Gloria Callarelli Fahrenheit2022.it 21 luglio 2024 - Mentre restano un ricordo le proteste di agricoltori e allevatori dei mesi scorsi, l’agenda 2030 europea prosegue come un treno e la prima tappa della sua follia è la Danimarca. Nel 2030, infatti, gli allevatori danesi dovranno fare i conti con una nuova tassa: quella sulle emissioni di anidride carbonica degli animali. Chiamarla tassa sulle flatulenze delle vacche, effettivamente, faceva troppo ridere.
Scrive la CNN: “La tassa, la cui approvazione da parte del parlamento danese è prevista entro la fine dell’anno, ammonterà a 300 corone (43 dollari) per tonnellata (1,1 tonnellate) di emissioni di CO2 equivalente derivanti dal bestiame a partire dal 2030, per poi salire a 750 corone (107 dollari) nel 2035. Verrà applicata una detrazione fiscale del 60%, il che significa che a partire dal 2030 gli agricoltori pagheranno effettivamente 120 corone (17 dollari-16 euro) per tonnellata di emissioni di bestiame all’anno a mucca, cifra che salirà a 300 corone (43 dollari – 40 euro) nel 2035”.
Se pensiamo che le mucche da latte danesi, che sono le più diffuse, emettono 5,6 tonnellate di CO2 equivalente all’anno scopriamo che ben presto gli allevatori dovranno spendere quasi fino a 100 dollari (100 euro circa) nei primi anni a mucca, prezzo che raddoppierà nei cinque anni successivi. Pensate se accadesse a un piccolo allevatore in Italia che tiene anche solo venti, trenta mucche: dovrebbe pagare una cifra esorbitante.
Eppure a livello centrale (quasi) tutti d’accordo: ora sarà il parlamento danese a pronunciarsi sull’approvazione ma il governo di coalizione del paese in queste ore ha siglato un accordo con il tripartito verde e il gioco sembra fatto. Poco importa se alcuni provano ad alzare la testa come l’associazione degli agricoltori danesi Bæredygtigt Landbrug che ha definito il tutto “un esperimento spaventoso”. Il ministro degli Esteri Lars Løkke Rasmussen dichiara sornione: “Allo stesso tempo, saremo il primo Paese al mondo ad introdurre una tassa sulla CO2 in agricoltura. È un altro esempio di ciò che possiamo ottenere quando conduciamo una politica a livello centrale”. Contento lui.
Il ministro dell’Ambiente Magnus Heunicke, invece, afferma: “Stiamo istituendo un fondo fondiario di 40 miliardi di corone danesi per garantire il rimboschimento, la creazione di zone umide e l’acquisto di terreni. Allo stesso tempo, stiamo apportando un cambio di paradigma nella regolamentazione dell’azoto, aumentando significativamente la regolamentazione sui campi che non sono ancora stati messi fuori servizio. Dobbiamo riportare il pesce nei nostri fiordi. Ora abbiamo un piano chiaro per questo”.
L’obiettivo sotteso di questa emergenza tanto cara a Bill Gates è essenzialmente il controllo sociale del cibo e dei terreni. Le piccole aziende locali dovranno far fronte a un’ulteriore (inutile) gravosa spesa mentre le restrizioni aumenteranno perchè il progetto prevede un’autentica “trasformazione del territorio danese”: aumento delle tasse dei macelli, eliminazione terreni pianeggianti e forestazione selvaggia, creazione di zone “umide” (ma noi le paludi le abbiamo bonificate cent’anni fa!), acquisizione di terreni per lasciarli, come Europa chiede, con tutta probabilità liberi…ovvero incolti. La famosa transizione ecologica che va a distruggere l’economia, il settore primario e non ultimi gli equilibri del Creato in favore di un neopaganesimo della natura: l’abbandono delle terre all’incuria e alla crescita selvaggia non significa proteggere il territorio ma sconvolgerlo. L’idea di far scomparire i piccoli e medi imprenditori del settore primario porterà ad avere intere aree abbandonate sulle quali saranno le multinazionali a metterci le mani. E così via libera a cibo insano, campi orrendi di fotovoltaico, carne prodotta in laboratorio, insetti.
Tim Hinchliffe , direttore di The Sociable , spiega: “I piccoli agricoltori saranno i primi ad andarsene e la loro terra sarà molto probabilmente utilizzata per ospitare una serie di cosiddette ‘iniziative verdi’, come laboratori di carne finta , ettari di pannelli solari e turbine eoliche a perdita d’occhio, nuovi data center di intelligenza artificiale che richiedono tonnellate di acqua, energia e terra e forse persino centrali nucleari per alimentare quei data center”, ha affermato.
L’alternativa a questa follia è rifiutare i verdoni dell’economia green, cavalli di Troia per distruggere economia e agricoltura, e sostenere, piuttosto, in ogni modo i piccoli e medi agricoltori e allevatori. Solo così si eviterà il dissanguamento delle nostre terre e la loro (e nostra) morte.
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