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La mediocrità vincola le persone a rimanere nel mezzo e agire senza eccessi.
Di Guido Zaccarelli Mirandola 18 agosto 2019 - La comfort zone è un luogo molto frequentato da un’insieme di persone che vivono la quotidianità evitando la presenza di situazioni che possano interferire con la propria identità. Le circostanze esterne influenzano la stabilità degli individui che cercano di preservarla tenendo a debita distanze le persone che possono minare la loro tranquillità.
Questi comportamenti sono frequenti nella società civile, e nelle organizzazioni aziendali, dove i responsabili tengono a debita distanza le persone (cittadini e lavoratori) per spegnere il fuoco ardente della creatività e l’energia vitale prodotta delle idee. La creatività è una dote innata dell’uomo, che necessita di essere continuamente alimentata per consentire al mondo della fantasia di unire gli elementi esistenti della realtà con connessioni nuove, per mostrare ogni giorno una immagine diversa di se stessa.
Una condizione che si dovrebbe trovare spontanea in ogni anfratto della società civile, e del mondo delle imprese, disposte ad alimentare l’entusiasmo, e la passione del fare, con lo scopo di avviare un sistema di relazioni sociali, economiche e produttive pronte a valorizzare il merito delle persone. Un sistema sociale che funziona, premia l’impegno e la professionalità degli individui, come valore aggiunto per la nascita di una identità che illumina il mondo con la luce prodotta dall’energia della genialità.
Perché questo accada, è necessario introdurre un modello organizzativo di tipo circolare, che consenta agli individui di osservare dallo stesso piano, ma da posizioni differenti, gli scopi comuni da raggiungere insieme. Filippo Barbera in un saggio dal titolo: “Persona e merito, per una critica della ragione meritocratica”, afferma: «Un ambiente competitivo non aiuta a far emergere le singolarità, le specificità e il talento di ciascuno e soprattutto non aiuta le attività umane, sociali e lavorative, qualunque esse siano, a conseguire risultati migliori attraverso un processo orizzontale di circolazione e scambio, di verifica dei saperi e delle conoscenze».
Dalla Piramide al Cerchio diventa quindi il modello di riferimento universale per favorire la scomparsa della mediocrità, definita come l’insieme di condizioni dove la persona avverte di essere mediocre pur disponendo di talenti che vengono tenuti debitamente a distanza e posti ai confini estremi dell’organizzazione.
Quante volte il singolo lettore avrà vissuto situazioni simili accompagnate da una condizione di forte disagio per la mancata adesione dei propri superiori all’ascolto. Filippo Barbera prosegue: «In ogni uomo, donna e bambino giacciono sepolti talenti, potenzialità e versatilità che possono trovare in un ambiente collaborativo e cooperante il giusto riconoscimento e valorizzazione. In un ambiente collaborativo chi è dotato di alcune potenzialità, talenti o capacità può sostenere e completare l’azione di chi possiede altre potenzialità e capacità che possono così sostenersi a vicenda, operando di comune accordo in vista di un fine comune. Ciò contribuirebbe a migliorare la stessa qualità di ciò che si crea e si produce, ma anche i rapporti umani e sociali tra le persone».
Questo è il valore della Conoscenza Condivisa® in grado di fare emergere il valore delle persone modificando la struttura organizzativa. La mediocrità evita alle eccellenze di esprimersi perché offusca la luce di chi è stato investito con ruoli di responsabilità che non è in grado di gestire nelle modalità richieste dal modello organizzativo in atto. Nemmeno i suggerimenti provenienti dai suoi subalterni, sono in grado di modificare le scelte e le decisioni, forte del ruolo assegnato e dell’appoggio incondizionato ricevuto dall’organizzazione. Errori che nel tempo indossano la veste del disastro irreversibile.
La persona è come una pianta, richiede attenzione e dedizione quotidiana per farla crescere consapevole che le idee sono le dimensioni invisibili più importanti su cui la società del terzo millennio deve puntare, per rinforzare l’impegno sociale ed economico del futuro. La meritocrazia è il lato opposto della mediocrità, è una parola composta il cui significato assegna potere a chi ha merito.
Perché si verifichi questa condizione è necessario che il merito delle persone venga riconosciuto attraverso una disamina attenta, puntuale e trasparente delle azioni intraprese, e dei risultati conseguiti, da persone esterne alla posizione organizzativa.
“Un esame di stato” necessario per garantire una valutazione intimamente coerente della persona e del profilo da esaminare. Il merito è soggettivo e un sistema sociale, e produttivo, ancora legato al passato dove regna incontrastato il modello piramidale, non è in grado di avviare il necessario cambiamento che il terzo millennio “inascoltato” invoca da tempo: spegnere il faro della mediocrità e accendere la luce della meritocrazia dove le persone vengono valorizzate in base ai propri talenti e alla modalità con la quale applicano la Conoscenza Condivisa® prendendo le distanze da chi ancora lega la carriera dei propri collaboratori più per affinità personali che per meriti.
