da quelle extrabacino (34 i lombardi) e 20 i senza fissa dimora. E' prevista per il 31 marzo 2014 la chiusura definitiva degli Opg in Italia. La Regione Emilia-Romagna ha avviato un programma per il definitivo superamento di queste strutture attraverso la costruzione di Residenze esecuzione misure di sicurezza (Rems) come indicato dalla Legge 9/2012.
Condizioni sanitarie. Circa il 70% dei detenuti ha problemi di salute. Il 60% fuma. Quasi il 30% ha una diagnosi specifica di tossicodipendenza. Nel 2008 tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento di giustizia minorile sono state trasferite al Servizio sanitario nazionale (Ssn), comprese quelle che riguardano il rimborso alle comunità terapeutiche per i tossicodipendenti e per i minori affetti da disturbi psichici. Le funzioni trasferite sono garantite dalle Regioni attraverso le Aziende sanitarie locali. Nel 2012 la Regione Emilia-Romagna ha destinato 17 milioni di euro alla sanità penitenziaria, coprendo con proprie risorse le spese sostenute dalle Ausl.
Suicidi in carcere. Nel 2012 i suicidi nelle carceri regionali sono diminuiti passando da 6 a 3 (anche il valore nazionale è in calo, passando dai 63 del 2011 ai 56 del 2012), 157 gli episodi di autolesionismo.
Minori e carcere. I minori che violano il codice penale sono sottoposti al sistema della giustizia e devono scontare una pena in istituti o comunità. Nel 2011 sono stati 103 gli ingressi nell'Istituto penale per minorenni di Bologna (12 posti), mentre nel Centro di prima accoglienza sono stati 109 nel 2012 e 147 quelli nella Comunità ministeriale (per le misure sostitutive o alternative alla detenzione, messa alla prova, misure di sicurezza o cautelare).
Il lavoro di pubblica utilità. Rappresenta una sanzione sostitutiva della pena detentiva attraverso la prestazione di un'attività volontaria e non retribuita a favore della collettività. Al 31 dicembre 2012 le persone ammesse ai Lpu sono 168, quasi tutti per la violazione dell'articolo 186 del Codice della strada (Guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti).
Volontariato nelle carceri. Oltre 500 i volontari e gli operatori all'interno delle strutture carcerarie regionali attraverso 44 realtà (dati aggiornati al 2012). La mappatura è stata realizzata con il progetto "Cittadini per sempre".
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
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