Domenica, 23 Giugno 2024 11:30

“Controcanto” alla narrazione ufficiale dei fatti nazionali e mondiali. (3°) In evidenza

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Terza intervista a Claudio Mutti, Direttore della Rivista di geopolitica Eurasia.

Di Matteo Pio Impagnatiello Pilastro di Langhirano (PR), 23 giugno 2024 – 

D. - Giorni fa gli Stati membri dell’Unione Europea hanno ricevuto la nuova proposta della presidenza belga sul quattordicesimo pacchetto di sanzioni alla Federazione Russa. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha confermato le riserve di Berlino. I tedeschi sono preoccupati per le ricadute sulle sue aziende. Come giudica la presa di posizione germanica?

R. - Certo, Scholz teme che il divieto di esportare merci sottoposte a sanzioni possa essere esteso ai prodotti chimici o alle attrezzature dell’industria siderurgica, eventualità che danneggerebbe ulteriormente l’industria tedesca. D’altronde è significativo il fatto che nel medesimo giorno in cui manifestava tali timori il cancelliere abbia dichiarato, riferendosi alla grottesca “conferenza di pace” iniziata a Bürgenstock, che “in Ucraina la pace non può essere raggiunta senza che venga coinvolta anche la Russia”. È stato notato che è la prima volta, dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale, che la Germania, sia pur timidamente, esprime delle riserve in ordine alle sanzioni comminate alla Federazione Russa.

D’altra parte alle recenti elezioni una formazione politica sicuramente non russofoba come Alternative für Deutschland si è piazzata al secondo posto fra i partiti tedeschi, aumentando la propria quota di voti dall’11 al 16,5% rispetto alla tornata elettorale del 2019. Si considerino inoltre i risultati emersi da uno studio condotto dall’Istituto Insa per il quotidiano “Bild”: il 58% dei Tedeschi degli intervistati ritiene che la Germania, sostenendo l’Ucraina, stia mettendo a serio rischio la propria sicurezza.    

D. - È cominciata sabato 15 giugno una conferenza di pace, nel resort di Bürgenstock, in Svizzera: hanno partecipato 90 Paesi di tutto il mondo ma non la Federazione Russa. Non è da ritenersi inusuale una conferenza di pace a cui non presenzia una delle due parti in guerra?

R. - Una vera conferenza di pace viene celebrata in seguito alla fine di un conflitto: vincitori, vinti ed altri eventuali attori internazionali si mettono intorno ad un tavolo per discutere e sancire il nuovo ordine di cose derivante dall’esito bellico. La conferenza di Bürgenstock è stata tutt’altro: un inutile, scalcinato e fallimentare convegno che ha sortito il risultato contrario a quello auspicato dai suoi ideatori, che speravano di creare un contesto diplomatico multinazionale da cui la Russia fosse esclusa e isolata.

I paesi firmatari, si è detto, sono stati ottanta; ma subito sono calati a settantotto, perché l’Iraq e la Giordania hanno fatto notare che non avevano affatto firmato. (“Un errore tecnico”, è stata la ridicola scusa degli organizzatori). Inoltre, fra i settantotto firmatari alcuni sono stati considerati “Stati” in maniera truffaldina: il Consiglio europeo, la Commissione europea e il Parlamento europeo. Altre entità sono state prese in considerazione solo per far numero: São Tomé e Príncipe, le Isole Comore, le Isole Fiji, Capo Verde, Andorra, Liechtenstein, San Marino, la Repubblica di Palau (nel Pacifico, non in Sardegna). Pochissimi, e di scarso peso geopolitico, gli Stati dell’Africa e del Sudamerica. Tra i paesi arabi, ha firmato solo il Qatar. Tra i paesi BRICS (circa il 40% della popolazione mondiale), nessuno.  Insomma, gli Stati che hanno dichiarato il loro appoggio alla giunta di Kiev sono sostanzialmente i Paesi dello schieramento occidentale con il contorno di varie frattaglie.

D.- Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, alla fine del vertice di pace in Svizzera, si è rivolto alla Cina con le seguenti parole: “La Cina ha influenza politica sulla Russia, può aiutarci. Rispettiamo la Cina e la sua integrità territoriale, chiediamo che Pechino rispetti la nostra. Non abbiamo mai detto che la Cina è nostra nemica, abbiamo un solo nemico: Putin. Vorrei che la Cina fosse nostra amica”. Da cosa è dettato questo tentativo di avvicinamento alla Cina?

R. – Dalla disperazione. In un’editoriale intitolato Perché il vertice di pace per l'Ucraina 'otterrà poco'?, il quotidiano ufficiale del Partito Comunista Cinese era stato chiaro, affermando che la Cina “sostiene un vertice di pace per risolvere la crisi, ma una conferenza di questo genere dovrebbe avere tre elementi importanti: il riconoscimento sia della Russia che dell’Ucraina, la partecipazione paritaria di tutte le parti e discussioni eque su tutte le proposte di pace”. E il giornale cinese aveva ribadito, citando una dichiarazione del ministro degli Esteri saudita, che “qualsiasi credibile colloquio di pace sul conflitto ucraino avrà bisogno della partecipazione della Russia”.

D. - L’agenzia di stampa ufficiale russa Tass, oggi 16 giugno, ha rilanciato la seguente dichiarazione del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov: “Il presidente russo Vladimir Putin non rifiuta i negoziati con l’Ucraina, ma il loro esito deve essere approvato dal legittimo governo ucraino. Volodymyr Zelensky non appartiene a questa categoria”. Sempre in riferimento al presidente ucraino “non è la persona con cui si può registrare un accordo per iscritto perché de jure questa registrazione sarà illegittima”. Un suo commento?

 

R. – Penso che Putin volesse dire che l’Ucraina non ha un governo legittimo da quando, il 21 febbraio 2014, il Presidente ucraino Victor Yanukovic fu vittima del colpo di Stato di Piazza Majdan, fomentato da agenti stranieri occidentali. Zelensky è solo l’ultimo di una serie di presidenti illegittimi.

D. - Cosa ne pensa, invece, del piano di pace proposto da Putin?

R. – Nessuno può pensare che Mosca sia disposta a cedere alle richieste occidentali, ossia ad abbandonare quattro regioni per le quali ha perso l’equivalente di un’armata, a pagare 500 miliardi di dollari in risarcimenti e ad accettare che l’Ucraina entri nella NATO. Prima del convegno svizzero, Putin aveva affermato la disponibilità della Russia a porre immediatamente fine alla guerra qualora Kiev si ritiri dal Donbass, che dovrà essere riconosciuto come parte della Federazione Russa in una trattativa sulla sicurezza eurasiatica. Naturalmente la proposta è stata respinta, ma ciò che Putin ha esposto ai convenuti è risultato razionale e convincente ai Paesi che non accolgono il punto di vista occidentale come dogma di fede.

 Matteo Pio Impagnatiello