Una fase molto delicata dove l’empatia gioca un ruolo fondamentale ancorato più al sistema delle relazioni che al bene comune. Il prof. Francesco Lamendola in un articolo dal titolo: “La grande minaccia a una vita piena e consapevole è la sfiducia negli uomini e nelle idee”, afferma: «Un’esistenza dominata dalla delusione, dal rancore e della frustrazione, è uno strumento spuntato che non solo non offre alcun beneficio a colui che lo possiede, ma produce una spirale perversa di dolore e crudeltà che si espande tutto intorno, in cerchi sempre più ampi. Quando non ci si aspetto più nulla di buono né dal prossimo, né dalle idee, allora la vita perde ogni attrattiva e diviene un lungo tormento, in cui l'ingegno affina le sue armi per produrre il massimo della devastazione attorno a sé».
Il cambiamento è lì a portata di mano, prossimo ad una svolta, ma ancora è forte la resistenza a mantenere le cose come stanno. Il nuovo fa paura. Cambiare il certo per l’incerto è molto difficile. C’è ancora molto timore e le persone tendono a rimanere nella comfort zone perché riduce progressivamente la complessità: perché crearmi dei problemi? Il filosofo Arthur Schopenhauer nel libro I Porcospini riporta la metafora dell’aquila e del gabbiano dove mette in evidenza che ogni creatura umana ha delle differenze che ognuno può amare, apprezzare e rispettare.
«L’aquila: la mia natura mi ha dotato di grandi ali scure per volare nell’alto dei cieli». È impossibile per il gabbiano riuscire a spuntare le ali all’aquila per impedirgli di volare in alto e raggiungere le cime innevate, come è impossibile per il potere tarpare le ali alle persone ricche di talenti perché rimangano sottomesse agli ordini impartiti dal diretto superiore, rimanendo ferme sulla riva del mare ad osservare le navi quando raggiungono il porto. Le ali rappresentano il valore della meritocrazia capace di fare volare le persone verso le vette più alte per raggiungere insieme il bene comune delle aziende e della società civile.
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/filosofia/5072-misantropia-e-misologia
https://www.roars.it/online/contro-la-meritocrazia/
http://www.rivistapersona.it/wp/wp-content/uploads/2017/03/Persona-e-merito-per-una-critica-della-ragione-meritocratica.pdf
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
Insegnare è una professione che arricchisce la propria identità personale del sapere altrui.
Di Guido Zaccarelli Mirandola 11 agosto 2019 - Una esperienza temporale della vita quotidiana che valorizza le culture reciproche nascenti come frutto di esperienze condivise.
Non solo quindi l’istruzione a tenere banco nelle aule dove la comunicazione avviene da una emittente verso la ricevente, dove chi è alla lavagna trasferisce le nozioni ai presenti per costruire le fondamenta della cultura specifica, ma anche la formazione e l’educazione per andare insieme oltre l’immediato del “qui e ora”, con lo scopo di aprire nuovi scenari, e reciproci orizzonti, di dialogo e di confronto, il cui valore aggiunto sia maggiore della somma dei singoli apporti.
L’aula diventa quindi una palestra per formare le persone che, al pari di una piazza, o di qualsiasi luogo della vita quotidiana, favorisce l’incontro di pensieri e di prospettive differenti, che hanno il pregio di rivoltare il terreno degli individui per predisporlo alla semina, ispirandosi al fare e all’arte quotidiana della cultura contadina, disposta per l’occasione a raccogliere i frutti sperati nel tempo.
L’istruzione, la formazione, l’educazione, l’etica e il senso civico rappresentano alcuni degli gli assi portanti principali per dare forma alla cultura, la cui etimologia riporta alla mente l’immagine del coltivare, continuamente tenuta in movimento dall’esercizio quotidiano della lettura e dello studio, perché possa approdare, e ampliare, il mare infinito della conoscenza. La scuola è una palestra, un banco di prova, dove apprendere attraverso l’esercizio quotidiano delle materie scolastiche e dei libri di testo.
La vita stessa è una palestra, dove la cultura deve essere continuamente irrigata per non sacrificare le radici da lasciare in eredità alle generazioni future. Lo studio è un esercizio che le persone devono praticare ogni giorno con lo scopo di accrescere la loro preparazione partendo dalla radice etimologica di ogni singola parola che riporta al grado di affinità con il contesto di riferimento. La ricerca è fondamentale per risalire ai singoli termini quando la parola è espressa in forma composta.
