Pare che ci siamo svegliati solo ora, accorgendoci che il 40% dell’energia che creiamo in Italia, è frutto della dipendenza diretta dal gas russo che, tanti grattacapi inizia a creare.
Intendiamoci ridisegnare la geopolitica energetica non è un processo industriale semplice, anche perché c’è un enorme rischio di originare contraccolpi sociali non semplici da individuare oggi, che genererebbero delle instabilità sociali, soprattutto nelle classi più deboli.
Ma il punto più oscuro è come garantire che chi ridisegna la politica energetica sia in grado di essere libero di non creare una dipendenza nuovamente verso nuovi assolutismi?
Quindi la Russia putiniana ha alimentato le sue casse, secondo l’Economist, proprio vendendo idrocarburi in quantità enormi arricchendo una elite minima che alimenta disuguaglianze nel mondo.
Ma perché noi italiani non abbiamo ascoltato e seguito il pensiero di Enrico Mattei?
Perché oggi per attuare una vera politica di transizione energetica, non possiamo più commettere gli errori del passato, arricchendo nuovamente i “padroni del combustibile fossile”.
Sanzionare la Russia da parte dei migliori, non è sembrata una grande genialata, anzi, ascoltare l’ingerenza di Biden, ci ha portato ad una crisi economica che, se non ci svegliamo, porterà ad una catastrofe locale-familiare, senza precedenti e peggio ancora di quella greca del 2015 dove, fu proprio la Troika con Draghi, a congelare i soldi dei greci, commissariando di fatto, un paese sovrano.
Oggi nei punti decisionali chiave continuiamo a trovare queste stesse persone che forti della loro ambizione orgogliota, facili strumenti vulnerabili con la loro intelligenza di poca chiarezza logica, potrebbero guidarci ad un fallimento clamoroso della politica energetica.
Dobbiamo considerare che siamo in una guerra del potere dell’informazione che, attraverso l’inganno, tenta di capovolgere e manipolare la verità, attraverso una censura ben definita, attuando liberamente un linguaggio d’inganno per nascondere i reali progetti che nascono nelle ombrose e cupe stanze lobbyste di spartizione del potere.
Tornando a noi dobbiamo stare molto attendi a dissociare il culto dell’individualismo personale, dalla realtà del consenso popolare politico, sprofondato sottoterra proprio con le recenti elezioni amministrative del 12 giugno 2022.
Perché tra questi due elementi e la manipolazione mediatica, si giocherà la partita futura sulle scelte di quale politica di transizione energetica l’Italia dovrà adottare.
Perché la transizione che ci aspetta, non sarà indolore e soprattutto dovrà comprendere anche la Russia in quanto, l’Italia ha improntato il suo modello energetico principalmente sul gas, sia su quello importato dalla Russia, sia perché abbiamo anche strutture per la rigassificazione.
Finora si sente parlare solo di PNRR al quale sarebbero vincolati ogni sorta di progetti e riforme, ricordate: “ce lo chiede l’Europa”, dimenticando però che se ci daranno 100, dovremmo restituire 120; insomma non c’è molto vantaggio nell’aumentare il debito pubblico italiano.
Invece chi ha avuto qualche idea logica è il Professore Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”, secondo il quale bisogna effettuare:
- semplificazioni nell’installazione degli impianti;
- agevolazioni con credito d’imposta per le aziende;
- mettere i pannelli sui capannoni delle aziende per salvare la propria posizione competitiva;
- adottare un sistema incentivante pari o superiore a quello esistente per la nascita di comunità energetiche.
In realtà qualche comunità energetica in Italia esiste già da un po' di tempo e sono anche diventate interamente autosufficienti, ad emissioni zero e soprattutto a vantaggio degli stessi cittadini che ne usufruiscono.
La questione che ci dobbiamo porre però è un’altra: siamo in grado di avere tutti quegli elementi tipo Nichel, Litio, Palladio che sono necessari, ovvero indispensabili, per fare la tanto sognata trasformazione energetica?
Dobbiamo dire a Cingolani che senza questi minerali, non è possibile fare una transizione energetica per cui, rischiamo comunque di dover dipendere da chi li ha nel sottosuolo e indovinate chi ne possiede in abbondanza? Ebbene si, proprio la Russia.
A proposito di Cingolani intervenendo al 21mo Energy Summit de Il Sole24ore il 29 settembre scorso diceva: “Abbiamo un piano molto ambizioso che segue ovviamente i target dell’accordo di Parigi di decarbonizzazione al 55% nel 2030 rispetto ai valori del 1990: dovremmo arrivare per il 2030 ad avere oltre il 70% della nostra elettricità prodotta da sorgenti rinnovabili, che vuol dire nei prossimi anni impiantare e fare una grande operazione infrastrutturale per impiantare circa 70 gigawatt di impianti rinnovabili fotovoltaici ed eolici prevalentemente, che è una transizione energetica di proporzioni colossali”.
Ma a distanza di pochi mesi pare abbia già cambiato idea tornando a puntare nuovamente sulla dipendenza dal gas tanto da far intervenire Livio De Santoli, presidente del Coordinamento Free che dichiara allarmato: “vero responsabile della crisi di questi giorni, sia addirittura incentivato dalle azioni di Governo che si stanno mettendo a punto in queste ore”.
Quello a cui fa riferimento Santoli è appunto il gas che secondo il ministro necessita del raddoppio della produzione nazionale, passando da 4,5 miliardi di metri cubi all’anno a 8 miliardi.
E allora dove sta la transizione energetica se ci si accorge che senza gas ed elementi naturali non è fattibile?
Ed ecco che il prode scudiero, il ministro Cingolani, colui che ha un ministero fatto su misura, difensore della transizione energetica, intervenendo all'Assemblea pubblica di Elettricità futura, di questi giorni, ha sottolineato la necessità di misure rapide, proponendo una “convivenza in tempo reale di rinnovabili e gas” dando il via libera all'acquisto di carbone, ma solo per prudenza: “in misura sufficiente all'eventuale piano di massimizzazione delle centrali a carbone, in vista dell'embargo su quello di provenienza russa stabilito dall'Unione europea a partire dal mese di agosto”.
In poche parole, oltre a dimostrare di non avere la più minima idea di quale progetto di transizione energetica abbia bisogno l’Italia, non ha nemmeno preso atto che, con l’atteggiamento del ritorno al carbone, deluderà tantissimo tutti gli ecologisti da lui chiamati: “ambientalisti oltranzisti, ideologici. Loro sono peggio della catastrofe climatica”.
Probamente la vera catastrofe che quotidianamente viviamo, è solo di natura cerebrale-poltronica perché in questo paese, trovare competenze e capacità amministrativa per dare soluzioni reali e future, anziché affidarci ad improbabili politicanti, la cui gavetta è fatta solo di “polvere di stelle”.
Ci hanno detto che, sono i migliori, invece ci è stato servito, lasciando fare non impedendolo e, mancando di esercitare sia il voto che il dissenso, il venire meno di uno dei fondamentali della transizione energetica, il demone dei demoni, ovvero siamo tornati alla transizione poco ecologica con il carbone.
L’Italia quindi ha già scelto il suo colore per la transizione energetica, è il nero del carbone e il grigio funesto dei suoi fumi in una linea politica che sa molto di mandarino d’oriente e, se servirà, magari, limitando arbitrariamente i consumi, staccando ed attaccando a piacere l’interruttore dell’economia con il ricatto dell’energia, tanto quello del lavoro è già stato fatto e ha, purtroppo, funzionato.