Questo nuovo numero, il quarto dell’anno in corso, si apre con un articolo del direttore, Claudio Mutti, che è una documentata rassegna delle azioni terroristiche compiute dalle organizzazioni sioniste in Italia dal 1946 in poi, a partire dall’attentato contro l’ambasciata britannica e dai sabotaggi delle navi italiane dirette ai porti del Libano e degli aerei che dovevano essere forniti all’Egitto, fino agli “omicidi mirati” avvenuti a Roma contro esponenti palestinesi e fino all’abbattimento di Argo-16. Nell’articolo vengono presi in considerazione anche alcuni episodi terroristici dalla matrice non definitivamente accertata, nei quali molti ricercatori hanno visto gli indizi di un’azione sionista: l’attentato in cui perì Enrico Mattei, l’abbattimento del DC-9 nel cielo di Ustica, la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
Al tema del sionismo si riferiscono anche altri contributi, come la lunga intervista concessa a Federico Dal Cortivo da Antonella Ricciardi, autrice del libro Palestina. Una terra troppo promessa; o come l’articolo dell’archeologa Maria Morigi sugli ostacoli opposti dal regime israeliano alle attività scientifiche che potrebbero minare alla base i miti di fondazione ai quali esso si richiama per giustificare l’usurpazione del territorio palestinese.
Alla resistenza palestinese si riferiscono invece tre documenti storici: la lettera che il Gran Muftì di Gerusalemme Hajj Muhammad Amin al-Husseini inviò il 20 gennaio 1941 da Bagdad al Führer del Reich tedesco, il discorso che lo stesso Gran Muftì pronunciò il 17 giugno 1943 dalla stazione di Radio Bari per esortare alla lotta di liberazione della Palestina contro l’invasione sionista e, infine, il messaggio dell’Imam Khomeini emesso il 6 agosto 1980 in occasione della Giornata di Gerusalemme.
Altri due documenti storici pubblicati in questo numero sono il discorso che l’ex presidente dell’Iraq Rashid Ali al-Kaylani pronunciò dai microfoni di Radio Berlino il 3 aprile 1942, in occasione del primo anniversario della rivolta irachena ed un articolo scritto nel 1955 da Johann von Leers nell’esilio argentino, per informare i suoi compatrioti tedeschi sulla lotta dei popoli arabi contro il colonialismo.
Alla stretta attualità ci riporta invece l’articolo in cui Daniele Perra espone il pensiero di Yahya Sinwar, che ha assunto la guida politica di Hamas dopo l’assassinio di Ismail Haniyeh.
Daniele Perra è anche autore dell’articolo Prospettive geopolitiche di fine “Impero”, con cui si apre il dossario di questo numero della rivista.
Nell’attuale contesto storico-geopolitico – scrive Perra – colpisce il fatto che l’Occidente egemonizzato dagli Stati Uniti sia privo di una guida reale, con la barcollante amministrazione Biden commissariata dal duo Harris-Blinken, mentre una nuova (eventuale) amministrazione Trump si impegnerà in primo luogo in una resa dei conti tra gli apparati di potere nordamericani. In questo “vuoto di potere”, emblema di un momento unipolare ormai in procinto di terminare, sta cercando di ritagliarsi il suo spazio al vertice una componente del sistema occidentale che solo in linea teorica è “periferica”: il regime sionista di Israele.
Segue un articolo di Giuseppe Cappelluti sullo scontro in atto in Ucraina e in particolare su quella che il titolo definisce L’illusione di Kursk. L’offensiva di Kursk – scriveva l’autore nel mese di agosto – arriva dopo quasi due anni di insuccessi, durante i quali l’attenzione mondiale si è concentrata sulla Palestina. Ma, se inizialmente la spallata ucraina è stata un successo, i suoi esiti a lungo termine sono molto più dubbi, e non è affatto improbabile che alla fine quella di Kursk si riveli come l’ennesima illusione occidentale.
Abbiamo poi un dettagliato resoconto di Yannick Sauveur sui risultati delle elezioni legislative tenute in Francia il 30 giugno e il 7 luglio scorsi, con una panoramica delle posizioni assunte da ciascuna forza politica sulle questioni di politica internazionale.
L’articolo di Aldo Braccio, dopo aver esaminato l’evoluzione dei fondamenti costitutivi della Repubblica Turca, prende in considerazione l’ipotesi di un’affermazione di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi, e ne valuta le conseguenze sulla politica turca: lungi dal consolidare un fronte comune atlantista fra Washington e Ankara, la riproposta del trumpismo e del suo rozzo e paranoico atteggiamento nei confronti dell’Islam provocherebbe un decisivo allontanamento della Turchia dall’Occidente.