La parola “al-lena-menti” è una di queste e deve essere ricondotta nell’uso e nelle abitudini quotidiane delle persone, come luogo comune, da frequentare come in palestra per mantenersi in forma, per migliorare le condizioni fisiche, per sentirsi tonici, più leggeri e pieni di energia. Possiamo pensare in futuro di fare rientrare la parola allenamenti nelle frequentazioni quotidiane e di praticarli in una palestra (indoor o outdoor) dove allenare le menti?: “al-lena-menti”.
La parola “lena” esprime l’energia, e lo sforzo, che deve essere messo in atto per compiere l’allenamento, con lo scopo di vincere la sfida e raggiungere gli obiettivi. Lena ha anche un significato più ampio, che significa soffiare. Pensiamo al comportamento del fisico durante una qualsiasi fase dell’allenamento, il fiato inizia a venire meno e il respiro che diventa più affannoso. Lena ha una ulteriore significato che porta l’uomo ad aspirare ad un proprio legittimo obiettivo e lo sforzo prodotto, per la trazione esercitata dallo scopo per essere raggiunto, accelera il respiro fino a raggiungere il momento in cui occorre rallentare e addirittura fermarsi, per riprendere fiato.
Se alla parola lena aggiungiamo la parola “menti” ecco che l’uomo vede la proiezione di un gesto fisico invisibile, ad un sacrificio che non porta a nessuna variazione sintomatica, o di stato di alterazione del proprio corpo. Non vedendo progressi immediati e tangibili nei quali compiacersi, specchiarsi nello specchio delle gratificazioni e ricevere giudizi positivi altrui, spesso l’uomo rallenta gradualmente la propria marcia di avvicinamento alla cultura, fino ad arrestare inesorabilmente la propria corsa al primo ostacolo. Qui nasce la sconfitta dell’uomo. In quel preciso istante, la cultura che desiderava essere coltivata per dare origine a nuovi frutti, svanisce fino scomparire senza lasciare traccia dietro di sé.
Una lunga scia che ambiva ad accompagnare i passeggeri della nave verso un porto sicuro e colmo di saperi, naufraga vistosamente, incapace di ormeggiare in una rada tranquilla. L’aspetto più sorprendente è la mancata adesione dell’uomo alla vita della cultura, spesso vista come un dispendio di energia da economizzare per essere destinata ad altri ambiti, “un surplus” di cui farne a meno. La palestra impone un esercizio fisico costante ma anche la palestra della cultura esige un impegno dell’uomo costante. L’allenamento serve per vincere le sfide con se stessi, o con gli altri, una lotta continua che spesso mette a nudo le persone fino a raggiungere l’intimità dell’anima. Per fare questo serve coraggio, dove metterci il cuore, per superare le paure insite nella sfida.
Allenare la mente alla cultura serve per vincere le paure insite nella sconfitta, e nel fallimento, per superare con coraggio le avversità e i giudizi delle persone. La paura si vede, si tocca con mano, prima, durante e dopo la sfida in palestra, poi scompare per prendere altre strade. La paura del giudizio è invisibile e arriva alla persona dopo che intorno a sé si è creata una cortina di atteggiamenti, che avverte ma non vede, che sente in lontananza ma di cui non ha certezze, in grado di condizionare i propri comportamenti.
Per superare il giudizio altrui, che condiziona gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone, serve allenare la mente alla cultura in una palestra dove prevale l’arte dell’insegnare, per consolidare lo stato di consapevolezza interiore dell’uomo (chi sono?) e rinforzare il coraggio di andare oltre, di non fermarsi alle apparenze e affrontare con la consapevolezza del sé il giudizio degli altri, che appare inesorabile ogni giorno sulla strada della vita di tutti.
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
https://unaparolaalgiorno.it/significato/L/lena
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
L’invidia e l’ammirazione viaggiano sempre insieme, come la luna viaggia sincrona intorno alla terra, con un moto coordinato che ha il pregio di mostrare sempre la medesima faccia del nostro satellite, una parte ben visibile e l’altra nascosta all’occhio dell’osservatore, ma sempre illuminata dai raggi del sole.
Di Guido Zaccarelli Mirandola 4 agosto 2019 - L’invidia e l’ammirazione rappresentano la faccia visibile e non visibile della luna umana, dove l’ammirazione delle persone verso coloro che sono in grado di raggiungere i propri obiettivi, viene costantemente tenuta in ombra con l’intento di renderla invisibile agli occhi degli osservatori. L’invidia ruota intorno all’uomo, come la luna intorno alla terra, formando l’immagine speculare una dell’altra.
