Venerdì, 13 Settembre 2024 05:03

Mense scolastiche: oltre due milioni di bimbi tagliati fuori In evidenza

Scritto da Avv. Giuseppe Storti

È ciò che emerge dal Rapporto di Save The Children: “Scuole diseguali”.

Save the Children di recente ha reso pubblico un rapporto dal titolo emblematico: “Scuole diseguali”.

Di Giuseppe Storti Quotidianoweb.it Roma, 12 settembre 2024 - Una analisi sulle problematiche, le carenze, ma soprattutto le diseguaglianze che esistono nella scuola del Bel Paese. Dati davvero allarmanti che dovrebbero far accendere la spia rossa nei palazzi istituzionali, proprio per la drammaticità delle evidenze dettate dalle nude cifre: difficili da smentire e da controdedurre.

Il primo e più marcato dato che viene fuori è la privazione dell’accesso alla mensa scolastica di oltre due milioni di bambini italiani. Una palese violazione del principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini senza alcuna distinzione, prima fra tutte: le condizioni sociali ed economiche.

Ma se pure ci fossero le diseguaglianze, l’art. 3 della Costituzione, assegna allo Stato il compito di rimuoverle; ripristinando quelle condizioni iniziali di partenza nella vita sociale, economica e politica del Paese, che devono essere assolutamente uguali per tutti i cittadini. Questo in teoria.

Ma purtroppo la pratica dimostra come alle belle parole, non seguono i fatti: solo quelli davvero rilevanti per la condizioni di vita di moltissimi italiani che ogni giorno hanno difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena.

Nell’introduzione al rapporto “Scuole diseguali” Save the Children si affronta il tema della povertà educativa, tanto rilevante nella vita futura delle giovani generazioni.

Un fenomeno diffuso a tal punto nella nostra Italia, da privare i bambini, e gli adolescenti della opportunità di apprendere, di sviluppare e coltivare i propri talenti; che si tradurrebbero nel prosieguo della loro esistenza in aspirazioni, ed in una giusta e motivata collocazione nella società.

L’altra faccia della povertà educativa è la povertà economica delle famiglie che colpisce 1 milione e 300 mila minorenni, che crescono in una condizione sociale di deprivazione materiale che ostacola, se non impedisce l’accesso ad una istruzione di qualità, con il rischio di compromettere definitivamente il loro futuro.

Un altro, ancor più drammatico dato che emerge dallo studio è che: i territori dove la povertà minorile è più accentuata e le famiglie affrontano le maggiori difficoltà economiche sono anche quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre, e di conseguenza dove l’incidenza della povertà educativa è più alta.

Come se fosse un destino cinico e baro quello di nascere in un territorio povero, a cui corrisponde anche una scuola priva di mezzi, strutture adeguate, mensa, palestre e laboratori. Una terribile equazione che dovrebbe far saltare dalle proprie comode poltrone i rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali.

Va da sé che i bambini, le bambine e gli adolescenti che vivono in famiglie con risorse finanziarie molto limitate in media ottengono punteggi più bassi nelle indagini che rilevano le competenze e hanno maggiori probabilità di abbandonare gli studi prematuramente. Un indicatore chiave della povertà educativa è proprio quello della dispersione scolastica: in Italia, nonostante il trend in diminuzione, un giovane di età compresa tra i 18 e i 24 anni su dieci (10,5%) ha abbandonato prematuramente gli studi.

Il tasso di abbandono scolastico) resta tra i più alti d’Europa, dopo la Romania (16,6%), la Spagna (13,7%), la Germania (12,8%) e l’Ungheria (11,6%). I divari territoriali sono ancora molto ampi: le regioni italiane del Sud e delle Isole, in particolare, conoscono livelli di dispersione scolastica tra i più alti nel contesto europeo. La Sardegna registra un tasso di abbandono del 17,3%, la Sicilia del 17,1% e la Campania del 16%.

Secondo le previsioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze registrate nel Documento di Economia e Finanza 2024, il tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione subirà un leggero aumento nel 2024 dato un mercato del lavoro più favorevole e attrattivo per i giovani, che li potrebbe spingere ad abbandonare gli studi verso impieghi di manodopera poco qualificata.

Con la stabilizzazione del tasso di occupazione giovanile negli anni successivi, si prevede invece una diminuzione del tasso di abbandono per raggiungere quota 10,2% nel 2027, ancora lontano dal traguardo per il 2030 stabilito dalla Commissione Europea (9%).

Ancora più devastanti sono le cifre del mancato accesso alle mense scolastiche che è in forte crescita, in specie nelle regioni meridionali. Tutto ciò frutto dei forti divari che esistono nel territorio nazionale, e che vedono decisamente svantaggiati i bambini che nascono nel meridione d’Italia.

Secondo i dati forniti dal rapporto, solo il 37% degli alunni della scuola primaria, ha accesso alla mensa, percentuale che addirittura si riduce nelle scuole dell’infanzia e secondarie.

 dati poi sono ballerini, anche tra regioni del Sud d’Italia. Ad esempio, nelle province del sud meno del 10% degli alunni accede alla mensa, con punte decisamente critiche in Campania, in Calabria e Sicilia. Basta poi risalire la penisola, per trovare una situazione sicuramente migliore nelle regioni del Centro- Nord.

’esempio è costituito dalle regioni Emilia-Romagna, e Lombardia dove ben il 60% degli alunni usufruisce con regolarità del servizio mensa. Si stima dal calcolo del totale della popolazione scolastica, meno la percentuale del 37% di alunni che non hanno accesso al servizio mensa, che oltre due milioni di bambini sono esclusi dal servizio, con gravi ripercussioni sulla salute degli stessi, e sui processi di socializzazione che dovrebbero riguardare tutti, indistintamente.

Quindi la scuola italiani lungi dall’essere inclusiva si attesta come La scuola dell’esclusione, in particolare per i piccoli alunni appartenenti alle classi meno abbienti.

Come non ricordare a questo proposito le parole di un grande educatore ed innovatore della scuola italiana nei primi anni Sessanta, Don Lorenzo Milani:” Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.” Chi nasce in territori che presentano divari nello sviluppo e nei servizi, non può subire l’ulteriore deprivazione di una scuola non inclusiva ed in grado di garantirgli tutto ciò che un suo coetaneo in altri territori riceve.

Il riequilibrio delle condizioni diseguali di partenza spetta allo Stato: senza se e senza ma! Nelle conclusioni del rapporto di Save the Children,la raccomandazione al governo sull’uso oculato dei fondi del PNNR che riguardano l’importante asse dell’istruzione.

Ecco quanto si legge nelle conclusioni finali:”I fondi del PNRR della IV Missione, Istruzione e Ricerca, rappresentano un’occasione unica per contribuire ad abbattere i gravi divari educativi oggi esistenti nel Paese e garantire uguali opportunità a tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti.”

Infine, atteso il fatto concludente che detti fondi non basteranno a colmare i divari così come delineati nel rapporto, Save The Chidren chiede al governo un ulteriore sforzo economico.

Ovvero: ”di definire e finanziare Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) che garantiscano eque opportunità educative, a partire dall’accesso alla mensa e al tempo pieno nella scuola primaria, assicurando la gratuità del servizio mensa ai bambini in condizione di povertà”.

In ultimo ma non per ultimo, giova segnalare al fine di sanare evidenti amnesie, alla luce del focus di Save the Children, ai frequentatori dei palazzi della politica, ciò che prevede l’art. 34 della Costituzione, sul cosiddetto diritto allo studio: ”La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

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