La continuità della politica anticinese degli Stati Uniti è oggetto dell’attenzione di Giulio Chinappi, il quale osserva che le relazioni tra Stati Uniti e Cina, progressivamente deteriorate a causa delle tensioni regionali e della guerra commerciale dichiarata da Trump, non sono certo migliorate nel corso del mandato di Biden, poiché gli Stati Uniti hanno continuato ad alimentare l’ostilità nei confronti della Repubblica Popolare Cinese.
Arriviamo al Sud-Est asiatico con l’articolo di Luigi G. de Anna, il quale si occupa della Tailandia. Questo paese si trova stretto fra due giganti: gli Stati Uniti, coi quali esso ha stipulato una serie di accordi al tempo della guerra del Vietnam, e la Cina, che, pur non confinando con la Tailandia, le è geograficamente molto vicina, mentre il nord del paese ha strette relazioni etniche ed economiche con la limitrofa regione dello Shan, nel Myanmar nord-orientale.
Ci si sposta poi nel quadrante sudamericano. Luca Lezzi mostra come il governo di Caracas abbia sventato l’ennesimo tentativo di sovversione messo in atto dall’imperialismo statunitense nel continente. Incoraggiati dal sostegno dei governi neoliberisti (in primis quello argentino di Javier Milei) e approfittando della timidezza del Brasile di Lula, gli Stati Uniti stanno replicando i tentativi di isolare il chavismo già fatti ripetutamente dal 2017 ad oggi senza ottenere alcun successo significativo.
Particolare interesse riveste il saggio di Francisco de la Torre, il quale mostra come col pontificato di Francesco Bergoglio l’America Meridionale stia vivendo una nuova fase della strategia gesuitica, dalla quale il destino del continente sudamericano è stato fortemente influenzato nei secoli passati.
Da segnalare, infine, gli articoli di argomento geopolitico e geostrategico.
È vero che le origini della geopolitica quale specifico campo di studi risale alla fine del sec. XIX, ma i temi che costituiscono l’oggetto della riflessione geopolitica furono già dibattuti nell’antichità greca e romana.
Perciò in questo numero di “Eurasia” sono stati tradotti ex novo dal direttore stesso alcuni brani di tre pensatori che affrontarono il tema della terra, del mare, del fiume in rapporto alla potenza della Città-Stato: Platone, Aristotele e Cicerone.
Platone affrontò il tema della posizione geografica della polis, mostrandosi contrario alla vicinanza del mare per i danni che ne sarebbero provenuti; Aristotele esaminò le opportunità e gli svantaggi di una tale ubicazione; Cicerone constatò, relativamente alla Roma delle origini, che agli aspetti vantaggiosi della distanza dal mare si aggiungevano quelli, altrettanto positivi, della navigabilità del Tevere, per cui nessuna città situata in un’altra parte dell’Italia avrebbe forse potuto mantenere più facilmente una così grande potenza.
Applicando invece i criteri geopolitici al periodo attuale, Youssef Hindi fa notare che questo inizio di XXI secolo non solo corrisponde all’esordio della multipolarità, ma segna anche l’inizio dello spostamento del centro di gravità verso il cuore continentale del mondo, a detrimento delle talassocrazie periferiche. Si tratta, afferma Hindi, di un rovesciamento del rapporto di forza su scala storica e globale. Le più grandi risorse energetiche (petrolio, gas, materie prime) e le più grandi potenze economiche e militari sono degli Stati continentali che controllano grandi spazi e si alleano a numerosi Stati del continente africano. Gli Stati Uniti e il resto del mondo occidentale rappresentano il 25% della popolazione mondiale, mentre il 75% è aggregato intorno alle due potenze continentali russa e cinese. È la fine dell’era talassocratica.
Un argomento di carattere geostrategico, infine, è quello affrontato da Amedeo Maddaluno, che si occupa dell’aeromobile a pilotaggio remoto, comunemente chiamato “drone”. Qualsiasi arma senza una dottrina di impiego, senza operatori addestrati, senza un apparato industriale a sostegno, – afferma Maddaluno – è di per sé inutile o persino dannosa per chi la impiega ritenendo che essa, da sola, porterà alla vittoria. Vi sono però tecnologie – egli prosegue – che contribuiscono a rivoluzionare il campo di battaglia e quindi le dottrine e le strategie, spesso anticipandole: tra queste vanno annoverati, per l’appunto, i velivoli e i veicoli controllati da lontano.
Vengono infine recensiti, in questo numero di “Eurasia”, alcuni libri di recente pubblicazione: Il conflitto israelo-palestinese di Youssef Hindi (Edizioni all’insegna del Veltro), Finis Europae? di Antonio Arena (Oaks ed.), Spazio vitale o grande spazio? di Claudio Ciani (Ed. Solfanelli) e L’aggressione sionista di Bardèche, Duprat e Rassinier (Edizioni di Ar), uscito in seconda edizione dopo oltre mezzo secolo insieme con una raccolta di poesie della resistenza palestinese che Mutti curò nel 1971.