Lunedì, 17 Novembre 2014 16:42

Magazzino 18: una storia a lungo dimenticata In evidenza

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"Magazzino 18", spettacolo di e con Simone Cristicchi, per la regia di Antonio Calenda narra la storia profonda e toccante del "Servizio Esodo", vissuto da quasi trecentomila persone -

Reggio Emilia, 17 novembre 2014 - di Federico Bonati -

Esiste, al Porto Vecchio di Trieste, un luogo che conserva al suo interno una storia toccante, ma che pochissime persone ricordano. Una storia che coincide con una pagina dolorosa della storia del nostro Paese, mai abbastanza approfondita, della quale sono rimasti soltanto pochi oggetti del quotidiano a raccontarla.
La storia è quella del "Servizio Esodo", vissuto da quasi trecentomila persone. Fu, infatti, con il trattato di pace del 1947 che l'Italia perdette vasti territori dell'Istria e della fascia costiera a est dell'Adriatico e in quel momento quelle persone scelsero di lasciare il suolo natio, divenuto poi suolo jugoslavo, e di proseguire la loro esistenza in Italia. Ciò che ne seguì è narrato nelle parole e nelle canzoni di "Magazzino 18", spettacolo di e con Simone Cristicchi, per la regia di Antonio Calenda.

È lo stesso artista romano a spiegare il bisogno di raccontare questa storia: "Si tratta di una storia avvolta da una cappa di silenzio che dura da decenni. Come cittadino sentivo il dovere di approfondire questa storia, mentre come artista sento il bisogno di portare in scena uno spunto di riflessione per la comunità".
Uno spettacolo che non ha colore politico, ma è solo narrazione storica come aggiunge Cristicchi: "Io sono schierato dalla parte di chi non ha voce. Questo spettacolo è stato travisato come una sorta di j'accuse nei confronti della lotta partigiana, ma non è così. A chi contesta, rivolgo l'invito di parlare di persona con i testimoni".

Una storia profonda e toccante quella narrata da Cristicchi, con protagonista il buffo archivista Persichetti, chiamato a catalogare ed archiviare tutti gli oggetti del Magazzino 18. Ma, una volta all'interno di esso, il protagonista dovrà fare i conti con i fantasmi di un passato a lungo taciuto, spiriti che raccontano, attraverso gli oggetti, storie di esuli e di "rimasti", storie di operai monfalconesi migrati in Jugoslavia e di prigionieri dei lager comunisti di Goli Otok.

Eventi vissuti sulla pelle da una diretta testimone della vicenda, la signora Elsa, che con parole dolci e un linguaggio cortese, racconta pochi minuti prima dello spettacolo, come Cristicchi l'abbia commossa facendo quest'opera teatrale. Esserci, questa sera, ha per lei un significato diverso. Possiamo solo provare ad immaginarlo, ma non ci riusciremmo mai del tutto.
Una storia mai banale, diretta e potente. Una storia come tante di quelle raccontate da Cristicchi nel corso degli anni, attraverso le sue canzoni, i documentari, le opere teatrali.

Questo fa sentire Simone Cristicchi un artista non convenzionale nel panorama musicale italiano? "Effettivamente mi sono sempre sentito un outsider cercando sempre di reinventarmi, ma questa è una mia attitudine, non è essere snob. La musica permette di comunicare velocemente un messaggio, ed ho sempre cercato di comunicare messaggi che spingessero l'ascoltatore a riflettere".
E se Cristicchi dovesse in questo momento raccontare ad un bambino la storia dell'Italia attuale attraverso una sua canzone quale utilizzerebbe? "L'Italia di Piero, una canzone allegra e ironica".

Nonostante tutte le situazioni del momento, però, è doveroso avere fiducia nel domani. Questa fiducia Cristicchi la vede in quelle persone, soprattutto ragazzi e ragazze, che vanno a teatro, che riflettono, che cercano di apprendere il passato per comprendere al meglio il presente.
Sono quindi questi giovani la fiducia nel domani. Giovani che, attraverso l'apertura, la cultura del rispetto e dell'educazione nei confronti del prossimo, lo studio della storia per non dimenticare e non ripetere gli stessi errori del passato, sono la speranza di un domani migliore per l'Italia. E questa è forse, in cuor suo, anche la speranza della signora Elsa.

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