Di Francesco Graziano Bologna 1 agosto 2022 - Abbiamo sorpassato i quarant’anni dalla strage alla stazione di Bologna, mentre fervono i preparativi per ricordare le 85 vittime di quel maledetto giorno, oggi vi vogliamo parlare di un libro, uscito due anni fa, il quale - nonostante il breve lasso di tempo passato dalla sua pubblicazione - continua a comunicare e sconvolgere attraverso la storia di un singolo individuo, suo malgrado protagonista di un dramma collettivo che sconvolse l’intero Paese, soprattutto chi nel 1980 era un ragazzo.
Onofrio Zappalà era un giovane siciliano di appena 27 anni.
Alle 10.25 la sua giovane vita venne spezzata dalla violenza fascista dei NAR, i Nuclei armati rivoluzionari. Come sappiamo Gilberto Cavallini è stato condannato, dalla Corte di assise di Bologna presieduta da Michele Leoni, all’ergastolo per aver collaborato alla strage fornendo la macchina che portò il commando da Villorba di Treviso( in Veneto) a Bologna, e aver fornito un rifugio e documenti falsi agli altri terroristi neri. Gilberto Cavallini è il “quarto uomo”, gli altri suoi compagni: Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini. Cavallini che si è sempre proclamato innocente è stato condannato per strage( articolo 442) ma non con finalità eversive(285) ed è detenuto in semilibertà a Terni.
Il libro di Natale Caminiti e Antonello D’Arrigo dal titolo “Dalla strage di Bologna-Quindici su Quaranta” attraverso la potenza delle sue pagine, passando dal generale al particolare, dalla Storia collettiva ad una piccola vicenda, riesce a farti piangere, arrabbiare e pretendere che venga fatta giustizia una volta e per tutte anche delle numerose fake-news sentite in questi anni.
A distanza di tempo Antonello D’Arrigo non ha cambiato idea su nulla.
Ha affermato: “Io non sono un autore ma semplicemente un compagno di classe che insieme ad altri compagni e ad una associazione (l’associazione si chiama “Amici di Onofrio Zappalà”) ha voluto consegnare il ricordo scritto di Onofrio Zappalà”. Ha proseguito D’Arrigo: “Il 1980 è stato un anno orribile per la storia italiana, dalla morte del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella alla morte del capitano Basile( 4 maggio 1980) piuttosto che del Procuratore Costa (6 agosto 1980), in quel solo anno ci furono tante vittime a causa del terrorismo e della mafia.
Il dovere della memoria ci impone di ricordare, di ricordare a noi stessi che abbiamo vissuto quel periodo terribile e di ricordarlo ai giovani che non l’hanno vissuto e per questo ci è sembrato doveroso scrivere un libro che parli della strage, che parli di Onofrio ma che con il percorso dell’associazione e degli incontri che ci sono stati (e che ogni anno vengono rinnovati, nonostante le difficoltà dettate dall’emergenza sanitaria) fornisca spunti di riflessione e di approfondimento”.
Il libro si avvale della prefazione di Nando Dalla Chiesa e di alcuni contributi di personalità a tema come l’ex giornalista di rai 3 Roberto Scardova per il quale “ grazie al lavoro incessante dei volontari, dei membri delle associazioni dei parenti delle vittime del terrorismo si sono ottenuti dei risultati, si è obbligato lo Stato a mettere insieme i documenti che prima venivano nascosti, abbiamo messo insieme informazioni che prima era impossibile mettere insieme e così abbiamo saputo con certezza che l’Italia è stata per tanti anni, dopo la seconda guerra mondiale, in balia di una strategia che pur di impedire a questo Paese di andare in una certa direzione, diciamo a sinistra, e di essere governata dai comunisti si facevano operazioni di terrorismo per spaventare i cittadini e impedirgli di scegliere liberamente”; o di Paolo Bolognesi, Presidente della Associazione nazionale familiari vittime della strage del 2 agosto 1980, che ha ribadito l’importanza della conoscenza della storia italiana.
“Noi come associazione di Bologna siamo stati e siamo tuttora molto vicini all’associazione “Amici di Onofrio Zappalà” perché la vediamo come un’operazione di memoria e un’altra operazione di conoscenza come le altre iniziative che ci sono state nel passato che hanno contribuito a diffondere la memoria e la conoscenza della strage del 2 agosto.
I terroristi di quegli anni non erano spontaneisti armati, una strage del genere aveva bisogno di un’organizzazione ben precisa”.
L’emozione nel volto di Bolognesi ogni qualvolta si trova a parlare di quel massacro è evidente, il giorno della sentenza che ha condannato Cavallini all’ergastolo, il presidente della associazione bolognese ha atteso il verdetto fuori dall’aula. I suoi avvocati non si sono mai fermati. “
Adesso abbiamo questo dovere che ci muove: continuare in tempi brevi una battaglia sui mandanti”, ha detto il legale Andrea Speranzoni.
Si arriverà mai ad una verità?