L’uomo, anziché condividere il valore aggiunto del risultato altrui, cerca in tutti i modi di erigere un muro perimetrale tutt’intorno, costruito con le pietre dell’invidia. Fin dalle sue origini, la luna è sempre stata una fonte di attrazione per tutti i popoli che hanno abitato la terra, per l’alone di mistero proveniente dal lato oscuro, continuamente fonte di immaginazione per i riflessi che poteva avere sulla vita quotidiana. Pensiamo per un momento al libro “Viaggio al centro della terra” e “Dalla terra alla luna” il cui autore, Jules Verne, ha contribuito a spalancare le porte al mondo della fantascienza. Dalla formazione, ai giorni nostri, la terra e la luna si sono reciprocamente influenzati, raggiungendo un moto armonizzato dove il periodo di rotazione del satellite, sul proprio asse, dura esattamente come quello di rivoluzione intorno al nostro pianeta.
L’orbita ellittica influenza la velocità della luna intorno alla terra, (non la velocità su se stessa), più veloce in prossimità e più lenta in lontananza. Ci sono altri fattori che influenzano la visibilità della luna, che dipendono dall’asse di rotazione, più inclinato rispetto alla terra, dall’orbita ellittica e dal movimento della luna che sposta il punto di vista dell’osservatore. Tutti questi fattori, a cui si aggiunge la sincronizzazione, danno origine a movimenti oscillanti che prendono il nome di “librazione lunare” che ci permette di vedere anche una parte del lato nascosto. L’uomo vede sempre il 41% della superficie lunare e non vede il 41% della faccia nascosta. Rimane il 18% che è frutto della oscillazione tra la parte visibile e non visibile. In base al movimento di rotazione, e di rivoluzione, la luna mostra sempre la stessa faccia all’osservatore e la stessa faccia al sole. La metafora della luna ci viene in aiuto per rappresentare il legame dell’invidia con l’ammirazione, dove la prima è sempre visibile all’uomo e l’altra sempre visibile al sole, ma invisibile all’occhio umano. Come mai? L’invidia è la parte speculare dell’ammirazione: più le persone ammirano le qualità e le gesta altrui, maggiore è il senso dell’invidia che provano al proprio interno, legato alla incapacità di non riuscire ad essere come loro, nel lavoro come nella vita sociale. L’unica arma a loro disposizione, è creare tutt’intorno un terreno arido che corrisponda alla morfologia presente nella faccia nascosta della luna, senza vegetazione e con una struttura molto accidentata.
La parola invidia porta ad un significato ampio, “osservare male” una persona, uno stato d’animo reso possibile dalla presenza interiore di ingenerosa astiosità verso l’altro, per le qualità che è in grado di esprimere, difficilmente riscontrabili nell’individuo invidioso. La parola ammirare porta ad “osservare con senso di meraviglia e di stupore” le qualità espresse della persona. Invidia e ammirazione hanno in comune la parola “osservare”, con intenti differenti: la prima di animosità e la seconda di positiva sorpresa. Sarà capitato, ad esempio, di lavorare in azienda e di avere un superiore che tiene a debita distanza il sottoposto quando mostra capacità e qualità in grado di offuscare la propria luce. Quando, ad esempio, vengono avanzate proposte innovative che possono incidere sul fronte organizzativo e lavorativo per migliorare il benessere delle persone. Di essere spostati da un reparto di lavorazione, o ufficio, per evitare di inserire un anello debole nella catena di comando. Di non ricevere risposta alla richieste perché ritenute non pertinenti, ma che al contrario, nel tempo, dimostrano il loro valore e il loro avanzato grado di solidità. Di suggerire una proposta, non accolta, ma successivamente realizzata con riferimenti altrui. Di essere tenuti in ammollo nel mare dell’indifferenza.
Questo nel lavoro, come nella vita sociale. La norma è che l’eccellenza è vista come un problema da evitare attraverso il faro luminoso dell’invidia che oscura la faccia nascosta dell’ammirazione. Il fenomeno della librazione della luna umana dovrebbe intervenire per incrementare la dimensione nascosta dell’ammirazione e annullare quella dell’invidia. In caso contrario si assiste ad un graduale, ma inesorabile, azione di allontanamento delle persone dalla centralità del loro ruolo sociale e professionale.
Non è da sottovalutare il contesto personale nelle quali le persone si trovano, che influisce sulle scelte e sulle decisioni legate a possibili cambiamenti dall’esito incerto. In uno scenario ideale la librazione della luna umana incontra la librazione dell’anima agente sulla capacità di legare la ragione allo Spirito dell’uomo. È in questo caso che l’invidia, da in – dividere in senso negativo, diventa condivisione, con – dividere in senso positivo, in grado di fare affiorare il senso e il valore etico della relazione e soprattutto di fare comprendere all’invidia che “l’ammirazione è l’espressione autentica del dono” dove valorizzare le qualità e le virtù del prossimo, come germoglio motivazionale per costruire una identità del sé illuminata dalla luce del fare insieme. Questa è l’ammirazione a cui le persone dovrebbero tendere per costruire un futuro eticamente sostenibile.
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
https://youtu.be/dpn9qnLWEIo
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
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