In questo senso la modernità si presenta come "cultura del limite", o meglio incapacità della ragione umana di comprendere il reale nella sua unità (la c.d. "reductio ad unum").
La ragione, dunque, è in grado di conoscere unicamente ciò che è verificabile, sperimentabile, cogliendo solo un aspetto, un frammento dell'esistente. Viene negato, in questo modo, il realismo filosofico tomista e viene assolutizzato l'antropocentrismo, ovvero la centralità della persona umana quale criterio di ogni verità e di ogni opzione.
In assenza di una prospettiva metafisica, la modernità, come ha rilevato acutamente mons. Antonio Livi (1938-2020), non si legge più con le categorie della filosofia, ma con quelle della sociologia.
Ora, dal momento che, per il pensiero moderno, solo ciò che è matematicamente sicuro può essere conosciuto e non quello che si pone al di fuori della "razionalità sperimentata", questo metodo ha finito per incidere anche sulle scienze sacre, quali la Sacra Scrittura e la teologia. Da qui la spiegazione dei dogmi in senso immanentistico, cioè "naturalistico" e, dunque, la separazione tra il "Cristo della storia" ed il "Cristo della fede" e, più in generale, "il senso del divino", percepito e sperimentato dalla coscienza dell'uomo, che diviene l'unico criterio della verità religiosa.
Il grande Papa san Pio X, pontefice dal 1903 al 1914, nella famosa Lettera Enciclica "Pascendi" pubblicata l'08 settembre 1907, cercherà, attraverso la condanna del modernismo quale "sintesi di tutte le eresie", di ridare alla ragione umana la sua grandezza e la sua dignità. Contro il "modernismo filosofico", che accoglie le istanze del criticismo kantiano negatrici della possibilità di conoscere il reale, Pio X, anticipando la concezione della "ragione allargata" propria dell'insegnamento di Papa Benedetto XVI (2005-2013), intende restituirle il suo compito ed uscire dall'antirealismo della filosofia moderna. Se, da una parte, la ragione "ristretta" dei modernisti perviene ad esiti agnostici, dall'altra quella su cui insiste Giuseppe Sarto consente di respingere le premesse soggettivistiche della modernità, che prendono le mosse da Cartesio (1596-1650), ed evitare vengano scalzati "i fondamenti della fede" (cfr. PIO X, Discorso ai cardinali del 15 aprile 1907) visto che in gioco non c'è una "visione del mondo", ma la "salus animarum", ossia l'eternità.
(Daniele Trabucco)